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Indennità di buonuscita - Comparto Sicurezza e Difesa

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FORZE ARMATE
Forze armate, in genere


FORZE ARMATE - Servizio


Cons. Stato Sez. IV, 9 luglio 2010, n. 4463

Analizzando l'evoluzione storica del linguaggio tipico dell'ordinamento militare, emerge che la locuzione "servizio continuativo" altro non ha indicato che una diversa denominazione del medesimo rapporto giuridico a tempo indeterminato concernente i gradi più bassi del personale appartenente alle forze di polizia ad ordinamento militare (Arma dei Carabinieri e Corpo della Guardia di Finanza). Per contro il periodo di servizio in ferma prolungata, o ferma breve, o rafferma (istituti del passato, oggi sostituiti dalla ferma volontaria annuale o quadriennale) costituisce un rapporto di servizio a tempo determinato (Riforma della sentenza del T.a.r. Lazio - Roma, sez. I bis, n. 4087/2005).

Cons. Stato Sez. IV, 09-07-2010, n. 4463
Ministero della Difesa c. T.R. e altri

FONTI
Massima redazionale, 2010

N. 04463/2010 begin_of_the_skype_highlighting              04463/2010      end_of_the_skype_highlighting REG.DEC.

N. 10046/2005 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

Sul ricorso numero di registro generale 10046 del 2005, proposto da:
Ministero della Difesa, nella persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

contro

i signori --

nei confronti di

I.N.P.D.A.P., non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I BIS n. 04087/2005 begin_of_the_skype_highlighting              04087/2005      end_of_the_skype_highlighting, resa tra le parti;

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 maggio 2010 il Cons. Antonino Anastasi e uditi per le parti l’avvocato Coronas e l'avvocato dello Stato Elefante;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Gli odierni appellati, ora sottufficiali delle Forze Armate in s.p.e., hanno chiesto il riconoscimento del servizio prestato in ferma volontaria o rafferma ai fini del computo della indennità di buonuscita nonché la restituzione dei contributi di riscatto versati.

Con la sentenza in epigrafe il Tribunale ha accolto in parte il ricorso, accertando il diritto dei militari ad essere iscritti d’ufficio al Fondo di previdenza ENPAS, ora INPDAP, con decorrenza dall’inizio del periodo di ferma prolungata o rafferma, ai fini dell’indennità di buonuscita.

La sentenza è stata impugnata con l’atto di appello all’esame dall’Amministrazione statale, la quale ne ha chiesto l’integrale riforma.

Si sono costituiti per resistere gli appellati in epigrafe indicati.

All’udienza del 4 maggio 2010 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. L’appello è fondato e va pertanto accolto, con integrale riforma della sentenza gravata.

Fondato e assorbente è infatti il motivo di impugnazione mediante il quale l’Amministrazione deduce l’errore di giudizio in cui è incorso il Tribunale, allorché ha ritenuto che il servizio pre ruolo vantato dai sottufficiali ricorrenti sia computabile direttamente ai fini della indennità di buonuscita.

Sostiene al riguardo l’Amministrazione appellante che i servizi prestati dai militari – in ferma volontaria o rafferma - prima dell’immissione in s.p.e. sono sì computabili ai fini della buonuscita, ma solo previo riscatto volontario e versamento di contributi da parte del personale interessato.

2. La questione oggetto della presente controversia è stata sin qui affrontata dalla giurisprudenza amministrativa in modo non univoco.

2.1. La VI Sezione del Consiglio di Stato, con decisioni n 6363 del 2005 e n. 1643 del 2006, ha inizialmente convenuto sulla tesi interpretativa ( iscrizione d’ufficio senza versamento di contributi di riscatto) valorizzata dalla sentenza qui impugnata.

Questo indirizzo interpretativo poggia in sostanza sul rilievo che, nella posizione di «ferma» e di «rafferma» dei sottufficiali delle ff.aa., sono riconoscibili i caratteri del servizio continuativo e, conseguentemente, del rapporto di pubblico impiego, con la conseguenza che a norma dell'art. 1 d.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1032, detto servizio dà diritto alla iscrizione al fondo di previdenza Enpas, ora Inpdap.

2.2. La IV Sezione invece, con decisioni nn. 3361 e 6660 del 2009, ha ritenuto che ai fini dell’indennità di buonuscita i servizi svolti dai sottufficiali anteriormente all’ingresso in s.p.e. non possono essere considerati direttamente utili, ma necessitano di riscatto contributivo.

Con decisioni nn. 5545, 5547 e 5606 del 2009 la VI Sezione, mutando indirizzo, ha aderito alla tesi ora richiamata (necessità del riscatto contributivo).

Di recente peraltro la stessa VI Sezione, con decisioni nn. 503 e 553 del 2010, è tornata ad affermare che i servizi in questione danno luogo a iscrizione d’ufficio al fondo INPDAP senza versamento di contributi di riscatto.

Per parte sua la giurisprudenza di primo grado risulta inizialmente orientata per l’indirizzo nel cui solco si inserisce la sentenza qui gravata: di recente tuttavia il T.A.R. Lazio ha aderito all’impostazione restrittiva (cfr. ad es. T.A.R. Lazio I Sez. n. 9546 del 2009).

3. In tale complesso contesto di riferimento giurisprudenziale, ritiene questo Collegio che l’impostazione secondo la quale i servizi pre ruolo dei sottufficiali sono utili ex se ( senza riscatto) ai fini dell’indennità di buonuscita non può essere condivisa per varie e dirimenti ragioni.

In primo luogo, l’art. 1, d.P.R. n. 1032/1973, nell’individuare i pubblici dipendenti aventi diritto all’indennità di buonuscita, menziona i <<i militari delle forze armate e dei corpi di polizia in servizio permanente o continuativo>>.

Come è noto, per “servizio permanente” o “continuativo” del militare non si intende qualunque rapporto di servizio, ma solo il servizio permanente effettivo (s.p.e.), che costituisce rapporto di pubblico impiego a tempo indeterminato.

Analizzando l’evoluzione storica del linguaggio tipico dell’ordinamento militare, emerge che la locuzione “servizio continuativo” altro non ha indicato che una diversa denominazione del medesimo rapporto giuridico a tempo indeterminato concernente i gradi più bassi del personale appartenente alle forze di polizia ad ordinamento militare (Arma dei Carabinieri e Corpo della Guardia di Finanza).

Tanto emerge dal tenore letterale delle seguenti disposizioni: artt. 1 e 2, l. n. 53 del 1989; 68, l. n. 212 del 1983; 1 e 2, l. n. 833 del 1961; 4, l. n. 1168 del 1961.

Per contro il periodo di servizio in ferma prolungata, o ferma breve, o rafferma (istituti del passato, oggi sostituiti dalla ferma volontaria annuale o quadriennale) costituisce un rapporto di servizio a tempo determinato.

Nel caso di specie non è in discussione che si controverta di rapporto di servizio che abbia i connotati del pubblico impiego, tuttavia si tratta di rapporto di pubblico impiego a tempo determinato che il legislatore, nella sua discrezionalità, non ha ritenuto automaticamente computabile al fine dell’indennità di buonuscita, come sul piano testuale si evince appunto dall’art. 1 del d.P.R. n. 1032/1973 sopra richiamato.

Del resto tale previsione trova espressa e chiara conferma nell’art. 5 del D. l.vo n. 165 del 1997, i cui commi 4, 5 e 6, così dispongono:

“4. Il servizio militare comunque prestato, anche anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto, è ricongiungibile ai fini del trattamento previdenziale.

5. Per il personale in ferma di leva prolungata o breve l'amministrazione provvede al versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali previsti dalla normativa vigente.

6. I periodi pre-ruolo per servizio militare comunque prestato, nonché quelli utili ai fini previdenziali, anche antecedentemente alla data di entrata in vigore del presente decreto, sono riscattabili ai fini dell'indennità di fine servizio.”.

Nelle disposizioni sopra riportate si fa dunque distinzione tra contribuzione a fini previdenziali e contributi al fine dell’indennità di buonuscita, proprio avendo riguardo alla ferma prolungata e breve, rilevante nel caso di specie.

Mentre, infatti, ai sensi del comma 5, ai fini previdenziali la contribuzione grava sull’amministrazione, invece ai fini dell’indennità di buonuscita tali periodi sono “riscattabili”, ossia l’interessato può vederseli computati solo se versa i contributi volontari.

Infatti la riscattabilità viene riferita dal comma 6 ai servizi pre-ruolo e a quelli utili a fini previdenziali, sicché, sia che si voglia ricondurre la ferma prolungata, quella breve e la rafferma, al servizio pre-ruolo, sia che si voglia ricondurre tali ferme ai servizi utili a fini previdenziali ai sensi del precedente comma 5, comunque ai fini dell’indennità di buonuscita si tratta di periodi riscattabili cioè soggetti a contribuzione volontaria a carico del dipendente, e non a contribuzione a carico dell’Amministrazione.

Né può condividersi la tesi del T:A.R. secondo cui tali ferme sarebbero l’indispensabile canale di accesso al s.p.e., trattandosi di un canale di accesso non unico, e costituendo tali ferme periodi di lavoro a tempo determinato a sé stanti rispetto al s.p.e., e che ben possono concludersi senza il passaggio al servizio permanente effettivo. Proprio per la considerazione che dette ferme sono periodi di lavoro a tempo determinato che possono concludersi senza trasformazione in s.p.e., il legislatore, nella sua discrezionalità, ha considerato tali periodi utili a fini previdenziali con contribuzione a carico dell’Amministrazione, e riscattabili a fini dell’indennità di buonuscita, con contribuzione volontaria a carico degli interessati.

E’ al meccanismo legale che si desume dall’art. 1, d.P.R. n. 1032/1973 e dall’art. 5, D. l.vo n. 165/1997 che nel caso di specie l’INPDAP e il Ministero della difesa si sono correttamente attenuti, posto che, per il periodo di servizio militare volontario anteriore al passaggio in s.p.e., ai militari è stato chiesto il versamento del contributo volontario (c.d. riscatto) ai fini dell’indennità di buonuscita.

4. L’appello va quindi accolto, con assorbimento di ogni altro profilo, sicché, in riforma della sentenza gravata, il ricorso di primo grado va respinto.

Le spese e gli onorari dei due gradi del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidati in via forfettaria nel dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale - Sez. IV, definitivamente pronunciando, accoglie l’appello n. 10046 del 2005, riforma integralmente la sentenza impugnata e per l’effetto respinge il ricorso originario.

Condanna gli appellati in solido al pagamento di Euro 6.000,00 ( seimila//00) oltre accessori di legge, per le spese e gli onorari del doppio grado di giudizio

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 maggio 2010 con l'intervento dei Signori:

Luigi Maruotti, Presidente FF

Antonino Anastasi, Consigliere, Estensore

Bruno Mollica, Consigliere

Salvatore Cacace, Consigliere

Raffaele Greco, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il Segretario

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 09/07/2010

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

Il Dirigente della Sezione

 

 

Polizia di Stato - candidatura elezioni - Aspettativa speciale retribuita - Decorrenza

Dettagli

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Polizia di Stato - candidatura elezioni - Aspettativa speciale retribuita - Decorrenza

T.A.R. Molise Campobasso Sez. I Sent., 2 luglio 2010, n. 254
Non essendovi accettazione di candidatura senza una candidatura formalizzata, è del tutto inverosimile che un operatore o funzionario di polizia possa fruire dell'aspettativa speciale retribuita, prevista dall'art. 81 della legge n. 121/1981, per la durata dei giorni che vanno dall'accettazione individuale della candidatura all'ammissione della lista, anche nel caso in cui la lista non sia presentata o non sia ammessa alla competizione. Né è possibile che l'aspettativa decorra dal giorno in cui il detto operatore o funzionario di polizia scelga, egli stesso, di sottoscrivere l'accettazione della candidatura, piuttosto che dal giorno in cui risulta formalmente candidato nella competizione elettorale.

T.A.R. Molise Campobasso Sez. I Sent., 02-07-2010, n. 254
M.C. c. Ministero della Giustizia e altri

FONTI
Massima redazionale, 2010





ELEZIONI   -   FORZE ARMATE   -   IMPIEGO PUBBLICO
T.A.R. Molise Campobasso Sez. I, 02-07-2010, n. 254

Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
I - La parte ricorrente, dipendente in servizio della polizia penitenziaria, avendo accettato nel 2008 la candidatura a consigliere in elezioni comunali, chiedeva di fruire dell'aspettativa speciale, con sospensione dell'attività lavorativa. Sennonché, l'Amministrazione ritiene che la decorrenza dell'aspettativa sia dalla data di accettazione della candidatura da parte della commissione elettorale, non già dalla data di presentazione della candidatura stessa. La parte ricorrente insorge, per impugnare i seguenti atti: 1)il provvedimento del Direttore Casa Circondariale di Larino datato 1.10.2008; 2)il provvedimento del Provveditore regionale per l'Abruzzo e Molise datato 14.5.2008; 3)ogni atto presupposto, consequenziale e connesso. Chiede, altresì la disapplicazione della circolare datata 11.3.2008 n. 00891172008 del Ministero della Giustizia - direzione generale personale e formazione. Chiede, infine, il riconoscimento del suo diritto a godere dell'aspettativa speciale per
campagna elettorale di cui all'art. 81 comma secondo legge n. 121/1981 dalla data di accettazione della candidatura, fino al termine della campagna elettorale. Deduce i seguenti motivi: violazione e falsa applicazione art. 81 comma 2 legge n. 121/1981, violazione e falsa applicazione artt. 18, 28, 30, 32, 33 d.P.R. n. 570/1960, eccesso di potere per illogicità manifesta, erronea presupposizione di fatto e di diritto, eccesso di potere sotto ulteriori, molteplici profili.

Si costituisce l'Amministrazione intimata, deducendo, con successive memoria e note di deposito, l'infondatezza del ricorso, Conclude per la reiezione.

All'udienza del 9 giugno 2010, la causa viene introitata per la decisione.

II - Il ricorso è infondato.

III - La parte ricorrente si duole del provvedimento di riqualificazione del periodo di assenza per aspettativa elettorale, in occasione della sua candidatura nella competizione per il rinnovo di un consiglio comunale molisano. L'aspettativa, invero, viene ricondotta dall'Amministrazione resistente al termine di iniziale decorrenza dell'ammissione della lista elettorale, anziché al precedente momento di accettazione individuale della candidatura della parte ricorrente.

I motivi del ricorso sono incentrati sull'interpretazione letterale della norma di riferimento (l'art. 81 comma secondo della legge 1° aprile 1981 n. 121), nonché sulla presunta discrasia tra il momento della formalizzazione dell'impegno soggettivo nella competizione elettorale e il distacco effettivo dalla funzione esercitata nella forza di polizia di appartenenza.

A giudizio del Collegio, la prospettazione di parte ricorrente non è condivisibile. Invero, l'art. 81 comma secondo della citata legge n. 121/1981 prevede che "gli appartenenti alle forze di polizia candidati ad elezioni politiche o amministrative sono posti in aspettativa speciale con assegni dal momento dell'accettazione della candidatura per la durata della campagna elettorale e possono svolgere attività politica e di propaganda, al di fuori dell'ambito dei rispettivi uffici e in abiti civili".

Il Collegio ritiene che l'Amministrazione resistente non si discosti dal dato letterale della norma, quando afferma che la dichiarazione di accettazione della candidatura, presentata contestualmente alla presentazione della lista, si perfezioni (ovvero produca effetto) dal momento in cui la lista viene ammessa, per modo che la candidatura può dirsi realizzata con riferimento esclusivo a quel momento.

E' vero che l'art. 32 comma nono n. 2) del d.P.R. 16 maggio 1960 n. 570 impone che la dichiarazione di accettazione della candidatura alle elezioni sia predisposta con anticipo, formalmente autenticata e, quindi, confezionata in un momento precedente alla presentazione della lista, ma è altresì vero che si tratta di un atto negoziale unilaterale il quale resta confinato nella sfera interna del rapporto tra l'aspirante candidato e il gruppo politico proponente la candidatura, almeno fino al momento del controllo di validità da parte della competente commissione elettorale, controllo dal quale dipende il perfezionamento (ovvero l'efficacia) dell'atto e che può avvenire soltanto dopo la presentazione della lista (cfr.: Cons. Stato V, 18.6.2001 n. 3212; T.A.R. Napoli II, 25.7.2008 n. 9399).

Si tratta di una fattispecie complessa, integrata da tre fasi: quella della manifestazione volitiva individuale dell'aspirante candidato, quella del deposito della lista presso il competente ufficio elettorale e quella del controllo pubblico dell'ammissibilità della lista da parte di un organo paragiurisdizionale, quale la commissione elettorale, ai sensi degli artt. 30 e 33 del citato testo unico n. 570/1960.

Per meglio intendere la complessità della fattispecie, si consideri che la presentazione contestuale dei certificati elettorali dei candidati - adempimento diretto a consentire la verifica dei profili di legittimità delle candidature - costituisce un requisito esenziale, previsto "ad substantiam", per la validità della candidatura e della lista che la contiene, ai sensi dell'art. 28 comma quinto del citato testo unico n. 570/1960 (cfr.: T.A.R. Molise 12.12.1994 n. 332). Pertanto, è al momento della formale ammissione della lista che può dirsi verificata la formalizzazione della candidatura e, conseguentemente, realizzata la condizione della sua accettazione da parte del candidato.

La detta accettazione individuale può anticipare di molti giorni la presentazione della lista, ma non può dirsi perfezionata, né può produrre effetti prima del momento di formalizzazione della candidatura che, in forza dell'art. 60 del D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 267, è anche il momento in cui viene cristallizzata l'esistenza di eventuali cause di ineleggibilità del candidato.

L'ipotetica mancata presentazione (o mancata ammissione) della lista porrebbe nel nulla l'atto individuale di accettazione della candidatura.

Non essendovi accettazione di candidatura senza una candidatura formalizzata, è del tutto inverosimile che un operatore o funzionario di polizia possa fruire dell'aspettativa speciale retribuita, prevista dal citato art. 81 della legge n. 121/1981, per la durata dei giorni che vanno dall'accettazione individuale della candidatura all'ammissione della lista, anche nel caso in cui la lista non sia presentata o non sia ammessa alla competizione. Ed è ugualmente inaccettabile che l'aspettativa decorra dal giorno in cui il detto operatore o funzionario di polizia scelga, egli stesso, di sottoscrivere l'accettazione della candidatura, piuttosto che dal giorno in cui risulta formalmente candidato nella competizione elettorale. Il fatto che l'accettazione individuale della candidatura può essere fatta in un momento variabile da caso a caso, scegliendo ciascun candidato un giorno qualsiasi precedente alla presentazione della lista, renderebbe oltremodo variabile il momento di inizio della
candidatura, se fosse vero che essa decorre dall'accettazione individuale, piuttosto che dall'ammissione della lista. Conseguentemente, sarebbe variabile - a discrezione del candidato - anche il momento di inizio dell'aspettativa, se questa dovesse decorrere dal giorno dell'accettazione individuale della candidatura, anziché dal giorno in cui essa diviene efficace per effetto dell'ammissione della lista.

Pertanto, il momento della candidatura (e di efficacia della sua accettazione), per ragioni di congruità sistemica dell'ordinamento, deve farsi coincidere con il momento dell'ammissione della lista alla competizione elettorale. Ed è da quel momento che si producono gli effetti di cui alla normativa del citato art. 81 comma secondo della legge n. 121/1981.

Corretta appare dunque l'impostazione ministeriale, recepita dagli uffici periferici, di riferire al momento dell'ammissione della lista (e della candidatura) la decorrenza degli effetti dell'aspettativa speciale della parte ricorrente, con ciò significando la necessità di attendere la definitiva conferma e stabilità dell'atto di esercizio del diritto di elettorato passivo, prima di riconoscere consequenziali diritti attinenti al rapporto di pubblico impiego. In difetto del perfezionamento (o dell'efficacia) della menzionata fattispecie complessa, ovvero in presenza di declaratoria di invalidità della dichiarazione di accettazione, invero, non si concretizza il momento partecipativo effettivo alla competizione elettorale, di guisa che perde di significato e di utilità la manifestazione di adesione al progetto politicoelettorale, sottoscritta con l'accettazione della candidatura.

IV - In conclusione, il ricorso non può essere accolto. Si ravvisano giustificate ragioni per la compensazione delle spese del giudizio tra le parti.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise respinge il ricorso in epigrafe, perché infondato.

Compensa tra le parti le spese del giudizio.

Ordina all'Autorità amministrativa di dare esecuzione alla presente sentenza.

Così deciso in Campobasso, presso la sede del T.A.R., nella Camera di Consiglio del 9 giugno 2010, dal Collegio così composto:

Goffredo Zaccardi, Presidente

Orazio Ciliberti, Consigliere, Estensore

Luca Monteferrante, Primo Referendario

 

Polizia di Stato - Rilascio dell'alloggio di servizio all'atto della quiescenza

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IMPIEGO PUBBLICO
Rapporto di pubblico impiego, in genere


PUBBLICO IMPIEGO - Alloggio


Cons. Stato Sez. VI, 20 luglio 2010, n. 4662

L'ordinamento riconosce il beneficio del godimento dell'alloggio a personale in attività di servizio (quale il personale di Polizia di Stato) sia per alleviare le difficoltà abitative che per salvaguardare le esigenze di buon funzionamento dell'amministrazione, ragion per cui l'esistenza del rapporto di servizio costituisce il presupposto per la concessione del beneficio dell'alloggio. Consegue che qualsiasi modifica intervenga in capo al dipendente si riverbera sul godimento dell'alloggio, destinato a tornare doverosamente nella disponibilità dell'Amministrazione (Conferma della sentenza del T.a.r. Lazio - Roma, sez. I ter, n. 509/2008).

Cons. Stato Sez. VI, 20-07-2010, n. 4662
V.C. c. Ministero dell'Interno-Dipartimento della Pubblica Sicurezza e altri

FONTI
Massima redazionale, 2010

N. 04662/2010 begin_of_the_skype_highlighting              04662/2010      end_of_the_skype_highlighting REG.DEC.

N. 06370/2008 begin_of_the_skype_highlighting              06370/2008      end_of_the_skype_highlighting REG.RIC.

N. 06371/2008 begin_of_the_skype_highlighting              06371/2008      end_of_the_skype_highlighting REG.RIC.

N. 06372/2008 begin_of_the_skype_highlighting              06372/2008      end_of_the_skype_highlighting REG.RIC.

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N. 06377/2008 begin_of_the_skype_highlighting              06377/2008      end_of_the_skype_highlighting REG.RIC.

N. 06378/2008 begin_of_the_skype_highlighting              06378/2008      end_of_the_skype_highlighting REG.RIC.

N. 06379/2008 begin_of_the_skype_highlighting              06379/2008      end_of_the_skype_highlighting REG.RIC.

N. 06380/2008 begin_of_the_skype_highlighting              06380/2008      end_of_the_skype_highlighting REG.RIC.

N. 06381/2008 begin_of_the_skype_highlighting              06381/2008      end_of_the_skype_highlighting REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

Sul ricorso numero di registro generale 6370 del 2008, proposto da:
##################### #####################, rappresentato e difeso dall'avv.
---

contro

Ministero dell'Interno-Dipartimento della Pubblica Sicurezza, rappresentato e difeso dall'Avvocatura, domiciliato per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12; Prefettura di Roma;

 

Sul ricorso numero di registro generale 6371 del 2008, proposto da:
##################### ##################### (Vedova di ##################### #####################), rappresentato e difeso dall'avv.
--

contro

Ministero dell'Interno-Dipartimento della Pubblica Sicurezza, Prefettura di Roma, rappresentati e difesi dall'Avvocatura, domiciliati per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

 

Sul ricorso numero di registro generale 6372 del 2008, proposto da:
##################### #####################, rappresentato e difeso dall'avv. #####################
-

contro

Ministero dell'Interno-Dipartimento della Pubblica Sicurezza, Prefettura di Roma, rappresentati e difesi dall'Avvocatura, domiciliati per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

 

Sul ricorso numero di registro generale 6373 del 2008, proposto da:
-- rappresentato e difeso dall'avv. ##################### Parenti, con domicilio eletto presso ##################### Parenti in Roma, viale delle Milizie, 114;

contro

Ministero dell'Interno-Dipartimento della Pubblica Sicurezza, rappresentato e difeso dall'Avvocatura, domiciliati per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12; Prefettura di Roma;

 

Sul ricorso numero di registro generale 6374 del 2008, proposto da:
##################### #####################, rappresentato e difeso dall'avv. ##################### Parenti, con domicilio eletto presso ##################### Parenti in Roma, viale delle Milizie, 114;

contro

Ministero dell'Interno-Dipartimento della Pubblica Sicurezza, Prefettura di Roma, rappresentati e difesi dall'Avvocatura, domiciliati per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

 

Sul ricorso numero di registro generale 6375 del 2008, proposto da:
--- rappresentato e difeso dall'avv. ##################### Parenti, con domicilio eletto presso ##################### -

contro

Ministero dell'Interno-Dipartimento della Pubblica Sicurezza, Prefettura di Roma, rappresentati e difesi dall'Avvocatura, domiciliati per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

 

Sul ricorso numero di registro generale 6376 del 2008, proposto da:
---rappresentato e difeso dall'avv. #####################-- con domicilio eletto presso #####################---

contro

Ministero dell'Interno-Dipartimento della Pubblica Sicurezza, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Gen.Stato, domiciliato per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12; Prefettura di Roma, rappresentato e difeso dall'Avvocatura, domiciliati per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

 

Sul ricorso numero di registro generale 6377 del 2008, proposto da:
---rappresentato e difeso dall'avv. ##################### Parenti, con domicilio eletto presso ##################### ----

contro

Ministero dell'Interno-Dipartimento della Pubblica Sicurezza, rappresentato e difeso dall'Avvocatura, domiciliato per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12; Prefettura di Roma;

 

Sul ricorso numero di registro generale 6378 del 2008, proposto da:
-- rappresentato e difeso dagli avv. --################### Parenti, con domicilio eletto presso ##################### --

contro

Ministero dell'Interno-Dipartimento della Pubblica Sicurezza, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Gen.Stato, domiciliato per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12; Prefettura di Roma;

 

Sul ricorso numero di registro generale 6379 del 2008, proposto da:
-- #####################, rappresentato e difeso dall'avv. ##################### - con domicilio eletto presso #####################-

contro

Ministero dell'Interno-Dipartimento della Pubblica Sicurezza, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12; Prefettura di Roma;

 

Sul ricorso numero di registro generale 6380 del 2008, proposto da:
- rappresentato e difeso dall'avv. ##################### - con domicilio eletto presso ##################### -

contro

Ministero dell'Interno-Dipartimento della Pubblica Sicurezza, rappresentato e difeso dall'Avvocatura, domiciliato per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12; Prefettura di Roma;

 

Sul ricorso numero di registro generale 6381 del 2008, proposto da:
- ##################### (-, rappresentato e difeso dall'avv. #####################P
- con domicilio eletto presso #####################-

contro

Ministero dell'Interno-Dipartimento della Pubblica Sicurezza, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12; Prefettura di Roma;

per la riforma

quanto al ricorso n. 6370 del 2008:

della sentenza del T.a.r. Lazio - Roma: Sezione I Ter n. 00509/2008, resa tra le parti, concernente RILASCIO ALLOGGIO DI SERVIZIO A SEGUITO DI COLLOCAMENTO IN QUIESCENZA.

quanto al ricorso n. 6371 del 2008:

della sentenza del T.a.r. Lazio - Roma: Sezione I Ter n. 00513/2008, resa tra le parti, concernente RILASCIO ALLOGGIO DI SERVIZIO A SEGUITO DI COLLOCAMENTO IN QUIESCENZA.

quanto al ricorso n. 6372 del 2008:

della sentenza del T.a.r. Lazio - Roma: Sezione I Ter n. 00873/2008, resa tra le parti, concernente RILASCIO ALLOGGIO DI SERVIZIO A SEGUITO DI COLLOCAMENTO IN QUIESCENZA.

quanto al ricorso n. 6373 del 2008:

della sentenza del T.a.r. Lazio - Roma: Sezione I Ter n. 00512/2008, resa tra le parti, concernente RILASCIO ALLOGGIO DI SERVIZIO A SEGUITO DI COLLOCAMENTO IN QUIESCENZA.

quanto al ricorso n. 6374 del 2008:

della sentenza del T.a.r. Lazio - Roma: Sezione I Ter n. 00506/2008, resa tra le parti, concernente RILASCIO ALLOGGIO DI SERVIZIO A SEGUITO DI COLLOCAMENTO IN QUIESCENZA.

quanto al ricorso n. 6375 del 2008:

della sentenza del T.a.r. Lazio - Roma: Sezione I Ter n. 00511/2008, resa tra le parti, concernente RILASCIO ALLOGGIO DI SERVIZIO A SEGUITO DI COLLOCAMENTO IN QUIESCENZA.

quanto al ricorso n. 6376 del 2008:

della sentenza del T.a.r. Lazio - Roma: Sezione I Ter n. 00514/2008, resa tra le parti, concernente RILASCIO ALLOGGIO DI SERVIZIO A SEGUITO DI COLLOCAMENTO IN QUIESCENZA.

quanto al ricorso n. 6377 del 2008:

della sentenza del T.a.r. Lazio - Roma: Sezione I Ter n. 00505/2008, resa tra le parti, concernente RILASCIO ALLOGGIO DI SERVIZIO A SEGUITO DI COLLOCAMENTO IN QUIESCENZA.

quanto al ricorso n. 6378 del 2008:

della sentenza del T.a.r. Lazio - Roma: Sezione I Ter n. 00740/2008, resa tra le parti, concernente RILASCIO ALLOGGIO DI SERVIZIO A SEGUITO DI COLLOCAMENTO IN QUIESCENZA.

quanto al ricorso n. 6379 del 2008:

della sentenza del T.a.r. Lazio - Roma: Sezione I Ter n. 00516/2008, resa tra le parti, concernente RILASCIO ALLOGGIO DI SERVIZIO A SEGUITO DI COLLOCAMENTO IN QUIESCENZA.

quanto al ricorso n. 6380 del 2008:

della sentenza del T.a.r. Lazio - Roma: Sezione I Ter n. 00510/2008, resa tra le parti, concernente RILASCIO ALLOGGIO DI SERVIZIO A SEGUITO DI COLLOCAMENTO IN QUIESCENZA.

quanto al ricorso n. 6381 del 2008:

della sentenza del T.a.r. Lazio - Roma: Sezione I Ter n. 00508/2008, resa tra le parti, concernente RILASCIO ALLOGGIO DI SERVIZIO A SEGUITO DI COLLOCAMENTO IN QUIESCENZA.

 

Visti i ricorsi in appello con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno-Dipartimento della Pubblica Sicurezza;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno-Dipartimento della Pubblica Sicurezza;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Prefettura di Roma;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Prefettura di Roma;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno-Dipartimento della Pubblica Sicurezza;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno-Dipartimento della Pubblica Sicurezza;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Prefettura di Roma;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno-Dipartimento della Pubblica Sicurezza;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Prefettura di Roma;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Prefettura di Roma;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno-Dipartimento della Pubblica Sicurezza;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 maggio 2010 il Cons. Roberto Garofoli e uditi per le parti gli avvocati Cosentino per delega di Parenti e l'avv. dello Stato Paola Palmieri;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

 

FATTO

Con le sentenze impugnate il primo giudice ha respinto i ricorsi proposti dagli odierni appellanti avverso le ordinanze con cui il Prefetto di Roma ha ordinato il rilascio con effetto immediato degli alloggi individuali di servizio, in passato concesso agli odierni appellanti, in quanto dipendenti della Polizia di Stato.

Nel dettaglio, a seguito del collocamento in quiescenza dei ricorrenti, è stato loro ordinato il rilascio, avendo gli stessi perso il titolo ad occupare gli alloggi in questione.

Il primo giudice, nel disattendere il ricorso, ha ritenuto infondate:

• la censura con cui i ricorrenti hanno lamentato che la PA ha lasciato trascorrere un lungo lasso temporale prima di provvedere alla notifica dell’ordinanza impugnata, in specie violando i termini per la conclusione dell’intero procedimento, assuntamente a natura perentoria;

• la censura relativa alla mancata formulazione, ad opera del Questore, dell’avviso di cessazione della concessione, asseritamente dovuto in forza del D.M. n.574 del 1992;

• la censura relativa alla mancata comunicazione di avvio del procedimento, ai sensi dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990;

• la censura con cui è stata dedotta l’omessa valutazione, ad opera dell’Amministrazione, delle specifiche condizioni personali dei ricorrenti.

Propongono distinti appelli i ricorrenti deducendo l’erroneità delle sentenze gravate di cui chiedono l’annullamento.

All’udienza del 28 maggio 2010 le cause sono state trattenute per la decisione.

DIRITTO

Preliminarmente, va disposta la riunione degli appelli, attesa l’identità delle questioni involte.

Gli appelli vanno respinti.

E’ dirimente osservare che, nel caso di specie, trova applicazione l’art. 7, D.M. n. 574 del 1992, ai sensi del quale “in caso di collocamento a riposo …., la concessione cessa al termine del novantesimo giorno dalla data di cessazione del rapporto..”.

Come correttamente sostenuto dall’Amministrazione, si è al cospetto di una cessazione ex lege della concessione onerosa dell’alloggio individuale, a fronte della quale l’atto dell’Amministrazione assume natura doverosamente ricognitiva.

Ciò posto, appare all’evidenza privo di pregio il motivo di appello con cui, riproponendo censure già dedotte in primo grado, si assume la violazione della disciplina procedimentale e delle cadenze temporali di cui agli arttt. 8, comma 4, e 12, commi 1, 2 e 3, D.M. n.574 del 1992.

Da un lato, infatti, il citato art. 8, D.M. n.574 del 1992, si riferisce ad altre ipotesi di cessazione della concessione; dall’altro, i termini hanno sicuramente natura ordinatoria e non perentoria, non potendo certo dalla loro inosservanza derivare il consolidamento di una situazione già automaticamente contraria al quadro normativo, in specie alla disposizione di cui al richiamato art. 7, D.M. n.574 del 1992.

D’altra parte, la natura vincolata del provvedimento impugnato in primo grado esclude che si possa assegnare rilievo, giusta la previsione di cui all’art. 21-opties, co. 2, l. n. 241 del 1990, alla dedotta violazione dell’art. 7 della stessa legge; a ciò si aggiunga che una conoscenza del procedimento in corso è stata comunque assicurata ai ricorrenti con la diffida, peraltro mai impugnata, del Dirigente del Servizio Amministrazione, Servizi generali ed attività contrattuali della Prefettura- U.T.G. di Roma, recante intimazione a lasciar libero l’alloggio.

La rimarcata natura vincolata del provvedimento impugnato in primo grado impone, ancora, di disattendere la censura con cui si deduce l’omessa valutazione, ad opera dell’Amministrazione, delle specifiche condizioni personali dei ricorrenti.

Come correttamente osservato dal primo giudice, invero, la ratio complessiva del sistema è quella di riconoscere il beneficio del godimento dell’alloggio a personale in attività di servizio sia per alleviare le difficoltà abitative che per salvaguardare le esigenze di buon funzionamento dell’amministrazione, sicché l’esistenza del rapporto di servizio costituisce il presupposto per la concessione del beneficio dell’alloggio.

Consegue che qualsiasi modifica intervenga in capo al dipendente si riverbera sul godimento dell’alloggio, destinato a tornare doverosamente nella disponibilità dell’Amministrazione.

Alla stregua delle esposte considerazioni vanno respinti gli appelli.

Sussistono tuttavia motivi per compensare integralmente fra le parti anche le spese del secondo grado.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in Sede giurisdizionale, Sezione sesta, definitivamente pronunciando sui ricorsi in epigrafe, li riunisce e li respinge.

Spese del secondo grado compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 maggio 2010 con l'intervento dei Signori:

Giuseppe Barbagallo, Presidente

Paolo Buonvino, Consigliere

Rosanna De Nictolis, Consigliere

Domenico Cafini, Consigliere

Roberto Garofoli, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il Segretario

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 20/07/2010

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

Il Dirigente della Sezione

 

 

Nessun automatismo tra pensione di invalidità e quella di vecchiaia

Dettagli


(Sezione lavoro, sentenza n. 15804/10; depositata il 2 luglio)
PREVIDENZA SOCIALE
Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 02-07-2010, n. 15804
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 12 luglio 2004 il Tribunale di Macerata, in funzione di giudice del lavoro, accoglieva la domanda proposta da R.M. nei confronti dell'INPS, intesa ad ottenere la trasformazione della pensione di invalidità in pensione di vecchiaia con decorrenza dal primo giorno del mese successivo al compimento del sessantacinquesimo anno di età, anzichè dal primo giorno del mese successivo alla presentazione della domanda di trasformazione, così come invece ritenuto dall'Istituto.

2. Tale decisione veniva confermata dalla Corte d'appello di Ancona, che, con sentenza dell'11 aprile 2007, respingeva l'appello dell'Istituto rilevando che la regola della decorrenza della pensione di vecchiaia dal primo giorno del mese successivo a quello di compimento dell'età pensionabile non poteva trovare eccezione - in base al principio di uguaglianza e di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost. - nell'ipotesi in cui l'assicurato fosse già titolare della pensione di invalidità. 2. Di questa sentenza l'INPS domanda la cassazione deducendo un unico motivo di impugnazione. Il pensionato non ha svolto difese in questa fase di giudizio.
Motivi della decisione

1. Con l'unico motivo di ricorso si censura la sentenza per violazione o falsa applicazione della L. n. 222 del 1984, art. 1, comma 10, del R.D.L. n. 463 del 1983, art. 8, convertito in L. n. 638 del 1983, nonchè del R.D.L. n. 1827 del 1935, art. 60, del R.D.L. n. 636 del 1939, art. 9, della L. n. 218 del 1952, art. 2, del D.Lgs. n. 503 del 1992, artt. 1, 2, 5 e 6 (tutti in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3). Sostiene l'INPS che la pensione di invalidità, di cui era titolare l'assicurato in base alla normativa precedente l'entrata in vigore della L. n. 222 del 1984, non si trasforma automaticamente in pensione di vecchiaia al perfezionarsi dei relativi requisiti - tale effetto automatico essendo stato previsto solo dalla L. n. 222 del 1984 e solamente (art. 10) per i titolari di assegno di invalidità - conseguendone, per l'assicurato, la necessità di presentare la domanda di trasformazione, la cui data rileva anche ai fini della decorrenza della pensione di vecchiaia
(coincidendo tale decorrenza con il primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda in parola).

2. Il ricorso è fondato.

Come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 622 del 2005, n. 855 del 2006, 4392 del 2007, 2879 del 2008 e numerose successive conformi), per quanto riguarda la pensione di invalidità di cui al R.D.L. n. 636 del 1939 - pensione della quale, incontestatamente, era titolare l'odierno intimato - nessuna disposizione normativa prevede la sua automatica trasformazione in pensione di vecchiaia. Del resto, la stessa possibilità di mutamento del titolo di pensione - anche nei casi di espressa domanda dell'assicurato -, in particolare la possibilità di ottenere, al compimento dell'età pensionabile, la trasformazione della pensione di invalidità in pensione di vecchiaia, è stata per anni oggetto di contrasto in dottrina e in giurisprudenza; detto contrasto è stato, poi, risolto in senso affermativo dalle Sezioni unite di questa Corte con la sentenza n. 8433 del 2004 in base al rilievo secondo cui è immanente, nel nostro sistema pensionistico, il principio
della mutabilità del titolo. L'esistenza di un tale principio, peraltro, non può risolversi in danno dell'assicurato e, dunque - in difetto di una specifica previsione di legge che consideri automatica la trasformazione di un trattamento pensionistico in un altro -, non può che concretarsi nel riconoscimento, all'assicurato medesimo (libero di valutarne i vantaggi), della facoltà di richiedere la trasformazione e, perciò, nel riconoscimento di uno specifico diritto di opzione che non può che essere conseguente a una sua domanda in tal senso. Nè può affermarsi che la L. n. 222 del 1984, art. 1, comma 10, sia direttamente applicabile alla fattispecie dell'invalidità disciplinata dalla normativa anteriore. La norma, sicuramente di carattere eccezionale -ove si consideri che, in materia di prestazioni previdenziali, la domanda dell'interessato costituisce la "regola" - non è, per ciò stesso, suscettibile di interpretazione analogica e, con riferimento alla "vecchia" pensione
di invalidità, neppure di interpretazione estensiva (vedi sui limiti della interpretazione estensiva di disposizioni "eccezionali" o "derogatorie" rispetto ad una avente natura di "regola": Cass. n. 9205 del 1999), considerando le profonde differenze che corrono tra le due prestazioni (la pensione è prestazione molto più favorevole all'assicurato dell'assegno) e che giustificano la diversa disciplina in materia: cambiano, infatti, nella L. n. 222 del 1984 cit., le condizioni relative alla misura dello stato invalidante, giacchè la riduzione della capacità di "guadagno" prevista per la pensione investiva un ambito di operatività più ampio rispetto alla riduzione della capacità di "lavoro" prevista per l'assegno (art. 1, comma 1); la pensione di. invalidità era prestazione a carattere definitivo, soggetta solo a revoca per riacquisto della capacità di guadagno (R.D.L. n. 636 del 1939, art. 10), mentre l'assegno ha durata triennale, confermabile su domanda dell'interessato
(art. 1, comma 7); la pensione è reversibile ai superstiti mentre l'assegno non lo è (art. 1, comma 6); più oneroso è il requisito contributivo, poichè, se per entrambe le prestazioni è previsto il quinquennio di contribuzione, per l'assegno sono necessari tre anni di contribuzione nell'ultimo quinquennio (art. 4) mentre per la pensione era sufficiente un solo anno (L. n. 1272 del 1939, art. 9, n. 2, lett. b).

In conclusione ha errato la Corte di Ancona nell'affermare che, al compimento dell'età pensionabile, la pensione di invalidità dell'odierno intimato si era automaticamente trasformata in pensione di vecchiaia, così da far decorrere il diritto alla prestazione dal compimento dell'età pensionabile, anzichè dal primo giorno del mese successivo a quello di presentazione all'INPS della domanda amministrativa di trasformazione.

3. Accolto il ricorso dell'INPS, la sentenza d'appello va cassata, e, poichè dalla stessa risulta che l'assicurato aveva dato atto di aver già ottenuto dall'Istituto previdenziale la trasformazione richiesta con la decorrenza indicata dall'Istituto medesimo (controvertendosi solo per l'affermazione del diritto alla più remota decorrenza della pensione di vecchiaia sin dal compimento dell'età pensionabile), la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell'art. 384 c.p.c., comma 1, con il rigetto della domanda del pensionato.

4. Nulla per le spese dell'intero processo ai sensi dell'art. 152 disp. att. c.p.c. (nel testo anteriore alle modifiche introdotte dal D.L. n. 269 del 2003, nella specie inapplicabile avuto riguardo alla data di deposito del ricorso giurisdizionale).
P.Q.M.

LA CORTE accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda. Nulla per le spese dell'intero processo.
 

Sanzioni amministrative: no all'applicazione retroattiva della disposizione più favorevole

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Sanzioni amministrative: no all'applicazione retroattiva della disposizione più favorevole

Consiglio di Stato Sezione VI  Sentenza 3 giugno 2010, n. 3497

  

FATTO E DIRITTO

 

E' impugnata la sentenza del Tar Lombardia n.1538 del 2004 che ha accolto il ricorso del signor ######### ######### avverso la sanzione amministrativa della decurtazione di 20 punti dalla sua patente di guida, a seguito dell'accertamento di una infrazione al Codice della strada (eccesso di velocità) occorso in data 21 luglio 2003.

Deduce l'appellante amministrazione la erroneità della gravata sentenza per aver la stessa ritenuto applicabile alla fattispecie il principio di matrice penalistica (art. 2 cod. pen.) relativo alla retroattività della legge più favorevole e per aver quindi ritenuto inapplicabile al caso in esame il disposto del d.l. 151/03 nella parte in cui (art. 7) disponeva, a modifica del testo dell'art. 126-bis del Codice della strada come introdotto dal d.lg######### n. 9/2002, il raddoppio della decurtazione dei punti (secondo la annessa tabella di corrispondenza) per le violazioni commesse entro i cinque anni dal rilascio della patente di guida, e l'applicazione alla fattispecie del testo risultante dalla legge di conversione (che ha reso operante il raddoppio dei punti per le patenti rilasciate a decorrere dal 1° ottobre 2003 e limitatamente ai primi tre anni dal rilascio).

Si è costituito in giudizio l'appellato ######### per resistere al ricorso e per chiederne la reiezione.

All'udienza del 4 maggio 2010 il ricorso in appello è stato trattenuto per la decisione.

L'appello è fondato.

In materia di sanzioni amministrative vige il principio di legalità, secondo cui (art. 1 l. 689/1981) nessuno può essere assoggettato a sanzioni amministrative se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima della commissione della violazione; tuttavia nella materia delle sanzioni amministrative non trova applicazione il principio di retroattività della disposizione più favorevole, previsto in materia penale dall'art. 2 cod. pen.

La Corte costituzionale (cfr. tra le altre, ordinanza n. 140/2002) ha ritenuto tale sistema conforme ai principi dell'ordinamento costituzionale, in quanto in materia di sanzioni amministrative non è dato rinvenire, in caso di successione di leggi nel tempo, un vincolo imposto al legislatore nel senso dell'applicazione della legge posteriore più favorevole, rientrando nella discrezionalità del legislatore - nel rispetto del limite della ragionevolezza - modulare le proprie determinazioni secondo criteri di maggiore o minore rigore a seconda delle materie oggetto di disciplina; ciò comporta che non può ritenersi irragionevole che, in riferimento a particolari tipologie di illeciti amministrativi (ad esempio, tributari e valutari), sia stato espressamente introdotto, anche in materia di sanzioni amministrative, il principio di applicabilità retroattiva della legge più favorevole, valevole in generale nella materia penale.

Ma anche tale ultimo dato non smentisce ma anzi rafforza, secondo la parabola argomentativa del giudice delle leggi, il principio generale secondo cui la legge applicabile per tal genere di sanzioni è quella vigente all'epoca della commissione dell'illecito, a prescindere da eventuali previsioni più favorevoli che siano state successivamente introdotte.

Da quanto detto consegue che la sanzione amministrativa della decurtazione di 20 punti della patente è stata correttamente applicata al ricorrente di primo grado in quanto, all'epoca della commissione dell'infrazione al codice della strada (21 luglio 2003), era in vigore il testo dell'art. 126-bis del Codice della strada nel testo introdotto dal d.lg######### n. 9/2002 e modificato dal d.l. 151/2003 (entrato in vigore il 30 giugno 2003), il quale disponeva che per le violazioni commesse entro i primi cinque anni dal rilascio della patente di guida i punti riportati dalla tabella allegata per ogni singola violazione sono raddoppiati.

La situazione di fatto in cui all'epoca dell'infrazione (come detto, luglio 2003) versava il ricorrente di primo grado (titolare di patente di guida dal 2000) era quindi tale per cui nei suoi confronti doveva essere applicata la suddetta sanzione nella misura raddoppiata; né rileva che a decorrere dal 1° agosto 2003 sia entrata in vigore la disposizione recata dalla citata legge di conversione, che ha limitato a dieci punti la sanzione della decurtazione e ne ha reso applicabile la disposizione ai soli titolari di patenti rilasciate a decorrere dal 1° ottobre 2003 e limitatamente ai primi tre anni dal rilascio della patente. Sicuramente in base a tale ultima versione della disposizione il signor ######### avrebbe evitato il raddoppio della sanzione (in quanto titolare di patente dal 2000, e quindi da data antecedente il 2003), ma le precitate disposizioni normative, nella interpretazione fornita dal giudice delle leggi, impongono ch'esse si applichino soltanto per il periodo successivo alla loro entrata in vigore (come detto fissata al 1° agosto 2003).

Ha errato pertanto il Tar a fare applicazione nella fattispecie del principio di retroattività della legge più favorevole pervenendo per tal via ad applicare il testo dell'art. 126-bis nella formulazione risultante dalla legge di conversione entrata in vigore a decorrere dal 1° agosto 2003.

In definitiva l'appello va accolto e per l'effetto, in riforma della impugnata sentenza, deve essere rigettato il ricorso di primo grado.

Le spese del doppio grado possono essere compensate, in considerazione della particolare natura della controversia trattata.

 

P.Q.M.

 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione sesta, definitivamente pronunciando sul ricorso in appello di cui in epigrafe, lo accoglie e per l'effetto, in riforma della impugnata sentenza, rigetta il ricorso di primo grado.

Spese del doppio grado compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa




 

 

 
   

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