Sottocapo della Marina Militare v/s Maresciallo dei Carabinieri che gli contesta una infrazione al CdS, chi la spunta?
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- Creato Martedì, 01 Gennaio 2013 09:38
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REATO MILITARE
Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 28-09-2012) 15-10-2012, n. 40332
Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1. - Con sentenza, deliberata il 16 febbraio 2012 e depositata il 16 marzo 2012, il giudice della udienza preliminare del Tribunale Militare di Napoli ha dichiarato non luogo a procedere nei confronti del sottocapo di seconda classe della Marina Militare, (Lpd), in ordine ai delitti di minaccia, à sensi dell'art. 229 c.p.m.p., e di ingiuria, à sensi dell'art. 226 c.p.m.p., così derubricata la originaria imputazione di insubordinazione continuata con minaccia e ingiuria, à sensi dell'art. 189 c.p.m.p., commi 1 e 2, e dell'art. 81 cod. pen. commessa in danno del maresciallo dell'Arma dei Carabinieri, (Lpd), in (OMISSIS), perchè l'azione penale non doveva essere iniziata per mancanza della richiesta di procedimento del comandante di corpo dell'imputato.
Il giudice della udienza preliminare ha accertato, sulla base della deposizione del sottufficiale parte lesa e del testimoniale assunto, che il giudicabile, "in abiti civili e libero dal servizio", nel mentre il maresciallo (Lpd) procedeva a contestare una infrazione al codice della strada ad (Lpd), amico dell'imputato, era intervenuto e aveva rivolto al verbalizzante l'espressione minacciosa: "anche io sono un militare .. adesso ti faccio vedere io, che sono un militare, cosa vi combino .. anche io che sono un militare so come combinarvi.."; e, il giorno successivo, convocato in caserma, aveva proferito parole ingiuriose, lesive del prestigio e della dignità, nei confronti dello stesso maresciallo: "fate quello che volete, a me non me ne frega nulla".
In esito a siffatto accertamento il giudice a quo ha motivato:
ricorre la clausola di esclusione del delitto di insubordinazione, prevista dall'art. 199 c.p.m.p., comma 1; il fatto è stato commesso per cause estranee al servizio e alla disciplina militare; la qualità militare dell'imputato, è emersa "allorquando il primo episodio si era ormai consumato .. non ha giocato alcun ruolo nello svolgimento del secondo" e rappresenta "un aspetto puramente accidentale delle intera vicenda"; il giudicabile è intervenuto non "in costanza del servizio" relativo alla propria qualità militare, nè in seguito a un "richiamo disciplinare effettuato nei suoi confronti della persona offesa", bensì "nella veste puramente privata di amico" di colui cui il maresciallo (Lpd) aveva contestato la violazione della codice della strada; le condotte delittuose rientrano, pertanto, nelle residuali previsioni di cui agli artt. 226 e 229 cod. pen. mil. p., punite, entrambe, colla reclusione militare non superiore nel massimo a sei mesi; sicchè, in mancanza della richiesta di procedimento del comandante del corpo di appartenenza dell'imputato, difetta la condizione di procedibilità.
2. - Ricorre per cassazione il Procuratore generale militare della Repubblica presso la Corte Miliare di appello, mediante atto recante la data del 17 aprile 2012 (inoltrato tramite il servizio postale il 18 aprile 2012 e pervenuto nella cancelleria del giudice a quo il 23 aprile 2012), col quale denunzia à sensi dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), inosservanza o erronea applicazione della legge penale, o di altre norme giuridiche di cui si deve tenere conto nella applicazione della legge penale, in relazione agli artt. 189, 199 c.p.m.p. e all'art. 1350, comma 2, lett. e) - rectius: d) - del Codice dell'ordinamento militare, emanato con D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66, deducendo: non ricorre la ritenuta ipotesi di esclusione (del delitto di insubordinazione) di cui all'art. 199 c.p.m.p.; il giudice a quo ha trascurato di considerare che la citata disposizione ordinamentale stabilisce che le disposizioni in materia di disciplina miliare si applicano anche nei confronti dei militari che "si rivolgono ad altri miliari in divisa"; contrariamente al rilievo del giudice della udienza preliminare l'imputato fin dal primo episodio si qualificò come militare e ribadì tale qualità nel perpetrare la condotta delittuosa nei confronti del superiore in uniforme; il legame colla disciplina miliare è evidente anche nel secondo episodio, che "ha avuto origine proprio a causa dell'anomalo comportamento tenuto il giorno prima dal prevenuto" nei confronti del maresciallo (Lpd); le condotte criminose presentano attinenza col servizio militare, essendo "volte a contestare e ostacolare l'attività istituzionale del (Lpd)"; il giudice della udienza preliminare ha "incongruamente mortificato il principio di gerarchia militare", sul presupposto erroneo della restrittiva opinione che, ai fini dell'art. 199 cod. pen. mil. p., "le cause delle condotta criminosa" siano esclusivamente "riferibili a un servizio svolto dal soggetto attivo del reato", mentre la disposizione tutela "il corretto svolgimento del servizio anche nel caso i cui a svolgerlo" sia il soggetto passivo.
3. - Il ricorso è fondato.
Il precedente di legittimità invocato dal giudice a quo (Sez. 1, n. 16413 del 03/03/2005 - dep. 02/05/2005, Andresini, Rv. 231573) non si confà al caso in esame.
Nel ravvisare la ricorrenza della causa di esclusione di cui all'art. 199 cod. pen., nella condotta di "un militare in licenza e in abiti civili che, in stato di ebbrezza alcolica, inveiva all'indirizzo di appartenenti all'Arma dei Carabinieri, intervenuti in un locale pubblico su segnalazione di alcuni avventori" questa Corte suprema di cassazione, previo richiamo delle disposizioni di cui alla L. 11 luglio 1978, n. 382, art. 5 e del D.P.(Lpd) 18 luglio 1986, n. 545, art. 8 in relazione al negativo scrutinio circa la ricorrenza di alcune delle condizioni per la applicazione del Regolamento di disciplina militare (norme attualmente trasfuse nell'art. 1350 del Codice dell'ordinamento militare, emanato con D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66), ha motivato che l'imputato "non aveva fatto alcun riferimento alla propria condizione di militare" (Analogamente questa Sezione ha affermato la sussistenza della clausola dell'articolo 199 cod. pen. con sentenza n. 14353 del 12/03/2008 - dep. 07/04/2008, Ruchini, Rv.
240015, sulla base del rilievo che l'imputato, pur militare paracadutista agì .. come un cittadino qualsiasi, senza vantare, ne opporre alcuna qualità riferibile al suo stato di militare"; e, con sentenza 5 maggio 2008, n. 19425, Carofalo, ha annullato con rinvio la decisione impugnata sotto il profilo dell'omesso accertamento sul punto se l'imputato, il quale agiva "al di fuori dell'attività di servizio attivo e indossava abiti civili .. avesse fatto alcun riferimento alla propria condizione di militare" nel perpetrare il delitto di ingiuria a inferiore in danno di alcuni agenti di polizia giudiziaria "che lo avevano fermato per contestargli alcune infrazioni al Codice della strada").
Mentre, proprio in termini, con successivo arresto, questa Corte ha definitivamente chiarito che "il reato militare di insubordinazione con minaccia o ingiuria è punibile pur quando il soggetto agente commetta il fatto fuori dal servizio, ove si qualifichi come militare nei confronti dei superiori persone offese" (Sez. 1, n. 14351 del 12/03/2008 - dep. 07/04/2008, Spano, Rv. 240014).
Al rilievo della erronea applicazione della legge penale in cui è incorso il giudice a quo (supponendo la ricorrenza di "cause estranee al servizio o alla disciplina militare", à termini dell'art. 199 cod. pen. mil. p. e, conseguentemente, derubricando la imputazione di insubordinazione, col finale epilogo liberatorio per difetto di procedibilità della azione penale) conseguono l'annullamento impugnata e il rinvio al giudice della udienza preliminare del Tribunale Militare di Napoli per nuovo giudizio.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia al giudice della udienza preliminare del Tribunale Militare di Napoli per nuovo giudizio.