PS diritto a pensione: "“aveva maturato una anzianità utile a pensione di anni 29 mesi 2 e giorni 18; non quella di anni trenta come stabilito dal D. Legge nr. 624/94 e dalla legge 335/96”
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- Creato Sabato, 29 Ottobre 2011 06:12
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SENT. 1466/2011 REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE DEI CONTI
Sezione Giurisdizionale per la Regione Lazio in sede monocratica
Il Giudice Unico delle pensioni dott. Marcovalerio POZZATO
ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
sul ricorso iscritto al n. 69399 del registro di Segreteria,
proposto da -
con la rappresentanza e la difesa degli avvocati -
avverso
il provvedimento nota prot. n. 168450 della Questura di Roma
la nota-provvedimento n. 02078/acc. Div. III settore PS del 10.1.1997 della Prefettura di Roma
l’INPDAP – sede territoriale Roma 2
Assiste questo Giudicante la signora Domenica Laganà.
Alla pubblica udienza del 12.10.2011 sono comparsi:
l’avv. -
la signora Filomena Giannetti e il dott. Sandro Mascambroni, per il Ministero dell’Interno;
la dott.ssa Franca Di Curzio, per l’INPDAP.
Esaminati tutti gli atti e i documenti di causa.
FATTO
Riferisce l’atto introduttivo del presente giudizio che:
il ricorrente ha prestato servizio nel corpo delle Guardie di Polizia di Stato dal 1.9.1970 al 24.6.1982 e, successivamente, nella Polizia di Stato dal 25.6.1982 al 10.2.1995, per un totale di servizio effettivo di 24 anni, 5 mesi e 10 giorni;
con l’impugnata nota-provvedimento in data 28.12.1996 la Questura di Roma ha comunicato alla Prefettura di sospendere l’acconto provvisorio di pensione dal gennaio 1997 in quanto l’agente M. “aveva maturato una anzianità utile a pensione di anni 29 mesi 2 e gg. 18; non quella di anni trenta come stabilito dal D. Legge nr. 624/94 e dalla legge 335/96”.
Afferma il ricorrente il proprio diritto alla pensione, rilevando la falsa applicazione:
dell’art. 8 del D. Lgs. 503/1992;
degli artt. 6bis, c. 5, del D.L. 387/1987;
dell’art. 52 del d.P.R. 1092/1973;
della L. 335/1995 e della L. 724/1994.
Nel rilevare l'illegittimità del provvedimento di revoca dell'acconto di pensione, facendo valere un difetto assoluto di motivazione e di istruttoria, il ricorrente pone i seguenti motivi:
-il provvedimento di revoca pensionistica (nota prot. n. 168450 in data 28.12.1996) della Questura di Roma, allega solo il fatto che l'assistente di P.S. M. “aveva maturato una anzianità utile a pensione di anni 29 mesi 2 e giorni 18; non quella di anni trenta come stabilito dal D. Legge nr. 624/94 e dalla legge 335/96”;
non sono indicati i motivi per cui non si è applicata la normativa che all'epoca disciplinava la materia.
In via di estremo subordine parte ricorrente chiede che venga riconosciuto al ricorrente il diritto di cui all'art. 53 del d.P.R. 1092/1973, con riferimento all'attribuzione di un'indennità per una volta tanto.
L'Amministrazione dell'Interno si è costituita in giudizio (28.12.2009) chiedendo la reiezione del gravame e ponendo i seguenti rilievi:
-per i casi di cessazione dal servizio a domanda, per decadenza o perdita del grado, il limite previsto dal D. Lgs. 503/1992 per il conseguimento del trattamento pensionistico era di “almeno venti anni di servizio effettivo”;
-in tale contesto, per i soggetti che avevano una anzianità di servizio compresa tra i nove anni e i limiti di servizio stabiliti per le singole categorie di dipendenti statali dalle disposizioni in vigore al 31.12.1992 (nel caso in questione venti anni di servizio effettivo), il numero di anni mancanti al raggiungimento di questo ultimo limite veniva aumentato applicando i coefficienti indicati nella tabella C annessa al citato D. Lgs. 503/1992;
il ricorrente aveva maturato al 31.12.1992 un'anzianità effettiva pari a anni 17 mesi 3 giorni 29 e all'atto del congedo un'anzianità utile (escluso il periodo di sospensione non valutabile ai fini di pensione) di anni 23 mesi 2 giorni 15;
nel ricorso viene indicato un periodo di servizio utile al netto delle sospensioni, maturato dall'interessato alla data di cessazione, pari a anni 24, mesi 8 e giorni 18 anziché ad anni 23, mesi 2 e giorni 15, ma tale conteggio non tiene conto della sospensione dal servizio disposta a decorrere dal 17.4.1987 al 16.4.1992;
per il servizio prestato è in via di costituzione, da parte del competente ufficio, della posizione assicurativa presso l'INPS.
A sostegno del gravame il collegio difensivo del ricorrente ha depositato memoria (21.9.2011) rilevando:
-l’esclusiva applicabilità, nel caso di specie, del quadro normativo costituito dall’art. 52 del d.P.R. 1092/1973 e dall’art. 8 del D. Lgs. 503/1992;
-al 31.12.1992 il ricorrente non era stato destituito; per maturare il diritto di cui all’art. 8 del D. Lgs. 503/1992 doveva avere “una anzianità di almeno quindici anni di servizio utile, di cui dodici di servizio effettivo”;
-a tale data il ricorrente aveva maturato 24 anni e 8 mesi di servizio utile (22 anni e 4 mesi di servizio effettivo), avendo quindi maturato il diritto a pensione (in via gradata, anche nel caso in cui venissero riconosciuti meno di 20 anni di servizio utile, ma più di 15 anni)
Nel corso dell’odierna udienza le parti hanno concluso riportandosi ai propri atti scritti.
DIRITTO
Ad avviso di parte ricorrente sussiste, nella fattispecie, il diritto a fruire di trattamento pensionistico ordinario secondo la disciplina normativa previgente al D. Lgs. n. 30.4.1997, n. 165 (con particolare riferimento alle disposizioni di cui all’art. 8 del D. Lgs. 30.12.1992, n. 503), con condanna a carico dell’Amministrazione a corrispondere il trattamento pensionistico ordinario all'interessato sig. M..
Come riferito in narrativa, il ricorrente ha prestato servizio nell'Amministrazione dell'Interno dal 1.9.1970 al 10.2.1995.
Di conseguenza, vertendosi in ipotesi di cessazione dal servizio prima del 1.1.1998, sarebbero applicabili le disposizioni di cui all’art. 8 del D. Lgs. 30.12.1992, n. 503, nulla ostando l’art. 13, c. 3, della L. 23.12.1994, n. 724, che sarebbe rimasto privo di efficacia dal 1.7.1995.
Alla data (febbraio 1995) del collocamento a riposo per destituzione) del ricorrente risulterebbe quindi sussistente il diritto al trattamento di quiescenza, in presenza del requisito (già maturato al 31.12.1994) dell’anzianità di servizio richiesto dal mentovato art. 8 del D. Lgs. n. 503/1992.
Il ricorrente chiede che sia dichiarato il proprio diritto a pensione.
Per contro, ad avviso dell’Amministrazione resistente (cfr. memoria di costituzione del 15.12.2009) per l’acquisizione del diritto alla pensione di anzianità deve realizzarsi il combinato disposto delle condizioni di cui al D. Lgs. n. 503/1992 nonché quelle indicate nella L. n. 724/1994.
Dovrebbero quindi coesistere sia i requisiti di servizio effettivo di cui al D. Lgs. n. 503/1992, in relazione alla tabella “D” allegata alla Circolare n. 54/1993 del Ministero del Tesoro, sia la massima anzianità contributiva prevista dai singoli ordinamenti (art. 13, c. 3, L. n. 724/1994).
L’Amministrazione resistente contesta altresì la sussistenza, in capo al ricorrente, alla data (11.2.1995) di collocamento in congedo, dell’anzianità contributiva (servizio effettivo) prevista dall’art. 8, c. 3, del D. Lgs. 30.12.1992, n. 503, come requisito per il collocamento in quiescenza con diritto a pensione.
Ciò premesso, il ricorso è sprovvisto di giuridico fondamento.
Vale la pena di sottolineare, circa le censure concernenti la falsa applicazione della L. 241/1990, del difetto assoluto di motivazione e di istruttoria e di eccesso di potere, che l’esame di questo Giudice non è teso all’accertamento di vizi del procedimento: il giudizio in questa sede assume la veste di valutazione sulla integralità del rapporto e non sulla individuazione di patologie dell’agire amministrativo, cui eventualmente ricondurre l’annullamento del provvedimento impugnato, essendo stati rilevati i vizi specificamente fatti valere dalla parte interessata.
Giova, nella fattispecie, ricordare che il giudizio in questa sede è del rapporto e non di mero annullamento.
Ciò posto, come perspicuamente rilevato dall'Amministrazione dell'Interno, infatti, il ricorrente (che tace sugli effetti della sospensione del servizio ai fini della quantificazione del periodo utile a pensione) aveva maturato, al 31.12.1992, un'anzianità effettiva di anni 17, mesi 3 e giorni 29.
Nella fattispecie, di conseguenza, contrariamente a quanto affermato da parte ricorrente, vengono a mancare (anche per effetto della sospensione dalla qualifica) i requisiti di servizio previsti dalla normativa vigente al 31.12.1992, nonché i presupposti minimi stabiliti dal D. Lgs. 503/1992.
Ai sensi della disciplina recata dalla tabella D annessa al D. Lgs. 502/1992 e dall'art. 40 del d.P.R. 1092/1973 (con riferimento ai cosiddetti “arrotondamenti”) l'interessato, che al 31.12.1992 aveva un'anzianità effettiva di anni 17 avrebbe acquisito il diritto alla pensione con il nuovo limite di 24 anni di servizio utile alla data del congedo, superiore a quella di anni 23 maturata al 11.2.1995 (data di collocamento in congedo per destituzione).
E' d'uopo precisare il calcolo del servizio utile sopraindicato è effettuato tenendo conto del provvedimento di sospensione dalla qualifica (dal 17.4.1987 al 16.4.1992) emesso dal Questore di Benevento.
Giova rammentare che, ai sensi dell'art. 8 del d.P.R. 1092/1973, non si tiene conto del periodo di tempo trascorso durante la sospensione dalla qualifica del dipendente (civile) (cfr., per tutte, Sez. Campania, sent. n 682/2010).
Dispone l'art. 8 del d.P.R. 1092/1973:
“1. Tutti i servizi prestati in qualità di dipendente statale si computano ai fini del trattamento di quiescenza, salve le disposizioni contenute nel capo successivo.
2. Il computo si effettua dalla data di decorrenza del rapporto d'impiego o di lavoro sino a quella di cessazione di tale rapporto. Per il Personale militare il computo si effettua dalla data di assunzione del servizio sino a quella di cessazione dal servizio stesso.
3. Non si tiene conto del tempo trascorso:
a) dal personale civile, eccettuati gli operai, in aspettativa per motivi di famiglia nonché dai militari in aspettativa per motivi privati ovvero in licenza senza assegni concessa a domanda ovvero in qualità di richiamati senza assegni;
b) dal personale civile durante la sospensione dalla qualifica o in posizione corrispondente che comporti la privazione dello stipendio o della paga;
c) durante la detenzione per condanna penale.
È computato in ragione della metà il tempo trascorso dal militare durante la sospensione dall'impiego o dal servizio, fermo il disposto di cui alla lettera c) del comma precedente”.
Osserva il Giudicante, sulla scorta dell’attestata giurisprudenza (Sez. Campania, sent. n. 682/2010, cit.), che nel caso di specie vigono le norme dettate per il personale civile e non quelle relative al personale militare di modo che non trova applicazione l'ultimo comma del mentovato art. 8.
Da ultimo, con riferimento alla richiesta subordinata (attribuzione di indennità in luogo di pensione) l'Amministrazione dell'Interno dichiara la sussistenza dei requisiti per la costituzione della posizione assicurativa presso l'INPS del ricorrente.
Sussiste il difetto di giurisdizione di questo Giudice per ogni questione che non attenga, con immediatezza, il sorgere, il modificarsi e l'estinguersi del diritto a pensione in senso stretto (cfr. Sez. Abruzzo, sent. 240 del 7.5.2003).
P.Q. M.
La Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione Lazio, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando
RESPINGE
il ricorso in epigrafe.
Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese.
Così deciso in Roma in data 12.10.2011
IL GIUDICE UNICO
f.to (cons. Marcovalerio Pozzato)
Pubblicata mediante deposito in Segreteria il 17/10/2011
P. Il Direttore
IL RESPONSABILE DEL SETTORE PENSIONISTICO
f.to Paola ACHILLE
SEZIONE
ESITO
NUMERO
ANNO
MATERIA
PUBBLICAZIONE
LAZIO
Sentenza
1466
2011
Pensioni
17-10-2011