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Cassazione 2025-La recente pronuncia della Cassazione in merito al licenziamento di una lavoratrice che, durante un permesso ex legge 104, ha dedicato solo pochi minuti a visitare il nonno in una Rsa, trascorrendo il resto del tempo tra shopping e carrozz

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Cassazione 2025-La recente pronuncia della Cassazione in merito al licenziamento di una lavoratrice che, durante un permesso ex legge 104, ha dedicato solo pochi minuti a visitare il nonno in una Rsa, trascorrendo il resto del tempo tra shopping e carrozzeria, solleva importanti riflessioni sulla valutazione della colpa grave e sul giustificato motivo del licenziamento.
La legge 104/1992 prevede che i lavoratori possano usufruire di permessi per assistere familiari con disabilità, un diritto che ha una finalità sociale ed etica ben precisa: garantire supporto e vicinanza a chi si trova in condizioni di bisogno. Il comportamento della lavoratrice, tuttavia, ha messo in discussione l'uso appropriato di tale permesso, rivelando un atteggiamento che potrebbe essere interpretato come una violazione della fiducia tra datore di lavoro e dipendente.
La Cassazione ha sottolineato la necessità di valutare attentamente se il comportamento della lavoratrice possa essere considerato "colpa grave", condizione che giustifica il licenziamento. In questo caso, l'uso improprio del permesso potrebbe costituire un danno reputazionale per l'azienda, oltre a una violazione della buona fede che deve permeare i rapporti di lavoro. La lavoratrice, infatti, non ha utilizzato il permesso per il fine previsto dalla legge, e tale comportamento, seppur non necessariamente illecito sul piano penale, potrebbe configurarsi come un abuso o un tradimento della fiducia aziendale.
Tuttavia, l'individuazione della "colpa grave" non è automatica e richiede una valutazione ponderata delle circostanze. Ad esempio, va preso in considerazione l'eventuale disinteresse del datore di lavoro nei confronti delle ragioni personali della lavoratrice o altre specifiche condizioni che potrebbero giustificare un comportamento che, pur apparendo inadeguato, non giunge a configurare un danno irreparabile al rapporto di lavoro.
In sintesi, la Corte di Cassazione, con questa pronuncia, riafferma l'importanza di una valutazione contestualizzata dei comportamenti dei lavoratori, in cui la gravità dell'illecito non dipende solo dall'atto in sé, ma anche dall'intensità del danno al rapporto di fiducia e agli interessi aziendali.

https://drive.google.com/file/d/1TBvFiwXLwoqOtLAahbAiZyIhGVvficYy/view?usp=sharing

 

   

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