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PS corretto computo (e liquidazione) dell’indennità integrativa speciale sul trattamento pensionistico

Dettagli

SENT 1431/2011 REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DEI CONTI

SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE LAZIO

IL GIUDICE UNICO DELLE PENSIONI

dott. Luigi IMPECIATI

nella pubblica udienza del 21 settembre 2011, con l’assistenza del segretario d’udienza sig. Roberto DESIDERI,

esaminati gli atti ed i documenti di causa,

udito l’avv.-

ha pronunciato la seguente

SENTENZA
nel giudizio pensionistico iscritto al n.-
AVVERSO

L’errata liquidazione dell’indennità integrativa speciale nel trattamento pensionistico.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

I ricorrenti, tutti ex appartenenti alla Polizia di Stato, hanno riassunto dinanzi questa Corte il ricorso già proposto innanzi al TAR Lazio, concernente il corretto computo (e liquidazione) dell’indennità integrativa speciale sul loro trattamento pensionistico.

Premesso che il Giudice Amministrativo ha negato il proprio potere giurisdizionale in materia (sentenza n. 37673/2010) e che i ricorrenti potevano vantare un’anzianità di servizio superiore ai 40 anni di contribuzione, si assume l’ingiustizia del provvedimento liquidativo del trattamento di quiescenza, nella parte in cui l’indennità integrativa speciale è stata calcolata secondo le modalità dell’art. 15, comma 3, della legge n. 724/94 (essendo stati collocati a riposo dopo l’1.1.1995) e non secondo le più favorevoli disposizioni precedentemente in vigore, con una perdita patrimoniale calcolata in circa €. 100,00 mensili.

Si dolgono, in particolare, della mancata applicazione, nei loro confronti, della favorevole e derogatoria disciplina di cui al comma 20 dell’art. 2 della legge n. 335/95 che consente, secondo la loro tesi, una liquidazione dell’I.I.S. in misura intera anziché in percentuale.

Il Ministero dell’Interno si è costituito con distinte memorie, depositate il 9.9.2011 nelle quali assume (ad eccezione della posizione del sig. B.) che i ricorrenti, alla data dell’1.1.1995, non avevano raggiunto un’anzianità pari o superiore a 40 anni di servizio e che non avevano in corso, alla stessa data, procedimenti di dispensa.

Nel caso del sig. B. riferisce che pur avendo, il medesimo, superato i 40 anni di servizio, non aveva esercitato alcuna opzione.

Per tutti ha chiesto la reiezione del ricorso e, in caso contrario, ha eccepito la prescrizione quinquennale del credito.

L’INPDAP, con nota depositata il 13 settembre 2011, ha chiesto l’estromissione dal giudizio per difetto di legittimazione passiva.

All’odierna udienza l’avv. Grasselli, nel richiamare le argomentazioni del ricorso, ha sottolineato l’ingiustizia del trattamento liquidato, recante in sé una disparità di trattamento irragionevole e ha concluso confermando la pretesa di accoglimento della domanda dei ricorrenti.

La sig.ra G., da parte sua, ha confermato la legittimità dei provvedimenti adottati e, nel caso del sig. B. ha riferito che lo stesso non aveva mai optato per fruire del miglior trattamento di quiescenza.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente va disposta l’estromissione dal giudizio dell’INPDAP il quale, come ordinatore secondario di spesa, è privo di qualsiasi potere provvedimentale nella materia oggi cognita e, quindi, non è intestatario di alcun interesse a contraddire.

Nel merito deve dirsi che le posizioni dei ricorrenti, ancorché riunite in sede di atto introduttivo, debbono trovare momento di distinzione limitatamente alla posizione del sig. B. in esito a quanto si dirà.

I ricorrenti assumono di essere ex appartenenti alla Polizia di Stato, di avere maturato oltre il quarantennio di servizio utile a pensione e di essere stati posti in congedo dopo il 31.12.1994.

Sulla base di questi presupposti invocano l’applicazione, nei loro confronti, della più favorevole disciplina di liquidazione dell’indennità integrativa speciale rispetto alla normativa introdotta dall’art. 15, comma 3 della legge n. 724/94.

Assumono, richiamando le argomentazioni introdotte dinanzi al TAR in sede di ricorso giurisdizionale amministrativo, che il Legislatore, poi, con l’art. 2, comma 20 della legge n. 335/95 ha concesso una deroga in favore di coloro che anteriormente alla data dell’1.1.1995 avevano esercitato la facoltà di trattenersi in servizio oppure che versavano in specifiche condizioni ivi rappresentate, ulteriormente precisate dall’art. 59, comma 36 della legge n. 449/97.

Chiedono pertanto, anche se consci che il Legislatore avrebbe pretermesso le posizioni di coloro che raggiungono il periodo massimo di contribuzione prima dei 40 anni di contribuzione utile, che la favorevole disciplina sia loro applicata.

Il Ministero dell’Interno, con collimanti relazioni riguardanti i singoli ricorrenti (ad eccezione, come detto del sig. B.) ha chiesto il rigetto del ricorso non avendo gli stessi, come previsto, maturato il requisito dei 40 anni di servizio utile ed applicando, in questo, le direttive del Ministero dell’Economia.

Il ricorso dei signori C. ED ALTRI, è giuridicamente infondato.

Come è noto, l’art. 15, comma 3 della legge n. 724/94 prevede che “. In attesa dell'armonizzazione delle basi contributive e pensionabili previste dalle diverse gestioni obbligatorie dei settori pubblico e privato, con decorrenza dal 1° gennaio 1995, per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 , e successive modificazioni ed integrazioni, iscritti alle forme di previdenza esclusive dell'assicurazione generale obbligatoria, nonché per le altre categorie di dipendenti iscritti alle predette forme di previdenza, la pensione spettante viene determinata sulla base degli elementi retributivi assoggettati a contribuzione, ivi compresa l'indennità integrativa speciale, ovvero l'indennità di contingenza, ovvero l'assegno per il costo della vita spettante.”

A sua volta, l’art. 2, comma 20 della legge n. 335/95, come modificato dall’art. 59, comma 36 della legge n. 449/97, prevede che “Per i dipendenti delle Amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 , iscritti alle forme di previdenza esclusive dell'assicurazione generale obbligatoria, nonché per le altre categorie di dipendenti iscritti alle predette forme di previdenza, che anteriormente alla data del 1° gennaio 1995 avevano esercitato la facoltà di trattenimento in servizio, prevista da specifiche disposizioni di legge, o che avevano in corso, alla predetta data del 1° gennaio 1995, il procedimento di dispensa dal servizio per invalidità, continuano a trovare applicazione le disposizioni sull'indennità integrativa speciale di cui all'articolo 2 della legge 27 maggio 1959, n. 324 , e successive modificazioni ed integrazioni. Le medesime disposizioni si applicano, se più favorevoli, ai casi in cui sia stata maturata, alla predetta data, una anzianità di servizio utile per il collocamento a riposo di almeno 40 anni.”

Ad avviso di questo Giudice la normativa che precede è esaurientemente esplicativa della legittimità dell’operato dell’Amministrazione nei confronti dei ricorrenti che precedono.

Infatti, la regola generale posta dall’art. 15, comma 3,della legge n. 724/94 trova una sua deroga solo e negli stretti limiti di una norma che, per la sua eccezionalità (e per principio generale), non può trovare applicazione estensiva e neanche analogica.

E la norma posta nell’ultima parte dell’art. 2, comma 20, indica che il legislatore ha tassativamente posto come requisito per poter beneficiare del più favorevole trattamento di liquidazione dell’indennità integrativa speciale, oltre alle altre ipotesi (opzione di rimanere in servizio, procedimento di dispensa pendente), quello della maturazione di una anzianità di servizio utile per il collocamento a riposo pari o superiore a 40 anni.

La previsione normativa è chiara e non può essere confusa con quella di anzianità massima contributiva per poter accedere, senza penalizzazioni, al trattamento di quiescenza, così come indicato dall’art. 6 del D. Lgs. n. 165/97.

Né la norma appare confliggere con alcun presidio costituzionale rientrando nella discrezionalità del Legislatore, nei limiti della razionalità e ragionevolezza e nel rispetto di altri principi costituzionalmente garantiti (come quello delle scelte economiche per la salvaguardia dell’economia e del patrimonio statale), modulare i criteri di accesso alla quiescenza.

Non avendo i ricorrenti maturato il richiesto requisito di anzianità di serviizo, il loro ricorso deve essere respinto.

Diverso è il caso del sig. B. al quale, pur avendo egli un’anzianità pari ad anni 41, mesi 8 e giorni 4 il diverso e miglior metodo di liquidazione dell’Indennità Integrativa speciale è stato negato in ragione del mancato esercizio, da parte sua, di apposita domanda.

L’argomentazione addotta dall’Amministrazione non è condivisibile.

Osserva l’Amministrazione come non abbia liquidato il “miglior trattamento” sulla sola base della mancanza di esplicita manifestazione di volontà dell’interessato in questo senso interpretandosi, secondo quanto asserito, la locuzione “più favoreovle” contenuta nell’art. 2, comma 20 della legge n. 335/95.

In disparte il fatto che la norma testè citata non parla di trattamento più favorevole ma che le “medesime disposizioni si applicano se più favorevoli” indica in maniera sufficientemente chiara che le disposizioni vanno applicate, ove più favorevoli, al trattamento di quiescenza di riferimento, senza porre alcun onere a carico del percipiente, di manifestare una volontà addirittura pleonastica.

E’ infatti regola generale che il miglior trattamento possibile vada automaticamente concesso (ad es. vedi art. 2 comma 1 legge n. 303/74) e, in ogni caso, principio di buona e corretta amministrazione (non applicato in questa occasione) vorrebbe che, se questa è l’interpretazione restrittiva dell’Amministrazione, tale facoltà di presentare o meno domanda debba essere resa ostensibile con direttive o circolari.

Al di là di questo, la lettera della norma è chiara nell’imporre l’applicazione del trattamento più favorevole (il legislatore ha usato il modo indicativo tempo presente) al solo ricorrere del requisito di anzianità massima e, pertanto, va accolto il ricorso del sig. B. con riconoscimento del suo diritto a ricevere un trattamento pensionistico con indennità integrativa speciale liquidata secondo le modalità di cui all’art. 2 della legge n. 324/59.

Al medesimo ricorrente debbono essere liquidati i ratei arretrati, maggiorati degli oneri accessori, a decorrere dal quinquennio precedente il primo atto interruttivo della prescrizione.

Sussistono giusti motivi per compensare le spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Giudice Unico delle Pensioni della Corte dei Conti - Sezione Giurisdizionale per la regione Lazio, definitivamente pronunciando,

RESPINGE

il ricorso n. 071138/PC del registro di Segreteria relativamente alle pretese avanzate dai signori C. R. ED ALTRI,

ACCOGLIE PARZIALMENTE

la domanda proposta dal sig. B. A..

Allo stesso, pertanto, va riconosciuto il diritto alla riliquidazione della pensione previo computo dell’indennità integrativa speciale secondo le modalità di cui all’art. 2 della legge n. 324/59, con arretrati nei limiti del quinquennio prescrizionale dal primo atto di messa in mora, maggiorati degli accessori di legge.

Spese compensate.

Così deciso in Roma nell’udienza del 21 settembre 2011, nella quale è stata data lettura del dispositivo.

IL GIUDICE

F.to dott. Luigi IMPECIATI



Depositata in Segreteria il 3 ottobre 2011



Pubblicata mediante deposito in Segreteria il 04/10/2011
P. Il Direttore

IL RESPONSABILE DEL SETTORE PENSIONISTICO

f.to Paola ACHILLE



SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
LAZIO Sentenza 1431 2011 Pensioni 04-10-2011


   

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