Professionista per natura depresso? La malattia non dipende dal lavoro

Dettagli
Categoria: Sentenze - Ordinanza - Parere - Decreto
Creato Domenica, 13 Febbraio 2011 15:07
Visite: 1272

Nuova pagina 1

Professionista per natura depresso? La malattia non dipende dal lavoro
Negata la pensione speciale ad un notaio perché dalle consulenze espletate era emerso che i disturbi depressivi erano dovuti ad una predisposizione biologica del professionista: escluso il nesso causale e concausale tra la malattia e il servizio prestato

 


(Sezione lavoro, sentenza n. 1838/09; depositata il 26 gennaio)
Cassazione - Sezione lavoro - sentenza 26 novembre 2008 - 26 gennaio 2009, n. 1838
Presidente Sciarelli - Relatore Di Nubila


Svolgimento del processo

1. M. G. conveniva dinanzi al Pretore di Messina la Associazione Cassa Nazionale del Notariato, per chiedere il riconoscimento della pensione speciale prevista dall'art. 13 del D.P.R. n. 317.1990. Il Pretore accoglieva la domanda attrice. Proponeva appello la Cassa del Notariato ed il Tribunale di Messina, in riforma della sentenza di primo grado, respingeva la domanda attrice osservando che dalle varie consulenze medico-legali espletate, singole e collegiali, era emerso come i disturbi depressivi ricollegati dall'attrice al lavoro di notaio fossero invece dovuti a predisposizione biologica, onde non sussisteva nesso causale né concausale tra la malattia ed il servizio prestato. Neppure vi era la prova che le funzioni di notaio avessero costituito la causa scatenante della malattia stessa.
2. Ha proposto ricorso per Cassazione la dott. G. M., deducendo tre motivi. Resiste con controricorso la Cassa Nazionale del Notariato. Le parti hanno presentato memorie integrative.
Motivi della decisione

3. Col primo motivo del ricorso, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione, a sensi dell'art. 360 n. 3 CPC., degli artt. 100, 112, 115, 116 Codice di Procedura Civile e 13 del D.P.R. n. 317.1990: la censura in appello della Cassa riguardava le risultanze della duplice consulenza tecnica di ufficio espletata in primo grado, mentre il Pretore aveva accolto la domanda sulla base della deposizione testimoniale del medico curante. Non essendo censurata tale ratio decidendila sentenza non poteva che essere confermata. Vi è da aggiungere che in base all'art. 13 sopra citato per la concessione della pensione speciale è sufficiente che la malattia abbia nell'esercizio della professione una concausa efficiente o determinante. Nella specie non vi è dubbio che la professione ha quanto meno accelerato o scatenato il processo morboso.
4. Con il secondo motivo del ricorso, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione, a sensi dell'art. 360 n. 3 CPC., degli stessi articoli citati nel primo motivo, nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa punti decisivi della controversia, ex art. 360 n. 5 CPC: il Tribunale è andato alla ricerca della causa di insorgenza della malattia invalidante, mentre era sufficiente che l'esercizio della professione influisse in termini di intensità o di durata. La predisposizione biologica alla malattia non esclude il nesso causale o concausale con l'attività lavorativa.
5. Col terzo motivo del ricorso, la ricorrente deduce violazione dell'art. 91 Codice di Procedura Civile in punto di spese.
6. I primi due motivi possono essere esaminati congiuntamente, in quanto tra loro strettamente connessi. Essi risultano infondati e vanno rigettati, con assorbimento del terzo motivo.
7. La ricorrente censura la sentenza di appello anzitutto per non avere dichiarato inammissibile il gravame della Cassa, in quanto la ratio decidendi inerente alla deposizione testimoniale del medico curante non veniva censurata ed era sufficiente a sorreggere la decisione di primo grado. Tale deduzione è infondata, perché la sentenza di primo grado non si basa sulla deposizione F., bensì su una valutazione globale del materiale probatorio raccolto e in particolare sull'esito della seconda consulenza tecnica di ufficio espletata.
8. Quanto ai risultati della quadruplice consulenza tecnica di ufficio, sarà sufficiente osservare come essa abbia escluso il nesso causale e quello concausale; e come il Tribunale abbia rilevato non esservi prova neppure del nesso di “causa scatenante” tra lavoro di notaio e sindrome depressiva. Tra l'altro, in memoria integrativa la Cassa replica alle deduzioni avversarie osservando che il testo corretto del ripetuto art. 13 del D.P.R. n. 317.1990 reca la dicitura “concausa efficiente e determinante”. Tutto l'impianto del ricorso per Cassazione è quindi diretto a contestare le valutazioni in fatto della sentenza di appello, operazione questa inammissibile, in quanto il Tribunale ha giustificato la propria decisione con motivazione esauriente, immune da vizi logici o contraddizioni, talché essa si sottrae ad ogni censura in sede di legittimità.
9. Il ricorso, per i suesposti motivi, deve essere rigettato. Le spese del processo non sono ripetibili, attesa la natura previdenziale della controversia.
P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione
rigetta il ricorso; nulla per le spese del processo di legittimità.