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Cass. civ. Sez. VI, Ord., 20-01-2011, n. 1328

Dettagli

Cassazione "...In  primo  luogo, il D.L. n. 313 del 1994, art. 1 il quale, sotto  la rubrica  "Pignoramenti sulle contabilità speciali delle  prefetture, delle direzioni di amministrazione delle Forze armate  e della Guardia di finanza", recita quanto segue: "1. I fondi di contabilità speciale a disposizione delle prefetture, delle direzioni di amministrazione delle Forze armate e della Guardia di  finanza,  nonchè le aperture di credito  a favore dei  funzionari delegati degli enti militari, degli uffici o reparti della Polizia di Stato, della Polizia penitenziaria e del Corpo forestale dello  Stato e  dei  comandi  del  Corpo nazionale dei vigili  del  fuoco,  o  del Cassiere  del Ministero dell'interno, comunque destinati a servizi  e finalità  di  protezione civile, di difesa nazionale e di  sicurezza pubblica.."

ESECUZIONE FORZATA
Cass. civ. Sez. VI, Ord., 20-01-2011, n. 1328
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
E'   stata depositata in cancelleria la seguente relazione: "1.  -  Il Ministero della Giustizia ha proposto ricorso per cassazione  avverso la   sentenza  del  16  luglio 2009, con  la  quale  il  Tribunale  di Catanzaro,  decidendo sull'opposizione all'esecuzione proposta  il  6 luglio  2007  dal Ministero contro il pignoramento di crediti  presso terzi  eseguito  nei  suoi  confronti da         P.V.,  dopo  avere considerato   correttamente   invocato  dall'opponente   il   rimedio dell'art.  615  c.p.c.,   sotto il profilo  che  l'opposizione  doveva considerarsi  inerente pignorabilità di crediti, l'ha rigettata  per le  seguenti  ragioni: a) infondatezza della deduzione originaria  di impignorabilita, ai sensi del D.P.R. n. 180 del 1950,  art.  1  delle somme  oggetto  della procedura esecutiva pignorate presso  la  Banca d'Italia,  in  qualità di tesoriere dello Stato  -  per
non  essere invocabile la norma, in quanto riferita solo all'ipotesi  in  cui   il debitore  sia  un pubblico dipendente, e non lo Stato  o  altro  ente pubblico;  b) tardività, per essere stata prospettata dal  Ministero soltanto  nella  conclusionale, della deduzione  di  impignorabilità delle somme ai sensi della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 1348;  c) insussistenza  della rilevabilità d'ufficio della  impignorabilità, ai  sensi  della  norma  sub b), asserita dal Ministero,  perchè  la stessa   si  riferisce  alla  procedura  svolta  dinanzi  al  giudice dell'esecuzione.
1.1. - Al ricorso ha resistito con controricorso l'intimato.
2.- Il ricorso è soggetto alle disposizioni di cui alla L. n. 69 del 2009  -  per  essere il provvedimento impugnato stato  depositato  il 16.7.2009 - e si presta ad essere trattato con il procedimento di cui all'art. 380-bis c.p.c. nel testo attuale.
3. - Il ricorso prospetta due motivi.
4.  -  Con  il  primo  si  lamenta "violazione e  falsa  applicazione dell'art. 616 c.p.c., della L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 294 bis introdotto  dalla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 1348 (finanziaria 2007) in relazione all'art. 360 c.p.c.,  comma 3 e ci si duole che  la deduzione  di  applicabilità  dell'art.  1,  comma  1348  sia  stata ritenuta  tardiva perchè svolta in conclusionale, senza  considerare che  essa  non  costituiva  un nuovo motivo  di  opposizione,  bensì soltanto la deduzione con nuovi profili di un motivo già ritualmente proposto,  cioè quello fondato sulla invocazione del D.P.R.  n.  180 del  1950, art. 1.  In particolare, nel quesito di diritto -  peraltro non  necessario in relazione alla legge ratione temporis  applicabile nella specie - che conclude l'illustrazione del motivo si chiede alla Corte  di  chiarire se l'eccezione di impignorabilità ...
che  venga formulata, in sede di comparsa conclusionale, facendo richiamo a  una regolamentazione normativa ulteriore rispetto a quella già  posta  a base del motivo di opposizione, configuri sviluppo argomentativo  del motivo di impignorabilità dell'intrapresa procedura esecutiva presso terzi e non motivo nuovo.
Con  il  secondo  motivo si deduce violazione  e  falsa  applicazione dell'art. 616 c.p.c. della L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 294  bis introdotto  dalla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 1348 (finanziaria 2007),  del D.L. 25 maggio 1994, n. 313, art. 1 convertito in  L.  22 luglio 1994, n. 460, del D.L. 16 settembre 2008, n. 143, art.  1  ter convertito  in L. 13 novembre 2008, n. 181 in relazione all'art.  360 c.p.c.,   comma  rectius:  n.  3.  Si  sostiene  che  erroneamente  il Tribunale      avrebbe    escluso    la    rilevabilità     d'ufficio dell'impignorabilità disposta dalla L. n. 296, art. 1,  comma  1348, nel  giudizio di opposizione all'esecuzione, mentre essa  si  sarebbe ritenere  dovuta possibile in base al D.L. n. 313 del 1994,  art.  1, comma 2 convertito con modificazioni, nella L. n. 460 del 1994 ed  in base  all'art. 1, comma 3, del d.l. citato, in relazione
al  D.L.  n. 143 del 2008, art. 1 ter convertito nella L. n. 181 del 2008.  4.1.  -  Il  primo  motivo  comporta l'esame  della  questione  della introducibilità,  con  la  comparsa  conclusionale,  da  parte   del Ministero della questione della incidenza sulla pignorabilità  delle somme  oggetto dell'esecuzione opposta della norma di cui alla L.  n. 266  del 2005, art. 1, comma 294 bis introdotto in tale legge -  dopo il comma 294 - dalla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 1348.  4.2. - La decisione del Tribunale di escludere detta introducibilità appare  corretta sotto il profilo processuale e, peraltro,  se  anche non   lo   fosse   stato,  l'ipotetico  accoglimento  della   censura prospettata  dal  Ministero in questa sede sarebbe stata  inidonea  a giustificare la cassazione della sentenza impugnata, perchè  l'error in procedendo - sempre ipoteticamente commesso dal Tribunale -
non si sarebbe  potuto  considerare  decisivo e,  quindi,  avrebbe  lasciato intatto il dispositivo della sentenza impugnata. Queste le ragioni.
Il  citato  comma 294-bis ebbe ad introdurre una norma  del  seguente tenore: non sono soggetti ad esecuzione forzata i fondi destinati  al pagamento   di  spese  per  servizi  e  forniture  aventi   finalità giudiziaria o penitenziaria,  nonchè gli emolumenti di qualsiasi tipo dovuti  al  personale amministrato dal Ministero  della  giustizia  e dalla  Presidenza  del  Consiglio dei Ministri, accreditati  mediante aperture  di  credito in favore dei funzionari delegati degli  uffici centrali  e  periferici del  Ministero della giustizia,  degli  uffici giudiziari  e della Direzione  nazionale antimafia e della  Presidenza del Consiglio dei ministri".
La  prospettazione del Ministero è che tale sopravvenienza normativa sarebbe  stata  applicabile  e rilevante  in  relazione  al  processo esecutivo   oggetto  dell'opposizione  all'esecuzione  decisa   dalla sentenza impugnata, che essa sarebbe stata invocabile nel giudizio di opposizione  dopo  la sua introduzione e  che avrebbe  potuto  esserlo nella conclusionale.
Ora,  pur  ipotizzando, per un momento, che il  primo  postulato  sia valido,  cioè considerando la norma idonea ad incidere sul  processo esecutivo  in  corso  fra le parti quanto alla  individuazione  della pignorabilità dei crediti aggrediti con l'esecuzione,  nel  caso  di specie assume rilievo un dato cronologico: cioè che essa era già in vigore  al  momento della proposizione dell'opposizione e,  pertanto, bene   avrebbe  potuto  e  dovuto  essere   dedotta  con   la   stessa opposizione, quale fatto costitutivo dell'inesistenza del diritto  di procedere all'esecuzione sui crediti pignorati e, quindi, quale fatto costitutivo della domanda di tutela esercitata con l'opposizione.
Al   riguardo,  va  rilevato  che  l'azione  sottesa  all'opposizione all'esecuzione sotto il profilo della non assoggettabilità  ad  essa del  bene  con questa aggredito, nella quale l'opponente  -  come  in generale nell'opposizione ai sensi dell'art. 615 c.p.c. - riveste  la qualità  di  attore. Si connota, infatti, come diretta  ad  ottenere l'accertamento    dell'inesistenza   del   diritto    di    procedere all'esecuzione  per  quella ragione, sulla  base  di  tutti  i   fatti giuridici esistenti al momento della sua proposizione, che potrebbero giustificare detta inesistenza.
Essi  assumono il carattere di fatti individuatori del diritto  fatto valere  con  l'opposizione,  che, proprio perchè  individuato  dalle ragioni   dedotte   -   in   quanto,   naturalmente,   deducibili   - dall'opponente  ha  natura eterodeterminata. Ne deriva  che  i  fatti giuridici  esistenti e deducibili al momento in  cui  viene  proposta l'opposizione identificano la domanda ad essa sottesa e,  poichè  la domanda giudiziale deve essere formulata con l'atto introduttivo  del giudizio è  di tutta evidenza che detti fatti debbono necessariamente essere prospettati con esso, mentre, se lo siano successivamente  nel corso  del  processo  di  opposizione l'allegazione  di  nuovi  fatti costitutivi  che  avrebbero  potuto  e  dovuto  essere  allegati  fin dall'introduzione  dell'opposizione  si  risolve,  proprio   per   il carattere  eterodeterminato del diritto fatto valere, in
una  mutatio libelli,  come  tale non consentita dall'art. 183  c.p.c.,   il  quale ammette  solo la precisazione o modificazione della domanda,   ma  non una domanda nuova. Se, dunque, l'effetto della previsione della norma di  cui  si  discorre fosse stato - come vorrebbe il Ministero  -  di determinare l'impossibilità di procedere dell'esecuzione  in  corso, in  quanto insorta per effetto del pignoramento - cioè una sorta  di impignorabilità sopravvenuta dei crediti pignorati  -  tale  effetto avrebbe    dovuto    essere   invocato   fin    dalla    proposizione dell'opposizione, e non solo non  avrebbe potuto essere  invocato  nel corso  del giudizio di opposizione, naturalmente fino alla fissazione del thema decidendum nell'udienza ai sensi dell'art. 183 della fase a cognizione  piena  (succeduta a quella sommaria del  procedimento  di opposizione,    nella    quale   si 
provvide    sulla    sospensione dell'esecuzione)  ma,  a  maggior ragione, non  era  invocabile  nella comparsa conclusionale: non solo perchè la conclusionale non avrebbe potuto essere utilizzata nemmeno per una emendatio libelli, ma  anche ed a monte perchè la sua prospettazione in essa si è risolta in una inammissibile mutatio libelli.
Viene in rilievo il principio di diritto secondo cui: Nel giudizio di opposizione  all'esecuzione ex art. 615 cod. proc. civ.,   l'opponente ha  veste  sostanziale e processuale di attore. Pertanto le eventuali "eccezioni" da lui sollevate per contrastare il diritto del  creditore a  procedere ad esecuzione forzata costituiscono causa petendi  della domanda  proposta  con il ricorso in opposizione e sono  soggette  al regime  sostanziale  e  processuale della domanda.  Ne  consegue  che l'opponente  non può mutare la domanda modificando le eccezioni  che ne  costituiscono  il  fondamento, nè  il  giudice  può  accogliere l'opposizione  per  motivi che costituiscono un mutamento  di   quelli espressi  nel ricorso introduttivo, ancorchè si tratti di  eccezioni rilevabili d'ufficio (Cass. n. 3477 del 2003).
Diversa  sarebbe stata la conclusione ove la sopravvenienza normativa di  cui  al  citato comma 294-bis si fosse verificata nel  corso  del giudizio   di  opposizione  ed  anche  dopo  la  precisazione   delle conclusioni:  in quel caso sarebbe stato possibile per  il  Ministero farla    valere,   poichè   la   mutatio   della   domanda   sottesa all'opposizione  sarebbe  stata giustificata  dall'impossibilità  di dedurla  prima.  Correttamente,  dunque,  il  Tribunale  ha  ritenuto tardiva l'invocazione dell'indicata norma.
4.3.  D'altro canto, l'ipotetico rilievo sul processo esecutivo della norma  di  cui  si discorre non sarebbe stato possibile d'ufficio  da pare del giudice dell'opposizione, giacchè si sarebbe risolto in una mutatio  della domanda e, quindi, nell'introduzione d'ufficio  di  un nuovo  fatto costitutivo ed individuatore della domanda,  vietata  al giudice dall'art. 99 c.p.c. 4.4.  - A ben vedere, peraltro, se anche l'invocazione del comma  294 bis  fosse avvenuta con l'atto di opposizione all'esecuzione, sarebbe stata   del   tutto   inutile  a  svolgere  la  funzione   di   fatto giustificativo   dell'inesistenza   del   diritto   di   assoggettare all'esecuzione i crediti pignorati.
Il  comma 294-bis, infatti, appare del tutto inidoneo a incidere  sui processi   esecutivi   pendenti  e,   quindi,   su   quello   oggetto dell'opposizione,  quanto  alla pignorabilità  dei  crediti  cui  si riferisce,  in quanto l'oggetto di disciplina che assume - nonostante qualche  ambiguità che può suggerire la formula con cui è espresso -  non  comprende,  come  suo oggetto di disciplina,  i  processi  di esecuzione  già iniziati, cioè non riguarda i pignoramenti  che  al momento  della sua entrata in vigore fossero già stati eseguiti,  ma concerne  esclusivamente l'esercizio di pretese esecutive non  ancora sfociate in un pignoramento, id est esecuzioni future. Invero,  detto oggetto  di  disciplina  è  espresso  dalla  proposizione   non  sono soggetti   ad  esecuzione  forzata,  la  quale  evoca  l'idea   della soggezione  all'esecuzione forzata come qualità di
determinati  beni e, quindi, una potenzialità statica, che come tale evoca l'essere  i "fondi"   contemplati   dalla  norma  assoggettabili   all'esecuzione forzata,  considerata  nel  suo  momento  iniziale  e,  quindi,   nel pignoramento.
Il  significato della proposizione normativa si coglie, in  sostanza, nel  senso di una imposizione a chi ha una pretesa  esecutiva vero  il Ministero della Giustizia di non esercitarla assoggettandovi i  fondi de  quibus.  E  poichè  l'assoggettamento ad esecuzione  forzata  di determinati  fondi, cioè somme di danaro disponibili  da  parte  del debitore  presso terzi, si risolve nel pignoramento, l'esegesi  della proposizione è nel senso che : non sono pignorabili i fondi.
Poichè  della  norma  non  è prevista un'applicazione  retroattiva, cioè  a pignoramenti già eseguiti, il divieto di cui si tratta  non può  che  riguardare  pretese esecutive  esercitate  successivamente all'entrata in vigore della norma. Il non sono soggetti ad esecuzione forzata, in definitiva, non può che riguardare l'esecuzione  forzata nel suo momento iniziale.
Se  il legislatore, invece, avesse voluto prevedere la non soggezione all'esecuzione  forzata  anche nel senso del   venir  meno,  sotto  il profilo   della   pignorabilità  dei  beni  già  pignorati,   della possibilità giuridica dell'ulteriore corso dei processi esecutivi in corso  sui fondi in questione, avrebbe potuto e dovuto parlare chiaro e,  quindi, disporre l'estinzione dei pignoramenti  e delle esecuzioni pendenti.  L'esegesi letterale prospettata, oltre ad   essere  imposta dal  tenore  della norma, sarebbe - ove fosse necessario  supportarla con  un'esegesi  teleologica - confermata anche  dall'interpretazione costituzionalmente orientata, atteso che tendenzialmente l'intervento del  legislatore  su pretese esecutive già concretatesi  e,  quindi, già  sfociate  in  pignoramenti eseguiti,  incidendo  sull'esercizio dell'azione esecutiva già in essere, appare
tendenzialmente idonea a determinare  un  sacrificio del diritto di  azione  che  deve  essere motivato  da evidenti e giustificate ragioni e  che, dunque, sottostà ad una valutazione di notevole rigore.
Ne consegue che, se il legislatore usa formulazioni che si prestano a scongiurare tale sacrificio e ad una lettura che riferisca  la  norma che  sancisce  una  preclusione  della  possibilità  dell'esecuzione forzata  di indirizzarsi su determini beni  (come un'impignorabilità) soltanto  all'esercizio  futuro con l'atto  iniziale  dell'esecuzione della   pretesa   esecutiva,  detta  lettura  dev'essere   senz'altro privilegiata.
Il primo motivo, dunque, appare infondato.
4.5. - Anche il secondo motivo non è fondato.
E' necessario riportare le fonti invocate con esso dal ricorrente.
In  primo  luogo, il D.L. n. 313 del 1994, art. 1 il quale, sotto  la rubrica  "Pignoramenti sulle contabilità speciali delle  prefetture, delle direzioni di amministrazione delle Forze armate  e della Guardia di finanza", recita quanto segue:
"1. I fondi di contabilità speciale a disposizione delle prefetture, delle direzioni di amministrazione delle Forze armate e della Guardia di  finanza,  nonchè le aperture di credito  a favore dei  funzionari delegati degli enti militari, degli uffici o reparti della Polizia di Stato, della Polizia penitenziaria e del Corpo forestale dello  Stato e  dei  comandi  del  Corpo nazionale dei vigili  del  fuoco,  o  del Cassiere  del Ministero dell'interno, comunque destinati a servizi  e finalità  di  protezione civile, di difesa nazionale e di  sicurezza pubblica,   al  rimborso  delle  spese  anticipate  dai  comuni   per l'organizzazione delle consultazioni elettorali, nonchè al pagamento di  emolumenti  e  pensioni a qualsiasi titolo  dovuti  al  personale amministrato, non sono soggetti ad esecuzione forzata, salvo che  per i  casi  previsti dal capo 5^ del titolo 6^ del libro 1^
del  codice civile, nonchè dal testo unico delle leggi concernenti il sequestro, il  pignoramento e la cessione degli stipendi, salari e pensioni  dei dipendenti  delle pubbliche amministrazioni, approvato con  D.P.R.  5 gennaio 1950, n. 180.  2. I pignoramenti ed i sequestri aventi per oggetto le somme affluite nelle  contabilità  speciali delle prefetture e delle  direzioni  di amministrazione ed a favore dei funzionari delegati di cui  al  comma 1,    si  eseguono  esclusivamente,  a  pena  di  nullità  rilevabile d'ufficio, secondo le disposizioni del libro 3^ - titolo 2^ - capo 2^ c.p.c.,  con  atto notificato al direttore di ragioneria responsabile presso  le  prefetture  o  al  direttore  di  amministrazione  od  al funzionario  delegato  nella  cui circoscrizione  risiedono  soggetti privati  interessati, con l'effetto di sospendere ogni  emissione  di ordinativi  di
pagamento  relativamente  alle  somme  pignorate.  Il funzionario  di  prefettura,  o  il direttore  di  amministrazione  o funzionario delegato cui sia stato notificato atto di pignoramento  o di   sequestro, è tenuto a vincolare l'ammontare, semprechè esistano sulla contabilità speciale fondi la cui destinazione sia diversa  da quelle  indicate  al comma 1, per cui si procede con annotazione  nel libro  giornale;  la notifica rimane priva di effetti  riguardo  agli ordini di  pagamento che risultino già emessi.
3.  Non sono ammessi atti di sequestro o di pignoramento ai sensi del presente articolo presso le sezioni di tesoreria dello Stato  a  pena di  nullità rilevabile anche d'ufficio. Gli atti di sequestro  o  di pignoramento  eventualmente  notificati non   determinano  obbligo  di accantonamento  da  parte  delle  sezioni  medesime  nè   sospendono l'accreditamento di somme nelle contabilità speciali intestate  alle prefetture ed alle direzioni di amministrazione  ed in quelle a favore dei funzionari delegati di cui al comma 1. 4. Viene effettuata secondo le stesse modalità stabilite nel comma 2 la  notifica  di  ogni  altro  atto consequenziale  nei  procedimenti relativi agli atti di pignoramento o di sequestro.".
In  secondo luogo va richiamato il D.L. n. 143 del 2008, art.  1  ter convertito  nella  L.  n. 181 del 2008,  il quale,  sotto  la  rubrica Pignoramenti   sulla  contabilità  ordinaria  del  Ministero   della giustizia,  degli  uffici  giudiziari  e  della  Direzione  nazionale antimafia  recita quanto segue: 1. il D.L. 25 maggio  1994,  n.  313, art.  1  convertito, con modificazioni, dalla L. 22 luglio  1994,  n. 460,   e successive modificazioni, si applica anche ai fondi destinati al  pagamento  di  spese  per  servizi e forniture  aventi  finalità giudiziaria  o  penitenziaria,  nonchè agli emolumenti  di  qualsiasi tipo  dovuti al personale amministrato dal Ministero della giustizia, accreditati  mediante  aperture di credito in favore  dei  funzionari delegati  degli  uffici  centrali e periferici  del  Ministero  della giustizia,  degli  uffici  giudiziari  e  della
Direzione  nazionale antimafia.".  Ora,  deve  considerarsi che  l'art.  1  ter  è  stato introdotto con la legge di conversione che è stata pubblicata  nella Gazz.  Uff.  del 15 novembre 2008, n. 268 e, quindi,  è  entrato  in vigore  in  un momento nel quale  parte ricorrente non avrebbe  potuto far  valere il suo intervento, provvedendo alla mutatio della domanda implicata  dalla  sua introduzione nel processo di  opposizione  come nuovo   motivo   attestante,   sostanzialmente,   un'impignorabilità sopravvenuta  delle somme pignorate: infatti, la causa venne  rimessa in decisione all'udienza del 25 settembre 2008.
In  tale  situazione,  si  dovrebbe considerare  ammissibile  che  la deduzione  della  sopravvenienza avvenga  in  questa  sede,  come  in effetti è avvenuta. Ciò, se fosse vero che la sopravvenienza de qua fosse  effettivamente  tale,  cioè  avesse  introdotto  elementi  di novità  normativa rispetto alla situazione precedente. Il  fatto  è che  non di sopravvenienza in questo senso si è  trattato, atteso che la  previsione  di applicabilità del D.L. n. 313 del  1994,  art.  1 disposta nella sua interezza dall'art. 1 ter ha determinato  la  mera reiterazione  per nuovo regolamento della materia del  comma  294-bis già introdotto dall'art. 1, comma 1348 quanto alla norma secondo non sono  soggetti ad esecuzione forzata i fondi di cui si tratta, mentre l'elemento  di  novità  è  rappresentato  dalla  estensione   delle eccezioni a tale regola previste dal D.L. n. 313 del 1994,
art. 1,  n. 1 e dalle previsioni del comma 2 e del comma 3 dello stesso articolo, che, però, non vengono in rilievo nella specie (quella del comma  3, assumendo  come oggetto di disciplina i pignoramenti - ed i sequestri -  ed  operando  solo  per il futuro, concerne  solo  i  pignoramenti successivi  all'entrata in vigore dell'art. 1 ter). Ne  conseguirebbe che  l'introduzione  in questa sede di legittimità  della  questione fondata sull'art. 1 ter si dovrebbe ritenere preclusa, perchè  questa norma  ripete  una previsione che avrebbe potuto essere invocata   fin dall'atto   di   opposizione  e,  dunque,  una  nuova  attività   di allegazione in questa sede non potrebbe essere giustificata sotto  il  profilo dello jus superveniens, che sarebbe, per quanto rileva,  solo formale.
Per  completezza,  si rileva, comunque, che, se anche  quanto  appena osservato  non fosse vero e la previsione dell'art. 1 ter, in  quanto dispositiva  dell'applicazione del D.L. n. 313 del 1994,  art.  1  si considerasse norma nuova, per la parte in cui il comma  1  di  questa norma  dispone  che non sono soggetti ad esecuzione forzata  i  fondi contemplati nell'art. 1 ter (fra cui, lo si nota per incidens  ed  in replica  a  quanto  eccepito  dal  resistente,  rientrano  le   somme pignorate  a seguito di ordine di accreditamento emesso dal Ministero con  riguardo  ad indennità di magistrati ordinari:  è  sufficiente osservare  che  tali  indennità rientrano  nel  concetto  dei  fondi destinati  al  pagamento  di  spese per servizi  e  forniture   aventi finalità  giudiziaria, cui allude l'art. 1 ter sopra citato,  atteso che  l'attività  dei magistrati onorari fa parte del  c.d.
 servizio giustizia),   e,  pertanto,  invocabile  in  questa  sede,   la    sua invocazione  non  gioverebbe al Ministero per le  ragioni  esposte  a proposito del primo motivo, perchè la norma - stante il suo tenore - non  potrebbe riguardare i pignoramenti già eseguiti e le esecuzioni in  corso  (e non diversa conclusione, come si è detto,  varrebbe  a proposito  del comma 3, concernente la rilevabilità d'ufficio  della nullità dei pignoramenti).
4.6.  In base alle considerazioni svolte sembra dunque che il ricorso debba esser rigettato".
La  relazione è stata comunicata al pubblico ministero e  notificata ai difensori delle parti.
Non sono state presentate conclusioni scritte, nè alcuna delle parti è stata ascoltata in camera di consiglio.Motivi della decisione
A   seguito  della  discussione sul ricorso, tenuta  nella  camera  di consiglio,  il Collegio ha condiviso i motivi in fatto ed in  diritto esposti nella relazione.
Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato.
La complessità delle questioni trattate giustifica la compensazione, fra le parti, delle spese del giudizio di cassazione.P.Q.M.
LA CORTE rigetta il ricorso. Compensa spese.

   

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