Arma dei carabinieri - Cenni storici
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- Creato Lunedì, 10 Gennaio 2011 13:49
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Arma dei carabinieri - Cenni storici, natura giuridica e collocazione istituzionale, le funzioni militari e di polizia: compiti, attribuzioni, prerogative
ARMA DEI CARABINIERI di Fausto Bassetta
(Anno di pubblicazione: 2005)
Bibliografia: «Carabinieri reali», in Enc. mil., II, Milano, 1927, 678; Vico, «Carabinieri reali», in N.D.I., II, Torino, 1937, 857; Campanelli, «Carabinieri», in NN.D.I., II, Torino, 1957, 944; «Carabinieri», in Enc. for., II, Milano, 1958, 95; Valori, «Carabinieri», in Enc. dir., VI, Milano, 1960, 268; Corso, L'ordine pubblico, Bologna, 1979, 17; Scandurra, «Carabinieri», in NN.D.I., App., I, Torino, 1980, 1035; Jannotta, «Carabinieri», in Digesto/pubbl., II, Torino, 1987; Chiappetti, «Polizia (forze di)», in Enc. giur., XXIII, Roma, 1990, 6; Angrisani, L'Arma dei carabinieri, in AA.VV., Elementi di diritto amministrativo militare, Quaderni RAC, 2001, n. 3, 113; Bellini, L'Arma dei carabinieri: situazione attuale e prospettive future, in Informazioni della Difesa, 2002, suppl. al n. 4, 34.
Legislazione: r.d. 14-6-1934, n. 1169 (approvazione del Regolamento organico per l'Arma dei carabinieri reali); l. 18-10-1961, n. 1168 (norme sullo stato giuridico dei vicebrigadieri e dei militari di truppa dell'Arma dei carabinieri); l. 10-5-1983, n. 212 (norme sul reclutamento, gli organici e l'avanzamento dei sottufficiali dell'Esercito, della Marina, dell'Aeronautica e della Guardia di finanza); l. 1-2-1989, n. 53 (modifiche alle norme sullo stato giuridico e sull'avanzamento dei vicebrigadieri, dei graduati e militari di truppa dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della Guardia di finanza, nonché disposizioni relative alla Polizia di Stato, al Corpo degli Agenti di custodia e al Corpo Forestale dello Stato); d.lg. 12-5-1995, n. 198 (attuazione dell'art. 3 della l. 6-3-1992, n. 216, in materia di riordino dei ruoli e modifica delle norme di reclutamento, stato ed avanzamento del personale non direttivo e non dirigente dell'Arma dei carabinieri); l. 31-3-2000, n. 78 (delega al
Governo in materia di riordino dell'Arma dei carabinieri, del Corpo Forestale dello Stato, del Corpo della Guardia di finanza e della Polizia di Stato. Norme in materia di coordinamento delle Forze di polizia); d.lg. 5-10-2000, n. 297 (norme in materia di riordino dell'Arma dei carabinieri, a norma dell'art. 1 della l. 31-3-2000, n. 78); d.lg. 5-10-2000, n. 298 (riordino del reclutamento, dello stato giuridico e dell'avanzamento degli ufficiali dell'Arma dei carabinieri, a norma dell'art. 1 della l. 31-3-2000, n. 78).
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Bibliografia: «Carabinieri reali», in Enc. mil., II, Milano, 1927, 678; Vico, «Carabinieri reali», in N.D.I., II, Torino, 1937, 857; Campanelli, «Carabinieri», in NN.D.I., II, Torino, 1957, 944; «Carabinieri», in Enc. for., II, Milano, 1958, 95; Valori, «Carabinieri», in Enc. dir., VI, Milano, 1960, 268; Corso, L'ordine pubblico, Bologna, 1979, 17; Scandurra, «Carabinieri», in NN.D.I., App., I, Torino, 1980, 1035; Jannotta, «Carabinieri», in Digesto/pubbl., II, Torino, 1987; Chiappetti, «Polizia (forze di)», in Enc. giur., XXIII, Roma, 1990, 6; Angrisani, L'Arma dei carabinieri, in AA.VV., Elementi di diritto amministrativo militare, Quaderni RAC, 2001, n. 3, 113; Bellini, L'Arma dei carabinieri: situazione attuale e prospettive future, in Informazioni della Difesa, 2002, suppl. al n. 4, 34.
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Legislazione: r.d. 14-6-1934, n. 1169 (approvazione del Regolamento organico per l'Arma dei carabinieri reali); l. 18-10-1961, n. 1168 (norme sullo stato giuridico dei vicebrigadieri e dei militari di truppa dell'Arma dei carabinieri); l. 10-5-1983, n. 212 (norme sul reclutamento, gli organici e l'avanzamento dei sottufficiali dell'Esercito, della Marina, dell'Aeronautica e della Guardia di finanza); l. 1-2-1989, n. 53 (modifiche alle norme sullo stato giuridico e sull'avanzamento dei vicebrigadieri, dei graduati e militari di truppa dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della Guardia di finanza, nonché disposizioni relative alla Polizia di Stato, al Corpo degli Agenti di custodia e al Corpo Forestale dello Stato); d.lg. 12-5-1995, n. 198 (attuazione dell'art. 3 della l. 6-3-1992, n. 216, in materia di riordino dei ruoli e modifica delle norme di reclutamento, stato ed avanzamento del personale non direttivo e non dirigente dell'Arma dei carabinieri); l. 31-3-2000, n. 78 (delega al
Governo in materia di riordino dell'Arma dei carabinieri, del Corpo Forestale dello Stato, del Corpo della Guardia di finanza e della Polizia di Stato. Norme in materia di coordinamento delle Forze di polizia); d.lg. 5-10-2000, n. 297 (norme in materia di riordino dell'Arma dei carabinieri, a norma dell'art. 1 della l. 31-3-2000, n. 78); d.lg. 5-10-2000, n. 298 (riordino del reclutamento, dello stato giuridico e dell'avanzamento degli ufficiali dell'Arma dei carabinieri, a norma dell'art. 1 della l. 31-3-2000, n. 78).
Sommario: 1. Premessa. - 2. Cenni storici . - 3. Natura giuridica e collocazione istituzionale. - 4. Le funzioni militari e di polizia: compiti, attribuzioni, prerogative. - 5. L'ordinamento dell'Arma . - 6. Il personale dell'Arma. - 7. L'autonomia contabile e finanziaria .
1. Premessa.
Prima di illustrare la presente voce enciclopedica è opportuno premettere che nelle precedenti edizioni del Digesto non troviamo esattamente la dizione «Arma dei carabinieri», ma semplicemente la voce «Carabinieri» che, benché — intuitivamente — individui lo stesso settore di interessi descrittivi, non si può correttamente riferire alla complessa organizzazione militare con funzioni di polizia generale qual è quella oggetto della presente analisi. È stato autorevolmente affermato che la parola «carabinieri» sottintende — in estrema sintesi — tanto l'organizzazione come sopra indicato, quanto il personale appartenente ad essa, legato da un singolare rapporto d'impiego (1). In senso tecnico-giuridico la nozione «carabinieri» si riferisce non a tutto il personale appartenente all'Arma dei carabinieri, ma esclusivamente a quello rientrante nel particolare ruolo «appuntati e carabinieri», costituito a seguito della riforma della normativa di stato giuridico e
avanzamento dei vice brigadieri, dei graduati e dei militari di truppa dell'Arma dei carabinieri, introdotta con la l. 1-2-1989, n. 53; personale inquadrato appunto nell'apposito grado di carabiniere. La differenziazione della normativa di stato giuridico non consente di conferire alla parola «carabinieri» un'accezione tanto ampia da poter denotare con esattezza tutto il personale dell'Arma dei carabinieri. D'altronde la dizione «Carabinieri», sotto un altro profilo, svaluta l'aspetto istituzionale, che recentemente ha acquisito una compiutezza legislativa senza precedenti, ponendo l'accento sulle qualificazioni soggettive che rappresentano una componente, indubbiamente fondamentale, dell'Arma dei carabinieri. In sostanza quest'ultima espressione ha una maggiore attitudine descrittiva e scientifica per inquadrare esattamente l'oggetto della presente voce enciclopedica: e non è soltanto un problema terminologico quello appena accennato, poiché i profili organizzativi sono
essenziali per seguire un percorso interpretativo che consenta di definire esattamente la natura giuridica e la collocazione istituzionale dell'Arma. Questo importante mutamento di prospettiva è stato consacrato dalla recente modifica legislativa che ha interessato l'Arma dei carabinieri: se con il r.d. 14-6-1934, n. 1169, le funzioni e i compiti istituzionali erano riferiti genericamente ai carabinieri, il d.lg. 5-10-2000, n. 297, attuativo della l. 31-3-2000, n. 78, in tema di riordino dell'Arma, attribuisce compiti e funzioni all'organizzazione nel suo complesso (2).
2. Cenni storici .
a) Dalla fondazione all'unità d'Italia: il Corpo dei Carabinieri reali.
L'importanza dell'inquadramento storico della presente materia è essenziale per comprendere l'attuale configurazione dell'Arma dei carabinieri, sia nel campo organizzativo sia in quello funzionale, stante le peculiarità ordinative non rinvenibili in altri apparati militari o di polizia dello Stato (possiamo dire altrettanto anche in campo internazionale) e la singolare plurifunzionalità di questa Istituzione, alla quale sono demandati una molteplicità di compiti non riferibili ad un'unica branca amministrativa.
Poste queste premesse dobbiamo necessariamente partire dall'atto di fondazione, costituito dalle regie patenti 13-7-1814 con le quali il re di Sardegna, Vittorio Emanuele I, istituì un «Corpo di Militari (...) col nome di Corpo de' Carabinieri Reali». Il particolare clima storico e politico successivo alle vicende napoleoniche e agli sconvolgimenti apportati in tutta Europa dalla Rivoluzione francese e l'orientamento politico-internazionale, delineatosi all'indomani del Congresso di Vienna, per il quale la stabilità interstatale e l'equilibrio tra le Potenze era innanzitutto un problema di stabilità e di ordine interno di ciascun Stato, sono i principali fattori determinanti la volontà sovrana della restaurazione di un ben preciso ordinamento giuridico e politico, noto nella storia della realizzazione dell'idea di Stato con la settecentesca denominazione di «Stato di polizia». L'ideologia politica che sottendeva questa ispirazione governativa, e che in campo internazionale
aveva raggiunto la massima realizzazione con la costituzione della Santa Alleanza, non si concretizzò pienamente, però, in tutte le sue premesse teoriche e sostanzialmente emotive. Nell'istituire il Corpo dei Carabinieri reali si volle anche recepire, in termini di organizzazione e di servizio, quanto di buono le gendarmerie di origine francese avessero sino allora operato per il mantenimento dell'ordine pubblico e per le esigenze di pubblica sicurezza.
Le regie patenti del 1814, oltre a norme di diritto di polizia e di procedura penale, stabilivano alcuni principi fondamentali, alcuni dei quali sono tuttora elementi caratterizzanti l'Istituzione: l'appartenenza del Corpo dei Carabinieri reali all'«Armata», con le speciali prerogative ad esso conferite: «primo fra gli altri, dopo le Guardie Nostre del Corpo»; la particolare tutela del servizio svolto, per cui i carabinieri godevano di relativa autonomia funzionale: «non potranno essere distolti dalle Autorità Civili o Militari dall'esercizio delle loro funzioni, salvo in circostanze di urgente necessità»; il particolare regime disciplinare che al tempo stesso costituiva una peculiare tutela penale, attuata attraverso la costituzione di un foro privilegiato per giudicare i delitti commessi dagli appartenenti al Corpo. Il Corpo dipendeva per l'attività istituzionale dal Presidente Capo di Buon Governo, organo creato nello stesso periodo per la salvaguardia dell'ordine
pubblico e per la vigilanza in materia di pubblica sicurezza (ciò che è attualmente il Ministero dell'interno); fu altresì istituita la carica di colonnello comandante del Corpo.
A breve distanza di tempo — agosto 1814 — seguì il primo regolamento di servizio con il quale venivano dettagliati i compiti in materia di polizia preventiva e repressiva, attraverso una sistemazione normativa casistica che tendeva a prefigurare tutte le concrete situazioni di servizio in cui potevano venire a trovarsi i carabinieri, prescrivendo minuziosamente il comportamento da tenere e la procedura da seguire. Questa impostazione condizionerà la futura normativa di settore (soprattutto per quello che riguarderà il Regolamento Generale), che sarà improntata al duplice fine di fornire un insieme di disposizioni quanto più esaustive e minuziose, adatte per essere eseguite da un corpo militare avvezzo all'esecuzione degli ordini e, allo stesso tempo, idonee a delimitare la sfera di potere pubblico conferita ai carabinieri, indicando tassativamente casi e ipotesi di intervento.
Seguirono le regie patenti del 18-1-1815 le quali stabilirono che il Buon Governo venisse affidato al Corpo dei Carabinieri, con l'ulteriore disposizione che il comandante del Corpo ricoprisse anche l'incarico di Presidente Capo del Buon Governo.
Questa fusione tra i due organismi non durò molto e già con successive regie patenti 15-10-1816 fu costituito un Ministero di polizia che prese il posto del Buon Governo, poiché era stato ritenuto «conveniente di staccare intieramente le attribuzioni proprie della Pulizia, da ogni corpo di forza armata, che per la naturale sua istituzione è essenzialmente destinata ad eseguire gli ordini, che le vengono dalle stabilite Autorità legalmente comunicati».
Nel frattempo, il 30-6-1815 fu emanato dal comandante del Corpo il primo Regolamento di disciplina e di servizio interno che, in analogia alle altre componenti dell'Armata sarda, stabiliva le mancanze disciplinari e le conseguenti sanzioni e le prescrizioni inerenti alla vita interna delle caserme, compreso il vitto.
Intanto, nel costante perfezionamento della struttura amministrativa deputata alle funzioni di ordine pubblico e di pubblica sicurezza, si giunse alle importanti regie patenti del 15-10-1816, con le quali si ha una prima compiuta sistemazione organica del Corpo dei carabinieri nei suoi aspetti organizzativi e funzionali. Molte norme di queste regie patenti sono giunte intatte sino ai nostri giorni; la stessa architettura istituzionale odierna trova la sua base storica nell'enunciazione dei compiti inseriti nel Capo I di queste regie patenti intitolato «Dell'istituzione del Corpo dei Carabinieri reali». Attribuzioni di polizia di sicurezza, secondo gli indirizzi politici del tempo che privilegiavano il momento preventivo nel mantenimento dell'ordine interno, e conferma dell'appartenenza del Corpo alle forze armate sabaude, con tutte le prerogative che nel tempo venivano stratificandosi, costituivano gli assi portanti dell'assetto giuridico ed operativo dei Carabinieri. Anche la
doppia dipendenza, dalla Segreteria di Guerra (l'attuale Ministero della difesa) per quel che concerne il materiale, il personale e la disciplina, e dal Ministero di polizia per quel che riguarda le funzioni di pubblica sicurezza, veniva definitivamente stabilita dalle regie patenti 15-10-1816. Venivano definite le attribuzioni del colonnello comandante e degli altri ufficiali comandanti di divisione (la divisione costituisce il più alto comando periferico con competenza coincidente con le circoscrizioni provinciali) e comandanti di compagnia, nonché quelle dei carabinieri; inoltre veniva disciplinato l'importante e delicato aspetto delle relazioni dei Carabinieri con tutte le altre autorità dello Stato. Prendeva forma in modo sempre più articolato la struttura territoriale del Corpo, vero e proprio punto di forza dell'Istituzione, la cui capillarità consentirà una presenza attiva e costante in tutte le vicende connesse con il servizio svolto. In questo contesto la stazione,
unità operativa elementare e comando base dell'organizzazione territoriale, costituirà una componente che sarà costantemente conservata nei vari ordinamenti, mentre i comandi superiori, pur nell'articolazione gerarchica che rappresenterà il tessuto connettivo dell'intera Istituzione, subiranno continui assestamenti, per rendere sempre più efficace l'azione di comando e controllo nei confronti delle stesse stazioni. La determinazione reale del 9-11-1816 stabiliva la prima organica e stabile strutturazione territoriale del Corpo, indicando i comandi periferici (divisioni, compagnie e luogotenenze), la loro suddivisione interna e, per le divisioni, anche la sede. Molto importante anche per gli ulteriori sviluppi è l'istituzione di un Consiglio di Amministrazione permanente del Corpo, deputato all'amministrazione e alla contabilità dello stesso, che rappresenterà l'inizio di un'autonoma, embrionale, gestione finanziaria e contabile che ancor oggi caratterizza questa Istituzione
nel comparto della difesa.
La complessa sistemazione giuridica del Corpo, che procede per successivi provvedimenti di assestamento, tutti importanti nel connotare la natura e la collocazione istituzionale dei Carabinieri, riceve la prima fondamentale costruzione sistematica con le regie patenti 12-10-1822, emanate dal re all'indomani dei moti rivoluzionari del 1820-21, in un momento politico e storico delicato, in cui l'apparato statale sardo-piemontese aveva dovuto far fronte ad una grave crisi istituzionale ed internazionale.
Le regie patenti del 1822 costituiranno per molti anni la normativa di riferimento per l'ordinamento del Corpo, per il reclutamento, l'avanzamento e lo stato giuridico del personale, per il cosiddetto servizio d'istituto (il servizio cioè per il quale lo stesso Corpo è stato istituito), per le attribuzioni nei vari gradi e per gli aspetti amministrativi. Da queste regie patenti, successivamente, prenderanno corpo i due principali strumenti normativi che disciplineranno tutti gli aspetti organizzativi e funzionali dei Carabinieri: il Regolamento organico (la cui ultima versione del 1934 è tuttora parzialmente in vigore) e il Regolamento generale (l'ultima edizione del quale deve essere emanata, ai sensi dell'art. 34, 1° co., d.lg. 5-10-2000, n. 297).
L'ordinamento territoriale veniva articolato in divisioni, compagnie, luogotenenze, suddivisioni (le future sezioni, che nell'ordinamento attuale non compaiono più) e stazioni (art. 11). Il Corpo veniva affidato ad un ufficiale generale con l'incarico di Ispettore Generale dell'Arma (art. 12), anche se rimaneva in vigore la carica di colonnello comandante il quale, comunque, dipendeva dall'Ispettore. Conseguentemente veniva costituito un apposito ufficio di vertice denominato Ispezione generale dell'Arma: la struttura embrionale di quello che sarà il futuro Comando Generale. Nel settore del reclutamento nasce l'idea dell'immissione diretta nel Corpo di volontari, concetto che supera l'originario proposito di trarre i carabinieri esclusivamente dagli appartenenti all'Armata, accuratamente selezionati o come indicato nelle regie patenti del 13-7-1814 «per buona condotta, e saviezza distinti»: viene istituita, quindi, la figura dell'allievo carabiniere (art. 20). Dall'arruolamento
diretto germoglia l'idea che il servizio nel Corpo, per la sua particolarità e la sua specificità rispetto a quello degli altri militari (che in sostanza è quello di condurre la guerra e concorrere a garantire l'ordine interno del Regno), necessita di una preparazione tecnico-professionale che il solo addestramento militare non può fornire. In tale contesto gli allievi carabinieri «non potranno essere promossi carabinieri effettivi se non dopo aver dato saggio d'idoneità al servizio dell'Arma». Vengono, quindi, poste le basi della struttura addestrativa dell'Arma, che diventerà una realtà molto complessa e di importanza strategica nel futuro assetto istituzionale. Dal punto di vista dei compiti demandati al Corpo, viene più compiutamente disciplinata l'attività di informazione dei carabinieri nei confronti delle autorità locali e soprattutto centrali, per tutto ciò che concerne «il servizio della polizia» e «il servizio militare de' Carabinieri reali» (art. 26).
Anche la doppia dipendenza del Corpo viene maggiormente specificata stabilendo che esso «dipenderà dalla nostra Segreteria di Guerra e Marina per tutto ciò che riguarda l'organizzazione, il personale, la disciplina, il materiale, la fissazione de' circondari delle Divisioni, Compagnie, e Luogotenenze, ed il collocamento delle Stazioni de' Carabinieri», con l'importante avvertenza che «Per questi ultimi oggetti la Segreteria di Guerra opererà sempre previo concerto, o in seguito a proposizione, del Ministero degl'interni», mentre dipenderà da quest'ultimo organo «per tutto ciò che riguarda l'ordine pubblico, la polizia civile e giudiziaria» (art. 30).
Possiamo affermare che già nel 1822 la fisionomia del Corpo, le sue funzioni ed i suoi compiti militari e di polizia erano ben definiti e connotavano in modo affatto peculiare questo importante apparato dello Stato. La successiva storia istituzionale del Corpo non farà che registrare le vicende di uno strumento operativo in continuo affinamento, ma già saldo nelle sue strutture fondamentali, che si adeguerà con flessibilità ed aderenza alle esigenze del momento, rispondendo alle varie emergenze con efficacia e tempestività.
In definitiva, le regie patenti del 1822 costituiranno la base normativa del Corpo sino al 1892, anno in cui vengono emanati i nuovi regolamenti, organico e generale, di quella che è ormai divenuta l'Arma dei carabinieri.
Alle regie patenti del 12 ottobre seguono le regie patenti del 16-10-1822, con le quali il re approva il primo vero e proprio Regolamento Generale del Corpo, predisposto dall'Ispettore Generale e costituente una «summa» di tutte le disposizioni normative riguardanti l'ordinamento, il reclutamento e l'avanzamento del personale, il trattamento economico di attività e di quiescenza (le cosiddette «pensioni di ritiro»), le relazioni con le altre autorità, le attribuzioni degli appartenenti al Corpo, il servizio e la disciplina. Questo tipo di regolamentazione, a metà strada tra normativa interna ed emanazione sovrana, rappresenta un embrionale testo unico, sintomo della necessità di chiarezza e sintesi in un delicato settore istituzionale, in cui le norme, in pochi anni di vita del Corpo, si erano sviluppate considerevolmente, a testimonianza della cura con cui si organizzava questo speciale apparato dello Stato.
Dopo il 1822 numerosi sono gli avvenimenti che vedono coinvolti i carabinieri, soprattutto nelle vicende belliche delle guerre d'indipendenza. Il re Carlo Alberto, subentrato al trono nel 1831, conferma l'istituzione e l'ordinamento del Corpo, apportando significative modificazioni con regie patenti 9-2-1832, con le quali istituisce il Comando Generale del Corpo in sostituzione dell'Ispezione Generale e ridisegna l'organizzazione territoriale dello stesso, ridimensionandone l'organico che nel frattempo aveva registrato notevoli incrementi.
Nel 1848-1849 il Corpo, durante la sua prima campagna di guerra, affronta il primo importante impegno di polizia militare in operazioni belliche, al seguito dell'Armata sarda. Vengono mobilitati appositi reparti, alcuni dei quali furono incaricati di scortare il sovrano e si distinsero nel fatto d'armi di Pastrengo (1848), dove gli squadroni carabinieri a cavallo caricarono gli austriaci.
Le funzioni di polizia militare si rivelarono di estrema importanza non solo per le questioni di carattere più propriamente disciplinare o comunque rilevanti per il buon ordine dei reparti militari, ma soprattutto per la sicurezza delle retrovie e per l'attività informativa e controinformativa nei confronti del nemico che costituiscono i principi basilari per la buona riuscita delle operazioni militari. La necessità di garantire il servizio di polizia militare, soprattutto durante il periodo bellico, confermò la validità ordinativa ed operativa dei reparti e delle unità mobilitate dei Carabinieri, costantemente presenti in tutte la campagne di guerra dell'Armata sarda (guerra di Crimea, 1855-1856, e seconda guerra d'indipendenza, 1859) e del futuro Esercito italiano (terza guerra d'indipendenza 1866, guerre coloniali e guerre mondiali).
È importante a questo punto aprire una breve parentesi sulle variazioni organiche ed ordinative del Corpo sino alla trasformazione in Arma per comprendere l'incidenza dello stesso anche in termini numerici e soprattutto, in relazione all'articolazione territoriale, la presenza dei carabinieri nelle vicende istituzionali del Regno. Nel 1814 il Corpo contava 800 uomini (regie patenti del 9-8-1814), mentre già nel 1816 l'organico viene portato a 2.068 unità suddivise in 6 divisioni, 19 compagnie, 28 luogotenenze e 355 stazioni (il considerevole numero di stazioni lascia prefigurare la principale forza e caratteristica del Corpo: la capillarità sul territorio). Un lieve incremento organico si ha nel 1822, quando la forza del Corpo viene portata a 3.100 unità (regie patenti 12-10-1822), successivamente ridotta a 2.054 unità nel 1832 (regie patenti 9-2-1832), quando l'articolazione territoriale viene leggermente ridimensionata, articolandosi in 6 divisioni, 9 compagnie, 32
luogotenenze e 320 stazioni (regio viglietto 23-2-1832). Un anno dopo la forza viene nuovamente incrementata e portata a 2.184 unità (65 ufficiali e 2.119 sottufficiali e truppa: regio viglietto 26-10-1833). Un ulteriore lieve incremento degli organici del Corpo si ha nel 1843, quando la forza viene portata a 2.258 unità (68 ufficiali e 2.190 sottufficiali e truppa) e lo scompartimento territoriale viene riarticolato in 7 divisioni, 15 compagnie, 42 luogotenenze, 14 suddivisioni e 351 stazioni (regio brevetto 5-9-1843). Nel 1852 viene ancora incrementato l'organico, che conta 3.148 unità (75 ufficiali e 2.973 sottufficiali e truppa: real decreto 19-3-1852), lievemente ritoccato nel 1858, quando la forza viene stabilita in 2.875 unità (75 ufficiali 2.800 sottufficiali e truppa: r.d. 28-11-1858). Infine nel 1860 avviene un deciso balzo in avanti: la forza organica viene portata a 4.719 unità (119 ufficiali e 4.800 sottufficiali e truppa: regio decreto 16-1-1860); ancor più
consistente l'aumento nel 1861, quando gli organici contano ormai 17.661 unità (503 ufficiali e 17.158 sottufficiali e truppa: r.d. 24-1-1861), per effetto della raggiunta unità d'Italia e della fusione dei due Corpi dei Carabinieri reali in terraferma ed in Sardegna.
b) Dall'unità d'Italia alla Repubblica: l'Arma dei carabinieri reali.
Nel 1861 il Corpo subisce mutamenti radicali sotto il profilo ordinativo, conseguentemente all'istituzione del Regio Esercito italiano. Il Corpo viene denominato Arma, mantenendo tutte le speciali prerogative militari sancite dalla sua fondazione; al vertice viene posto un Comitato (organo collegiale di comando), con a capo un Presidente dello stesso, che sostituisce il Comando Generale del Corpo. L'organizzazione territoriale, espandendosi progressivamente nei territori man mano annessi al Regno, si riarticola in considerazione della necessità di creare un nuovo anello della catena di comando, con competenza più estesa rispetto a quella delle Divisioni, capace di un'efficace azione di demoltiplicazione degli ordini e delle direttive degli organi centrali e di coordinamento dei comandi locali in cui si componeva l'Arma: nasce così l'importante comando di legione. Inizialmente le legioni territoriali erano tredici (il numero sarà soggetto a successivi ampliamenti e contrazioni
dovuti a vicende finanziarie ed organizzative) e la loro importanza sarà connessa non solo con i compiti istituzionali e militari, come tutti gli altri organi di comando, ma soprattutto con le funzioni di carattere amministrativo, logistico e disciplinare che connotano la legione come il più importante organo gestionale periferico.
Nel 1861 prende forma anche l'organizzazione addestrativa dell'Arma, con la costituzione della Legione allievi carabinieri (la quattordicesima), il primo istituto di formazione dell'Arma principalmente deputato all'addestramento e all'istruzione degli allievi carabinieri.
Nel 1870, con la costituzione dello Squadrone Carabinieri Guardie del Re, in occasione delle nozze del principe ereditario Umberto con la principessa Margherita di Savoia, nasce anche una peculiare specialità dell'Arma dei carabinieri, quella oggi comunemente conosciuta con il nome di Corazzieri.
Un'ulteriore interessante modifica ordinativa si ha con r.d. 18-7-1870, quando, a seguito della temporanea soppressione dei comandi di divisione (r.d. 19-11-1868), la struttura territoriale viene riordinata, al di sotto del livello legionale, in comandi dei Carabinieri della Provincia, del Circondario e della Sezione, questi ultimi non coincidenti con una ben precisa circoscrizione amministrativa o giudiziaria, ma posti unicamente a capo di più comandi di stazione per ragioni di funzionalità gerarchica: per un breve periodo di tempo si ha quindi un'anticipazione dell'attuale denominazione dei comandi provinciali dei Carabinieri (nel 1880, con legge del 19 luglio, si ritornò al tradizionale ordinamento formato dalle divisioni, dalle compagnie e dalle tenenze).
Sempre nel 1870 vengono previsti i «carabinieri aggiunti», cioè militari di altre armi distaccati nei comandi dell'Arma per ripianare carenze di organico o anche in eccedenza rispetto all'organico, per dar man forte in caso di straordinarie esigenze di pubblica sicurezza.
Intanto le aumentate esigenze di polizia militare portarono all'emanazione di una circolare del Ministero della guerra (10-7-1877) con cui viene prevista, per la prima volta, la costituzione di sezioni carabinieri (nel numero di 53), in caso di mobilitazione, presso le grandi unità dell'Esercito. Pochi anni dopo fu anche costituito, con r.d. 27-3-1879, uno speciale reparto di polizia militare per la Marina, per i servizi negli Arsenali militari marittimi, reparto collocato in extra organico, cioè con oneri finanziari a carico del Ministero della marina, secondo una formula di organizzazione amministrativa e contabile utilizzata in futuro per altri speciali reparti.
Nel 1882 viene soppresso il Comitato ed istituito il Comando dell'Arma dei carabinieri (successivamente denominato, con l. 8-7-1883, n. 1468, Comando Generale dell'Arma dei carabinieri), composto da un comandante dell'Arma (tenente generale), un comandante in 2a (maggior generale) ed un ufficio di segreteria (l'embrionale stato maggiore del comando generale).
Si giunse, quindi, al 1892, anno di approvazione dei nuovi regolamenti fondamentali dell'Arma che sostituiscono le regie patenti del 1822: il Regolamento organico ed il Regolamento d'istruzione e di servizio (r.d. 1-5-1892). Il Regolamento organico recepisce la normativa sull'Arma sino ad allora emanata e rappresenta da una parte un mero aggiornamento stilistico di disposizioni precedenti, dall'altra una fedele registrazione regolamentare di prassi operative collaudate e consolidate. Nel capitolo relativo all'istituzione e alle prerogative si ribadisce che l'essenza del servizio dei carabinieri è «una vigilanza attiva, non interrotta e repressiva»; inoltre viene enunciato a chiare lettere un principio già noto per il quale i carabinieri «sono considerati in servizio permanente (...) anche quando non sono comandati» (art. 1). Viene confermata l'appartenenza, come prima arma, al Regio Esercito, mentre vengono esplicitate funzioni già svolte in tempo di guerra per le quali i
carabinieri «concorrono, con le altre truppe, alle operazioni militari» (art. 2). Molto importante l'art. 3, norma di rinvio che estende ai Carabinieri l'applicazione in generale delle leggi e dei regolamenti militari «salvo le modificazioni per essi espressamente stabilite». La norma, recependo una realtà ormai consolidata, detta contemporaneamente i principi di specialità e di complementarità per l'Arma dei carabinieri, stabilisce cioè che l'Arma costituisce un particolare ordinamento militare, parte integrante di quest'ultimo, ma relativamente autonomo sulla base di una normazione specifica, formatasi già dalla sua fondazione e, soprattutto, per le sue peculiari esigenze funzionali, espressamente richiamate nell'art. 6, in tema di partecipazione ai servizi generali presidiari di carattere eminentemente militare, quando si afferma a chiare lettere che l'Arma è «incaricata di un servizio essenzialmente distinto da quello puramente militare delle truppe di guarnigione».
La relativa autonomia dell'Arma, all'interno di un ordinamento particolare, già di per se stesso parzialmente autonomo rispetto a quello generale dello Stato, rappresenta il maggior tratto caratteristico che non ha mai permesso una perfetta comparazione, come species di uno stesso genus, dell'Arma con le altre armi dell'Esercito. Lo stesso limite di intervento delle alte gerarchie dell'Esercito «nelle operazioni giornaliere dei militari dell'Arma, nell'esercizio ordinario del loro servizio, nell'ordine interno delle loro caserme» ed inoltre nella possibilità di «distoglierli, per qualsivoglia motivo, dalle funzioni che son loro attribuite» (art. 8), è il più evidente indice dell'autonomia istituzionale dell'Arma. Per il resto il Regolamento organico detta più moderne disposizioni in tema di ordinamento (fotografando la situazione organizzativa sino ad allora evolutasi), forza e reclutamento, attribuzioni del Comandante generale e degli altri ufficiali, nonché dei
sottufficiali, e, soprattutto, nell'ambito delle dipendenze e delle relazioni con le autorità dello Stato, dove viene confermata la plurima dipendenza amministrativa (Ministero della guerra e Ministero dell'interno), nonché una dipendenza funzionale relativa a specifici settori di servizio (Ministero della marina, autorità giudiziaria, autorità coloniali, autorità locali, militari, politiche, civili e di polizia).
Il Regolamento sul servizio del 1892 nel settore dell'addestramento, del servizio (d'istituto ed interno), dell'attività ispettiva, dell'impiego del personale, della disciplina e del trattamento economico eventuale, ha ormai raggiunto una compiutezza tale da abbracciare qualsiasi aspetto della vita istituzionale dei Carabinieri (basti pensare che vi si dettavano disposizioni anche per gli orti e i giardini annessi alla caserma). Questo tipo di regolamentazione ormai rappresentava anche il frutto di una pluridecennale attività di servizio nei settori più disparati, quindi un compendio di norme originate dall'esperienza operativa e dalla sperimentazione di moduli organizzativi e funzionali continuamente adattati alle situazioni contingenti più varie che dai campi di battaglia emergevano nel quotidiano contrasto alla criminalità e nel contatto costante con la popolazione. Il Regolamento per molti aspetti assume sempre più la veste di quello che è un moderno codice deontologico,
nel momento in cui, dalle poche ma significative parole del Regolamento del 1822, per cui «il contegno d'un Carabiniere nell'esercizio delle importanti e delicate sue attribuzioni vuol essere fermo, dignitoso, imperturbabile, ma umano», passa a dettare specifiche e dettagliate disposizioni in tema di contegno nell'esecuzione del servizio, racchiuse in un apposito capo.
Il Regolamento sul servizio è insomma qualcosa di più di una semplice raccolta di disposizioni di servizio, ma allo stesso tempo — forse — qualcosa di meno di una vera e propria fonte del diritto. Se i primi regolamenti dell'allora Corpo dei carabinieri, emanati dalla volontà sovrana del re, nel sistema giuridico di uno Stato assoluto erano perfettamente in grado di dettare prescrizioni normative con validità non solo interna, ma soprattutto esterna, potendo incidere sulla sfera di autonomia dei cittadini (considerati peraltro esclusivamente sudditi), la mutata forma istituzionale, introdotta con lo Statuto albertino del 1848, legittima a porre norme di rango legislativo unicamente l'organo costituzionale deputato a ciò: il Parlamento. Molte norme riguardanti il servizio ordinario dei Carabinieri contenute nel Regolamento erano inerenti alla procedura penale e al diritto di polizia, ambiti giuridici che troveranno nei codici penali e di procedura penale e nelle leggi di
pubblica sicurezza la loro più compiuta definizione e da cui i Carabinieri trarranno la loro legittimazione in tema di attribuzioni di polizia giudiziaria e di polizia di sicurezza. Il Regolamento redatto con la tecnica della collazione di testi precedenti, costituiti dai regolamenti che si intendeva aggiornare, nonché dalle numerose circolari interne che via via regolavano nel dettaglio tutti gli aspetti funzionali ed organizzativi dell'Arma, veniva portato all'approvazione del sovrano, in linea con il principio della prerogativa regia in tema di comando delle Forze armate, stabilita dallo stesso Statuto albertino: il problema era che l'Arma aveva anche un ampio ambito di intervento esterno rispetto all'ordinamento militare, ormai difficilmente riconducibile alla esclusiva legittimazione da parte del potere regio.
Queste discrasie tra contesto normativo generale e specifiche norme regolamentari per l'Arma dei carabinieri sarà sempre più evidente nel futuro. Infatti, già dopo 19 anni (si pensi che il precedente era rimasto in vita per 70 anni) il Regolamento d'istruzione e di servizio venne aggiornato (la denominazione cambiò in Regolamento Generale, ma la struttura e i principi fondamentali non furono intaccati) ed approvato con r.d. 24-12-1911, proprio al fine di adeguarlo alle modifiche del contesto giuridico penale e di polizia nel frattempo mutato. Da allora non si pensò più ad un nuovo Regolamento Generale e quel testo, formalmente ancora in vigore per le disposizioni non implicitamente abrogate, è stato aggiornato (e in sostanza radicalmente mutato) con disposizioni interne che di fatto hanno determinato il declassamento del Regolamento ad atto amministrativo generale, mera circolare interna. Proprio perché principale strumento operativo per il servizio istituzionale e per quello
interno, il Regolamento Generale fu continuamente ristampato in edizioni aggiornate, onde renderlo facilmente utilizzabile e agevolmente consultabile da parte di chi doveva applicarlo.
Nel frattempo, con l. 30-12-1906, n. 647, si istituì la Scuola allievi ufficiali dei Carabinieri, massimo istituto di istruzione dell'Arma per i sottufficiali aspiranti al grado di sottotenente. L'importanza del provvedimento sta tutta nella mutata filosofia formativa dell'ufficiale di cui vengono privilegiati i momenti di qualificazione e di perfezionamento tecnico-professionale rispetto a quelli prettamente militari (basti pensare che l'insegnamento nell'Istituto verteva principalmente sui codici civile, penale, di procedura civile e di procedura penale, nonché sulla relativa legislazione speciale, sull'ordinamento costituzionale, amministrativo e giudiziario e sulla polizia scientifica).
Nel 1916, con d.lt. 5-10-1916, n. 1314 viene anche sancita l'istituzione di una Scuola allievi sottufficiali, che entrerà concretamente in funzione alla fine della guerra e, nel 1928, muterà la denominazione in Scuola Centrale dei Carabinieri, con r.d. 18-3-1928, n. 742, nella considerazione che nel frattempo la Scuola svolge anche corsi di abilitazione per ufficiali dell'Arma.
Intanto per le esigenze di guerra l'Arma mobilita diversi reparti, tra cui un reggimento che si sarebbe poi distinto nella battaglia del Podgora, e viene incrementato temporaneamente l'organico con l'assunzione di 12.000 carabinieri ausiliari, autorizzata con d.lt. 25-2-1917, n. 25. L'ordinamento subisce sensibili modificazioni e vengono creati i gruppi di legione (poi denominati ispettorati e infine brigate territoriali, le quali non sono più previste nell'attuale ordinamento), in numero di 5, sulla base del d.lt. 26-4-1917, n. 747.
Al termine della guerra, in un momento storico particolarmente difficile, con r.d. 2-10-1919, n. 1802, viene sancita la costituzione di battaglioni mobili per la tutela dell'ordine pubblico, reparti che verranno concretamente formati con d.m. 2-5-1920, nel numero di diciotto (successivamente 12), soppressi pochi anni dopo con r.d. 30-12-1923, n. 2980.
Il 20-7-1925, con atto interno del Ministero della guerra, in analogia a quanto già previsto per la Marina Militare, viene istituito un Comando carabinieri per la Regia Aeronautica, con compiti di polizia militare all'interno dei reparti della neo costituita Forza armata.
Nel 1934, con r.d. 14-6-1934, n. 1169, tuttora parzialmente in vigore, viene approvato il nuovo ed ultimo Regolamento organico. Le principali novità del nuovo Regolamento, che nei principi e nella sostanza non si discosta dai precedenti, al di là del perfezionamento stilistico e della configurazione del nuovo ordinamento, sono in particolare: l'aver messo in evidenza i compiti militari (art. 1), anteposti ai tradizionali compiti d'istituto (art. 2), in relazione alla circostanza che l'Arma come organismo militare ha compiti specifici che la caratterizzano come componente attiva dell'Esercito, e non deriva le sue attribuzioni militari semplicemente dallo stato giuridico dei suoi appartenenti; l'aver riportato le speciali qualifiche e attribuzioni di tutti gli appartenenti all'Istituzione in un apposito capitolo; l'aver corredato il testo con una tabella riassuntiva di tutte le autorità autorizzate a richiedere informazioni all'Arma. Inoltre, l'aver esplicitato le qualifiche di
ufficiale ed agente di polizia giudiziaria e ufficiale ed agente di pubblica sicurezza, da un lato pone in evidenza la subalternità della regolamentazione specifica per i Carabinieri, rispetto ai grandi complessi normativi che ormai disciplinavano compiutamente l'attività di indagine nell'ambito del procedimento penale (il codice di procedura penale del 1930) e il sempre più pervasivo potere di polizia che la legislazione di pubblica sicurezza demanda alle apposite autorità (era già in vigore il testo unico delle leggi di pubblica sicurezza del 1931). Dall'altro lato sottolinea la necessità di una chiara distinzione funzionale tra ufficiali ed agenti, in relazione ai diversi poteri attribuiti alle due diverse qualifiche, con particolare attenzione al settore della pubblica sicurezza, dove l'esatta definizione dei rapporti tra autorità, ufficiali ed agenti era particolarmente opportuna.
La necessità, poi, di un'apposita tabella che indicasse le autorità e la materia informativa oggetto di richiesta, evidenzia l'importanza e la delicatezza di questa attività istituzionale e la centralità nel settore dell'Arma, unico apparato dello Stato in grado, per la sua capillarità, dell'esatta conoscenza delle più varie vicende e situazioni di interesse pubblico.
Il regolamento organico verrà da lì a poco modificato con r.d. 1-10-1936, n. 2145, la cui più importante innovazione consiste nell'aver creato la carica di Capo di Stato maggiore del Comando generale dell'Arma.
Nel frattempo fu istituito anche un ulteriore anello gerarchico per l'organizzazione territoriale, il comando di divisione (r.d. 4-6-1936, n. 1251), inizialmente nel numero di due, con la conseguente necessaria modificazione della denominazione dei comandi provinciali che da divisioni verranno chiamati gruppi.
Anche per questo periodo, per comprendere ancor più approfonditamente le vicende istituzionali dell'Arma occorre sinteticamente riportare le varianti organiche ed ordinative dal 1861 al secondo dopoguerra. Con r.d. 18-6-1862, dopo appena un anno dalla prima definizione dell'organico dell'Arma dei carabinieri, la forza viene aumentata a 533 ufficiali e 19.363 sottufficiali e truppa. Il r.d. 6-8-1864, stabilisce un nuovo incremento che porta la forza dell'Arma al numero di 561 ufficiali e 20.675 sottufficiali e truppa. Successivamente il r.d. 28-7-1867 fissa la forza in 563 ufficiali e 22.549 sottufficiali e truppa, mentre l'ordinamento comprende un Comitato, 12 legioni territoriali ed una legione allievi. Dopo appena un anno, invece, per ragioni di economia e di bilancio, con r.d. 19-11-1868, la forza viene drasticamente ridotta a 456 ufficiali e 19.294 sottufficiali e truppa e l'ordinamento viene ristrutturato in un Comitato, 10 legioni territoriali ed una legione allievi (si pensi
che con il ridotto volume di forza, anche rispetto al 1862, si doveva far fronte anche alle accresciute esigenze di servizio determinate dall'annessione delle province venete). Ulteriori riduzioni alla forza vennero apportate con r.d. 18-7-1870, allorché si stabilì il numero di 417 ufficiali e 18.000 sottufficiali e truppa. Un lieve aumento si riavrà con l'annessione della provincia di Roma al Regno d'Italia, quando il r.d. 18-12-1870 stabilisce la forza in 433 ufficiali e 18.800 sottufficiali e truppa. La legge sull'ordinamento dell'Esercito del 30-9-1873, prevede per l'Arma l'articolazione in un Comitato, undici legioni territoriali (era stata costituita quella di Roma) ed una legione allievi. Un ulteriore leggero incremento della forza si ha con r.d. 30-9-1873 (466 ufficiali e 19.725 sottufficiali e truppa). Altri sensibili aumenti si hanno con r.d. 5-1-1882 (539 ufficiali e i 20.448 sottufficiali e truppa), r.d. 4-1-1883 (552 ufficiali e 21.445 sottufficiali e truppa), r.d.
31-12-1883 (567 ufficiali e 21.812 sottufficiali e truppa) e r.d. 26-7-1885 (618 ufficiali e 23.004 sottufficiali e truppa), r.d. 21-4-1887 (622 ufficiali e 24.004 sottufficiali e truppa), r.d. 14-4-1889 (633 ufficiali e 24.304 sottufficiali e truppa), r.d. 30-6-1889 (641 ufficiali e 24.704 sottufficiali e truppa). Leggero decremento si ha con r.d. 23-12-1894 (579 ufficiali e 24.500 sottufficiali e truppa) e con r.d. 22-12-1898 (614 ufficiali e 24.176 sottufficiali e truppa), ma nonostante questa parentesi la forza ricomincia ad aumentare, anche considerevolmente, già con r.d. 3-8-1903 (648 ufficiali e 26.495 sottufficiali e truppa) e poi con r.d. 25-8-1908 (714 ufficiali e 29.964 sottufficiali e truppa). Successivamente, per le esigenze connesse con la conquista della Libia, l'organico viene portato con r.d. 27-3-1913, n. 402, a 759 ufficiali e 31.896 sottufficiali e truppa. Intanto l'ordinamento (r.d. 24-12-1911) prevede un Comando Generale dell'Arma (come si ricorderà il
Comitato era stato soppresso nel 1882), undici legioni territoriali, una legione allievi e una Scuola allievi ufficiali (istituita nel 1906). Le successive esigenze belliche determinano, con d.lt. 5-10-1916, n. 1314, un riordinamento dell'Arma (un Comando generale, 14 legioni territoriali, una legione allievi, una Scuola allievi ufficiali e una Scuola allievi sottufficiali), ed un aumento organico consistente, per il quale, oltre i previsti collocamenti fuori quadro in soprannumero, è prevista una forza di 883 ufficiali e 34.608 sottufficiali e truppa. La previsione dell'arruolamento di carabinieri ausiliari (12.000) determina un riassestamento dell'organico che con d.lt. 25-2-1917, n. 357, e 26-4-1917, n. 747, viene portato a 994 ufficiali e 47.833 sottufficiali e truppa (compresi gli ausiliari). Un ulteriore sensibile aumento si ha con d.lt. 2-12-1917, n. 1770, per cui gli organici dei sottufficiali e della truppa vengono aumentati in 54.433 (compresi 18.000 ausiliari). La
cessazione delle esigenze belliche determinerà nell'immediatezza una contrazione dell'organico, che rimarrà però consistente rispetto all'inizio della guerra (il d.lt. 6-4-1919, n. 494, prevede una forza organica complessiva relativa ai sottufficiali e militari di truppa di 45.000 unità), ma le sopraggiunte esigenze di ordine pubblico, anche a causa del minor impiego dell'Esercito in questo settore, confermeranno, con r.d. 2-10-1919, n. 1802, una forza complessiva di 60.000 unità (con 1.056 ufficiali di cui 10 ufficiali generali) e stabiliranno un nuovo ordinamento costituito da un Comando generale, 7 comandi di gruppi di legione (costituiti in precedenza durante la guerra), 19 legioni territoriali (aumentate a seguito delle annessioni e portate a 21 con r.d. 20-4-1920, n. 451), una legione allievi, una Scuola allievi ufficiali, una Scuola allievi sottufficiali. Successivamente, con r.d. 31-12-1922, n. 1680, viene sperimentata l'unificazione dei corpi armati di polizia,
assorbiti dall'Arma, stabilendo che quest'ultima «costituisce l'unica forza armata in servizio permanente di pubblica sicurezza». Per tale ragione l'organico viene portato a 75.000 unità (di cui 12.000 costituiscono un ruolo specializzato per i servizi tecnici di polizia) e l'ordinamento viene ristrutturato in: un Comando generale, 7 comandi di gruppi di legione, un comando di gruppo scuole e legione allievi, una legione allievi, 21 legioni territoriali, una Scuola allievi ufficiali, una Scuola allievi sottufficiali, 12 battaglioni mobili, 2 squadroni (cui si aggiungerà, con r.d. 7-1-1923, n. 12, una Scuola tecnica di polizia per l'abilitazione ai servizi specializzati in abito civile). Successivamente l'organico viene ridotto, con r.d. 30-12-1923, n. 2980, per cui l'Arma sarà composta da 1.324 ufficiali e 65.000 sottufficiali e militari di truppa (comprese 10.000 unità del ruolo specializzato). La fuoriuscita del ruolo specializzato comporterà un ulteriore riassestamento e
l'organico, con r.d. 2-4-1925, n. 382 viene fissato in 55.000 unità. Con r.d.l. 26-7-1929, n. 1430, l'ordinamento e l'organico dell'Arma subiscono nuovi assestamenti: l'organico viene contratto in 1.113 ufficiali e 50.000 sottufficiali e militari di truppa, l'ordinamento prevede una riduzione delle legioni territoriali nel numero di 20 (prima, con l. 18-12-1927, n. 2415, erano state elevate a 22), i battaglioni erano già stati soppressi nel 1923, la Scuola allievi ufficiali era già stata soppressa nel 1926, mentre la Scuola allievi sottufficiali era stata ridenominata Scuola centrale nel 1928. Il regolamento organico del 1934 stabilisce il seguente ordinamento: un Comando generale, 6 ispettorati di zona (i precedenti comandi di gruppo di legioni), una Scuola centrale, 20 legioni territoriali, una legione allievi, una banda dell'Arma (ordinamento che nel 1936 vede la trasformazione degli ispettorati in brigate e la costituzione delle prime due divisioni carabinieri, dislocate a
Milano e Roma, divenute tre — con quella di Napoli — nel 1938). In prossimità della Seconda guerra mondiale l'ordinamento viene nuovamente ridefinito con la l. 9-5-1940, n. 368 (un Comando generale, tre divisioni, sette brigate, 28 legioni, una Scuola centrale, una legione allievi, uno squadrone, quattro battaglioni, uno squadrone guardie del re, una banda, oltre ad altri comandi in Albania e nell'Egeo). Gli organici vengono di consueto aumentati per le esigenze belliche: per gli ufficiali è prevista una forza di 11 ufficiali generali e 1.309 ufficiali superiori ed inferiori (r.d.l. 29-12-1939, n. 2083) e successivamente di complessive 1.614 unità (r.d.l. 17-2-1942, n. 151); per i sottufficiali e i militari di truppa vengono previsti aumenti prima dell'ordine di 10.000 unità, di cui 7.000 ausiliari (r.d.l. 3-2-1941, n. 116), successivamente di 5.000 (l. 25-7-1941, n. 911, che prevede nuovamente i carabinieri aggiunti), poi ancora di 15.000 unità, di cui 8.000 ausiliari
(r.d.l. 26-2-1942, n. 285), ed infine di 10.000 unità, tutti carabinieri ausiliari (r.d.l. 18-5-1943, n. 627). Con questi provvedimenti di guerra l'organico provvisorio toccherà la cifra di 90.000 unità. Al termine della guerra si cercherà di porre ordine in materia di organici e di ordinamento, rispettando il vincolo di carattere internazionale del trattato di pace che prevedeva limitazioni militari all'Italia, indicando l'organico complessivo delle Forze armate e dell'Arma (per l'Arma erano previste 65.000 unità). In questo contesto, dopo un primo aumento di 10.000 unità disposto con d.lg.lt. 28-6-1945, n. 445, il successivo d.lg.lt. 31-8-1945, n. 603, stabilì la forza dei sottufficiali e militari di truppa in 64.238 unità (di cui 14.800 sottufficiali e 49.438 militari di truppa, compresi 3.151 allievi carabinieri). Per gli ufficiali valevano le modificazioni apportate in precedenza, per le quali la forza complessiva ammontava a 1.757 unità. L'ordinamento del 1945
prevedeva un Comando generale, 3 divisioni, 6 brigate, 21 legioni territoriali, una Scuola centrale, una legione allievi, 4 comandi di raggruppamento di battaglioni e 12 battaglioni mobili, un gruppo squadroni e uno squadrone guardie del re (dipendenti dalla legione Roma), una banda (dipendente dalla legione allievi).
Con questo provvedimento di risistemazione postbellica dell'Arma vogliamo chiudere l'esposizione contestuale delle vicende storiche dell'Istituzione, con l'avvertenza che, contemporaneamente alla delineazione dei vari, attuali istituti funzionali e organizzativi dell'Arma, saranno introdotti a ragion veduta ulteriori cenni storici.
3. Natura giuridica e collocazione istituzionale.
L'Arma dei carabinieri costituisce, secondo i parametri interpretativi di Massimo Severo Giannini, un ordinamento giuridico particolare fondato su fatti organizzatori, del tipo degli «ordinamenti dei corpi organizzati». Dotata di plurisoggettività (il personale, articolato in differenti categorie e ruoli), organizzazione notevole (è un complesso di diverse organizzazioni, strutturate in forma piramidale, tutte dipendenti da un unico vertice di comando) e una limitata normazione interna, sempre secundum legem, raramente praeter legem (comunque, ormai, necessariamente nella forma del decreto ministeriale, di cui all'art. 17 l. 23-8-1988, n. 400), l'Arma dei carabinieri si identifica giuridicamente con un particolare ordinamento militare, parte del più generale ordinamento militare dello Stato, ma con proprie caratteristiche organizzative e funzionali. Per la sociologia del diritto è un'organizzazione formale, sia in senso soggettivo (è una ben precisa entità amministrativa,
facilmente individuabile nella complessa organizzazione statale), sia in senso oggettivo (è un'entità organizzata, secondo un modello di riferimento ben preciso: quello gerarchico militare). Come organizzazione formale l'Arma dei carabinieri è costituita per degli scopi esattamente individuati dalla legge: è un sistema coordinato di uomini, mezzi e risorse appositamente predisposti dall'ordinamento giuridico statale per il perseguimento di compiti prestabiliti. Tra le organizzazioni formali è, quindi, un'organizzazione giuridica, nel senso individuato già dal Giannini, in quanto i suoi compiti e le sue attribuzioni sono posti da fonti esterne, quelle statali. Abbiamo già visto come la sua stessa istituzione sia indissolubilmente collegata a precisi compiti, individuati già dalle regie patenti del 1814 ed esattamente indicati nell'art. 1 delle regie patenti del 1816, definiti tradizionalmente compiti istituzionali (o d'istituto). I compiti militari, ritenuti impliciti per la
prescritta appartenenza all'Armata, vengono anch'essi esattamente esplicitati con l'art. 2 del Regolamento organico del 1892. Le norme che attualmente definiscono i compiti e le attribuzioni dell'Arma sono l'art. 2, r.d. 14-6-1934, n. 1169 (per i compiti istituzionali), e gli artt. 3 ss. d.lg. 5-10-2000, n. 297 (per tutti i compiti affidati all'Arma, con particolare riguardo a quelli militari), secondo i principi e i criteri direttivi fissati dall'art. 1 l. 31-3-2000, n. 78.
In base alla individuazione dei compiti affidati all'Arma dei carabinieri e alle norme di organizzazione che si sono succedute nel tempo, possiamo definire l'Arma dei carabinieri secondo diverse formule organizzative, ciascuna idonea a cogliere uno o più elementi caratterizzanti questa Istituzione, secondo un ben determinato contesto normativo di riferimento, ma tutte integrantesi nel definirne la natura giuridica. In particolare l'Arma si può definire:
— forza militare (come contingente di uomini e mezzi — organico — deputato ad un impiego specifico e strutturato secondo il modello organizzativo militare), analogamente alle altre Forze armate e al Corpo della Guardia di finanza; conseguenza immediata è la diretta applicabilità all'Arma della legislazione (e regolamentazione) militare generale (principio di complementarità: art. 3 r.d. n. 1169/1934), tranne che non sia diversamente disposto;
— forza militare con il rango di Forza armata (art. 1 l. n. 78/2000 e art. 2 d.lg. n. 297/2000), allo stesso livello ordinativo dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica (in precedenza era Corpo dell'Armata sarda — regie patenti 1814 — e successivamente prima Arma dell'Esercito, denominazione definitivamente sanzionata con l'art. 7 l. 30-9-1873); questo ha implicato la collocazione autonoma dell'Arma in ambito Difesa (quindi, non più un'arma dell'Esercito), con la diretta dipendenza dal Capo di Stato maggiore della difesa del Comandante generale dell'Arma, per i compiti militari;
— forza militare di polizia a competenza generale e in servizio permanente di pubblica sicurezza (art. 2 d.lg. n. 297/2000), per cui l'Arma costituisce un vero e proprio unicum organizzativo e funzionale nel panorama istituzionale italiano;
— forza di polizia, ai sensi dell'art. 16 l. 1-4-1981, n. 121: definizione che condivide con la Polizia di Stato, il Corpo della Guardia di finanza, la Polizia Penitenziaria e il Corpo forestale dello Stato, ai fini del coordinamento delle forze di polizia attribuito al Ministro dell'interno, ai sensi dell'art. 1 legge n. 121/1981; più precisamente, la norma qualifica l'Arma forza di polizia in base alla definizione, ivi contenuta, di «forza armata in servizio permanente di pubblica sicurezza» (questa esatta locuzione la troviamo già nel r.d. 31-12-1922, n. 1680, art. 1);
— forza di polizia ad ordinamento militare, ai fini dei procedimenti di concertazione per disciplinare i contenuti del rapporto d'impiego del proprio personale non dirigente, ai sensi dell'art. 2 d.lg. 12-5-1995, n. 195, analogamente al Corpo della Guardia di finanza;
— struttura operativa nazionale di protezione civile, ai sensi dell'art. 3 d.lg. n. 297/2000, in concorso con le altre strutture elencate nell'art. 11 l. 24-2-1992, n. 225.
Questa poliedricità organizzativa influisce chiaramente sulla collocazione istituzionale dell'Arma dei carabinieri che, ai sensi dell'art. 2 d.lg. n. 297/2000, è inserita organicamente, in posizione autonoma, all'interno del Ministero della difesa (dipendenza gerarchico-amministrativa), e dipende direttamente, tramite il suo Comandante generale, e soltanto per i compiti militari, dal Capo di Stato maggiore della difesa. La stessa norma di legge stabilisce che l'Arma dipende funzionalmente dal Ministro dell'interno, per quanto attiene ai compiti di ordine pubblico e di pubblica sicurezza. Analoga dipendenza funzionale, ma esclusivamente settoriale e non generale, come per il Ministro dell'interno, viene stabilita per gli speciali reparti dell'Arma, in servizio all'interno di organi costituzionali, ministeri, autorità amministrative e giudiziarie, altre Forze armate ed organismi interforze, tutti dipendenti, tramite i rispettivi comandanti, dai responsabili dei predetti organi ed
organizzazioni. I contenuti della dipendenza funzionale, per molti pregnanti aspetti, sono ancora disciplinati dagli artt. 54 ss. del Regolamento organico del 1934, per quel che riguarda le relazioni con le autorità amministrative.
Anche la dipendenza dall'autorità giudiziaria è di natura funzionale, con un'intensità variabile (in termini di impiego e di gestione organizzativa), differente a seconda che coinvolga il personale inserito organicamente nelle sezioni di polizia giudiziaria, costituite presso le Procure della Repubblica, o nei reparti e unità operative qualificati come servizi di polizia giudiziaria, o semplicemente avente una qualifica, di ufficiale o agente, di polizia giudiziaria.
4. Le funzioni militari e di polizia: compiti, attribuzioni, prerogative.
a) Compiti militari.
1) La partecipazione alle operazioni militari (4).
Sin dalla fondazione la partecipazione alle operazioni militari, con particolare riferimento a quelle belliche, ha costituito una costante nell'attività operativa dell'Arma dei carabinieri. La qualità e la quantità della partecipazione alle operazioni militari sono valutabili a seconda delle circostanze e dell'evento bellico, ma in ogni campagna di guerra l'Arma ha comunque mobilitato unità da combattimento, sempre riassorbite all'interno dell'organico al termine dell'esigenza, tranne dopo la seconda guerra mondiale. Dopo tale evento, anche a causa delle limitazioni militari imposte all'Italia dal Trattato di pace, l'Arma collaborerà permanentemente, nell'ambito dei compiti propri dell'Esercito, alla difesa interna del territorio con la sua organizzazione mobile che sarà nel tempo costantemente adeguata all'esigenza. Tale impiego operativo non sarà secondario nell'ambito della strategia militare della Nato, che in sostanza prevedeva una risposta flessibile (prima convenzionale
e solo successivamente — ed eventualmente — nucleare) in caso di aggressione e un dispositivo di difesa avanzata sui confini nazionali. Infatti, la moderna tecnica militare, le aumentate potenzialità logistiche e lo sviluppo tecnologico avevano ormai permesso l'effettuazione di considerevoli operazioni militari a tergo dei dispositivi di difesa, consistenti sostanzialmente in aviosbarchi e in operazioni anfibie, il cui contrasto postulava un dispositivo areale ed estremamente mobile, diffuso su tutto il territorio nazionale. Inoltre, la guerra partigiana aveva posto in evidenza l'efficacia di operazioni militari complementari come la guerriglia, il sabotaggio, l'azione di interdizione nelle retrovie, tutte azioni che postulavano la necessità di adeguate contromisure tattiche e strategiche (la controguerriglia, la moderna controinterdizione d'area, il controllo di zone estese, ecc.).
Dal punto di vista normativo, già il regolamento del 1822 stabiliva che i Carabinieri reali potevano essere destinati in tempo di guerra «al servizio di polizia militare, come [a] quello puramente di linea», intendendo per quest'ultimo la partecipazione ai combattimenti veri e propri. Dal Regolamento organico del 1892, sarà sempre costantemente stabilito che l'Arma dei carabinieri «concorre con le altre truppe» alle operazioni militari.
Per questo compito prettamente militare è intervenuto definitivamente l'art. 5 d.lg. n. 297/2000 che specifica la partecipazione dell'Arma alle operazioni militari, sempre in un contesto istituzionale dove campeggia la prescrizione di cui al precedente art. 4, con la quale si ribadisce che l'Arma concorre alla difesa della Patria, alla salvaguardia delle libere istituzioni e al pubblico soccorso in caso di calamità. L'art. 5 specifica che la partecipazione si distingue a seconda che avvenga per le esigenze di difesa militare dello Stato o per operazioni militari all'estero.
Per le esigenze interne l'Arma concorre alla difesa integrata del territorio nazionale, secondo accordi definiti dal Comandante generale e dai Capi di Stato maggiore interessati per competenza. Il d.p.r. 25-10-1999, n. 556, con cui sono state ridefinite le attribuzioni dei vertici militari della difesa, agli artt. 14 ss., stabilisce le responsabilità dei Capi di Stato maggiore di Forza armata. La difesa terrestre del territorio viene affidata al Capo di Stato maggiore dell'Esercito, che coordina l'impiego di tutti i mezzi che concorrono allo scopo, compresi quelli messi a disposizione dalle altre Forze armate; analogamente viene stabilito per il Capo di Stato maggiore della Marina e per il Capo di Stato maggiore dell'Aeronautica, rispettivamente, per la difesa marittima del territorio e delle relative linee di comunicazione e per la difesa dello spazio aereo nazionale.
In caso di operazioni militari all'estero, nell'ambito delle operazioni di mantenimento e ristabilimento della pace e della sicurezza internazionale (inquadrabili ormai nelle operazioni militari diverse dalla guerra), l'Arma concorre con speciali reparti e con moduli operativi peculiari in cui convivono attività prettamente militari con veri e propri compiti di polizia generale. L'Arma in tale contesto può essere chiamata a realizzare condizioni di sicurezza e di ordinata convivenza nelle aree di intervento, rivolgendo la propria attività non solo nei confronti delle parti interessate al ristabilimento o al mantenimento della pace, ma anche verso la popolazione civile, per integrare o sostituire i dispositivi di pubblica sicurezza locali, non in grado di soddisfare le normali esigenze di ordine pubblico. È chiaro come in questo settore lo stesso concetto di operazione militare, non più sovrapponibile a quello di operazione bellica, stia subendo una lenta metamorfosi verso un
più ampio concetto di operazioni di difesa generale che coinvolgono tutti gli aspetti di difesa e sicurezza di una determinata area di intervento, fuori del territorio nazionale.
2) L'attività di polizia militare (5).
L'esplicita formulazione dei compiti militari avviene con il Regolamento organico del 1892, già prima, tuttavia, sono numerosi i riferimenti normativi che consentono di affermare con esattezza che tra i compiti militari debbano essere ricompresi quelli connessi con la polizia militare. Il Regolamento Generale del 16-10-1822, all'art. 1, stabiliva che l'allora Corpo era «una forza istituita per invigilare alla pubblica sicurezza, per assicurare nello interno dello Stato ed in campo presso le Regie Armate, la conservazione dell'ordine, o l'esecuzione delle leggi». Successive norme (artt. 436-443) dettagliavano minutamente le incombenze relative alla polizia militare. È evidente che l'attività di polizia militare veniva pensata unicamente come prosecuzione della generale attività di polizia preventiva e repressiva, all'interno delle stesse Forze armate. L'esperienza bellica ha dimostrato come gli aspetti relativi alla sicurezza del dispositivo militare e alle connesse attività
informative e controinformative (tradizionalmente lo spionaggio e il controspionaggio) assumessero importanza fondamentale nell'ambito di una attività di polizia militare svolta a favore dello strumento bellico ed in grado non solo di garantirgli l'ordine e la disciplina interni, ma anche la libertà di manovra e la tutela da insidiose ingerenze nemiche. La campagna del 1859 (II guerra d'indipendenza) rappresentò il momento maturo di passaggio dalla polizia militare, tutrice dell'ordine e della disciplina, alla polizia militare in senso contemporaneo, connotata da compiti fondamentali, quali il servizio informazioni operativo (attività svolta anche a tergo delle linee nemiche), la responsabilità della circolazione stradale militare e il concorso alla tenuta morale dei reparti (6). La successiva normativa interna sul servizio in guerra specificherà sempre più i compiti di polizia militare dei Carabinieri in caso di emergenza bellica, mentre la normativa di servizio — il
Regolamento Generale — indicherà dettagliatamente i compiti ordinari di polizia militare che si sostanziano particolarmente in un'assidua attività di vigilanza nei confronti dei militari in tempo di pace (7).
La successiva stratificazione normativa dimostrerà come gli aspetti relativi alla sicurezza, alla tutela del segreto militare e all'attività di controspionaggio saranno sempre più preponderanti e caratterizzeranno l'attività di polizia militare, orientandola verso un continuum operativo e funzionale con l'attività dei servizi di informazione, organismi specializzati, la cui centralità operativa ed organizzativa nell'attività di ricerca informativa e di contrasto ad analoga attività nemica, lascerà in ombra gli aspetti tecnici della polizia militare.
In questo settore sarà evidente una carenza di normazione di riferimento, solo recentemente colmata con il d.lg. n. 297/2000 che definisce esattamente all'art. 6 attività e funzioni della polizia militare. La notazione non è di poco conto se si pensa che nel 1935, in un articolo della «Rivista dei Carabinieri Reali», un ufficiale dell'Arma si premurò di illustrare questo particolare settore del servizio con la seguente premessa: «La funzione dell'Arma in materia di polizia militare è poco conosciuta, sia perché all'argomento è stato sempre dato particolare carattere di riservatezza, sia in conseguenza della convinzione che essa, e per talune attribuzioni, sia devoluta esclusivamente agli organi specializzati e quindi di scarso interesse per gli elementi preposti allo speciale servizio» (8). È singolare che, ancora nel 1993, l'allora colonnello dei carabinieri Giuliano Ferrari apra la sua opera sulla polizia militare con un'introduzione dal titolo «La polizia militare
questa sconosciuta».
L'art. 6 d.lg. n. 297/2000 distingue due ambiti operativi che corrispondono alle moderne finalità della polizia militare: la garanzia delle condizioni generali di ordine (come ordine pubblico militare), per cui è necessario vigilare sull'osservanza della disciplina normativa, giuridica e tecnico-amministrativa, riguardante le Forze armate; la garanzia della sicurezza di questo delicato apparato dello Stato, per cui deve essere esercitata un'attività di contrasto, preventiva e repressiva, di natura tecnico-militare, diretta ad evitare la lesione del regolare svolgimento dei compiti delle Forze armate (quindi, non informativa e di sicurezza, per la difesa sul piano militare dell'indipendenza e dell'integrità dello Stato da ogni pericolo, minaccia o aggressione, compreso il controspionaggio: attività legalmente demandate al Sismi). La prima finalità, cui si riconnettono sostanzialmente compiti di vigilanza generica, è il classico scopo della polizia militare, ed è chiaramente
un'attività rivolta prevalentemente nei confronti dell'apparato militare. L'altra finalità è indubbiamente contigua a quella perseguita dai Servizi di informazione e sicurezza, anche se qualitativamente differente, poiché svolta ad immediato e diretto ausilio della compagine militare con una serie di attività preventive, controinformative e, eventualmente, repressive, che vengono effettuate nell'ambito delle stesse Forze armate.
Nel settore della polizia militare l'Arma ha competenza esclusiva nei riguardi delle Forze armate, con esclusione, quindi, del Corpo della Guardia di finanza che ha competenza esclusiva nel suo ambito in base all'art. 8 d.lg. 19-3-2001, n. 68.
Un capitolo importante della polizia militare è costituito dalla polizia militare internazionale, cioè l'attività di polizia militare rivolta verso formazioni militari nazionali e multinazionali all'estero, in un contesto operativo di ristabilimento o mantenimento della pace e della sicurezza internazionale. La previsione, accennata all'art. 6 d.lg. n. 297/2000, ha importanti conseguenze sul piano giuridico, con particolare riferimento al diritto internazionale umanitario, dove la tutela dei combattenti e della popolazione civile in caso di conflitti armati è una responsabilità dei singoli, con particolare riguardo ai comandanti militari, ma ha sempre trovato scarsa attuazione a causa della mancanza di appositi organi di controllo ed intervento in caso di violazione di norme umanitarie e di commissione di veri e propri crimini di guerra e contro l'umanità (9).
3) Le funzioni di polizia giudiziaria militare (10).
Le attività di polizia giudiziaria militare svolte dall'Arma sono sempre state tradizionalmente connesse con i compiti militari ad essa affidate, in particolare come species della funzione di polizia militare. La dottrina prevalente ormai ritiene che gli scopi, la natura giuridica e le attività della polizia giudiziaria militare non differiscano più in nulla dalla polizia giudiziaria ordinaria, se non per alcune particolarità cui si tende a dare sempre meno importanza.
L'art. 301 c.p.m.p. elenca gli organi di polizia giudiziaria militare. Dalla lettura della norma si evince subito, a differenza della funzione (amministrativa) di polizia militare, che nel campo della polizia giudiziaria militare non esiste una competenza esclusiva dell'Arma dei carabinieri, in quanto, secondo un ordine ben preciso, sono chiamati a svolgere funzioni di polizia giudiziaria militare i comandanti di corpo, di distaccamento o di posto delle Forze armate e, oltre agli ufficiali e ai sottufficiali (marescialli e brigadieri) dell'Arma dei carabinieri, tutti gli altri ufficiali di polizia giudiziaria elencati nel codice di procedura penale.
La legge n. 78/2000 prevede, tra i principi e i criteri direttivi della delega al Governo, che all'Arma venga assegnato come compito anche l'esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria militare alle dipendenze degli organi della giustizia militare, circostanza che in dottrina aveva fatto avanzare l'ipotesi di una positiva risoluzione della questione relativa alla costituzione delle sezioni di polizia giudiziaria anche presso le procure militari della Repubblica, in analogia a quanto avviene nelle procure ordinarie. D'altra parte, l'art. 9 d.lg. n. 297/2000 si è limitato a confermare che l'Arma svolge le funzioni di polizia giudiziaria militare secondo le disposizioni e le dipendenze dei codici penali militari, che in tale senso non sono stati per nulla innovati, come era auspicato.
Ferma l'attuale vigenza dell'art. 301 c.p.m.p. e, seppur problematicamente, delle successive norme che recano speciali disposizioni per la polizia giudiziaria militare, la specificità riguardante l'Arma dei carabinieri è ancora nella precisa collocazione nell'ordine elencato da quella norma in relazione all'attribuzione della qualifica di organo di polizia giudiziaria militare, ordine (o come è stato efficacemente detto «graduatoria di preferenza») che, in base ad autorevole dottrina, dovrebbe contemperare le esigenze di polizia giudiziaria con quelle tipiche dell'ordinamento militare, evitando — per quanto possibile — eventuali sovrapposizioni gerarchiche ed indebite interferenze reciproche tra l'attività di indagine svolta dall'autorità giudiziaria e l'azione di comando esercitata dall'autorità militare.
Per quanto riguarda invece le questioni relative in generale alla subordinazione e alla stessa attività di indagine della polizia giudiziaria militare, all'istituzione delle sezioni presso le procure militari e, infine, alle sanzioni applicabili agli appartenenti alla polizia giudiziaria militare → polizia giudiziaria militare in Digesto delle discipline penalistiche.
4) Il concorso alla mobilitazione (11).
La mobilitazione è il complesso delle attività di carattere organizzativo, procedimentale e materiale finalizzate a portare le Forze armate dalla situazione normale del tempo di pace a quella d'emergenza in previsione di eventi bellici. Il sistema di mobilitazione in Italia era incentrato sul ripianamento organico delle unità già costituite in tempo di pace (o nell'implementazione di formazioni quadro, esistenti cioè nell'intelaiatura generale, ma sostanzialmente prive di personale) e sulla costituzione di nuove unità previste nella pianificazione operativa, ma non esistenti in tempo di pace. La mobilitazione creava obblighi, legislativamente previsti, per il personale in congedo illimitato, ancora appartenente alle Forze armate (le riserve), in quanto non ancora collocato in congedo assoluto, cioè sciolto da qualsiasi obbligo di servizio militare. In questo contesto il sistema di mobilitazione esigeva una consistente massa in riserva da richiamare con provvedimenti
precettivi, secondo criteri di gradualità astrattamente prefissati (e con preferenza delle classi più giovani in congedo). Il concorso dell'Arma in questo sistema avveniva su due piani: l'uno prettamente militare, con la previsione di speciali unità da mobilitare in caso di emergenza (nuclei mobili e compagnie di sicurezza), l'altro in linea con le funzioni di polizia militare, attraverso la notifica dei provvedimenti di precetto, le attività di supporto per i mobilitati da avviare alle unità, l'esercizio eventuale dei poteri coattivi di polizia per reprimere l'inadempimento degli obblighi di legge.
Il sistema prefigurato dal Nuovo modello di difesa (fondato dal punto di vista normativo sulla l. 18-2-1997, n. 25, il d.lg. 28-11-1997, n. 464 e il d.p.r. 25-10-1999, n. 556), prevede predisposizioni di mobilitazione limitate al completamento di comandi, enti militari ed unità operative già in vita in tempo di pace. La l. 14-11-2000, n. 331, recante norme per l'istituzione del servizio militare professionale, istituisce le forze di completamento (disciplinate dal decreto legislativo di attuazione, 8-5-2001, n. 215), a base volontaria, e prevede la riattivazione del sistema di reclutamento su base obbligatoria solo nel caso in cui il personale in servizio sia insufficiente e non sia possibile colmare le vacanze di organico mediante il richiamo in servizio di personale militare volontario, cessato dal servizio da non più di cinque anni. Peraltro, il reclutamento obbligatorio è previsto solo quando venga deliberato lo stato di guerra, ai sensi dell'art. 78 Cost., o quando una grave
crisi internazionale, in cui l'Italia sia coinvolta, giustifichi un aumento della consistenza numerica delle Forze armate. Il sistema così sommariamente descritto si basa su una riserva a base volontaria (le forze di completamento), integrata eventualmente dal classico sistema di coscrizione obbligatoria.
In questo contesto l'Arma concorre come in precedenza alle varie fasi della mobilitazione, con la specificazione che, ai sensi dell'art. 21 d.lg. n. 297/2000, il Comandante generale, sulla base delle direttive del Capo di Stato maggiore della difesa, determina, relativamente all'Arma dei carabinieri, le modalità attuative della mobilitazione e l'entità delle relative scorte. L'Arma, quindi, provvederà in proprio alla pianificazione delle esigenze di mobilitazione in ambito difesa, mentre fornirà in questo settore il consueto supporto di polizia militare, qualitativamente diverso, stante l'esistenza di una riserva a base volontaria, e quantitativamente ridotto, in virtù del sistema di completamento. Quest'ultimo aspetto è stato ribadito dall'art. 10 d.lg. n. 297/2000, dove viene stabilito che l'Arma concorre all'attuazione delle predisposizioni di mobilitazione delle Forze armate, sulla base delle direttive del Capo di Stato maggiore della difesa.
5) Altri speciali compiti di sicurezza.
L'Arma, per la sua versatilità di impiego e la specifica competenza nel campo della sicurezza, militare e non, è chiamata anche a svolgere particolari compiti, espressamente indicati dagli artt. 8 e 11 d.lg. n. 297/2000. Ai sensi del predetto art. 8 l'Arma fornisce elementi informativi necessari per il rilascio delle abilitazioni di sicurezza al personale militare e civile dell'Amministrazione della difesa, nonché alle persone fisiche e giuridiche interessate allo svolgimento di attività produttive attinenti alla sicurezza militare dello Stato. Le informazioni sono destinate all'autorità nazionale di sicurezza individuata dal Presidente del Consiglio dei ministri, cui sono attribuiti l'alta direzione, la responsabilità politica generale e il coordinamento della politica informativa e di sicurezza svolta nell'interesse e per la difesa dello Stato. È evidente che questo particolare compito rientra perfettamente nelle attività di polizia militare, ma il legislatore ha voluto
estrapolarlo dal contesto della norma riguardante le funzioni di polizia militare per la particolare posizione politico-amministrativa del Presidente del Consiglio, in tema di politica informativa e di sicurezza e di tutela del segreto di Stato, conferitegli dalla l. 24-10-1977, n. 801.
Un discorso solo in parte analogo può svolgersi per i compiti di sicurezza delle rappresentanze diplomatiche e consolari e degli uffici degli addetti militari all'estero. L'Arma in questo contesto assicura i servizi di sicurezza e concorre per eventuali interventi di emergenza a tutela delle stesse rappresentanze, qualora situazioni di crisi dovessero metterne in pericolo l'integrità.
b) Compiti d'istituto.
1) Le funzioni di polizia di sicurezza (12).
Sin dalla fondazione, all'Arma è stato devoluto, come prioritario compito istituzionale, quello di svolgere funzioni di polizia di sicurezza. Già le regie patenti del 1814 collegavano strettamente l'istituzione del Corpo dei Carabinieri reali ad un ben preciso scopo fondamentale: «(...) ricondurre, ed assicurare viemaggiormente il buon ordine, e la pubblica tranquillità» all'interno dello Stato. Subito dopo, con regie patenti 15-10-1816, vengono maggiormente specificate finalità, essenza e metodologia operativa della polizia di sicurezza affidata ai Carabinieri, condensate nei seguenti concetti: «assicurare nell'interno dello Stato la conservazione dell'ordine, e l'esecuzione delle leggi», attraverso «una vigilanza attiva, non interrotta, e repressiva» che costituisce «l'essenza (...) del servizio» dei Carabinieri. La formula si perfeziona stilisticamente con le regie patenti 12-10-1822, per le quali i Carabinieri «sono istituiti per invigilare alla pubblica sicurezza, e
per assicurare nell'interno dello Stato la conservazione dell'ordine, e l'esecuzione delle leggi», e rimane sostanzialmente intatta, divenendo quasi una formula sacramentale, sino ai nostri giorni. Infatti, il r.d. n. 1169/1934, all'art. 2 (testo ancora vigente), sintetizza la funzione di polizia di sicurezza svolta dai Carabinieri nel seguente modo: «vegliano al mantenimento dell'ordine pubblico, alla sicurezza dei cittadini, alla loro incolumità e alla tutela della proprietà; curano l'osservanza delle leggi e dei regolamenti generali dello Stato, delle Province e dei Comuni, nonché delle ordinanze delle pubbliche autorità». Il maggior dettaglio descrittivo dell'ultima norma è indice della matura elaborazione concettuale della nozione di polizia di sicurezza, ricomprendente la tutela dell'ordine pubblico e della pubblica sicurezza (la c.d. polizia preventiva) e rientrante nell'ampia categoria della polizia amministrativa. La formula del regolamento organico del 1934 è
debitrice del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato, pochi anni prima, con r.d. 18-6-1931, n. 773, dove all'art. 1, relativamente alle attribuzioni dell'autorità di pubblica sicurezza, troviamo la medesima formulazione verbale con la sola variante del soggetto titolare dei compiti di polizia.
Il d.lg. n. 297/2000, all'art. 3, 2° co., si limita a ribadire che l'Arma dei carabinieri esercita le funzioni di pubblica sicurezza ai sensi della legislazione vigente (in sostanza le norme che compongono il moderno diritto di polizia), fermo restando il disposto del r.d. n. 1169/1934, art. 2.
In adempimento delle funzioni di polizia di sicurezza gli ufficiali e i sottufficiali (marescialli e brigadieri) dell'Arma dei carabinieri hanno specifiche competenze in materia di riunioni pubbliche e di assembramenti in luogo pubblico, ai sensi dell'art. 22 t.u.l.p.s. In assenza di altri ufficiali di pubblica sicurezza (nell'esplicazione di mansioni devolute agli ufficiali di pubblica sicurezza, in caso di contemporaneo concorso di ufficiali dell'Arma e funzionari di pubblica sicurezza, la direzione del servizio spetta a questi ultimi, ai sensi dell'art. 51 r.d. n. 1169/1934), gli ufficiali e i sottufficiali dell'Arma possono disciogliere una riunione o un assembramento, solo nei casi espressamente previsti dalla legge, previo invito ed eventuali intimazioni (ad alta voce, qualora non si disponga della tromba!) «in nome della legge» e necessariamente in uniforme (art. 24 reg. esec. t.u.l.p.s., approvato con r.d. 6-5-1940, n. 635). Il discioglimento può essere operato anche con
l'uso della forza, ma sempre a seguito di specifico ordine dell'ufficiale di pubblica sicurezza preposto al servizio o, in sua assenza, degli ufficiali o sottufficiali dell'Arma dei carabinieri (art. 26 reg. t.u.l.p.s.), che dovranno redigere apposito verbale (art. 27 reg. t.u.l.p.s.).
Per quanto riguarda in generale le attribuzioni, i compiti, le attività e l'organizzazione della polizia di sicurezza → polizia di sicurezza; sicurezza pubblica; ordine pubblico nel diritto amministrativo.
2) Le funzioni di polizia giudiziaria (13).
L'attività di polizia giudiziaria è sempre stata svolta dai Carabinieri, anche se, sino all'avvento dello Stato costituzionale, le funzioni di polizia erano concepite e condotte in un quadro di confusione concettuale che non rendeva agevole diversificare la polizia amministrativa da quella giudiziaria. Già le regie patenti del 1816 mettevano in evidenza la «vigilanza (...) repressiva», come modalità operativa principale in cui si concretizzava la finalità di polizia giudiziaria, in quanto la stessa presupponeva la commissione di illeciti, appunto da reprimere. I successivi regolamenti di servizio prescriveranno sempre più in dettaglio le funzioni di polizia giudiziaria, prevedendo minuziosamente ipotesi di intervento e modalità procedurali. Da ultimo, il Regolamento generale del 1911, dall'art. 97 all'art. 121, sistema organicamente tutta la materia della polizia giudiziaria, nel capo relativo al servizio ordinario, suddividendola in tre principali settori operativi: le
investigazioni sui reati commessi e la scoperta dei rei, la ricerca e l'arresto dei «malfattori», l'esecuzione dei mandati di cattura. È evidente come nel tempo la regolamentazione interna, riguardante la polizia giudiziaria, in relazione ai riferimenti normativi, sia stata sostanzialmente superata dall'evolversi della legislazione penale e processuale, mentre hanno conservato nel tempo validità alcune norme tecniche e deontologiche che costituiscono criteri operativi e di impiego nel campo specifico.
La preminenza normativa, procedurale e per molti importanti aspetti anche tecnica del codice di procedura penale, rispetto alla normativa interna, ha indotto il decreto di riordino n. 297/2000, a ribadire semplicemente che l'Arma dei carabinieri esercita le funzioni di polizia giudiziaria: art. 3, 2° co. In definitiva, in questo settore del servizio istituzionale, l'Arma impiega, oltre ai suoi appartenenti aventi qualifiche di polizia giudiziaria, particolari servizi di polizia giudiziaria [art. 56, 1° co., lett. a), c.p.p.]. Inoltre, contribuisce con proprio personale all'istituzione delle sezioni di polizia giudiziaria presso ogni procura della Repubblica [art. 56, 1° co., lett. b), c.p.p.]. In relazione ai predetti servizi di polizia giudiziaria, l'Arma ha individuato i reparti cui affidare, in via prioritaria e continuativa, lo svolgimento delle funzioni di polizia giudiziaria (art. 12 disp. att. c.p.p.): essenzialmente, i nuclei operativi e radiomobili dei comandi
infraprovinciali e i nuclei operativi dei comandi provinciali.
Infine, con riferimento alla necessità di assicurare il collegamento delle attività investigative relative ai delitti di criminalità organizzata, l'Arma ha costituito servizi centrali ed interprovinciali (Raggruppamento Operativo Speciale e sezioni/nuclei anticrimine), ai sensi dell'art. 12 d.l. 13-5-1991, n. 152.
Per quanto riguarda — in generale — le dipendenze, le funzioni, i poteri, le attività e la disciplina della polizia giudiziaria → polizia giudiziaria in Digesto delle discipline penalistiche.
3) Le funzioni di protezione civile (14).
Le funzioni che in senso moderno intendiamo di protezione civile, seppur non esplicitate nei primi atti normativi riguardanti il Corpo dei Carabinieri reali, sono state svolte sin dalla fondazione. Un importante richiamo lo troviamo comunque nelle regie patenti del 17-11-1821, dove all'art. 73, nel capitolo relativo alle attribuzioni dei Carabinieri si legge testualmente: «Ne' casi di incendio, inondazione ed altri accidenti di tal sorta, i Carabinieri Reali dovranno al primo avviso o segnale recarsi sulla faccia del luogo, ed ove non vi si trovino ancora degli Uffiziali di Polizia od altre Autorità civili, i Comandanti de' Carabinieri ordineranno, e faranno eseguire tutte le opportune operazioni per ripararvi; essi potranno, occorrendo, richiedere in tal caso il servizio personale de' cittadini, i quali sono obbligati ad obbedire sul campo alle loro intimazioni, ed a somministrare, ove d'uopo, i cavalli, vetture, ed altri oggetti necessari per soccorrere le persone e la
proprietà».
Le funzioni di protezione civile entrano nell'assetto normativo generale dell'Arma, come compiti istituzionali, con il r.d. n. 1169/1934, dove all'art. 2 (tuttora vigente) si legge: «I carabinieri (...) prestano soccorso in casi di pubblici e privati infortuni».
L'art. 3 d.lg. n. 297/2000 specifica che l'Arma dei carabinieri costituisce struttura nazionale di protezione civile, ai sensi della l. 24-2-1992, n. 225, e provvede prioritariamente ad assicurare la continuità del servizio d'istituto nelle aree colpite da calamità naturali, concorrendo inoltre a prestare soccorso alle popolazioni colpite dagli eventi calamitosi.
L'attività di protezione civile svolta dall'Arma come struttura nazionale viene coordinata dal Comitato operativo della protezione civile, recentemente riordinato dal d.l. 7-9-2001, n. 343, che si riunisce nell'ambito del Dipartimento della protezione civile, organo di vertice politico-amministrativo per questa particolare branca di intervento dello Stato, riorganizzato dal predetto decreto legge e dal d.p.c.m. 12-12-2001.
In generale per l'attività e l'organizzazione della protezione civile → protezione civile.
c) Le attribuzioni, con particolare riferimento al Comandante generale dell'Arma dei carabinieri.
1) Le attribuzioni del personale dell'Arma.
Con il termine attribuzioni si vuole fare tradizionalmente riferimento, in linea con il principio gerarchico militare, all'insieme di facoltà, compiti, mansioni e doveri riguardanti il singolo componente dell'Arma; meglio ancora, la singola figura istituzionale, ritenuta di volta in volta caratterizzante o comunque meritevole di particolare disciplina normativa. La gerarchia militare (quella che la dottrina definisce gerarchia in senso stretto) costituisce un modello organizzativo e funzionale che disciplina le relazioni di subordinazione/sovraordinazione tra soggetti, aventi tutti lo status di militare, a differenza degli altri apparati della pubblica amministrazione, dove rileva il rapporto nell'ambito dell'ufficio o dell'organo o tra di essi. Questa necessità tipica dell'ordinamento militare ha portato a configurare le attribuzioni in riferimento al soggetto militare, più che al reparto, al comando, o al corpo in genere. Per tale motivo, già le regie patenti del 15-10-1816
riportavano le attribuzioni del colonnello, comandante del Corpo dei Carabinieri, e quelle dei Carabinieri, non distinguendo, per questi ultimi, le varie figure istituzionali che assumeranno sempre più importanza, come quelle dei vari ufficiali comandanti e dei comandanti di stazione. Maggior precisione prescrittiva ed identificativa viene raggiunta con le regie patenti 21-11-1821, nelle quali compaiono le attribuzioni dell'Ispettore superiore dell'Arma, del colonnello comandante del reggimento, dei maggiori e capitani comandanti di compagnia, dei luogotenenti e dei sottotenenti, nonché dei carabinieri. Ma è solo con il primo Regolamento Generale del Corpo, del 16-10-1822, che tutte le principali figure istituzionali vengono esattamente enucleate per attribuire loro specifici compiti ed incombenze: dall'Ispettore generale, al colonnello, ai comandanti di divisione, ai comandanti di compagnia, ai comandanti di luogotenenza, ai comandanti delle suddivisioni, ai comandanti delle
stazioni sino agli appointés (gli attuali appuntati). La particolare normativa delle attribuzioni con il tempo si è evoluta in corrispondenza delle modificazioni ordinative dell'Istituzione ed ha trovato una duplice collocazione nel Regolamento organico del 1934 e nel Regolamento generale del 1911. Il primo, riportante le attribuzioni del Comandante Generale, dei comandanti di divisione, di brigata, di legione, di Scuola centrale, degli altri ufficiali e dei sottufficiali, è stato, in questa parte, sostanzialmente abrogato, tranne che per alcune speciali qualifiche. Il secondo, nel tempo, ha perso l'importanza normativa tradizionalmente attribuitagli, anche se ancora disciplina validamente alcuni aspetti generali, riguardanti tutto il personale, oltre ad altri aspetti speciali relativi al comandante di gruppo (ora comandante provinciale), ai comandanti di compagnia e al comandante di stazione.
Attualmente la materia risulta frammentata in vari contesti legislativi ed è contenuta, oltre che nei regolamenti sopra menzionati, nelle leggi recanti il riordino dello stato giuridico dei ruoli del personale dell'Arma dei carabinieri (principalmente: il d.lg. 12-5-1995, n. 198, e successive modificazioni, dove si parla di funzioni del personale appartenente ai vari ruoli) e nell'ultimo decreto di riordino, n. 297/2000, che si riferisce in special modo alle attribuzioni degli ufficiali. L'evoluzione normativa ci porta a considerare ormai, nel campo delle attribuzioni, da una parte le qualifiche del personale (di ufficiale o agente) connesse con i compiti del servizio istituzionale (polizia giudiziaria, pubblica sicurezza), dall'altra le incombenze organizzative e funzionali, relative al collocamento organico del personale e, infine, le differenziazioni di status giuridico connesse essenzialmente con la particolare natura giuridica del rapporto di impiego (militare) e con la
necessaria attribuzione di un grado gerarchico: tutte situazioni che differiscono in relazione ai ruoli e ai gradi e che pertanto esamineremo nella parte relativa al personale dell'Arma.
In questo contesto gli elementi comuni a tutto il personale sono principalmente:
— lo status militare (da cui, sostanzialmente, l'applicazione al personale dell'Arma della particolare normativa disciplinare e penale militare, oltre a quella di carattere generale contenuta nelle leggi e nei regolamenti militari);
— le qualifiche di polizia giudiziaria, diversamente graduate (ufficiali ed agenti) in base all'appartenenza ai diversi ruoli del personale;
— le qualifiche di pubblica sicurezza, diversamente graduate (ufficiali ed agenti) in base all'appartenenza o meno alla categoria degli ufficiali;
— la qualifica di pubblico ufficiale, con i relativi doveri e la particolare tutela penale prevista dal codice penale (delitti contro la pubblica amministrazione).
2) Le attribuzioni del Comandante generale.
Particolarmente significative sono le attribuzioni del Comandante generale dell'Arma, in relazione soprattutto al principio di gerarchia militare per cui le attribuzioni del vertice si sostanziano in attribuzioni di tutta l'organizzazione.
Il Comandante generale è nominato con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della difesa, sentito il Capo di Stato maggiore della difesa. La posizione gerarchica del Comandante generale all'interno dell'ordinamento militare determina sostanzialmente la collocazione autonoma dell'Arma in ambito difesa: infatti, dipende direttamente dal Capo di Stato maggiore della difesa, in analogia a quanto disposto per i Capi di Stato maggiore di Forza armata. Il Comandante generale ha il grado di generale di corpo d'armata (solo il Capo di Stato maggiore della difesa ha il massimo grado previsto nel nostro ordinamento militare, che è quello di «generale») e rango gerarchico sovraordinato agli altri generali di corpo d'armata dell'Arma.
La posizione istituzionale del Comandante generale si caratterizza per altre importanti peculiarità tra cui, principalmente, la dipendenza funzionale dal Ministro dell'interno per quel che concerne il servizio d'istituto (ordine pubblico e pubblica sicurezza), e la partecipazione ad organismi collegiali che costituiscono importanti momenti di coordinamento istituzionale ed operativo e di alta consulenza nei confronti dell'organo politico. In particolare, il Comandante generale fa parte come membro ordinario del:
— Consiglio superiore delle Forze armate, organo di alta consulenza del Ministro della difesa per tutte le più importanti questioni riguardanti l'ordinamento militare, i trattati e le convenzioni internazionali di interesse militare, la produzione normativa inerente l'amministrazione della difesa, lo stato di previsione del Ministero della difesa;
— Comitato dei Capi di Stato maggiore, organo consultivo del Capo di Stato maggiore della difesa per le questioni di carattere tecnico, militare e amministrativo di sua competenza;
— Comitato nazionale dell'ordine e della sicurezza pubblica, organo di consulenza del Ministro dell'interno per l'esercizio delle sue attribuzioni di alta direzione e di coordinamento in materia di ordine e sicurezza pubblica;
— Consiglio generale per la lotta alla criminalità organizzata, istituito presso il Ministero dell'interno e presieduto dal capo di quel dicastero.
In dettaglio, il d.lg. n. 297/2000 indica tutte le attribuzioni del Comandante generale, distinguendo quelle in campo operativo, addestrativo e tecnico logistico (art. 21), quelle in materia di reclutamento, stato, avanzamento e impiego (art. 22), quelle in campo finanziario e amministrativo (art. 23) e quelle in campo internazionale (art. 24).
Il Comandante generale ha anche alcune attribuzioni speciali di polizia giudiziaria, previste dall'art. 12 quater d.l. 8-6-1992, n. 306 (convertito, con modificazioni, dalla l. 7-8-1992, n. 356), per il quale può disporre, nei casi e modi previsti dalla legge, l'esecuzione delle operazioni di ricettazione di armi, riciclaggio (art. 648 bis c.p.) e reimpiego (art. 648 ter c.p.) simulati, e dall'art. 4 d.l. 18-10-2001, n. 374 (convertito, con modificazioni, dalla l. 15-12-2001, n. 438), per il quale può disporre, nei casi e modi stabiliti dalla legge, l'esecuzione di operazioni «sotto copertura», volte al contrasto del terrorismo internazionale.
Le varie attribuzioni saranno evidenziate nei settori dell'organizzazione, del personale e dell'autonomia finanziaria che tratteremo di seguito, con la necessaria avvertenza che la carica di Comandante generale costituisce un ufficio monocratico a livello dirigenziale generale: il Comandante generale è, quindi, anche il vertice amministrativo (oltre che gerarchico-militare) dell'organizzazione «Arma dei carabinieri». La precisazione è necessaria non tanto per le relazioni intersoggettive all'interno dell'Arma, dove nella circostanza il principio regolatore permane quello gerarchico-funzionale, ma soprattutto per la posizione e le funzioni «esterne» del Comandante generale, nei rapporti con l'autorità politica e con le altre autorità amministrative di livello dirigenziale generale, e — principalmente — per la legittimazione formale degli atti e dei provvedimenti amministrativi di pertinenza. Questa qualificazione giuridica, infatti, ha la sua importanza particolarmente
nell'area finanziaria e della gestione delle risorse economiche e in quella della gestione del personale.
d) Le prerogative (15).
L'argomento delle prerogative è un tema tradizionale dell'Arma dei carabinieri. Già le regie patenti del 13-7-1814 istituivano il Corpo dei Carabinieri Reali «colle speciali prerogative»; prerogative perpetuatesi sino al r.d. n. 1169/1934 che al capitolo I riporta l'intestazione «Istituzione e prerogative» e raccoglie una serie di articoli, in parte tuttora vigenti.
È stato rilevato che le prerogative dell'Arma avevano originariamente (ed hanno sostanzialmente tuttora) un contenuto squisitamente militare, cioè stabilivano posizioni di «privilegio» dei Carabinieri all'interno dell'Armata: posizioni ritenute particolarmente opportune proprio in ragione delle finalità di servizio interno (polizia militare, scorte e viabilità delle truppe) per le quali, senza intaccare il principio gerarchico militare, doveva essere garantita una speciale tutela e salvaguardia, nonché una posizione di preminenza a vantaggio di chi era preposto a quel particolare servizio. In questo senso, soprattutto con le regie patenti del 1816 e sino ai nostri giorni, sono state sempre considerate prerogative:
— l'essere il primo Corpo dell'Armata e successivamente la prima Arma dell'Esercito (si è anche sottolineato come da questa posizione di primazia derivino le stesse prerogative);
— il disporsi con ordine di precedenza rispetto alle altre truppe («prenderanno sempre la diritta, e marceranno alla testa delle colonne»), in occasione di operazioni congiunte («Ogni qualvolta ... dovranno riunirsi alle truppe di linea a piedi, ed a cavallo, ed alle milizie per qualunque servizio di loro spettanza»);
— l'eseguire il servizio di scorta al Capo dello Stato (il Re, prima, il Presidente della Repubblica poi);
— l'effettuare il servizio di scorta d'onore a favore delle autorità per le quali è espressamente previsto.
Il r.d. n. 1169/1934 riporta esattamente queste prerogative agli artt. 3-5, tenendo presente l'avvenuta abrogazione dell'art. 1, che sanciva l'appartenenza all'Esercito come prima Arma. Anche il cosiddetto diritto di precedenza assume nell'ultimo Regolamento organico del 1934 un significato diverso dal 1816: una connotazione cioè essenzialmente onorifica in occasione di riviste e parate. Infatti, opportunamente, l'art. 4 Reg. org., per quanto riguarda operazioni o esercitazioni che prevedono l'impiego di un'Arma o di un Corpo a preferenza di altri, stabilisce che i Carabinieri prenderanno il posto che sarà ad essi assegnato di volta in volta, per evidenti e preminenti ragioni tecnico-militari e pratiche.
La recente prassi, in occasione di riviste e parate interforze, sembra contraddire la norma tuttora in vigore dell'art. 4, non accordando ai Carabinieri il posto di precedenza ad essi — ormai storicamente — spettante, interpretando il riconosciuto rango di Forza armata all'Arma dei carabinieri come una nuova classificazione ordinale delle Forze armate, per la quale l'Arma assumerebbe la collocazione di «quarta» Forza armata, dopo, rispettivamente, l'Esercito, la Marina e l'Aeronautica.
Per concludere questo tema, dobbiamo rilevare che non tutti — forse a ragione — sono concordi nell'interpretare i servizi previsti dall'art. 11 del Regolamento organico (ormai soltanto l'assistenza ai dibattimenti davanti agli organi di giustizia) come prerogativa; mentre dobbiamo registrare come sicura prerogativa la funzione di polizia militare svolta nei riguardi delle Forze armate che, in linea con la natura essenzialmente militare delle prerogative, in virtù delle ragioni storiche e di servizio sopra accennate, ben può considerarsi tale.
5. L'ordinamento dell'Arma .
L'Arma è un'organizzazione complessa e composita. In questo secondo senso dobbiamo rilevare che l'Arma dei carabinieri è formata da più organizzazioni interne con proprie finalità settoriali e distinte peculiarità di carattere strutturale, tali da consentirne un'analisi separata. Le varie articolazioni ordinative — però — fanno sempre riferimento ad un unico centro direzionale di comando e controllo che costituisce l'organizzazione centrale di comando. In armonia con il dato normativo contenuto nel d.lg. n. 297/2000 (il capo III del presente decreto è appunto intitolato «Ordinamento») e con le scelte ordinative interne, che da tempo hanno consentito la razionalizzazione dell'intero apparato, possiamo distinguere quattro principali organizzazioni (con i necessari distinguo interni), prevedendo la trattazione dei reparti per esigenze specifiche nell'eterogenea organizzazione speciale che ha come esclusivo comune denominatore il raggruppamento di unità, costituite per
quelle esigenze istituzionali ritenute nel tempo rilevanti e meritevoli di particolare attenzione organizzativa.
a) L'organizzazione centrale di comando.
L'organizzazione centrale di comando è costituita dal Comandante generale e dal Vice comandante generale, organi monocratici di vertice (il secondo con funzioni essenzialmente vicarie e, comunque, delegate dal Comandante), e dal Comando generale dell'Arma dei carabinieri, organo di staff mediante il quale il primo organo dirige, coordina e controlla tutta l'attività dell'Arma. L'art. 13 d.lg. n. 297/2000 prevede che il Comando generale assicuri l'analisi dei fenomeni criminosi ed il raccordo delle attività operative condotte da tutti i reparti dell'Arma, inoltre, che mantenga i rapporti con i ministeri e gli altri organi centrali della pubblica amministrazione per le finalità di servizio istituzionale, fermo restando che: per quanto attiene ai compiti militari, esiste la dipendenza gerarchica diretta del Comandante generale dal Capo di Stato maggiore della difesa; per le materie dell'ordine pubblico e della pubblica sicurezza, vige la dipendenza funzionale dal Ministro
dell'interno. Il Comando generale mantiene anche i rapporti con gli organismi internazionali in base alla normativa in vigore.
Il Comando generale è costituito dallo Stato Maggiore, strutturato secondo un'articolazione per branche funzionali (uffici/direzioni), raggruppate per macro aree (reparti) che si occupano principalmente di:
— organizzazione delle forze (gestione e sviluppo delle risorse organizzative, gestione delle risorse umane, pianificazione e programmazione della formazione, predisposizione e semplificazione della disciplina regolamentare interna);
— impiego delle forze (pianificazione, coordinamento e controllo delle operazioni, analisi criminale strategica e studio della fenomenologia delinquenziale, soprattutto nei suoi aspetti organizzativi, predisposizioni di sicurezza, gestione tecnica delle risorse aeree e navali, pianificazione delle operazioni fuori area, polizia militare);
— telematica (gestione e sviluppo delle risorse informatiche, della rete di telecomunicazioni e dei sistemi telematici, ricerca, studio e approvvigionamento in tema di armamento, equipaggiamenti speciali e tecnologie avanzate);
— sostegno logistico delle forze (sviluppo delle problematiche logistiche e infrastrutturali, ricerca, studio e gestione delle problematiche riguardante i lavori della branca genio, la motorizzazione dei reparti, i materiali di commissariato, i servizi sanitari e veterinari);
— comunicazione e affari generali (cerimoniale e attività promozionali, comunicazione istituzionale, stampa, pubbliche relazioni, spazio sul web, assistenza, benessere e servizi sociali per il personale, relazioni con il pubblico);
— pianificazione, programmazione, bilancio e controllo.
A parte deve essere considerata la Direzione di Amministrazione, istituita con la l. 20-2-1981, n. 30, che ha importanti competenze nell'ambito dell'autonomia finanziaria e contabile dell'Arma e, in special modo, il decentramento amministrativo della difesa.
All'interno del Comando generale è collocato anche il Centro Nazionale di Selezione e Reclutamento, deputato allo svolgimento delle procedure concorsuali per l'accesso nell'Arma dei carabinieri e alla selezione attitudinale, anche per particolari profili di impiego del personale.
Lo Stato Maggiore del Comando generale è posto organicamente alle dipendenze di un Capo di Stato maggiore, dipendente direttamente dal Comandante generale e coadiuvato da un Sottocapo di Stato Maggiore che ha alle dirette dipendenze l'Ufficio legislazione, che si occupa della produzione normativa di interesse istituzionale, il Centro Nazionale Amministrativo, che gestisce centralmente il trattamento economico, in attività e in quiescenza, di tutto il personale e la documentazione matricolare e il Centro Nazionale di Selezione e Reclutamento.
b) L'organizzazione addestrativa e la formazione del personale (17).
L'organizzazione addestrativa raggruppa gli istituti di formazione dell'Arma dei carabinieri, deputati all'addestramento e all'istruzione militare, professionale e giuridica, all'aggiornamento e alla specializzazione di tutto il personale dell'Arma dei carabinieri.
L'organizzazione addestrativa fa capo al Comando delle Scuole, organo di comando e controllo retto da ufficiale generale con il rango gerarchico di corpo d'armata, da cui dipendono la Scuola Ufficiali Carabinieri di Roma, la Scuola Marescialli e Brigadieri di Firenze (attualmente su tre reggimenti e la Brigata Scuola Appuntati e Carabinieri da cui dipendono), le Scuole Allievi Carabinieri (a Roma, a Torino, a Benevento e a Reggio Calabria).
Nell'Arma dei carabinieri la formazione del personale, da sempre particolarmente curata, è un processo di attività addestrative e didattiche complesso e differenziato, svolto su distinti livelli di apprendimento teorico-pratico. La pluralità e la diversità delle Scuole (come sopra accennato, inizialmente fu creata soltanto la Legione allievi carabinieri e solo successivamente la Scuola allievi ufficiali, la Scuola allievi sottufficiali, la Scuola centrale dei carabinieri e, infine, gli attuali istituti) e la costituzione di un apposito Comando (prima Ispettorato, con funzioni essenzialmente di controllo), con compiti di direzione, coordinamento e controllo delle attività addestrative, quindi esclusivamente dedicato allo sviluppo delle problematiche di settore, costituiscono le principali scelte strategiche in tema di formazione.
In tale settore interviene direttamente anche il Comandante generale, approvando i programmi di studio ed impartendo le relative disposizioni, il quale, inoltre, ai sensi dell'art. 21, 1° co., lett. a), n. 6, d.lg. n. 297/2000, promuove lo svolgimento di percorsi di formazione presso altre scuole delle amministrazioni statali, nonché presso soggetti pubblici e privati, onde integrare i processi formativi, soprattutto per coloro che dovranno rivestire incarichi direttivi e dirigenziali, attraverso un interscambio di contenuti e di metodologie applicative.
Lo sviluppo delle tematiche formative (formazione permanente e a distanza, e-learning, sviluppo delle dottrine tecnico-professionali) ha indotto alla creazione, all'interno della Scuola Ufficiali Carabinieri, di un apposito Centro studi, attualmente individuato nell'Istituto di Studi Professionali e Giuridico Militari, costituito per promuovere la ricerca, l'insegnamento e l'elaborazione dottrinale.
I percorsi formativi che sviluppa la Scuola Ufficiali Carabinieri sono rivolti a tutti gli ufficiali dell'Arma e vengono articolati in corsi di diversa natura e durata, deputati essenzialmente: al perfezionamento della formazione di base, attraverso il conseguimento della laurea in giurisprudenza per gli ufficiali del ruolo normale; alla formazione specialistica operativa e tecnica, per gli ufficiali dei ruoli speciale e tecnico-logistico; alla qualificazione ai ruoli dirigenziali, per gli ufficiali prossimi al grado di maggiore, e a particolari incarichi di comando, particolarmente complessi (compagnie territoriali, comandi provinciali, comandi di regione); alla specializzazione e al perfezionamento per specifici incarichi operativi e di staff.
Analoghi, ma di differente spessore culturale, i percorsi formativi, di perfezionamento e di specializzazione (con particolare riguardo all'aggiornamento tecnico-professionale) previsti per i marescialli, i brigadieri, gli appuntati e i carabinieri, calibrati, per approfondimento e per completezza, alle specifiche esigenze di preparazione dei diversi profili professionali e strutturati secondo modelli didattici essenzialmente pratico-applicativi. Per gli allievi marescialli in particolare è previsto il conseguimento della laurea di I livello al termine del corso di formazione di base.
La nuova filosofia formativa ha reso le Scuole dell'Arma non più soltanto sedi di addestramento e di istruzione tecnica e militare, ma anche centri di sperimentazione didattica dove alle tematiche tradizionali e giuridiche si aggiungono materie tratte dalle scienze sociali in genere, l'informatica, come risorsa e metodologia di lavoro, e lo studio delle lingue straniere. Per quest'ultimo aspetto il Comandante generale promuove anche periodi di studio presso amministrazioni ed istituzioni dei Paesi dell'Unione europea e le organizzazioni internazionali, allo scopo altresì di favorire la cooperazione internazionale e l'integrazione multinazionale.
Infine, nel quadro della formazione permanente, l'Arma in tutte le sue componenti (anche i più piccoli comandi di stazione) sviluppa un'intensa attività di addestramento e di istruzione volta al mantenimento delle fondamentali nozioni tecnico-professionali ed all'aggiornamento nelle varie discipline d'interesse, curando anche la pubblicazione di una rivista specializzata di settore, la «Rassegna dell'Arma dei Carabinieri» (trimestrale di dottrina, legislazione e giurisprudenza), istituzionalmente deputata all'aggiornamento e alla preparazione specifica dei Quadri.
Completano l'organizzazione alcuni centri di addestramento specialistico:
— il Centro addestramento della 2a brigata mobile per l'addestramento di base e di amalgama dei reparti destinati ad operare nel contesto delle missioni internazionali;
— il Centro Lingue Estere dell'Arma dei Carabinieri;
— il Centro di psicologia applicata per la formazione;
— la Scuola di perfezionamento al tiro;
— il Centro di addestramento alpino;
— il Centro addestramento specializzati per la telematica.
È anche prevista, in un prossimo futuro, l'istituzione di un'Accademia dell'Arma dei carabinieri per la formazione di base degli ufficiali del ruolo normale.
c) L'organizzazione territoriale (18).
L'organizzazione territoriale è la ragion d'essere dell'Arma dei carabinieri. Con una struttura capillare che non ha eguali per qualsiasi altra pubblica amministrazione statale, l'organizzazione territoriale assorbe quasi l'80% delle risorse generali dell'Arma e costituisce il riferimento istituzionale per tutte le altre organizzazioni dell'Arma.
L'articolazione dei comandi e dei reparti territoriali ha subito nel tempo una continua fase di adeguamento, nel tentativo di rendere sempre più aderenti la presenza sul territorio e l'attività operativa alle esigenze socio-ambientali.
In questo contesto la Stazione Carabinieri è il presupposto fondamentale, invariato ed invariabile, di tutta la struttura territoriale, costituendo l'unità operativa elementare dell'Arma dei carabinieri. La Stazione, che ai sensi dell'art. 15, 1° co., lett. e), d.lg. n. 297/2000, costituisce la peculiare articolazione di base dell'Arma a livello locale, ha la responsabilità diretta del controllo del territorio di competenza (normalmente coincidente con quello di una ben precisa articolazione amministrativa locale: comune, municipio, circoscrizione) e delle connesse attività del servizio istituzionale (principalmente: ordine pubblico, pubblica sicurezza e polizia giudiziaria), inoltre è deputata allo svolgimento dei compiti militari al suo livello gerarchico. Il comando di una Stazione carabinieri è affidato, in base al differente impegno operativo, al personale marescialli con particolare esperienza professionale e di servizio: marescialli aiutanti sostituti ufficiali di
pubblica sicurezza (aventi o meno la qualifica di luogotenente) e marescialli capi.
Il livello gerarchico immediatamente superiore è quello del comando infraprovinciale (in precedenza, come visto, abbiamo avuto differenti comandi con diversa incidenza gerarchica: suddivisioni — poi sezioni —, luogotenenze — poi tenenze — e compagnie). Il concetto di comando infraprovinciale costituisce un'evoluzione ordinativa ed operativa, per rendere il dispositivo territoriale maggiormente flessibile e in grado di dare risposte diversificate ed adeguate, in base alle differenti realtà locali. Al di là di rigide schematizzazioni gerarchiche i comandi infraprovinciali, ferma restando la validità della struttura di base costituita dalle Stazioni, rappresentano l'aspetto «dinamico» del dispositivo, sono retti da ufficiali, raggruppano più comandi di stazione o altri minori comandi infraprovinciali e dipendono direttamente dal comando provinciale (le compagnie e i gruppi). Hanno adeguata capacità di comando, coordinamento e controllo e possono sviluppare attività
operative analoghe a quelle delle Stazioni, ma di più ampio respiro, attraverso la manovra dei reparti dipendenti ed il supporto di specifiche unità di intervento, rapido e mirato (nuclei operativi e radiomobili e centrali operative per il coordinamento dei servizi).
I comandi territoriali (stazioni, tenenze, compagnie e gruppi) sinora descritti sono istituiti o soppressi con determinazione del Comandante generale, previo assenso del Ministro della difesa che si pronuncia di concerto con il Ministro dell'interno (per quelli di livello più elevato è previsto anche il consenso del Capo di Stato maggiore della difesa).
A livello provinciale sono costituiti appositi comandi (le antiche divisioni, poi divenute gruppi), retti da ufficiali di elevato grado gerarchico, che, oltre alla funzione di direzione, coordinamento e controllo dei comandi dipendenti, hanno la responsabilità dell'analisi e del raccordo delle attività operative di contrasto della criminalità condotte nella provincia, anche da reparti di altre organizzazioni dell'Arma. Oltre che importante anello di raccordo operativo interno, il comando provinciale rappresenta il principale organo relazionale esterno per il coordinamento delle Forze di polizia a livello provinciale. Il comandante provinciale dei Carabinieri è membro ordinario del Comitato provinciale dell'ordine e della sicurezza pubblica, presieduto dal Prefetto, preposto all'Ufficio Territoriale del Governo.
Nel settore dell'attività di contrasto di polizia giudiziaria il comandante provinciale ha alcune importanti dirette attribuzioni, previste dalla seguente normativa:
— d.p.r. 9-10-1990, n. 309, art. 97, per il quale può disporre, d'intesa con la Direzione centrale per i servizi antidroga, all'acquisto simulato di sostanze stupefacenti o psicotrope, al solo fine di acquisire elementi di prova in ordine ai delitti previsti dal d.p.r. in questione;
— d.l. 18-10-2001, n. 374 (convertito, con modificazioni, dalla l. 15-12-2001, n. 438), art. 4, per il quale, su delega del Comandante generale, può disporre l'esecuzione di alcune operazioni «sotto copertura», espressamente elencate dalla normativa in questione, al solo fine di acquisire elementi di prova in ordine ai delitti commessi con finalità di terrorismo anche internazionale.
Il comando provinciale è l'organo territoriale con spiccate attitudini operative di livello gerarchico più elevato, conduce la sua manovra attraverso i comandi infraprovinciali dipendenti, le unità di supporto diretto, particolarmente specializzate (nuclei operativi, nuclei radiomobili, centrali operative), il coordinamento delle altre unità speciali dell'Arma non direttamente dipendenti, ma aventi come settore di intervento di competenza lo stesso ambito provinciale.
Al di sopra dei comandi provinciali abbiamo i Comandi di Regione carabinieri che hanno ereditato tradizioni e competenze organizzative e funzionali delle legioni, sciolte nel 1991.
Il comando regionale costituisce il comando di corpo dell'Arma territoriale, con importanti competenze amministrative, logistiche, disciplinari e di gestione del personale. Attualmente sono stati costituiti tanti comandi regionali dei carabinieri, retti da generali di brigata o di divisione, per quante sono le Regioni italiane (tranne per la Val d'Aosta).
Come ultimo anello della catena di comando dell'organizzazione territoriale abbiamo il Comando interregionale (attualmente cinque), retto da generale di corpo d'armata, con compiti di alta direzione, coordinamento e controllo dei comandi regionali. I Comandi interregionali, inoltre, assicurano il sostegno tecnico, logistico ed amministrativo di tutti i reparti dell'Arma dislocati nel proprio territorio di competenza, anche se appartenenti ad altra organizzazione, attraverso un apposito organo: il Raggruppamento Tecnico-Logistico-Amministrativo. Tale ultimo organo gestionale di autoamministrazione è stato costituito proprio nell'ambito delle misure che il Comandante generale, ai sensi dell'art. 28, 1° co., d.lg. n. 297/2000, adotta per razionalizzare l'intera organizzazione, nei settori tecnico, logistico, amministrativo, al fine di recuperare il personale e le risorse materiali da destinare al servizio d'istituto ed al miglioramento del supporto dei reparti, prevedendo anche il
ricorso all'out-sourcing, nei limiti degli ordinari stanziamenti di bilancio.
Parte integrante dell'organizzazione territoriale sono le unità navali, i nuclei cinofili, i nuclei subacquei, le squadriglie e gli squadroni eliportati «cacciatori», collocati organicamente a supporto dei vari comandi territoriali.
d) L'organizzazione mobile e speciale.
1) Unità mobili.
L'organizzazione mobile dell'Arma è stata costituita, come accennato, al termine della Prima guerra mondiale per fronteggiare situazioni critiche di ordine pubblico. Prima soppressa, poi ricostituita, è stata completamente rimodulata al termine della Seconda guerra mondiale, quando, oltre ai compiti di mantenimento dell'ordine pubblico, l'organizzazione mobile fu chiamata a contribuire alla difesa interna del territorio, nell'ambito della strategia difensiva dell'Alleanza atlantica. La spiccata attitudine a svolgere compiti militari indusse a ristrutturare l'organizzazione, attraverso la costituzione, nel 1963, dell'11a Brigata Meccanizzata, prima grande unità dell'Arma dei carabinieri con specifiche capacità di manovra tattica e mobilità strategica. I battaglioni carabinieri, inquadrati nell'ambito della Brigata, furono raggruppati in comandi a livello reggimento e furono distinti in due tipologie ordinative differenti, a seconda che prevalesse l'elemento motorizzato (mobilità
su ruote con capacità di combattimento su mezzi cingolati) o quello meccanizzato (mobilità e possibilità di combattimento su mezzi cingolati, con l'appoggio di unità corazzate). I battaglioni carabinieri dell'11a Brigata garantivano così sia una specifica attitudine agli interventi di ordine pubblico, per addestramento del personale e mezzi e materiali in dotazione, sia una capacità di intervento in operazioni militari di combattimento, costituendo — tecnicamente — gruppi tattici precostituiti.
Il mutamento dello scenario politico-internazionale e la conseguente adozione di un nuovo modello di difesa nazionale hanno determinato la completa ristrutturazione dell'organizzazione mobile, recepita dai decreti di riordino dell'Arma che ne hanno sanzionato l'ordinamento, i compiti e le dipendenze.
Attualmente l'organizzazione mobile è organicamente costituita dalla Divisione unità mobili che dipende dal Comando unità mobili e specializzate dei carabinieri «Palidoro», retto da un generale di corpo d'armata che esercita funzioni di alta direzione, di coordinamento e di controllo nei confronti dei comandi dipendenti. La Divisone si articola su due brigate mobili: la prima ha alle dipendenze 11 battaglioni carabinieri e il Reggimento carabinieri a cavallo; la seconda è ordinata su tre reggimenti carabinieri (di cui uno paracadutisti) e il Gruppo di intervento speciale (GIS). In base all'art. 16 d.lg. n. 297/2000, i reparti della prima brigata sono tendenzialmente deputati allo svolgimento dei servizi di ordine pubblico, al soccorso in caso di pubbliche calamità e alla difesa integrata del territorio, secondo quanto stabilito dall'art. 5 d.lg. n. 297/2000, mentre i reparti della seconda brigata mobile, oltre a concorrere agli stessi compiti previsti in precedenza e oltre ai
compiti speciali del GIS, sono anche e soprattutto orientati alla partecipazione alle operazioni militari all'estero.
L'organizzazione mobile, in base ai principi dottrinali militari, costituisce la riserva strategica nelle mani del Comandante generale, vera e propria massa di manovra che consente una molteplicità di interventi sul piano militare, della tutela dell'ordine pubblico e della pubblica sicurezza e di protezione civile.
2) Unità specializzate (19).
Con la locuzione «unità specializzate» si intende un complesso di comandi e reparti con caratteristiche organizzative e funzionali estremamente differenziate che, in precedenza, secondo una consolidata impostazione tecnico-professionale, costituivano l'organizzazione speciale e quella tecnico-scientifica dell'Arma. L'art. 16 d.lg. n. 297/2000, non elenca le unità in questione, ma le diverse esigenze operative e i compiti che devono essere assolti per soddisfare quelle esigenze. In particolare si fa riferimento a:
— la tutela dell'ambiente, per cui già con l. 8-7-1986, n. 349, e d.p.r. 19-6-1987, n. 306, è stato costituito l'attuale Comando Carabinieri Tutela Ambiente, recentemente potenziato in base alla l. 31-7-2002, n. 179, articolato anche in strutture periferiche (sezioni e nuclei) e dipendente funzionalmente dal Ministero dell'ambiente e del territorio;
— la tutela del patrimonio culturale, per cui da tempo e, successivamente, con i decreti del Ministro dei beni culturali 5-3-1992 e 4-11-1996 e il d.lg. 20-10-1998, n. 368, è stato istituito e organizzato l'attuale Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, articolato anch'esso in strutture periferiche (nuclei) e dipendente funzionalmente dal Ministero per i beni e le attività culturali;
— la tutela del lavoro, per cui con d.m. 31-7-1977 e, successivamente, con l. 28-11-1996, n. 608, è stato istituito ed organizzato il Comando Carabinieri Ispettorato del Lavoro, con nuclei periferici provinciali e dipendenza funzionale dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
— l'osservanza delle norme comunitarie ed agroalimentari, per cui con d.lg. 4-6-1997, n. 143, e relativo regolamento e d.m. 2-12-1997, e, in precedenza, con l. 4-12-1993, n. 491, è stato costituito ed organizzato l'attuale Comando Carabinieri Politiche Agricole, dipendente funzionalmente dal Ministero delle politiche agricole e forestali;
— la repressione del falso nummario, per cui è operante il Comando Carabinieri Antifalsificazione Monetaria;
— le esigenze del Ministero Affari Esteri, per le quali è operante il Comando Carabinieri Ministero Affari Esteri;
— le esigenze della Banca d'Italia, per le quali è stato costituito con l. 26-1-1982, n. 21, il Comando Carabinieri Banca d'Italia;
— la tutela della salute, per cui già con l. 26-2-1963, n. 441, è stato istituito l'attuale Comando Carabinieri per la Sanità, con articolazioni periferiche molto capillari (gruppi, nuclei) e dipendenza funzionale dal Ministero della salute;
— l'espletamento e il coordinamento di attività d'indagine specialistiche, tecniche e scientifiche, per cui da tempo è operante il Raggruppamento Carabinieri Investigazioni Scientifiche, con articolazioni periferiche areali (reparti).
Nell'ambito delle unità specializzate si ricomprende anche il Raggruppamento Elicotteri Carabinieri, articolato in nuclei periferici, che dirige, coordina e controlla tutta la componente aerea dell'Arma.
Tutti i comandi sopra elencati sono gerarchicamente subordinati alla Divisione unità specializzate, dipendente dal predetto Comando unità mobili e specializzate.
Inoltre, per l'espletamento ed il coordinamento d'indagini specialistiche in tema di criminalità organizzata, eversione e terrorismo internazionale, è stato costituito il Raggruppamento Operativo Speciale (ROS), articolato in strutture investigative centrali e periferiche (sezioni e nuclei anticrimine). Il Ros dipende direttamente dal Comando unità mobili e specializzate ed è retto da ufficiale generale.
3) Unità per specifiche esigenze.
Anche la categoria delle unità per specifiche esigenze è molto eterogenea e risponde alle diversificate necessità del servizio istituzionale e dei compiti devoluti all'Arma dei carabinieri. All'interno di questa aggregazione di comandi e reparti, elencati all'art. 17 d.lg. n. 297/2000, possiamo, però, individuare una organizzazione che, pur non essendo strutturata in modo unitario, risponde alla prevalente esigenza di garantire il servizio di polizia militare presso le Forze armate ed altri organismi militari. In questo contesto l'Arma annovera diversi comandi e reparti:
— il Reparto Carabinieri Stato Maggiore Difesa;
— il Comando Carabinieri per la Marina Militare, articolato in un gruppo con alle dipendenze compagnie e stazioni;
— il Comando Carabinieri per l'Aeronautica Militare, articolato anch'esso in gruppi, compagnie e stazioni;
— il Gruppo Autonomo Carabinieri Stato Maggiore Esercito;
— reparti presso organismi militari alleati in Italia e all'estero e presso grandi unità, comandi ed enti dell'Esercito.
A parte devono essere considerati i comandi e i reparti costituiti per le esigenze specifiche dei principali organi dello Stato (Presidenza della Repubblica, Senato, Camera, Corte costituzionale, Cnel, Ministeri, Corte dei conti), tra i quali dobbiamo ricordare il Reggimento Corazzieri, cui sono attribuite le prerogative di guardia d'onore, sicurezza e scorta del Presidente della Repubblica. Ancora, particolari reparti e unità sono costituiti negli organismi interforze in ambito difesa e sicurezza.
La norma citata inserisce nell'elencazione dei reparti e unità per specifiche esigenze anche i reparti di volo, i reparti a cavallo, le unità navali, le unità paracadutiste ed eliportate, il gruppo di intervento speciale che, però, trovano esatta collocazione ordinativa nei comandi e nelle organizzazioni sopra descritte. A parte, inoltre, è anche prevista la Banda dell'Arma.
6. Il personale dell'Arma.
a) Gli ufficiali (20).
1) Gradi, ruoli, stato giuridico e qualifiche.
Gli ufficiali dell'Arma, inizialmente tratti dagli altri corpi dell'Esercito (per cui si usava la locuzione «ufficiale nei carabinieri»), hanno visto da sempre riconosciuta una posizione di particolare riguardo nell'ambito dell'Armata, incidente sulla stessa posizione gerarchica, e — successivamente — ricondotta per lo più ad un aspetto delle tradizioni storiche dell'Arma. In tal senso, gli ufficiali dell'Armata che ottenevano il passaggio nel Corpo dei Carabinieri reali godevano del privilegio (soppresso con regio viglietto 6-10-1833) di conseguire il grado gerarchico immediatamente superiore. Inoltre, agli ufficiali dei carabinieri veniva concesso (già con regie determinazioni 7-11-1815) un diritto di anzianità relativa a parità di anzianità assoluta con gli ufficiali degli altri corpi dell'Armata. Infine, l'ufficiale dei carabinieri, rispetto all'anzianità dei gradi, veniva considerato come appartenente all'Arma di Cavalleria (decisione sovrana del 17-2-1835).
Attualmente gli ufficiali dei carabinieri si distinguono in nove livelli gerarchici, corrispondenti ad altrettanti gradi: sottotenente, tenente, capitano, maggiore, tenente colonnello, colonnello, generale di brigata, generale di divisione e generale di corpo d'armata.
Tutti gli ufficiali in servizio permanente effettivo sono inquadrati in differenti ruoli (sino al d.lg. 24-3-1993, n. 117, esisteva un ruolo unico degli ufficiali in servizio permanente effettivo dell'Arma dei carabinieri). I ruoli previsti dal d.lg. 5-10-2000, n. 298, sono tre: normale, speciale e tecnico logistico (dal 1993 al 2000 esclusivamente ruolo tecnico). A parte devono essere considerati il ruolo ad esaurimento in servizio permanente (formato dagli ufficiali di complemento del ruolo ad esaurimento, istituito con l. 20-9-1980, n. 574), previsto dalla l. 27-12-1990, n. 404, e non più alimentato, ed il ruolo tecnico operativo, di cui alla l. 10-5-1983, n. 212, formato da sottufficiali vincitori di appositi concorsi interni e nominati tenenti, attualmente non più alimentato ed anch'esso ad esaurimento. Gli ufficiali del ruolo normale sono destinati ad uno sviluppo di carriera caratterizzato dalla differenziazione degli incarichi (secondo un profilo professionale
«generalista» che privilegia la vocazione al servizio di stato maggiore) e sono naturalmente chiamati a ricoprire le posizioni di vertice dell'organizzazione, costituendo la dirigenza dell'Arma dei carabinieri. Gli ufficiali del ruolo speciale sono destinati ad incarichi di comando e, essenzialmente, operativi e specialistici, con la caratterizzazione di una maggiore stabilità nella sede e una più accentuata esperienza nei singoli incarichi di servizio. Gli ufficiali del ruolo tecnico logistico sono destinati alle strutture tecniche, logistiche ed amministrative dell'Arma, con una differenziazione di impiego connessa con la strutturazione in comparti e specialità dello stesso ruolo. In particolare il ruolo tecnico logistico prevede tre comparti, suddivisi al loro interno in specialità: sanitario (sanità — medicina e farmacia — e veterinaria), amministrativo (amministrazione e commissariato) e tecnico-scientifico (investigazioni scientifiche, telematica, genio e
psicologia).
A parte la suddivisone in ruoli, per gli ufficiali dell'Arma lo stato giuridico non si distingue da quello degli altri ufficiali delle Forze armate, se non per i differenti limiti di età per il transito nella categoria in congedo: 65 anni per i generali di corpo d'armata e di divisione, 63 anni per i generali di brigata, 61 per i colonnelli dei ruoli speciale e tecnico logistico, 60 per tutti gli altri ufficiali.
Gli ufficiali dell'Arma, ad eccezione degli ufficiali generali, sono ufficiali di polizia giudiziaria, ai sensi dell'art. 57 c.p., e organi di polizia giudiziaria militare, ai sensi dell'art. 301 c.p.m.p. (compresi gli ufficiali generali).
Gli ufficiali dei carabinieri, di ogni grado, hanno anche le attribuzioni e le prerogative degli ufficiali di pubblica sicurezza, ad eccezione delle mansioni di polizia prettamente amministrativa, ai sensi dell'art. 51 del Regolamento organico.
2) Reclutamento e alimentazione dei ruoli.
L'immissione nei ruoli degli ufficiali dei carabinieri, da sempre, avviene attraverso differenti modalità e attingendo a fonti di reclutamento diversificate: inizialmente, come notato, esclusivamente dagli ufficiali di altri corpi dell'Armata per l'accesso al grado di luogotenente (oggi tenente), successivamente anche dai marescialli dei carabinieri, per l'accesso al grado di sottotenente. La prima fonte di reclutamento ha alimentato i ruoli degli ufficiali dell'Arma sino agli anni sessanta del xx secolo, da quando cioè l'accesso all'Accademia Militare di Modena, in qualità di allievo ufficiale dell'Arma dei carabinieri, è stato consentito a tutti i giovani, senza alcuna limitazione. La seconda fonte di reclutamento rappresenta, ancor oggi, uno dei modi di alimentazione della categoria degli ufficiali e ad essa si è aggiunto nel tempo la possibilità di immissione in servizio permanente degli ufficiali di complemento della categoria del congedo e, infine, quella degli ufficiali
a nomina diretta, accesso attraverso il quale sono transitati nell'Arma i primi ufficiali di sesso femminile.
Attualmente le forme di reclutamento, tutte di carattere concorsuale, si differenziano a seconda dei ruoli da alimentare.
Gli ufficiali del ruolo normale, ai sensi dell'art. 6 d.lg. n. 298/2000, provengono normalmente dagli allievi ufficiali dell'Accademia, promossi sottotenenti al termine del biennio di formazione (ipotesi eccezionale di arruolamento di tenenti del ruolo normale per nomina diretta è prevista dall'art. 4, 4° co., d.lg. 30-12-1997, n. 490, applicabile nei limiti stabiliti dall'art. 6, 3° co., d.lg. n. 298/2000). Forma particolare di alimentazione del ruolo è prevista per il grado di capitano, nel momento in cui l'Amministrazione della difesa può bandire concorsi interni per il transito di capitani dal ruolo speciale al ruolo normale, ai sensi dell'art. 21 d.lg. n. 298/2000.
All'atto della nomina a sottotenente gli ufficiali del ruolo normale hanno l'obbligo di contrarre una ferma di nove anni (ricomprensiva della precedente ferma di tre anni contratta all'atto di ingresso in Accademia).
Gli ufficiali del ruolo speciale provengono dagli ufficiali di complemento (in futuro dagli ufficiali ausiliari, di cui al d.lg. 8-5-2001, n. 215) e prevalentemente dai marescialli dell'Arma dei carabinieri, a seguito del superamento di apposito concorso, ai sensi dell'art. 7 d.lg. n. 298/2000.
Particolare forma di alimentazione del ruolo nel grado di capitano si ha per transito dal ruolo normale al ruolo speciale a domanda, ai sensi dell'art. 27 d.lg. n. 298/2000.
Gli ufficiali del ruolo speciale, non già in servizio permanente, hanno l'obbligo di contrarre una ferma di anni cinque all'atto del superamento dell'apposito corso di formazione della durata di un anno accademico, la quale assorbe la precedente ferma di anni tre contratta all'atto dell'ammissione al predetto corso.
Gli ufficiali del ruolo tecnico logistico provengono dai vincitori di concorso per nomina diretta (e in futuro dagli ufficiali ausiliari di cui sopra) e dai marescialli dell'Arma con particolari requisiti che abbiano anch'essi superato il concorso di ammissione. I vincitori sono nominati tenenti ed ammessi a frequentare un apposito corso di formazione con l'obbligo, se non già in servizio permanente, di contrarre una ferma di sette anni.
Tutte le procedure dei concorsi per il reclutamento degli ufficiali dell'Arma dei carabinieri sono dettagliatamente specificate dal d.m. 12-1-2001, inoltre l'art. 5 d.lg. n. 298/2000 elenca i requisiti particolari che devono possedere gli aspiranti ufficiali, tra i quali, oltre a quelli previsti per tutti i pubblici concorsi, particolarmente caratterizzanti, sono quelli riguardanti:
— l'idoneità psicofisica e attitudinale al servizio incondizionato, accertata dal Comando generale dell'Arma, attraverso il Centro Nazionale di Selezione e Reclutamento;
— le qualità morali e di condotta, accertate d'ufficio dall'Arma dei carabinieri e stabilite per l'ammissione ai concorsi della magistratura ordinaria, ai sensi dell'art. 124, 7° co., r.d. 30-1-1941, n. 12, così come successivamente sostituito, per il quale non possono essere ammessi al concorso «i candidati che, per le informazioni raccolte non risultino di condotta incensurabile ed i cui parenti in linea retta entro il primo grado ed in linea collaterale entro il secondo, hanno riportato condanne per taluno dei delitti di cui all'articolo 407, comma 2, lettera a) del codice di procedura penale»;
— il non aver tenuto comportamenti (eventualmente accertati sempre d'ufficio dall'Arma) nei confronti delle istituzioni democratiche che non diano sicuro affidamento di scrupolosa fedeltà alla Costituzione repubblicana e alle ragioni di sicurezza dello Stato, ai sensi dell'art. 17 l. 11-7-1978, n. 382.
In deroga alla normativa concorsuale comune, valgono anche i limiti di età variamente indicati, in relazione alla partecipazione ai concorsi per i diversi ruoli.
3) Avanzamento e progressione di carriera.
Il sistema di avanzamento per gli ufficiali dell'Arma dei carabinieri non differisce sostanzialmente da quello degli ufficiali delle altre Forze armate, per cui vigono tre forme principali di progressione di carriera: a scelta (con giudizio di idoneità all'avanzamento e, successivamente, con attribuzione di un punteggio di merito), per anzianità (con esclusivo giudizio di idoneità) e per meriti eccezionali. Il d.lg. n. 298/2000, agli artt. 11 ss., inserisce alcune norme particolari relative essenzialmente alle autorità competenti ad esprimere giudizi sull'avanzamento, ai quadri di avanzamento e ai requisiti per la valutazione, necessariamente calibrati sulle esigenze dell'Arma. In particolare sono state previste commissioni di avanzamento (organi collegiali perfetti costituiti ad hoc) formate esclusivamente con ufficiali dell'Arma. La commissione di vertice, costituita presso l'Arma per la valutazione dei generali di divisione, è presieduta dal Capo di Stato maggiore della
difesa ed è composta dal Comandante generale dell'Arma, in qualità di vice presidente, e dagli stessi membri della commissione superiore di avanzamento. Quest'ultima, costituita per valutare gli ufficiali dal grado di tenente colonnello a quello di generale di brigata, è presieduta dal Comandante generale ed è composta dai generali di corpo d'armata e, quando la valutazione riguardi ufficiali del ruolo tecnico logistico, dall'ufficiale generale più elevato in grado o più anziano di detto ruolo. Infine, è prevista la commissione ordinaria di avanzamento, per valutare gli ufficiali dal grado di sottotenente a quello di maggiore, presieduta dal Vice comandante generale dell'Arma e composta da un generale di divisione o di brigata e da cinque colonnelli del ruolo normale (composizione base), integrata da un colonnello del ruolo speciale, quando si debba valutare un ufficiale del predetto ruolo, o, se si debba valutare un ufficiale del ruolo tecnico logistico, da un colonnello del
medesimo ruolo e dello stesso comparto di appartenenza dell'ufficiale valutando.
Per quanto riguarda i quadri di avanzamento l'unica particolarità è quella relativa all'iscrizione nei predetti quadri, nell'ordine della graduatoria di merito (con modifica dell'anzianità relativa), anche per i generali di brigata (oltre che per i maggiori e i colonnelli), mentre per l'avanzamento ad anzianità e per quello a scelta dei generali di divisone e di corpo d'armata, l'iscrizione avviene in ordine di ruolo (conservando cioè la stessa anzianità relativa).
Per quanto riguarda, infine, i requisiti per la valutazione, gli stessi differiscono da ruolo a ruolo. In particolare i periodi di permanenza minima nel grado, per poter essere sottoposti al giudizio di una commissione di avanzamento e, quindi, essere eventualmente promossi al grado superiore, per il ruolo normale, sono: per i sottotenenti due anni (ad anzianità); per i tenenti, quattro anni (ad anzianità); per i capitani sei anni, per l'inserimento nell'aliquota di avanzamento a scelta, e nove anni per la promozione ad anzianità; per i maggiori cinque anni (ad anzianità); per i tenenti colonnelli, cinque, sette e tredici anni per l'inserimento, rispettivamente, nella prima, seconda e terza aliquota di avanzamento a scelta; per i colonnelli sei anni per la possibilità di accesso alla valutazione a scelta, che diventano quattro per i generali di brigata e tre per i generali di divisione. Tra gli altri requisiti particolari sono previsti, inoltre: quattro anni di comando
infraprovinciale che abbia alle dipendenze stazioni (o incarichi considerati equipollenti con apposito decreto ministeriale), compiuto in tutto o in parte nei gradi di tenente colonnello, maggiore o capitano, necessari per l'inserimento nell'aliquota di valutazione a scelta per il grado di colonnello; due anni di comando provinciale (o incarico equipollente), svolto nel grado di colonnello, per poter accedere ala valutazione a scelta per il grado di generale di brigata. Infine, sempre per gli ufficiali del ruolo normale, per poter essere promossi tenenti, occorre superare il previsto corso di applicazione, svolto presso la Scuola Ufficiali Carabinieri, mentre per poter essere promossi capitani è necessario conseguire la laurea.
Per quanto riguarda gli ufficiali del ruolo speciale, i periodi di permanenza minima nel grado sono: per i sottotenenti due anni (ad anzianità); per i tenenti cinque anni (ad anzianità); per i capitani nove anni, per l'inserimento nell'aliquota di avanzamento a scelta, e dodici anni per la promozione ad anzianità; per i maggiori cinque anni (ad anzianità); per i tenenti colonnelli sette anni per l'inserimento nell'aliquota di avanzamento a scelta per il grado di colonnello (grado apicale del ruolo).
Tra gli altri requisiti particolari sono previsti, inoltre: due anni di comando infraprovinciale che abbia alle dipendenze stazioni (o incarichi considerati equipollenti con apposito decreto ministeriale), compiuto in tutto o in parte nei gradi di tenente colonnello, maggiore o capitano, necessari per l'inserimento nell'aliquota di valutazione a scelta per il grado di colonnello; il superamento del previsto corso applicativo, svolto presso la Scuola Ufficiali Carabinieri, per ottenere la promozione a tenente.
Per quanto concerne gli ufficiali del ruolo tecnico logistico, i periodi di permanenza minima nel grado, non essendo previsto il grado di sottotenente, sono: per i tenenti un anno (ad anzianità); per i capitani otto anni (ad anzianità); per i maggiori sette anni (ad anzianità); per i tenenti colonnelli, otto anni per l'inserimento nell'aliquota di avanzamento a scelta per il grado superiore; per i colonnelli cinque anni per la possibilità di accesso alla valutazione a scelta per il grado di generale di brigata. Non sono previsti periodi di permanenza minima nel grado di generale di brigata per l'avanzamento al grado di generale di divisione (grado apicale del ruolo). Infine, per poter essere promossi tenenti, occorre superare il previsto corso formativo, svolto presso la Scuola Ufficiali Carabinieri.
b) I marescialli (21).
1) Gradi, stato giuridico e qualifiche.
I marescialli hanno da sempre rappresentato all'interno dell'Arma dei carabinieri un importante anello di congiunzione tra l'attività direttiva svolta dagli ufficiali e l'attività esecutiva demandata al personale subordinato, costituendo, inoltre, il primo organo istituzionale di comando delle minori unità e dei reparti di base. Anche i marescialli dei carabinieri hanno visto riconosciuta una particolare posizione di riguardo rispetto ai sottufficiali degli altri corpi dell'Armata (il «privilegio di precedenza a tutti i Bass'Uffiziali dell'Armata», ai sensi dell'art. 6 delle regie patenti 12-10-1822), la quale nel tempo ha perso quelle caratteristiche di privilegio, per conservare soltanto gli aspetti funzionali al particolare servizio svolto.
I marescialli nel precedente ordinamento erano inseriti nell'ampia categoria dei sottufficiali, a cui dobbiamo ancora fare riferimento in tema di stato giuridico, e avevano uno sviluppo di carriera più articolato che iniziava con il grado di vice brigadiere e percorreva sette livelli gerarchici (brigadiere, maresciallo ordinario, maresciallo capo, maresciallo maggiore, maresciallo maggiore «aiutante», maresciallo maggiore «aiutante» — carica speciale —). Lo stato giuridico trova ancor oggi un parametro normativo comune a tutti i sottufficiali delle Forze armate nella l. 31-7-1954, n. 599 (→ sottufficiale), ma tutta la materia del rapporto d'impiego dei marescialli ha trovato una nuova sistemazione legislativa nel d.lg. 12-5-1995, n. 198, di attuazione della l. 6-3-1992, n. 216, in materia di riordino dei ruoli e modifica delle norme di reclutamento, stato ed avanzamento del personale non direttivo e non dirigente dell'Arma dei carabinieri. Successivamente, a seguito e in
attuazione della legge di riordino dell'Arma n. 78/2000, è stato emanato il d.lg. 28-2-2001, n. 83, che ha novellato il d.lg. n. 198/1995 per molti importanti aspetti. Attualmente, quindi, i marescialli dell'Arma sono inquadrati nel ruolo degli «ispettori», articolato in quattro gradi gerarchici: maresciallo, maresciallo ordinario, maresciallo capo, maresciallo aiutante sostituto ufficiale di pubblica sicurezza. Per i marescialli di quest'ultimo grado è prevista anche l'acquisizione della qualifica di «luogotenente», con rango gerarchico preminente sui parigrado.
I marescialli possono trovarsi nelle seguenti posizioni di stato: in ferma volontaria (sono coloro che, ammessi ai corsi allievi marescialli, se non già in servizio permanente nell'Arma dei carabinieri, hanno l'obbligo di contrarre una ferma di quattro anni, o possono ottenere la commutazione di altra ferma già contratta in ferma quadriennale, con decorrenza dalla ferma originaria; qualora promossi marescialli al termine del corso biennale permangono in ferma sino al passaggio in servizio permanente alla scadenza, appunto, della ferma quadriennale); in servizio permanente; in congedo (ai sensi dell'art. 1, 2° co., l. 1-2-1989, n. 53, e art. 44 l. 10-5-1983, n. 212, i marescialli dei carabinieri sono collocati in congedo e sono ripartiti, a seconda dell'idoneità, nelle categorie dell'ausiliaria, del complemento e della riserva); in congedo assoluto.
Ai marescialli è attribuita la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria, ai sensi dell'art. 57 c.p.p. e dell'art. 13 d.lg. n. 198/1995, e agente di pubblica sicurezza, ai sensi dell'art. 51 Reg. org. e 13 d.lg. n. 198/1995, con le particolari facoltà previste dal t.u.l.p.s e dal relativo regolamento esecutivo, e considerando, infine, che i marescialli aiutanti sostituti ufficiali di pubblica sicurezza assumono anche tale qualifica nel momento in cui sostituiscono i superiori gerarchici nella direzione di uffici o reparti.
Le funzioni organiche sancite dall'art. 13 d.lg. n. 198/1995, per il ruolo in questione, oltre a quelle di sostituzione, possono raggrupparsi in:
— funzioni di comando (stazioni carabinieri, unità operative o addestrative), direttive (uffici) e di coordinamento (più unità operative), con le connesse responsabilità per le direttive e le istruzioni impartite e per i risultati conseguiti;
— funzioni speciali, con attribuzione di incarichi individuali, anche investigativi, addestrativi e di insegnamento, richiedenti particolari conoscenze ed attitudini.
2) Reclutamento.
Le fonti di reclutamento dei marescialli sono essenzialmente due:
— il pubblico concorso, per il 70% dei posti disponibili, con il conseguente superamento del corso di formazione biennale, al termine del quale l'allievo maresciallo viene nominato maresciallo;
— il concorso interno (disciplinato dall'art. 16 d.lg. n. 198/1995), per il 30% dei posti disponibili, riservati per un terzo ai brigadieri capi, per un terzo ai brigadieri e ai vicebrigadieri e per il restante terzo agli appuntati, con il conseguente superamento di un corso semestrale, al termine del quale giunge la nomina a maresciallo.
Per la partecipazione al pubblico concorso i candidati devono essere in possesso di particolari requisiti, tra i quali maggiormente caratterizzanti sono quelli relativi a:
— il possesso del diploma di istruzione secondaria di secondo grado;
— il limite di età: 30° anno di età (per gli appartenenti all'Arma); 28° anno di età (per chi abbia già prestato servizio militare); 26° anno di età (per i rimanenti concorrenti);
— l'idoneità psico-fisica al servizio militare incondizionato;
— il possesso di sufficienti requisiti disciplinari e di servizio, per gli appartenenti all'Arma;
— la mancanza di precedenti penali e di polizia di prevenzione;
— il possesso dei requisiti morali, alla stessa stregua degli ufficiali.
Il d.lg. n. 198/1995, oltre ai requisiti per l'ammissione ai corsi biennale e semestrale, disciplina nel dettaglio anche: le prove concorsuali (art. 17), la commissione di esame (art. 18), la valutazione delle prove scritta e orale e la formazione della graduatoria di merito (art. 19), la prova facoltativa di lingua straniera (art. 20).
Anche lo svolgimento dei corsi ha la sua importanza in relazione alla promozione al grado di maresciallo, soprattutto con riguardo al rendimento degli allievi e all'effettivo superamento dell'iter formativo. A tale proposito, il d.lg. n. 198/1995 disciplina dettagliatamente: la posizione di stato giuridico degli ammessi ai corsi (art. 21), lo svolgimento del corso biennale, con le relative ipotesi di ripetizione e di dimissione dal corso (art. 22), lo svolgimento del corso semestrale, con le rispettive ipotesi di ripetizione e di dimissione (art. 23).
Norme particolari vigono per il reclutamento dei marescialli del ruolo «ispettori» del Reggimento Corazzieri, così come previsto dall'art. 29 d.lg. n. 198/ 1995.
3) Avanzamento.
Il sistema di avanzamento dei marescialli, ai sensi dell'art. 32 d.lg. n. 198/1995, è molto articolato ed è basato su cinque differenti modalità procedurali, le prime tre ordinarie e le ultime due straordinarie:
— ad anzianità, con giudizio di idoneità, alla maturazione del periodo di permanenza minima nel grado e dell'eventuale periodo minimo di attribuzioni specifiche;
— a scelta, con giudizio di idoneità e attribuzione di un punteggio di merito, oltre alla maturazione dei periodi minimi di cui sopra;
— a scelta per esami, che consiste in un vero e proprio procedimento concorsuale con il superamento di prove valutative;
— per meriti eccezionali, riservato a coloro che, ai sensi dell'art. 40 d.lg. n. 198/1995, nell'esercizio delle proprie attribuzioni abbiano reso servizi di eccezionale importanza all'Arma e che abbiano dimostrato di possedere qualità intellettuali, culturali e professionali talmente eminenti da dare sicuro affidamento di adempiere le attribuzioni e le funzioni del grado superiore;
— per benemerenze d'istituto, riservato a coloro che, ai sensi dell'art. 41 d.lg. n. 198/1995, abbiamo partecipato, personalmente ed effettivamente, ad operazioni di polizia o di servizio di rilevante entità, dimostrando, nel portarle a termine, chiaro senso di responsabilità e spiccate qualità professionali e militari.
Le procedure di avanzamento ad anzianità ed a scelta sono ancora disciplinate, per quanto non in contrasto con la legislazione successiva, dalla l. 10-5-1983, n. 212, la quale ha anche istituito una commissione permanente di avanzamento, presieduta da un ufficiale generale del rango di corpo d'armata o di divisione, e composta da sette ufficiali superiori e da tre marescialli aiutanti.
Il maresciallo deve maturare due anni nel grado per poter essere valutato ad anzianità per il grado di maresciallo ordinario. Quest'ultimo deve permanere sette anni nel grado per la valutazione ad anzianità al grado di maresciallo capo, mentre quest'ultimo può accedere all'avanzamento per il grado superiore, con almeno un anno di comando di stazione ovvero di impiego in incarichi di specializzazione, in due modi: dopo otto anni a scelta o dopo quattro anni a scelta per esami. Per la qualifica di luogotenente il maresciallo aiutante, ai sensi dell'art. 38 ter d.lg. n. 198/1995, deve prima conseguire uno scatto aggiuntivo (fermo restando il livello funzionale assegnato), dopo sette anni di permanenza nel grado e dimostrando il possesso di determinati requisiti disciplinari e di servizio, e successivamente, dopo altri otto anni maturati dopo lo scatto aggiuntivo, può partecipare, dimostrando il possesso di ottimi requisiti disciplinari e di servizio, alla procedura selettiva per
titoli per il conferimento della predetta qualifica.
L'avanzamento a scelta per esami e la procedura selettiva per il conseguimento della qualifica di luogotenente sono disciplinate da apposite norme emanate con decreto ministeriale.
c) I brigadieri.
I brigadieri, sino alla riforma dei ruoli non direttivi e non dirigenti adottata con d.lg. n. 198/1995, non costituivano un ruolo autonomo, ma rappresentavano esclusivamente i primi due livelli gerarchici (vicebrigadiere e brigadiere) della carriera dei sottufficiali. Nel 1995 si è creato il ruolo dei «sovrintendenti», articolato su tre gradi gerarchici: vicebrigadiere, brigadiere, brigadiere capo. Il ruolo, per quanto concerne lo stato giuridico, rientra perfettamente nella categoria dei sottufficiali, di cui alla legge n. 599/1954, che si applica integralmente anche ai brigadieri, per quanto non incompatibile con la legislazione successiva, ai sensi dell'art. 32 d.lg. n. 198/1995.
In base alla disciplina di legge i brigadieri possono trovarsi nelle seguenti posizioni di stato giuridico: in servizio permanente; in congedo (al compimento del 56° anno di età e ripartiti nelle categorie dell'ausiliaria, del complemento e della riserva come per i marescialli); in congedo assoluto. Non esiste una posizione di stato in ferma volontaria, in quanto nel ruolo dei sovrintendenti si accede solo dall'interno e se già in servizio permanente.
Ai brigadieri è attribuita la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria, ai sensi dell'art. 57 c.p.p. e dell'art. 10 d.lg. n. 198/1995, e agente di pubblica sicurezza, ai sensi dell'art. 51 Reg. org. e dell'art. 10 d.lg. n. 198/1995.
Le funzioni organiche sono dettate dallo stesso art. 10 d.lg. n. 198/1995 e possono classificarsi in:
— compiti di carattere esecutivo, richiedenti un'adeguata preparazione professionale;
— compiti di comando di uno o più militari o, se brigadiere capo, anche di piccole unità;
— compiti di carattere operativo, addestrativo e logistico-amministrativo e, se brigadiere capo, anche di carattere specialistico e di più elevato impegno.
Non è prevista una vera e propria procedura di reclutamento, in quanto l'accesso al ruolo dei sovrintendenti avviene esclusivamente con concorsi interni, riservati al personale del ruolo appuntati e carabinieri già in servizio permanente, per cui più correttamente la legge parla di immissione in ruolo, ai sensi dell'art. 11 d.lg. n. 198/1995. I concorsi interni sono due:
— il primo, per il 70% dei posti disponibili, è riservato agli appuntati scelti;
— il secondo, per il restante 30% dei posti disponibili, è aperto a tutto il personale del ruolo appuntati e carabinieri in servizio permanente e con almeno sette anni di servizio.
Il concorso è necessario ma non sufficiente per l'immissione in ruolo che si concretizza soltanto al successivo superamento di apposito corso di qualificazione che i vincitori dei concorsi devono frequentare e per il quale sono previste particolari ipotesi di ripetizione e dimissione. La partecipazione ai concorsi è subordinata al possesso di determinati requisiti, tra i quali spiccano quelli di carattere professionale, disciplinare e di servizio.
Norme particolari vigono per il reclutamento dei sovrintendenti del Reggimento Corazzieri, ai sensi dell'art. 26 d.lg. n. 198/1995.
In materia di avanzamento vige la stessa disciplina legislativa già vista per i marescialli, con la peculiarità che non è prevista una forma di avanzamento a scelta per esami e che la commissione permanente di avanzamento, di cui alla legge n. 212/1983, è integrata, per le procedure riguardanti il personale del ruolo, da un ulteriore membro con il grado di brigadiere capo.
Il vice brigadiere per essere promosso al grado superiore deve aver maturato sette anni nel grado e viene valutato con la procedura ad anzianità, mentre per il brigadiere è previsto l'avanzamento a scelta dopo sette anni di permanenza nel grado.
Per i brigadieri capi che abbiano maturato otto anni di permanenza nel grado è previsto uno scatto aggiuntivo, ai sensi dell'art. 37 ter d.lg. n. 198/1995, fermo restando il livello funzionale assegnato, e sempre se conservano determinati requisiti disciplinari e di servizio.
d) Gli appuntati e i carabinieri (22).
1) Gradi, stato giuridico e qualifiche.
Gli appuntati e i carabinieri dell'Arma costituiscono apposito ruolo, riformato anch'esso con d.lg. n. 198/1995 (in precedenza erano qualificati come militari di truppa). Il ruolo si articola in quattro gradi gerarchici: carabiniere, carabiniere scelto, appuntato e appuntato scelto.
Lo stato giuridico degli appuntati e carabinieri è ancora disciplinato da apposita legge: l. 18-10-1961, n. 1168, recante norme sullo stato giuridico dei vice brigadieri e dei militari di truppa dell'Arma dei carabinieri, innovata per molti aspetti dalla l. 1-2-1989, n. 53. Le principali posizioni di stato sono quattro: in servizio permanente (originariamente denominato «servizio continuativo»); in ferma volontaria; in congedo; in congedo assoluto. Gli appuntati e carabinieri in servizio permanente possono trovarsi nelle ulteriori posizioni di servizio effettivo, di aspettativa o di sospensione dal servizio (per motivi precauzionali, disciplinari o penali, stabiliti dall'art. 9 l. n. 1168/1961 e dalla legge penale militare). La cessazione dal servizio permanente può avvenire o per transito nella categoria del congedo, al raggiungimento del 56° anno di età (art. 10 l. n. 53/1989), o, anche prima, per altre specifiche cause contemplate dall'art. 12 legge n. 1168/1961: per
infermità; a domanda; per scarso rendimento, nonché gravi reiterate mancanze disciplinari che siano state oggetto di consegna di rigore; per inosservanza delle disposizioni sul matrimonio dei militari (23); per nomina nell'impiego civile; per perdita del grado. Quest'ultima causa di cessazione dal servizio permanente, ai sensi dell'art. 34 legge n. 1168/1961, e considerando che anche il grado di carabiniere nell'ordinamento militare è un grado gerarchico equiparato a quello di caporale (24), si ha per: perdita della cittadinanza; assunzione in servizio, non autorizzata, in forze armate di Stati esteri; assunzione in servizio con qualsiasi grado in altre Forze armate o corpi di polizia nazionali; interdizione giudiziale o inabilitazione; rimozione, per violazione del giuramento o per altri gravi motivi disciplinari, ovvero per comportamento comunque contrario alle finalità dell'Arma o alle esigenze di sicurezza dello Stato; condanna, nei casi in cui, ai sensi della legge penale
militare, la stessa importi la pena accessoria della rimozione (art. 29 c.p.m.p.), o nei casi in cui, ai sensi del codice penale, la stessa importi l'interdizione temporanea dai pubblici uffici o altre pene accessorie espressamente indicate aventi carattere destitutivo.
La posizione di stato giuridico della ferma volontaria riguarda i carabinieri che, all'atto dell'arruolamento come allievi carabinieri, contraggono una ferma quadriennale, al termine della quale, se meritevoli, transitano nel servizio permanente.
Gli appuntati e i carabinieri che sono collocati in congedo, sono ripartiti nelle seguenti categorie: ausiliaria (per la quale conservano obblighi di servizio anche in tempo di pace); riserva (per la quale mantengono obblighi di servizio solo per il tempo di guerra).
Al compimento del 65° anno d'età gli appartenenti al ruolo appuntati e carabinieri, in ogni caso già in congedo, transitano in congedo assoluto: non hanno più alcun obbligo di servizio e conservano solo il grado e l'onore dell'uniforme.
La legge n. 1168/1961 contempla anche la materia disciplinare di stato riguardante gli appuntati e carabinieri, prevedendo le specifiche sanzioni disciplinari di stato (interruttive — rimozione — e sospensive del rapporto d'impiego) e il procedimento amministrativo di accertamento della responsabilità disciplinare.
Agli appartenenti al ruolo sono conferite le qualifiche di agente di polizia giudiziaria, ai sensi dell'art. 57 c.p.p. e dell'art. 3 d.lg. n. 198/1995, e agente di pubblica sicurezza, ai sensi dell'art. 51 Reg. org. e dell'art. 3 d.lg. n. 198/1995. Gli appuntati comandanti interinali di stazione carabinieri sono ufficiali di polizia giudiziaria, ai sensi del d.lg.lt. 11-1-1945, n. 30.
Le funzioni organiche previste dal predetto art. 3 riguardano l'attribuzione di mansioni esecutive, del comando di uno o più militari, nonché dei compiti di addestramento in relazione ad un'eventuale specifica preparazione professionale posseduta.
2) Reclutamento e progressione di carriera.
Il reclutamento dei carabinieri può avvenire esclusivamente come arruolamento volontario. Il d.lg. n. 198/1995, all'art. 4, prevede due forme di arruolamento volontario: come carabiniere effettivo, con la ferma di quattro anni; come carabiniere ausiliario, per la sola ferma di leva. La procedura di arruolamento è quella concorsuale, con la particolarità che, ai sensi dell'art. 18 d.lg. 8-5-2001, n. 215, è stata determinata nel 70% la riserva di posti per i volontari di truppa in ferma prefissata e in ferma breve delle altre Forze armate nei concorsi relativi all'accesso nelle carriere iniziali dell'Arma.
I carabinieri ausiliari, oltre a concorrere per i posti disponibili come carabinieri effettivi, possono permanere in servizio, a domanda, come effettivi, previa verifica dei requisiti previsti per questi ultimi.
I requisiti per il reclutamento sono elencati nell'art. 5 d.lg. n. 198/1995, e sono in sostanza gli stessi previsti per le altre categorie degli appartenenti all'Arma, con le necessarie differenze concernenti l'età (aver compiuto almeno diciassette anni e non superato i ventisei anni, o i ventotto anni se si è già prestato servizio militare) e il titolo di studio (almeno il diploma di istruzione secondaria di primo grado).
Gli arruolati sono ammessi al previsto corso formativo in qualità di allievi carabinieri e dopo sei mesi, previo superamento di appositi esami, sono nominati carabinieri allievi. La nomina a carabiniere effettivo giunge il giorno successivo a quello che segna il temine della ferma quadriennale, con conseguente immissione nel ruolo.
Il carabiniere effettivo, dopo cinque anni di permanenza nel grado, viene promosso ad anzianità carabiniere scelto. Quest'ultimo, dopo aver maturato cinque anni nel grado, viene promosso ad anzianità appuntato. Infine, l'appuntato, dopo cinque anni di permanenza nel grado, viene promosso appuntato scelto. A quest'ultimo, dopo aver maturato otto anni nel grado, se meritevole secondo criteri disciplinari e di servizio, viene attribuito uno scatto aggiuntivo, fermo restando il livello funzionale assegnato.
Tutte le procedure di avanzamento degli appartenenti al ruolo sono determinate ad anzianità, sentito il parere della commissione permanente di avanzamento, integrata da un appuntato scelto, ai sensi dell'art. 32 legge n. 212/1983. Anche per gli appuntati e carabinieri sono previsti gli avanzamenti straordinari per meriti eccezionali e per benemerenze d'istituto, di cui agli artt. 40 e 41 d.lg. n. 198/1995.
7. L'autonomia contabile e finanziaria .
Gli aspetti di carattere amministrativo, contabile e finanziario, riguardanti l'Arma dei carabinieri, hanno anch'essi un'importanza basilare, in quanto indici di un modello organizzativo che coniuga costantemente esigenze funzionali e scelte organizzative, intese quest'ultime come vere e proprie risorse operative.
In questo contesto assume un ruolo fondamentale il Comandante generale dell'Arma, le cui attribuzioni nel settore sono state ulteriormente definite, ai sensi dell'art. 23 d.lg. n. 297/2000. Il Comandante generale è, infatti, capo di Ente programmatore, direttore generale, titolare di Centro di responsabilità amministrativa e comandante militare territoriale.
Già con d.p.r. 18-3-1963, n. 679, al Comandante generale dell'Arma venne delegata la facoltà di assumere impegni di spesa sul bilancio del Ministero della difesa, al pari dei direttori generali. La norma sancisce l'inizio dell'autonomia di bilancio dell'Arma dei carabinieri che si consolida con i provvedimenti sulla dirigenza pubblica, il d.p.r. 30-6-1972, n. 784, in seguito, l'importante d.lg. 3-2-1993, n. 29, e successive modificazioni, sino al d.lg. n. 165/2001. In tale ambito, fondamentale è stata la legislazione di riforma del bilancio dello Stato, soprattutto la l. 3-4-1997, n. 94, che ha introdotto nel sistema le «unità revisionali di base», e il d.lg. 7-8-1997, n. 279, che definisce le competenze in materia di bilancio «centri di responsabilità amministrativa». A sintetizzare questa complessa materia interviene, come sopra accennato, l'art. 23 d.lg. n. 297/2000, il quale stabilisce che il Comandante generale assolve le funzioni di:
— capo ente programmatore: approva la previsione di spesa dell'Arma relativa a ciascun esercizio finanziario; concorre alla compilazione del progetto di bilancio per l'approvazione del Ministro della difesa; inoltra allo Stato Maggiore Difesa la programmazione tecnico-finanziaria afferente alla previsione di spesa; adotta una precisa politica di gestione nella fase di pianificazione, mediante la direttiva di pianificazione, con la quale vengono individuati gli obiettivi strategici, e attraverso la scomposizione degli obiettivi anche in prospettiva temporale; determina gli oneri da destinare al perseguimento di ciascun obiettivo e la gravitazione delle risorse nei diversi settori di spesa, mediante la direttiva di programmazione; procede all'esercizio del bilancio, mediante il piano d'impiego, con l'approvazione e l'attuazione dei programmi;
— direttore generale, per le quali provvede all'amministrazione dei capitoli di bilancio di propria competenza e stipula i contratti secondo le attribuzioni previste per i titolari di uffici dirigenziali generali;
— titolare di centro di responsabilità amministrativa: risponde della gestione e dei risultati connessi con l'impiego delle risorse assegnate; esercita autonomi poteri di spesa nell'ambito dei fondi concessi; propone al Ministro della difesa le variazioni compensative tra le unità revisionali di base; individua i limiti di spesa che i dirigenti sottordinati possono impegnare;
— comandante militare territoriale: soddisfa le esigenze degli enti periferici, mediante assegnazioni sui competenti capitoli di bilancio; si occupa direttamente di determinati settori relativi al commissariato, al casermaggio, al servizio quadrupedi; stipula i contratti in settori diversi da quelli individuati per il livello dirigenziale generale e gestisce i servizi in economia per garantire taluni approvvigionamenti di limitato importo.
Il Comandante generale per le funzioni e le attività di organo centrale, cioè di capo ente di programmazione, di direttore generale e di titolare di centro di responsabilità amministrativa si avvale, tramite il Capo di Stato maggiore del Comando generale, del VI Reparto che si occupa appunto di pianificazione, programmazione, bilancio, controllo e approvvigionamenti. Per l'attività decentrata di comandante militare territoriale si avvale, sempre tramite il Capo di Stato maggiore del Comando generale, della direzione di amministrazione, costituita ai sensi della legge n. 30/1981.
Il controllo di questa complessa attività, fermi restando i controlli esterni della Corte dei conti e degli organi centrali della difesa a ciò deputati, avviene attraverso la fase di controllo attuazione dei programmi svolta dall'Ufficio pianificazione, programmazione e controllo del Comando generale - VI Reparto, che consente di:
— verificare mensilmente lo stato di attuazione dei programmi previsti dal piano d'impiego annuale;
— aggiornare periodicamente la situazione delle risorse finanziarie residue e degli approvvigionamenti ancora in corso;
— monitorare la spesa, in relazione al perseguimento degli obiettivi prefissati.
A livello periferico, anche per supportare e implementare le attività centrali e decentrate finanziarie e contabili, è stata ristrutturata ed adeguata alle nuove esigenze l'architettura tecnica logistica ed amministrativa dell'Arma. Come accennato, i principali strumenti del nuovo assetto organizzativo sono il Centro nazionale amministrativo e i Raggruppamenti tecnici, logistici ed amministrativi. Il sistema viene riconfigurato per consentire una migliore razionalizzazione delle risorse e per recuperare congrue aliquote di personale da destinare alle attività operative, anche attraverso l'informatizzazione integrale delle procedure gestionali. In tal senso è prevista la contrazione numerica di unità burocratiche deputate al settore, costituite da: 26 enti amministrativi (a livello comando di corpo), 23 distaccamenti amministrativi (anch'essi a livello comando di corpo, ma con minori competenze) e 4.666 distaccamenti amministrativi minori (sino a livello comando di stazione, con
competenze esclusivamente esecutive). La riforma, infatti, prevede, oltre al CNA, solo 6 enti amministrativi (RTLA), 44 distaccamenti amministrativi e 108 sezioni amministrative (con competenze limitate in termini di spesa e gestione amministrativa).
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(1) Jannotta, «Carabinieri», in Digesto/pubbl., II, Torino, 1987, 489.
(2) Le presenti riflessioni potrebbero apparire didascaliche, ma dobbiamo considerare che, per quanto riguarda le attribuzioni militari dell'Arma dei carabinieri, è stato autorevolmente affermato che esse «scaturiscono dal concetto giuridico che domina l'intera materia in esame, secondo il quale gli appartenenti all'Arma sono, innanzitutto, ufficiali o sottufficiali o graduati o militari di truppa dell'esercito e, come tali, adempiono a tutti gli obblighi e sono tenuti all'osservanza dei particolari doveri stabiliti dalle leggi e dai regolamenti militari»: Campanelli, «Carabinieri», in NN.D.I., II, Torino, 1957, 945. Oggi, più correttamente, possiamo affermare che i compiti militari dell'Arma sono diretta ed espressa attribuzione della legge, come si vedrà oltre.
(3) La presente nota bibliografica vuole offrire una sommaria indicazione delle fonti consultate e dei testi di approfondimento per i vari aspetti istituzionali della storia dell'Arma dei carabinieri. Una prima avvertenza riguarda la possibilità di reperire notizie storiche sui Carabinieri nei volumi di storia militare, con particolare riferimento alla storia delle Forze armate e dell'Esercito, per la cui pubblicazione si deve molto all'Ufficio Storico dello Stato maggiore dell'Esercito. Per quel che riguarda l'uniformologia, la memorialistica e la ristampa di documentazione di archivio, una preziosa opera di divulgazione è stata curata dall'Ufficio Storico del Comando Generale dell'Arma. Numerosi articoli, saggi e studi di storia dell'Arma sono stati pubblicati da varie riviste di settore, con particolare riguardo a quelle istituzionali («Il Carabiniere», «Rivista dei Carabinieri reali», il cui ultimo numero risale al 1943, e «Rassegna dell'Arma dei Carabinieri»). Per quel
che concerne le singole opere si segnala, per i primi anni di vita dell'Arma, l'insuperabile volume di Denicotti, Delle vicende dell'Arma dei Carabinieri reali in un secolo dalla fondazione del Corpo, Roma, 1914. Si segnalano, inoltre: Comando generale dell'Arma dei carabinieri, I Carabinieri. 1814-1980, Roma, 1980; Sermonti, I Carabinieri nella storia d'Italia, 2 voll., Roma, 1984; Calanca, Storia dell'arma dei carabinieri (1814-1900), 2 voll., Foggia, 1985; Grisi, Storia dei Carabinieri, Casale Monferrato, 1996. Da ultimo, con particolare attenzione alle vicende politiche italiane, si veda: Oliva, Storia dei Carabinieri dal 1814 ad oggi, Milano, 2002. Per gli aspetti storici, riguardanti particolarmente l'attività di polizia militare dell'Arma: Verri, La polizia militare attraverso i tempi, Roma, 1975, 228; Ferrari, La polizia militare. Profili storici, giuridici e d'impiego, supplemento RAC, n. 2, 1993, 60.
(4) Sul compito connesso con la partecipazione alle operazioni militari la letteratura di precipuo interesse dell'Arma, al di là della pubblicistica militare e della produzione dottrinale nel campo delle operazioni militari terrestri (di interesse comune per le Forze armate), è piuttosto datata, anche se da sempre si è cercato negli studi sull'argomento di enucleare le peculiarità operative, talvolta anche evidenti, di pertinenza dell'Arma. Per i primi studi sistematici sul tema in questione: Boella, Servizio e formazioni di guerra dei carabinieri reali, Riv. CC. RR., 1934, 9. Sull'importanza e il crescente interesse per il compito militare dell'Arma della partecipazione alle operazioni belliche: Verri, 1880: reclutamento dei carabinieri e loro impiego come forza combattente, in una memoria del generale Cosenz, RAC, 1972, 983; Grassi, Alcuni dati su ordinamento, compiti e attribuzioni dei Carabinieri nell'Esercito di campagna alla fine del XIX secolo, ivi, 1974, 219. Per un
panorama sugli studi tecnico-militari sulla componente operativa militare dell'Arma e il suo impiego: Mingarelli, Il gruppo tattico e il battaglione carabinieri, RAC, 1961, 491; Mirigelli, Considerazioni sugli aspetti operativi del battaglione mobile carabinieri, ivi, 1962, 263; Id., Il battaglione mobile carabinieri e l'azione antiparacadutisti. Previsioni e predisposizioni per l'impiego, ivi, 1962, 775; Lombardi, Il battaglione carabinieri, ivi, 1963, 965; Tuccari, Aspetti evolutivi del battaglione carabinieri, ivi, 1963, 735; Id., Note su alcuni problemi operativi, addestrativi e logistici del reggimento carabinieri, ivi, 1963, 500; Visconti-Cucci, Spunti per una nuova dottrina di impiego dei battaglioni carabinieri, ivi, 1970, 742.
(5) Per quanto riguarda l'attività di polizia militare rimane fondamentale lo studio di Giuliano Ferrari, La polizia militare, cit., che oltre ad un ampio panorama storico, traccia i profili giuridici attinenti alla materia e tenta una esaustiva delineazione di tutti gli aspetti d'impiego degli organi della polizia militare e delle connesse attività funzionali. Più recentemente, a seguito del d.lg. n. 297/2000, si veda: Libertini, Alcune osservazioni sulla funzione di polizia militare, RPo, 2002, 3.
(6) Sul punto si rimanda a: Ferrari, La polizia militare, cit., 60, che sottolinea l'importanza dell'ordine morale come componente dell'ordine pubblico militare, costituendone un fondamentale aspetto della disciplina militare.
(7) Il Regolamento Generale del 1822 specifica cosa debba intendersi per attività di polizia militare (art. 439): «il servizio di polizia militare, oltre che di quegli ordini particolari che emaneranno dal Generale Comandante, in riguardo alle armate stesse, consiste specialmente nel vegliare su tutte le spie e le persone sospette che tentassero di avvicinarsi o di introdursi nell'esercito, come su d'ogni qualunque persona, che potesse supporsi in corrispondenza con il nemico; nell'allontanare dall'esercito tutte le persone che non appartengono ad esse, e che non fossero autorizzate a farne parte; disperdere i saccheggiatori e predoni, ed arrestare coloro che usassero resistenza». Inoltre i Carabinieri (art. 440) «devono, a meno di assoluta impossibilità, mantenere continua corrispondenza fra d'essi, comunicandosi tutte le notizie interessanti non solo la polizia dell'armata, ma anche sui movimenti del nemico, ed i connotati delle persone sospette». Il Regolamento Generale del
1911 dedicherà, nell'ambito del servizio ordinario, ben 28 articoli relativi alla disciplina dell'arresto dei disertori, dei renitenti e dei mancanti alla chiamata, della vigilanza sui militari in congedo illimitato, della vigilanza sui militari in licenza e della vigilanza sui militari in marcia.
(8) L'allora cap. dott. Enrico Cosi, trattò l'argomento in uno studio suddiviso in due parti dal titolo «L'Arma dei carabinieri reali quale organo di polizia militare e controspionaggio in pace e in guerra», pubblicati nel 1935 sui nn. 3 e 4 della «Rivista» che fu il primo periodico ufficiale tecnico dell'Arma, deputato specificamente all'aggiornamento e al perfezionamento della cultura professionale dei Carabinieri.
(9) Sugli aspetti della polizia militare internazionale, vedi in particolare: Ferrari, La polizia militare, cit., 228 e 336; La Gala, La polizia militare nell'ambito delle operazioni di sostegno della pace, RAC, 1997, n. 4, 14.
(10) Sulla polizia giudiziaria militare esiste un'ampia bibliografia. Si veda in particolare: Stellacci, «Polizia giudiziaria militare», in NN.D.I., XIII, Torino, 1965, 205; Scandurra, «Polizia giudiziaria - III) diritto processuale penale militare», in Enc. giur., XXIII, Roma, 1990; Ferrari, La polizia militare, cit., 216; Gili, «Polizia giudiziaria militare», in Digesto/pen., IX, Torino, 1995, 604; Venditti, Il processo penale militare4, Milano, 1997, 87; Rivello, Procedura e ordinamento giudiziario militare, Torino, 2000, 120; Brunelli-Mazzi, Codici penali militari, Milano, 2001, 1036; Di Franco, Considerazioni sulla polizia giudiziaria militare, RPo, 2001, 662; Garino, La polizia giudiziaria militare nel territorio e fuori dal territorio dello Stato: problematiche, RAC, 2002, n. 1, 7; Brunelli-Mazzi, Diritto penale militare3, Milano, 2002, 462.
(11) Sulla mobilitazione esiste una consistente bibliografia, sia relativa agli aspetti giuridici, sia a quelli squisitamente tecnico-militari. In proposito si veda principalmente: Valori, «Mobilitazione», in NN.D.I., X, Torino, 1963, 801; Dallari, «Mobilitazione militare», in Enc. dir., XXVI, Milano, 1976, 670; Stipo, «Mobilitazione», in Enc. giur., XX, Roma, 1990; Semprini, Una riserva a base volontaria, Riv. mil., 2000, n. 3; Capuzza, La mobilitazione, in AA.VV., Elementi di diritto amministrativo militare, Quaderni RAC, 2001, n. 3, 159; Diella-Bongiovanni, Le forze di completamento, Riv. mil., 2002, n. 2, 78.
(12) Sulla polizia di sicurezza e le funzioni svolte dall'Arma nello specifico settore esiste una vasta bibliografia, per la quale si può consultare, da ultimo: Caia, L'ordine e la sicurezza pubblica, in Tratt. Cassese, Dir. amm. spec., I, Milano, 2000, 157.
(13) Sulla polizia giudiziaria esiste un'imponente bibliografia, per la quale si può consultare, da ultimo: Giordano, Le indagini preliminari. Poteri e limiti del Pubblico Ministero e della Polizia giudiziaria, Padova, 2002, 659.
(14) Sulla protezione civile esiste una consistente bibliografia. Da ultimo, anche in relazione alle recenti modifiche legislative, vedi: Meoli, Il sistema della protezione civile dopo le modifiche legislative del 2001, GDA, 2002, 716. Per alcuni aspetti tecnici di precipuo interesse dell'Arma dei carabinieri: Tamborrino, L'impiego del reparto di soccorso pubblico, RAC, 1975, 711; Scolamiero, La protezione civile, ivi, 1980, 277.
(15) Sul tema delle prerogative dell'Arma: Barbato, « Istituzione e prerogative» dell'Arma dei carabinieri, RAC, 1962, 839.
(16) Per un sintetico ad aggiornato quadro dell'ordinamento dell'Arma, con precise indicazione degli organici dell'Istituzione: Bellini, L'Arma dei carabinieri: situazione attuale e prospettive future, in Informazioni della Difesa, 2002, suppl. al n. 4, 34.
(17) Il tema della formazione del personale e dell'organizzazione deputata a questa finalità è sempre stato curato e dibattuto. Si veda in particolare, anche per uno specifico profilo storico: Di Marco, Istruzione e addestramento dei militari dell'Arma, RAC, 1961, 781; Arcabasso, Il problema dell'addestramento nell'Arma e la preparazione dell'ufficiale in particolare, ivi, 1967, 283; Azzari, Pianificazione, organizzazione e valutazione delle istruzioni presso la Scuola sottufficiali e le Legioni Allievi Carabinieri, ivi, 1969, 281; Grassi, Brevi cenni di storia dell'addestramento nell'Arma dei carabinieri. La formazione dei Quadri, ivi, 1972, 1069; Id., Brevi cenni di storia dell'addestramento nell'Arma dei carabinieri. La formazione dei sottufficiali, ivi, 1973, 636; Frosi, Note sul reclutamento e sulla formazione degli ufficiali, ivi, 1983, 549; Ferrari, Quale cultura per gli ufficiali dell'Arma?, ivi, 1984, 47; Gualdi, Aspetti caratterizzanti il nuovo iter formativo degli
ufficiali in servizio permanente del ruolo normale, ivi, 1994, n. 1, 36; Id., Il profilo formativo del sottufficiale dell'Arma dei carabinieri, ivi, 1994, n. 2, 10; Alfiero, Verso una rivalutazione degli studi teorici nell'Arma, ivi, 1995, n. 1, 7; Chirieleison, Breve storia della Scuola sottufficiali carabinieri di Firenze, ivi, 1996, n. 2, 6; Cantoni, La formazione degli ufficiali. Problemi e prospettive, ivi, 1999, n. 4, 34.
(18) Sull'organizzazione territoriale, anche in una prospettiva storica, si veda: Tuccari, Note sulla nuova struttura ordinativa dell'Arma territoriale dei carabinieri, RAC, 1965, 110; Astolfi, Il nuovo ordinamento dell'Arma territoriale: criteri informatori, obiettivi immediati e futuri, ivi, 1965, 1045; Arcabasso, Il ruolo dei comandi intermedi e criteri da seguirsi per la loro costituzione, ivi, 1967, 73; Sarti, Il comandante della stazione carabinieri nell'attuale ordinamento dell'Arma, ivi, 1970, 557; Paladino, La capillarità dell'Arma, ivi, 1990, n. 1, 38; Pisani, Il nuovo modello ordinativo dell'Arma dei carabinieri, ivi, 1993, n. 1, 32.
(19) Sulle unità specializzate dell'Arma, anche in una prospettiva storica, si veda: Tuccari-Marzocca, Il servizio aereo nell'Arma dei carabinieri, RAC, 1965, 1309; Naso, L'azione dei carabinieri per reprimere le sofisticazioni alimentari, ivi, 1967, 735; Di Feo, Il Centro carabinieri investigazioni scientifiche, ivi, 1990, n. 2, 80; Reho, L'ambiente e il carabiniere, ivi, 1992, n. 2, 40; Vannucchi, Tradizione e progresso: i reparti speciali dell'Arma dei carabinieri, ivi, 1993, n. 3, 35; Conforti, I Carabinieri nella tutela del patrimonio artistico nazionale, ivi, 1994, n. 2, 48.
(20) Sui ruoli degli ufficiali dell'Arma, si veda: Cavaliere-Longobardi-Nistri, L'istituzione dei ruoli normale, speciale e tecnico degli ufficiali dell'Arma dei carabinieri, RAC, 1993, n. 2, 86.
(21) Sulle problematiche del ruolo: Morelli, L'avanzamento dei sottufficiali dei carabinieri, RAC, 1968, 788; Morelli, Promozioni straordinarie per benemerenze d'istituto per i sottufficiali e militari di truppa dei carabinieri, ivi, 1970, 985.
(22) Sulle problematiche del ruolo: Gianturco, L'appuntato dei carabinieri, ufficiale o agente di polizia giudiziaria, RAC, 1968, 602; Morelli, Promozioni straordinarie, cit.
(23) Sul punto, però, bisogna tener conto della sentenza C. Cost., 12-11-2002, n. 445, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di una serie di norme che stabilivano, tra i requisiti necessari per l'arruolamento volontario nelle Forze armate, l'essere celibi o nubili.
(24) La norma è molto antica e si ricollega al disposto dell'art. 6 regie patenti 12-10-1822, secondo il quale i «Carabinieri hanno il rango del grado immediatamente superiore».
(25) Sul punto, si veda: Siracusa, Il Comando generale dell'Arma nelle sue funzioni finanziarie e giuridico-amministrative quale Ente programmatore, Direzione generale, Centro di responsabilità amministrativa e Comando militare territoriale, Riv. Trim. Sc. Perf. Forze Polizia, 2000, n. 3/4, 19.