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Il collegato alla Finanziaria 2010 e il processo telematico

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ll collegato alla Finanziaria 2010 e il processo telematico

Il Governo nella seduta del 12-11-2009 ha approvato un Disegno di legge dal

titolo «Disposizioni in materia di semplificazione dei rapporti della Pubblica

Amministrazione con cittadini e imprese e delega al Governo per l'emanazione

della carta dei doveri della amministrazioni pubbliche».

Il disegno di legge è stato previsto dalla risoluzione al DPEF approvato dal

Parlamento nel luglio scorso che ha previsto l’inserimento di una serie di

disposizioni volte alla semplificazione degli adempimenti burocratici per il

cittadino e per le imprese, con un massiccio ampliamento del ricorso alla

telematica e ai documenti informatici, considerati come strumenti principali per il

corretto sviluppo dei rapporti tra pubblica amministrazione e cittadini, nell’ottica

di quello che viene ormai definito Stato di servizi.

Ad oggi, il disegno di legge non compare nelle raccolte di documenti delle

Camere e non risulta, quindi, presentato al Parlamento come prescritto dall’art. 72

Cost. Nel comunicato del 12-11-2009 il Governo informa che esso sarà inviato

per il parere, alla Conferenza Stato-Regioni dove, però, da un esame degli atti

pubblicati sul relativo sito informatico, non risulta all’esame.

Nonostante ciò, di esso si dà conto nei siti personali di alcuni ministri (ad es.

Brunetta, Calderoli) e sono apparsi, altresì, alcuni commenti su di esso ed una

presentazione in Powerpoint sul sito del Governo.

Allo stato, quindi, in assenza del testo normativo che sarà posto all’attenzione del

Parlamento ci si deve limitare ad un esame di quanto compare sul sito del

Governo Italiano.

In realtà, nonostante l’enfasi utilizzata, non si tratta che della specificazione, con

alcune limature e aggiustamenti di poco conto, della “nuova onda” che il fu

governo Prodi I impresse all’informatizzazione della Pubblica Amministrazione,

per il tramite dell’allora ministro della funzione pubblica Antonio Bassanini.

In quella stagione, inaugurata nel 1997, l’Italia fu tra i primi paesi europei a

dotarsi di una duttile e moderna normativa sulla firma digitale e sul documento

informatico, considerati come gli strumenti cardine per uno svecchiamento dei

rapporti tra P.A. e suoi utenti (singoli, imprese, professionisti) e per la soluzione

di quei problemi, ben noti a chi ha a che fare con l’amministrazione pubblica, che

già furono denunciati con ampio commento nel famoso Rapporto Giannini del

1979.

Si vedeva, e si vede tutt’oggi, l’informatica, la telematica e le nuove tecnologie

digitali come lo strumento principale per un avvicinamento del settore pubblico

alle esigenze dei cittadini.

Se già nella Legge 241/1990 – opera principalmente di Massimo Severo Giannini

– si accennava all’esistenza di documenti amministrativi non solo cartacei ma

anche meccanici e informatici, aventi tutti lo stesso valore dal punto di vista

giuridico, è proprio con le famose Leggi Bassanini e in particolare con la prima

(detta Bassanini I: Legge 59/97) che il documento informatico e la firma digitale

ricevono una consacrazione normativa: il documento informatico, ossia quello

non redatto con penna o matita su carta o simili ma “scrivendo” bit attraverso

mouse e tastiera su supporto magnetico o digitale, è considerato valido ed efficace

al pari della documentazione a cui siamo abituati a pensare; inoltre, la

sottoscrizione del documento informatico non avviene apponendo in calce ad esso

una firma autografa, ma attraverso l’apposizione di una stringa alfanumerica

generata dal computer che identifica, unilateralmente e con valore di certezza

pressoché assoluta, colui che vuole manifestare la paternità dell’atto e del

documento, garantendone al contempo l’integrità (cioè che il documento non è

stato alterato a posteriori).

Da qui tutta una serie di regolamenti di attuazione, spesso naufragati per problemi

di carattere gestionale ed organizzativo, e di Testi Unici rivolti a fare chiarezza su

una normativa sempre più complessa e variegata (nonché, spesso, contraddittoria).

Il passaggio dal governo di centro-sinistra a quello guidato da Berlusconi, lungi

dal procedere sulle direttive tracciate dalle riforme digitali di fine anni ’90, ha

portato ad una sorta di inversione di rotta, proseguendo formalmente sulla via

dell’informatizzazione della P.A. (si pensi all’adozione del Codice

dell’Amministrazione Digitale risalente al 2005, che in realtà non è altro che un

Testo Unico con alcune aggiunte e qualche modifica) ma nella sostanza

affossando per quanto possibile i tratti originali e applicativi di quella innovativa

stagione normativa.

Quindi, nonostante il clamore con cui si è salutato il varo del disegno di legge qui

in commento, che sembrerebbe dare finalmente l’avvio alla stagione della

modernizzazione in senso informatico della macchina statale, nulla di nuovo è

apparso sotto il sole. Ci si augura, semmai, che finalmente si dia esecuzione al

portato di questi 12 anni di approccio informatico ai problemi della P.A., ormai

inattuabili solo per una precisa volontà politica o per la scarsa diffusione di una

cultura informatica sostanzialmente alla portata di tutti.

Comunque, dal punto di vista degli aspetti informatici, il disegno di legge

vorrebbe introdurre, o meglio, come detto, vorrebbe ribadire alcuni principi per

rafforzare l’utilizzo intensivo da parte della P.A. dello strumento tecnologico

rispetto a quello cartaceo.

In concreto, il disegno di legge riguarda una serie di interventi che è bene

riassumere, se pur sommariamente e con riferimento agli interventi di maggior

interesse:

- per gli adempimenti dei gestori alberghieri, costoro dovranno comunicare

con mezzi informatici e con le modalità stabilite con decreto del Ministero

dell’interno, entro le dodici ore successive all’arrivo, alle questure territorialmente

competenti, le generalità delle persone alloggiate;

- per le cartelle cliniche, a far data dal 1° luglio 2010, queste dovranno

essere conservate esclusivamente in forma digitale

- tutte le ricette e le richieste di esami specialistiche emesse dai medici del

servizio sanitario nazionale saranno sostituite da documenti elettronici, salvo il

diritto dei pazienti di avere la copia cartacea dietro pagamento di un corrispettivo,

che lo rende, quindi, poco conveniente. Ricordiamo, peraltro, che già il D.lgs

150/2009 ha introdotto l'obbligo di trasmettere i certificati di malattia solo in via

telematica all'Inps.

- per quanto riguarda i registri di stato civile, sarà possibile effettuare il

cambio di residenza senza la presenza fisica dell’interessato, utilizzando moduli

messi a disposizione sul portale del ministero degli interni, da trasmettere via fax

o, per chi disponga della firma digitale, per via telematica;

- per la ricetta medica elettronica, entro il 31 dicembre 2012, tutte le

prescrizioni farmaceutiche e specialistiche saranno scritte su un supporto

elettronico, fermo restando il diritto del cittadino ad ottenere copia cartacea del

contenuto della prescrizione

- si prevede la Pagella elettronica degli alunni che, a decorrere dall’anno

solare 2012/2013, le scuole redigeranno in formato informatico, eliminando i costi

legati alla gestione di quelle di tipo cartaceo.

Insieme a quest’insieme di servizi, che dovranno essere erogati tutti per via

telematica e in via potenzialmente gratuita, mentre saranno a pagamento se si

vorrà continuare ad utilizzare moduli e certificati cartacei, il collegato tocca anche

l’aspetto della digitalizzazione della giustizia: si stabilisce l’adozione delle nuove

tecnologie nel processo civile ed in quello penale.

Anche qui nulla di nuovo sotto il sole, se non a livello di consolidazione di

qualcosa che il nostro ordinamento, almeno a livello normativo, già conosceva: il

processo telematico. Introdotto con il D.P.R. 13 febbraio 2001 n. 123, in chiusura

della prima stagione di governo del centro-sinistra, l’oggetto di questo scritto

sarebbe dovuto entrare in vigore già nel 2002 e precisamente sarebbe dovuto

essere applicabile ai giudizi iscritti al ruolo dopo il 1 gennaio 2002.

Il cambio di governo, in concomitanza con la eufemistica considerazione che le

forti resistenze conservative all’introduzione di uno strumento così innovativo per

la mentalità di giuristi e cittadini sarebbero state progressivamente debellate,

hanno però impedito nei fatti che lo stesso prendesse piede, se non in convegni

per specialisti o appassionati.

Più volte rinviato, il varo di tale processo sembra ora ad un punto di svolta. Tutto

dipenderà, ancora una volta, dall’approvazione, oltre che del collegato, dei decreti

e dei regolamenti attuativi previsti da tale normativa.

Vi è da dire, comunque, che in riferimento al contenuto e contrariamente a quello

che il nome "processo telematico" potrebbe far inizialmente pensare, qui non

siamo in presenza di un nuovo sistema processuale che preveda nuove regole atte

a disciplinare le fasi del processo in maniera diversa da quanto previsto dal codice

di procedura attualmente in vigore.

In realtà, ciò che deve correttamente intendersi per processo telematico non è altro

che la possibilità data alle parti, al giudice e alla cancelleria di formare,

comunicare e notificare gli atti processuali mediante documenti informatici, come

sopra definiti. Tutto ciò si ispira direttamente al principio generale della libertà

delle forme sancito dall'art. 121 c.p.c., il quale permette così di dare vita ad un

sistema informatizzato dell'attività giudiziaria alternativo a quello cartaceo fino ad

oggi utilizzato.

La norma chiave è ancora oggi quella prevista dall’art. 4 del D.P.R. del 26.01.01 –

oggi confluita nel Codice dell’Amministrazione Digitale -: "tutti gli atti e i

provvedimenti del processo possono essere compiuti come documenti informatici

sottoscritti con firma digitale". Ciò significa che, per quanto sopra detto, con la

sottoscrizione informatica degli atti e dei provvedimenti gli stessi, che così

possono essere attribuiti con certezza al suo autore e senza il pericolo di

manomissioni, tutti gli atti potranno essere compiuti con l’ausilio del proprio

computer nel comodo del proprio studio o dell’aula di udienza.

Ciò, ancora una volta, si fonda su quanto previsto dalla già richiamata legge 15

marzo 1997 n. 59 (Bassanini I) e dal D.P.R. 10 novembre 1997 n. 513 di

attuazione della medesima legge, il quale ha espressamente stabilito che il

documento informatico sottoscritto con firma digitale ha efficacia probatoria pari

a quella della scrittura privata ai sensi dell'art. 2702 c.c., con la conseguenza che

la trasmissione dei documenti con strumenti informatici può ora considerarsi

valida ed efficace ad ogni effetto di legge, equiparandola ai documenti redatti su

carta e sottoscritti di proprio pugno dall’autore.

Ovvio presupposto affinché però si possa attuare la circolazione degli atti

giudiziari attraverso documenti informatici è, oltre alla validità di questi ultimi

secondo le consuete norme di legge, che ognuno dei soggetti coinvolti abbia un

indirizzo di posta elettronica: non a caso il regolamento che ha introdotto il

processo telematico nel nostro paese prevede che ognuno dei soggetti coinvolti

nel processo metta a disposizione il proprio indirizzo elettronico: per l’avvocato

l'email sarà unicamente quella comunicata al proprio Consiglio dell'Ordine,

mentre per tutti gli altri soggetti si farà riferimento all'indirizzo dichiarato all'ente

certificatore della firma digitale, cioè a quell’ente che attribuisce la paternità della

firma al suo autore. In coerenza con ciò, il decreto legge n. 185 del 29 novembre

2008, convertito nella legge n. 2/2009, prevede che i professionisti iscritti in albi

ed elenchi istituiti con legge dello Stato comunichino ai rispettivi ordini o collegi

il proprio indirizzo di posta elettronica certificata entro un anno (29/11/2009)

dalla data di entrata in vigore del succitato decreto. In tale ambito, quindi, gli

avvocati hanno fornito ai propri Consigli dell’Ordine di appartenenza il proprio

indirizzo di P.E.C. - Posta Elettronica Certificata entro il 29-11-2009 per non

incorrere in procedimenti disciplinari.

A questo punto la cancelleria provvederà a formare il c.d. fascicolo informatico,

ossia la versione digitale del classico fascicolo d’ufficio, inserendo nello stesso gli

atti e i documenti probatori inviati per via telematica dal difensore e dalle parti, il

quale nello stesso modo farà pervenire anche la procura alle liti, che per avere

valore dovrà essere conforme all’originale e come tale sottoscritta con firma

digitale, oltre alla redazione della nota di iscrizione al ruolo, anch’essa redatta con

mezzi informatici.

Oltre a permettere alle parti di costituirsi in giudizio senza più recarsi fisicamente

in cancelleria, il fascicolo informatico permetterà ai difensori, al giudice e alla

cancelleria di consultare on line il fascicolo d'ufficio e quelli di parte, con evidente

risparmio di soldi, di tempo e di energie.

Dal punto di vista pratico è indubbio che questo sistema, una volta entrato nella

piena conoscenza degli operatori del diritto, realizzerà il principio di economia

processuale che contribuisce in maniera determinante alle lungaggini di cui il

processo italiano è da sempre afflitto. Infatti, con l’instaurazione nel nostro

ordinamento del processo telematico ci si è preoccupati innanzitutto di snellire le

varie tappe burocratiche (“di sportello”), laboriose e dispendiose, alle quali

professionisti ed operatori del diritto sono sottoposti nell’espletamento di ogni

attività giudiziaria e ciò dovrebbe determinare, come effetto riflesso ma di

assoluta preminenza, che gli addetti ai lavori potrebbero essere meglio occupati ed

utilizzati, poiché il computer, infatti, sebbene attraverso l’attività di operatori con

l’occasione qualificati (sarà necessaria una riqualificazione del personale interno

che dovrà essere in grado di gestire con la massima abilità e precisione ogni

incombenza telematica) smaltirà gran parte dell’attività ripetitiva.

Il citato decreto legge n. 185 del 29 novembre 2008, convertito nella legge n.

2/2009, già, quindi legge dello Stato, riguardante la PEC (Posta Elettronica

Certificata) ha invece introdotto concrete novità che potranno essere utilizzate per

un miglior funzionamento dell’organizzazione sindacale e, in particolare, degli

uffici vertenze.

In esso si prevede, per le società, l’obbligo di indicare il proprio indirizzo di posta

elettronica certificata nella domanda di iscrizione al registro delle imprese mentre

per le società già costituite alla data di entrata in vigore del succitato decreto (29-

11-2008), queste hanno l’obbligo di comunicare al registro delle imprese

l’indirizzo di posta elettronica certificata entro tre anni (29/11/2011).

La Posta Elettronica Certificata non è altro che lo strumento che garantisce la

certezza dell’invio e del recapito di un messaggio di posta elettronica.

Ebbene, basta considerare quanto comunicazioni vengono effettate dagli uffici

vertenze e dalle categorie alle varie imprese costituite in forma societaria per

valutare positivamente l’enorme risparmio di costi postali e la certezza del

recapito fornito da tale strumento.

Basterà che l’organizzazione sindacale e la categoria si munisca di PEC per fruire

di tale strumento ed utilizzarlo per le comunicazioni con le Società sostituendo

integralmente la raccomandata con ricevuta di ritorno senza recarsi all’ufficio

postale.

Fraterni saluti.

Avv. Vincenzo Russo Avv. Filippo Aiello

Documento messo a disposizione dalla Cgil Sistema Servizi

   

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