Agevolazioni alla prima casa in comunione anche se vi risiede un solo coniuge.
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- Creato Martedì, 04 Gennaio 2011 11:31
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Agevolazioni alla prima casa in comunione anche se vi risiede un solo coniuge. Respinto il ricorso del Fisco. E gli "ermellini" invitano ad una interpretazione della legge tributaria conforme ai principi del diritto di famiglia: i coniugi non sono tenuti alla comune residenza anagrafica ma alla coabitazione
(Sezione tributaria, ordinanza n. 2109/09; depositata il 28 gennaio)
Ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. Civ., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
“1. La Commissione tributaria regionale della Sicilia, con la sentenza n. 111/14/06, depositata il 26 gennaio 2007, in accoglimento dell’appello proposto da … contro la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Palermo, ha affermato l’illegittimità dell’avviso di liquidazione con il quale l’Ufficio del registro aveva revocato i benefici fiscali per l’acquisto della “prima casa” in quanto la contribuente all’atto della compravendita, effettuata nel 1987 congiuntamente al coniuge in regime di comunione legale, non aveva la residenza nel Comune di ubicazione dell’immobile.
Il giudice d’appello ha ritenuto sussistenti i requisiti per le agevolazioni fiscali, poiché il coniuge della contribuente, poi deceduto, aveva la residenza nel Comune di ubicazione dell’immobile e questo era stato destinato a residenza della famiglia, con conseguente irrilevanza della mancanza del requisito della residenza in capo alla moglie.
Avverso tale sentenza l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, cui resiste con controricorso la ….
2. Con l’unico motivo di ricorso, la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2 del d.l. n. 12 del 1985 (convertito nella legge n. 118 del 1985) e formula il seguente quesito di diritto: “dica la Corte se, in materia di agevolazioni fiscali previste dall’art. 2 del d.l. 12/1985 per l’acquisto della “prima casa”, nel caso di acquisto del bene per atto stipulato da entrambi i coniugi, che dichiarino di trovarsi in regime di comunione legale, possa ritenersi che il requisito della residenza nel Comune ove è situato l’immobile sia soddisfatto dall’essere l’immobile destinato a residenza familiare, ancorché uno dei coniugi coacquirenti non risulti ivi residente”.
3. Il ricorso appare manifestamente infondato.
La giurisprudenza di questa corte, infatti, ha affermato che, in tema di imposta e di relativi benefici per l’acquisto della “prima casa”, il requisito della residenza va riferito alla famiglia, per cui, ove l’immobile acquistato sia adibito a residenza della famiglia, per cui, ove l’immobile acquistato sia adibito a residenza della famiglia, non rileva la diversa residenza del coniuge di chi ha acquistato in regime di comunione (Cass. 13085 del 2003; e già Cass. n. 14237 del 2000); in particolare, ha avuto modo di precisare che i coniugi non sono tenuti ad una comune residenza anagrafica, ma reciprocamente alla coabitazione (art. 143 del codice civile), quindi una interpretazione della legge tributaria (che del resto parla di residenza e non di residenza anagrafica) conforme ai principi del diritto di famiglia porta a considerare la coabitazione con il coniuge come elemento adeguato a soddisfare il requisito della residenza ai fini tributari (Cass. n. 14237 del 2000,
cit.); e che quella che conta, allora, non è tanto la residenza dei singoli coniugi, quanto quella della famiglia: l’art. 144 c.c. secondo il quale i coniugi “fissano la residenza della famiglia stessa” (che è una esplicitazione ed una attuazione della più ampia tutela che l’art. 29 della Costituzione assegna alla famiglia), mentre da una parte riconosce che i coniugi possano avere delle esigenze diverse ai fini della residenza individuale, dall’altra tende a privilegiare le esigenze della famiglia, quale soggetto autonomo rispetto ai coniugi; pertanto, anche la norma tributaria va letta ed applicata nel senso che diventa prevalente l’interesse della famiglia rispetto a quello dei singoli coniugi, per cui il metro di valutazione dei requisiti per ottenere il beneficio deve essere diverso in considerazione della presenza di un’altra entità, quale la famiglia (Cass. n. 13085 del 2003, cit.).
In virtù dei richiamati principi, sembra potersi ritenere che, ai fini della fruizione dei benefici fiscali in questione, il requisito della residenza nel Comune in cui è ubicato l’immobile debba essere riferito alla famiglia, con la conseguenza che, in caso di comunione legale tra coniugi, quel che rileva è che l’immobile acquistato sia destinato a residenza familiare, mentre non assume rilievo in contrario la circostanza che uno dei coniugi non abbia la residenza in tale Comune, e ciò in ogni caso in cui il bene sia divenuto oggetto della comunione ex art. 177 cod. civ., quindi sia in caso di acquisto separato che in caso (come nella fattispecie) di acquisto congiunto del bene stesso.
4. In conclusione, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio, in quanto manifestamente infondato”;
Che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti;
Che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie.
Considerato che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso deve essere rigettato, in applicazione del principio secondo il quale, in tema di agevolazioni fiscali per l’acquisto della “prima casa”, e con riguardo alla disciplina applicabile nella fattispecie ratione temporis, dettata dall’art. 2 del d.l. n. 12 del 1985 (convertito nella legge n. 118 del 1985), il requisito della residenza nel Comune in cui è ubicato l’immobile deve essere riferito alla famiglia, con la conseguenza che, in caso di comunione legale tra coniugi non abbia la residenza anagrafica tale Comune, e ciò in ogni caso in cui il bene sia divenuto oggetto della comunione ai sensi dell’art. 177 cod. civ., quindi sia in caso di acquisto separato che in caso di acquisto congiunto del bene stesso;
Che sussistono giusti motivi, in considerazione della peculiarità della fattispecie, per disporre la compensazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e compensa le spese.