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Termini di notifica: accertamenti e cartelle di pagamento

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IMPOSTE E TASSE IN GENERE

Termini di notifica: accertamenti e cartelle di pagamento

Alfio Cissello

c.c. art. 2964

L. 27-12-2002, n. 289, art. 10

D.P.R. 29-09-1973, n. 600, art. 43

D.P.R. 26-10-1972, n. 633, art. 57

FONTE
Fisco, 2010, 48, 7773

ABSTRACT - Gli atti tributari devono essere notificati entro termini stabiliti a pena di decadenza, e ciò vale sia per gli avvisi di accertamento che per le cartelle di pagamento. In virtù della disciplina vigente, entro il 31 dicembre 2010 devono essere notificati gli accertamenti eseguiti sul periodo d’imposta 2005 (2004 se si tratta di omessa dichiarazione), nonché le cartelle di pagamento relative alle liquidazioni automatiche effettuate sull’anno 2006 e ai controlli formali effettuati sull’anno 2005. Il mancato rispetto dei termini decadenziali conduce alla nullità insanabile dell’atto.



1. Premessa


La procedura impositiva è formata da una serie di atti che devono essere notificati al contribuente secondo una sequenza prestabilita dal legislatore, i primi dei quali sono soggetti a termini di decadenza (1).

Nella suddetta “progressione” di atti, gli accertamenti e le cartelle di pagamento vanno notificati entro termini decadenziali, per poi lasciare spazio ai termini prescrizionali che, di conseguenza, trovano applicazione dopo la notifica della cartella, e possono essere interrotti da intimazioni ad adempiere e costituzioni in mora (2).

L’eventuale notifica tardiva del provvedimento comporta la nullità dell’atto, senza possibilità alcuna di sanatoria.

È importante rammentare, come anticipato, che i termini decadenziali non possono essere interrotti, in virtù dell’art. 2964, comma 1, del codice civile, secondo cui “quando un diritto deve esercitarsi entro un dato termine sotto pena di decadenza, non si applicano le norme relative all’interruzione della prescrizione”. Pertanto, a titolo esemplificativo, la notifica della cartella di pagamento non interrompe il termine per l’accertamento che, se decorso, causa la nullità di tale atto e, di riflesso, del ruolo.

I termini decadenziali possono però essere prorogati per effetto di disposizioni legislative: come si evidenzierà, la constatazione di violazioni penali causa il raddoppio dei termini per gli accertamenti sulle imposte sui redditi e sull’Iva.

Occorre poi rammentare che, per effetto dell’art. 1 del D.L. 21 giugno 1961, n. 498, ove, con riferimento a una Direzione provinciale, sia stato emanato un decreto di irregolare funzionamento, i termini rimangono sospesi durante il periodo di mancato o irregolare funzionamentodell’ufficio (3).


Perfezionamento della notifica

Con la sent. 23 gennaio 2004, n. 28 (4), la Corte Costituzionale ha enunciato il principio secondo cui la notificazione si perfeziona, nei confronti del notificante, al momento della consegna dell’atto all’agente notificatore.

Pertanto, è a tale momento che occorre riferirsi per verificare il rispetto del termine decadenziale (5).

Di conseguenza, il termine deve ritenersi rispettato qualora, sebbene l’avviso di accertamento sia stato ricevuto dal contribuente, ad esempio, in data 5 gennaio 2011, dagli atti risulta che il provvedimento è stato consegnato all’agente notificatore al più tardi il 31 dicembre 2010.


Rimessione in termini

È da escludere che l’Ente impositore possa chiedere, con riferimento alla notifica del provvedimento, la rimessione in termini ai sensi dell’art. 153, comma 2, del codice di procedura civile, in quanto istituto circoscritto agli atti processuali e non sostanziali.



2. Avvisi di accertamento


Ai sensi dell’art. 43 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, l’avviso di accertamento relativo alle imposte sui redditi deve essere notificato entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione (6).

La stessa disposizione è prevista nell’art. 57 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, con riferimento all’Iva.

Pertanto, entro il 31 dicembre 2010 devono, a pena di decadenza, essere notificati gli avvisi di accertamento relativi al periodo d’imposta 2005 (UNICO 2006) (7).

Nell’ipotesi di omessa dichiarazione, sia per le imposte sui redditi sia per l’Iva, il termine coincide con il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata.

In tal caso, entro il 31 dicembre 2010 devono essere notificati gli avvisi relativi al periodo d’imposta 2004 (UNICO 2005).



3. Mancata adesione ai condoni ex L. n. 289/2002


Ai sensi dell’art. 10 della L. 27 dicembre 2002, n. 289, sono prorogati di due anni i termini accertativi in materia di imposte sui redditi e dell’Iva nei confronti dei contribuenti che non si sono avvalsi delle disposizioni di cui agli artt. 7 (concordato per anni pregressi), 8 (integrativa semplice) e 9 (condono tombale) della L. n. 289/2002 (8) (9).

In via generale, si osserva che la proroga dei termini di accertamento:

• opera distintamente per ciascun periodo d’imposta condonabile e per ciascuna imposta;

• opera anche nei casi in cui le definizioni di cui agli artt. 7, 8 e 9 non si siano perfezionate (10).


Cause ostative al condono

La proroga, secondo il dato normativo, dovrebbe essere circoscritta ai casi in cui il contribuente, per libera scelta, ha deciso di non aderire al condono. Del resto, l’art. 10 della L. n. 289/2002 si riferisce ai soggetti che “non si sono avvalsi del condono”. In virtù di ciò, essa dovrebbe essere esclusa per coloro i quali, essendo stati consegnatari di un pvc, non potevano condonare.

In tal senso si è espressa parte della giurisprudenza di merito (11).

Altre sentenze hanno optato per l’applicabilità della proroga, posto che il contribuente ben avrebbe potuto rimuovere la causa ostativa al condono aderendo al pvc ai sensi dell’art. 15 della L. n. 289/2002 (12).

La Corte di Cassazione, con una decisione che non può essere esente da critiche, ha sostenuto che la proroga si applica anche per coloro i quali non avrebbero potuto condonare (13).


Imposta sul valore aggiunto

La Corte di Giustizia Ue 17 luglio 2008, causa C-132/06 (14), accogliendo il ricorso presentato dalla Commissione Ue, ha affermato che le disposizioni sulla definizione agevolata dei rapporti tributari, contenute negli artt. 8 e 9 della L. n. 289/2002, sono in contrasto con gli artt. 2 e 22 della Dir. n. 77/388/CEE (c.d. VI Dir. CEE) e con l’art. 10 del Trattato CEE, traducendosi in una rinuncia generale e indiscriminata al potere di accertamento dell’Amministrazione finanziaria.

Prendendo le mosse dall’orientamento del giudice comunitario, anche la Corte di Cassazione (15) ha stabilito che la normativa sui condoni si profila incompatibile con il diritto dell’Unione europea (16).

Dal momento che il giudice, secondo la Cassazione, sarebbe legittimato a disconoscere la definizione del rapporto fiscale, è auspicabile che disconosca anche la norma istitutiva della proroga biennale dei termini per l’accertamento.



4. Raddoppio dei termini per violazioni penali


Il D.L. n. 223/2006, introducendo un apposito comma negli artt. 43 del D.P.R. n. 600/1973 e 57 del D.P.R. n. 633/1972, ha contemplato che, in caso di constatazione di violazioni penalmente rilevanti, i termini per l’accertamento delle imposte sui redditi e dell’Iva sono raddoppiati con riferimento al periodo d’imposta in cui è stata commessa la violazione penale.

Nella sopraindicata fattispecie, l’Amministrazione finanziaria può notificare l’accertamento entro il 31 dicembre:

• dell’ottavo anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione;

• del decimo anno successivo a quello in cui avrebbe dovuto essere presentata la dichiarazione, nel caso di dichiarazione omessa o nulla (17).

La norma è stata oggetto di un ampio dibattito in dottrina, posto che la sua formulazione, come si avrà modo di illustrare, comporta il sorgere di molte problematiche interpretative.

Allo stato attuale, alcune sentenze si sono già pronunciate sull’ambito di applicazione del raddoppio dei termini, sicché è possibile, quantomeno con riferimento ad alcuni aspetti, fornire un primo quadro dell’argomento.

È necessario innanzitutto precisare che, in base al dato normativo, la proroga:

• è circoscritta al rinvenimento di violazioni penali rientranti nel D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, quindi non hanno alcun rilievo, ad esempio, i reati doganali (contrabbando), valutari e societari;

• riguarda solo gli accertamenti relativi alle imposte sui redditi (Ires, Irpef) e all’Iva, con esclusione di ogni altro comparto impositivo, ivi inclusa l’Irap, siccome tali tributi non rientrano nel campo di applicazione del D.Lgs. n. 74/2000 (18).

Occorre poi rammentare che non ogni fatto con valenza penale ha rilievo sia per le imposte sui redditi che per l’Iva, per cui, nonostante l’accertamento venga emesso per entrambe le imposte, può succedere che il raddoppio si verifichi solo per una di esse (19).


Disciplina transitoria

Ai sensi dell’art. 37, comma 26, del D.L. n. 223/2006, la norma si applica a “decorrere dal periodo d’imposta per il quale alla data di entrata in vigore del presente decreto sono ancora pendenti i termini” per l’accertamento.

Quindi, il raddoppio dei termini non può, in virtù della suddetta disciplina transitoria, essere applicato in riferimento al 2000, siccome, eccezion fatta per l’omessa dichiarazione, opera a partire dal 2001 (i cui termini, scadendo il 31 dicembre 2006, erano ancora pendenti alla data di entrata in vigore del D.L. n. 223/2006).


4.1. Necessità della comunicazione di reato


Non è chiaro se il raddoppio possa operare in conseguenza della fattispecie penale astrattamente verificatasi, o se l’inoltro della comunicazione di reato si erga a vera e propria condizione di applicabilità del raddoppio dei termini.

Per Comm. trib. prov. Reggio Emilia 4 ottobre 2010, n. 170 (20), la proroga è subordinata solo al verificarsi, in concreto, di un fatto che comporta il suddetto obbligo di denuncia. Di conseguenza, l’accertamento dovrà contenere una motivazione “rinforzata”, in quanto l’Ufficio dovrà provare l’esistenza di tale fatto (21).

Secondo la Guardia di finanza, la proroga si applica “in tutte le situazioni in cui detto obbligo [quello di denuncia ex art. 331 del codice di procedura penale] sussiste in astratto e, di fatto, il procedimento penale sia stato intrapreso anche sulla base di una fonte diversa”, come a seguito di denuncia da parte della polizia giudiziaria (art. 347 del codice di procedura penale) o da parte di privati (art. 333 del codice di procedura penale) (22).

Per Assonime, occorrerebbe che la denuncia sia stata effettivamente inviata (23).


4.2. Fondatezza della notizia di reato


Il dato normativo collega la proroga dei termini al semplice inoltro della denuncia ai sensi dell’art. 331 del codice di procedura penale, quindi, secondo un’analisi letterale della fattispecie, ogni comunicazione di reato, anche se infondata, potrebbe comportare la proroga.

Una soluzione del genere non può essere accettata, siccome si concretizzerebbe in un enorme potere in capo agli uffici finanziari, che, ove utilizzato a sproposito, si tramuterebbe in un generalizzato raddoppio dei termini di accertamento, specie alla luce del fatto che, ideologicamente, ogni violazione in tema di imposte sui redditi e di Iva ha valenza penale (24).

La diatriba può, a nostro avviso, essere risolta richiamando la posizione della Guardia di finanza espressa con la circ. n. 1/2008, che, nonostante si riferisca nello specifico all’art. 220 delle disposizioni attuative del codice di procedura penale (25), contiene principi facilmente estendibili al caso in esame.

La circolare evidenzia: “non sembra consentito ritenere che ogni caso di evasione possa configurare un indizio di reato sol perché, teoricamente, possono essere superate le soglie di punibilità; se così fosse, in presenza di un reato quale quello di dichiarazione infedele di cui all’art. 4 del D.Lgs. n. 74/2000, ogni rilievo sostanziale formulato dai verificatori, concretizzando sul piano amministrativo nella maggioranza dei casi una situazione di infedeltà dichiarativa, imporrebbe il sistematico e generalizzato ricorso alle disposizioni del codice di procedura penale”.

“Viceversa, proprio perché le richiamate soglie di punibilità appaiono costituite quali elementi costitutivi di carattere oggettivo del reato, soltanto la compiuta verifica, in concreto, del loro superamento, permette di ritenere integrata, immediatamente ed istantaneamente, la relativa fattispecie delittuosa”.

Al cap. 4 della circ. n. 1/2008, la Guardia di finanza specifica che l’obbligo di comunicazione di reato sussiste solo ove l’attività ispettiva permetta di acquisire non già semplici indizi di reato, ma risultanze tali da ritenere configurata la fattispecie delittuosa nei suoi elementi costitutivi.

Ove si condivida quanto appena esposto, che, riassumendo, ha l’intenzione di subordinare il raddoppio dei termini a puntuali e concrete violazioni della legge penale e non a semplici indizi, sorge la necessità di un vaglio giudiziale sulla sussistenza degli elementi penalmente rilevanti ad opera della Commissione tributaria.

Le prime pronunce della giurisprudenza si sono espresse nel senso della possibilità, per il giudice, di sindacare, ovviamente in via incidentale, la presenza del reato, affermando che:

• la proroga si applica qualora, dalle indagini effettuate a carico del cedente, emergano gli estremi del reato di cui all’art. 2 del D.Lgs. n. 74/2000 (dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti) (26);

• la proroga non si applica ove dalle risultanze di causa non si evinca un intento evasivo, anche in considerazione dell’obiettiva incertezza in materia (27);

• il raddoppio è ammesso se viene provata la falsa fatturazione, nonostante l’archiviazione del Gip (28).


4.3. Violazione penale e avvenuta decadenza dall’attività di accertamento


La problematica di maggior rilievo concerne la possibilità che l’Agenzia delle Entrate, mediante il raddoppio dei termini, possa “riaprire” periodi d’imposta già decaduti all’atto del rinvenimento delle violazioni penali.

Ciò è di estrema attualità, siccome alcune Direzioni provinciali, sulla base di pvc redatti, a titolo esemplificativo, nel 2009 e nel 2010, stanno notificando avvisi di accertamento relativi a periodi d’imposta decaduti, sulla base del fatto che la proroga può operare anche ove la comunicazione di reato sia inviata in un momento in cui l’ordinario termine per l’accertamento è già decorso.

A nostro avviso, l’Agenzia delle Entrate può fruire della proroga solo qualora gli estremi del reato siano rinvenuti in un momento in cui i termini ordinari per l’accertamento non siano ancora spirati, in quanto una diversa soluzione si tradurrebbe in un’ingiusta e indiscriminata riapertura dei termini a danno dei contribuenti (29).

Sulla fattispecie si pronuncerà la Consulta, investita della questione dalla Comm. trib. prov. Napoli con ord. 29 aprile 2010, n. 266 (30). Le censure di legittimità riguardano proprio la problematica evidenziata: infatti, i giudici hanno sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 57 del D.P.R. n. 633/1972 (ma il discorso è analogo per l’art. 43 del D.P.R. n. 600/1973), nella parte in cui non subordina il raddoppio al fatto che la denuncia ex art. 331 del codice di procedura penale sia stata inviata antecedentemente allo spirare dei termini di decadenza.

La Commissione rammenta che, per effetto del decorso dei termini, il contribuente potrebbe essersi disfatto delle scritture contabili, siccome l’art. 22 del D.P.R. n. 600/1973 impone la tenuta di queste ultime sino a quando non sono spirati i termini per l’accertamento, e ciò lede ulteriormente la difesa del contribuente (31).

Altra giurisprudenza, invece, si è espressa in senso favorevole all’Amministrazione finanziaria (32), a differenza di Assonime, che ha avallato la tesi da noi condivisa (33).

Non vi sono ancora pronunce della Corte di Cassazione sul punto (34).


4.4. Rapporti con il procedimento penale


Il procedimento penale e il processo tributario sono caratterizzati da completa autonomia, posto che vige il sistema del “doppio binario”. Per effetto di ciò, ben può accadere che il contribuente, in merito alla stessa fattispecie, venga assolto dal giudice penale ma “condannato” dalla Commissione tributaria.

Ciò ha riflessi sul raddoppio dei termini in quanto, come evidenziato dall’Agenzia delle Entrate, ritenuto sussistente il presupposto della proroga, essa opera a prescindere dall’esito del procedimento penale, quindi anche ove, per ipotesi, il contribuente venga assolto, il Gip abbia disposto l’archiviazione o il Gup il non luogo a procedere (35).

In tal senso si è espressa anche Assonime (36) nonché alcune sentenze di merito (37). Si registra una sentenza in senso contrario, ove la proroga è stata ritenuta inapplicabile sulla sola base del decreto di archiviazione del Gip (38).

Coerentemente con quanto affermato in precedenza, si ritiene che la Commissione tributaria possa ritenere operante la proroga se ne sussistono i presupposti, e ciò a prescindere dalla valutazione del giudice penale (39).



5. Dichiarazioni rettificative


L’art. 2 del D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322 prevede la possibilità di presentare dichiarazioni integrative, sia a favore del contribuente che a favore dell’Erario.

In queste ipotesi, occorre interrogarsi sugli effetti che tale dichiarazione comporta sui termini di decadenza.

L’Amministrazione finanziaria ha sottolineato come, per effetto della presentazione di dichiarazioni rettificative, “non è previsto dalla legge alcun allungamento dell’ordinario termine di decadenza relativo all’accertamento” (40).

Per contro, posto che l’art. 43 del D.P.R. n. 600/1973 collega il decorrere del termine al “momento in cui la dichiarazione è stata presentata” (senza riferimento alla differenza tra dichiarazione originaria e dichiarazione rettificativa), parte della dottrina ha sostenuto che, in tal caso, il termine dovrebbe decorrere dalla presentazione della dichiarazione rettificativa medesima (41).

Allo stato attuale, la giurisprudenza pare non essersi ancora pronunciata sul punto.



6. Recupero di crediti inesistenti compensati


L’art. 27, comma 18, del D.L. 29 novembre 2008, n. 185 ha inasprito le sanzioni per l’indebita utilizzazione di crediti inesistenti nel Modello di pagamento unificato (F24) (42).

Gli uffici finanziari sono legittimati a notificare l’atto di recupero entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello del relativo utilizzo (43).

Un’interpretazione particolarmente fedele al dato letterale porterebbe a sostenere che, ogniqualvolta si sia in presenza di un credito indebitamente compensato, l’atto di recupero possa essere notificato entro i più ampi termini stabiliti dall’art. 27 del D.L. n. 185/2008, e non entro l’ordinario termine quadriennale.

Adottando tale impostazione, il termine di otto anni sarebbe applicabile laddove, ad esempio, l’indebita compensazione fosse la conseguenza di accertamenti dell’Agenzia delle Entrate (si pensi al disconoscimento del diritto di detrazione Iva sulla base dell’inesistenza di operazioni, o agli accertamenti analitici derivanti dal riscontro tra dichiarazione, bilancio e scritture contabili).

Quanto esposto condurrebbe, di fatto, ad una surrettizia elusione dell’ordinario procedimento accertativo (artt. 38 e seguenti del D.P.R. n. 600/1973), siccome in un rilevante numero di casi (ovvero in tutti i casi in cui la rettifica della dichiarazione abbia riflessi sull’avvenuta compensazione nel Modello F24) l’Agenzia delle Entrate potrebbe fruire del maggior termine di otto anni per la notifica dell’atto di recupero (44).

In armonia con quanto sostenuto in dottrina, si ritiene che l’art. 27 del D.L. n. 185/2008 possa essere applicato alle ipotesi in cui l’indebita compensazione derivi da crediti inesistenti in senso assoluto, ovvero non indicati in dichiarazione, ma indicati ed utilizzati solo nel Modello F24 (45).

Pertanto, al di fuori di questa fattispecie, rimarrebbero fermi gli ordinari procedimenti, per cui ove l’indebita compensazione derivi da un’artificiosa rappresentazione della realtà ad opera del contribuente (ad esempio, detrazione di Iva relativa a fattispecie indetraibili), il termine sarà quello contemplato dagli artt. 43 del D.P.R. n. 600/1973 e 57 del D.P.R. n. 633/1972 (46).

L’Agenzia delle Entrate, sebbene non in via ufficiale, sembra essersi espressa in senso opposto (47).

In giurisprudenza si registra un solo precedente, apparentemente favorevole alla soluzione prospettata.

Comm. trib. prov. Bari 4 agosto 2010, n. 140, infatti, ha evidenziato che la norma fa riferimento ai crediti “inesistenti”, locuzione che non coincide con i crediti “non spettanti” (48).



7. Redditi prodotti all’estero e contribuenti non residenti


Nel sistema vigente non sono previsti termini maggiori per la notifica degli atti impositivi nei confronti dei contribuenti non residenti né per i redditi prodotti all’estero, per cui rimane fermo il termine quadriennale di cui all’art. 43 del D.P.R. n. 600/1973.

Ad avviso di parte della giurisprudenza (per quanto ci consta, isolata), in caso di atti di richiesta di somme indebitamente rimborsate a titolo di crediti d’imposta su dividendi a società non residenti, è applicabile, quale termine per la notifica, la prescrizione decennale di cui all’art. 2946 del codice civile (49).

I giudici hanno optato per l’inapplicabilità dell’art. 43 del D.P.R. n. 600/1973 e dell’art. 43 del D.P.R. n. 602/1973 sulla base delle seguenti argomentazioni:

• l’art. 43 del D.P.R. n. 602/1973 opera per le somme “erroneamente rimborsate” e non per gli importi “indebitamente rimborsati” (50);

• il termine decadenziale previsto dalle norme tributarie, nei confronti dei non residenti, opera solo ove il diritto convenzionale espressamente lo preveda, e la mancata contemplazione di ciò è indice di una “volontà concordata” per l’applicazione del termine prescrizionale (51).

Il ragionamento della Commissione non può essere accettato, siccome è palese che i termini non possono essere stabiliti dal giudice e che, in mancanza di apposite disposizioni presenti nelle Convenzioni internazionali, si applicano i termini previsti dalle norme tributarie e non quelli del codice civile che, essendo prescrizionali, possono tra l’altro essere interrotti.



8. Cartelle di pagamento


Nel sistema attuale, anche la fase di riscossione è soggetta a termini decadenziali, con specifico riferimento alla cartella di pagamento.

Quindi, solo dopo la notifica del suddetto provvedimento trovano applicazione i termini di prescrizione, entro i quali, salvo eventi interruttivi, deve essere notificato il pignoramento.

Ai sensi dell’art. 25 del D.P.R. n. 602/1973, la cartella di pagamento deve essere notificata, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del:

• secondo anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo (52);

• terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, in caso di liquidazione automatica eseguita ai sensi degli artt. 36-bis del D.P.R. n. 600/1973 e 54-bis del D.P.R. n. 633/1972;

• quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, in caso di controllo formale ex art. 36-ter del D.P.R. n. 600/1973 (53).

Entro il 31 dicembre 2010, pertanto, devono essere notificate la cartelle di pagamento relative ai periodi d’imposta:

• 2006, per ciò che concerne le attività di liquidazione automatica;

• 2005, per le attività di controllo formale.

Invece, per le società che non hanno l’esercizio sociale coincidente con l’anno solare, il termine decorre non dal periodo d’imposta successivo a quello di presentazione della dichiarazione, bensì da quello di “scadenza del versamento dell’unica o ultima rata se il termine per il versamento delle somme risultanti dalla dichiarazione scade oltre il 31 dicembre dell’anno in cui la dichiarazione è stata presentata” (54).



9. Altri comparti impositivi


Nei comparti impositivi diversi dalle imposte suiredditi/Iva i provvedimenti devono essere notificati anch’essi entro termini previsti a pena di decadenza, che variano a seconda del tributo nonché della fattispecie considerata.

Per la fiscalità locale, invece, i termini, sia per l’accertamento che per la riscossione, sono stati unificati per tutti i tributi dalla L. 27 dicembre 2006, n. 296.


Irap

Nell’Irap trovano applicazione i termini previsti per le imposte sui redditi, posto che l’art. 25 del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 rinvia, per l’accertamento, alla disciplina del D.P.R. n. 600/1973.

Del pari, l’art. 30, comma 6, del D.Lgs. n. 446/1997 prevede che in tema di riscossione si applichino le norme previste per le imposte sui redditi, quindi la cartella di pagamento dovrà essere notificata entro i termini di cui all’art. 25 del D.P.R. n. 602/1973.


Imposte indirette

Per ciò che concerne l’imposta di registro, il D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 specifica che:

• l’imposta relativa agli atti che non sono stati presentati per la registrazione deve essere richiesta entro cinque anni dal giorno in cui avrebbe dovuto essere richiesta la registrazione o si è verificato il fatto che legittima la registrazione d’ufficio (55);

• l’avviso di rettifica di maggior valore deve essere notificato entro due anni dal pagamento dell’imposta proporzionale (56);

• salvo il caso relativo al punto precedente, l’imposta deve essere richiesta entro tre anni decorrenti, per gli atti presentati per la registrazione o registrati per via telematica:

– dalla richiesta di registrazione, se si tratta di imposta principale;

– dalla data in cui è stata presentata la denuncia di cui all’art. 19 del D.P.R. n. 131/1986 (eventi successivi alla registrazione), se si tratta di imposta complementare;

– dalla data di notifica della sentenza del giudice tributario ovvero dalla data in cui la stessa è divenuta definitiva qualora sia stato proposto ricorso avverso l’avviso di liquidazione o di rettifica (in ipotesi di occultazione di corrispettivo il termine decorre dalla data di registrazione dell’atto);

– dalla data di registrazione dell’atto ovvero dalla data di presentazione della denuncia relativa ad eventi successivi alla registrazione, se si tratta di imposta suppletiva (57).

Per le imposte ipotecaria e catastale valgono, in linea generale, i termini previsti per l’imposta di registro o per l’imposta sulle successioni (58).

Per l’imposta sulle successioni, l’art. 27 del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346 prevede che:

• la liquidazione dell’imposta deve essere notificata entro tre anni dalla presentazione della dichiarazione di successione o della dichiarazione sostitutiva o integrativa;

• la rettifica della dichiarazione infedele o incompleta deve essere notificata entro due anni dal pagamento dell’imposta principale;

• in caso di omissione della dichiarazione, l’avviso deve essere notificato entro cinque anni dalla scadenza del termine previsto per la dichiarazione omessa.

L’art. 60 del D.Lgs. n. 346/1990 stabilisce che, per l’imposta sulle donazioni, vale la normativa operante in tema di imposta di registro.

I testi normativi sulle varie imposte indirette non contengono indicazioni sulla notifica, a pena di decadenza, della cartella di pagamento, facendo riferimento all’ormai abrogato D.P.R. n. 43/1988 (59). Per contro, vi è un riferimento, in punto riscossione, a termini prescrizionali (60).

Prendendo le mosse da ciò, si potrebbe sostenere che, successivamente all’avviso di accertamento/liquidazione, da notificarsi, come visto, entro termini decadenziali, entri in funzione il termine prescrizionale per la notifica della cartella di pagamento, optando per l’inapplicabilità, nell’imposizione indiretta, dell’art. 25 del D.P.R. n. 602/1973.

Questa tesi, invero poco condivisibile, si basa sul fatto che l’art. 23 del D.Lgs. n. 46/1999 prevede che l’art. 25 del D.P.R. n. 602/1973 si applica all’Iva, con implicita esclusione delle altre imposte indirette (61).

A contrario, si potrebbe affermare che l’art. 19 del D.Lgs. n. 46/1999, che elenca le norme del D.P.R. n. 602/1973 applicabili “esclusivamente” alle imposte sui redditi, non contiene alcun riferimento all’art. 25 del suddetto D.P.R., e che costituisce principio assodato quello in forza del quale il contribuente non può essere assoggettato all’azione esattiva per un periodo indefinito (62).


Fiscalità locale

La notifica degli avvisi di accertamento deve avvenire a pena di decadenza entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione o il versamento è stato o avrebbe dovuto essere effettuato (63).

Invece, il titolo esecutivo (cartella di pagamento o ingiunzione fiscale) deve essere notificato, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo (64).


Avvisi di accertamento


Dichiarazione presentata

Dichiarazione omessa o nulla (65)


Cartelle di pagamento


Termini di notifica delle cartelle di pagamento - Soggetti solari

Termini di notifica delle cartelle di pagamento - Soggetti non solari

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(1) Ove la procedura concerna l’accertamento delle imposte, al contribuente deve essere notificato l’avviso di accertamento e la successiva cartella di pagamento, mentre nelle liquidazioni automatiche/controlli formali, il primo atto impositivo impugnabile è la cartella di pagamento, preceduta da una semplice “comunicazione bonaria”.

(2) Si rammenta che, ai sensi dell’art. 29 del D.L. n. 78/2010, a partire dal 1° luglio 2011, per gli accertamenti sulle imposte dirette e sull’Iva, l’accertamento sarà un titolo esecutivo, e verrà meno la cartella di pagamento. In detto sistema, sarà l’espropriazione forzata (quindi il pignoramento) a dover essere avviata entro termini previsti a pena di decadenza.

(3) Ai sensi dell’art. 1 del D.L. n. 498/1961, “qualora gli uffici finanziari non siano in grado di funzionare regolarmente a causa di eventi di carattere eccezionale, non riconducibili a disfunzioni organizzative dell’amministrazione finanziaria, i termini di prescrizione e di decadenza (…) scadenti durante il periodo di mancato o irregolare funzionamento sono prorogati fino al decimo giorno successivo alla data in cui viene pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il decreto di cui all’art. 3 [n.d.A. decreto di irregolare/mancato funzionamento dell’ufficio]”. I decreti, come visto, sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale e, secondo consolidata giurisprudenza, possono essere disapplicati dal giudice tributario se viziati, per ipotesi, da eccesso di potere (cfr., da ultimo, Cass. 2 luglio 2009, n. 15528).

(4) In banca dati “fisconline”.

(5) Nelle notifiche eseguite a mezzo posta, l’art. 60 del D.P.R. n. 600/1973 prevede che la notifica, nei confronti del notificante, si perfeziona nel momento della spedizione.

(6) Nel caso in cui sia stata rilasciata la certificazione tributaria, l’accertamento basato sugli studi di settore è notificato, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello in cui la dichiarazione è stata presentata (art. 36, comma 3, lettera b) del D.Lgs. n. 241/1997).
Particolare si profila l’ipotesi in cui l’accertamento ha effetto su diversi periodi d’imposta, il che avviene perlopiù in tema di reddito d’impresa. In tal caso, occorre delineare il periodo d’imposta accertabile, al fine di evitare che gli uffici “recuperino” capziosamente un anno o più ai fini dei termini. In tema di perdite fiscali, è stato sancito che occorre accertare il periodo d’imposta in cui la perdita è stata quantificata e qualificata come riportabile, e non l’anno di riporto (Comm. trib. reg. Venezia 12 giugno 2007, n. 18), a meno che, aggiungiamo noi, non siano in contestazione gli specifici criteri di riporto. Invece, nelle rettifiche sugli ammortamenti, la Cassazione ha sostenuto che l’accertamento non deve per forza concernere il primo anno di ammortamento, siccome “pur sussistendo l’asserita decadenza dell’Ufficio dalla possibilità di rideterminare valori riferiti a spese per immobili in anni precedenti il quinquennio [‘vecchio’
termine decadenziale, n.d.A.], è possibile la regolarizzazione dei calcoli delle quote di ammortamento per gli anni successivamente accertati” (Cass. 23 giugno 2010, n. 15178). Ancora, negli accertamenti antielusivi, pare prevalente l’opinione secondo cui l’esercizio accertabile deve essere quello in cui si è conclusa l’operazione elusiva (Comm. trib. prov. Reggio Emilia 8 febbraio 2008, n. 10; Comm. trib. prov. Milano 19 maggio 2009, n. 149; contra, Comm. trib. I° Bolzano 29 aprile 2008, n. 31).

(7) L’art. 20 del D.Lgs. n. 472/1997 stabilisce che, per le sanzioni amministrative, l’atto di contestazione è notificato a pena di decadenza entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è avvenuta la violazione o nel diverso termine previsto per l’accertamento dei singoli tributi.

(8) A causa della proroga, quindi, l’anno 2002 (ultimo periodo d’imposta condonabile) deve ritenersi decaduto non al 31 dicembre 2007 ma al 31 dicembre 2009. La proroga è stata ritenuta conforme a Costituzione con la sent. Corte Cost. 31 ottobre 2008, n. 356.

(9) Alcune sentenze hanno stabilito che la proroga non può operare in quanto contrastante con la L. n. 212/2000, che impone la non prorogabilità dei termini di decadenza (Comm. trib. reg. Milano 28 febbraio 2008, n. 8), e che la sola presentazione della domanda di “condono tombale” la inibisce, a prescindere dal suo esito (Comm. trib. reg. Milano 12 febbraio 2008, n. 32).

(10) Circ. Agenzia delle Entrate n. 12/E del 21 febbraio 2003, paragrafo 6.
L’art. 2, comma 44, lettera f) della L. n. 350/2003 prevede che la proroga biennale dei termini ha effetto anche nei confronti dei contribuenti che non si avvalgono dei condoni per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2002. Al riguardo, la norma citata prevedeva che le disposizioni sui condoni potessero applicarsi anche relativamente al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2002, “per il quale le dichiarazioni sono state presentate entro il 31 ottobre 2003”. Di conseguenza, secondo l’Agenzia delle Entrate, “resta inteso che i termini dell’accertamento relativo al periodo d’imposta 2002, nel caso di omessa presentazione della dichiarazione, non sono suscettibili di proroga, posto che … in tal caso [quello di omessa presentazione della dichiarazione, n.d.A.] viene meno la possibilità di avvalersi della definizione e, quindi, la stessa ratio della norma in commento” (circ. Agenzia delle Entrate 18 febbraio 2004, n. 7, paragrafo 3.6).

(11) Comm. trib. reg. Roma 5 ottobre 2010, n. 176; Comm. trib. prov. Torino 26 marzo 2007, n. 8. Per la sent. n. 176/2010 si veda il commento di E. Mattesi, Proroga biennale dei termini di accertamento per gli anni non condonabili, in “il fisco” n. 42/2010, fascicolo n. 2, pag. 6873.

(12) Comm. trib. reg. Roma 2 dicembre 2008, n. 166; Comm. trib. reg. Bari 6 marzo 2008, n. 27.

(13) Cass. 23 luglio 2010, n. 17395.

(14) In banca dati “fisconline”.

(15) Cass. 27 settembre 2010, n. 34871, in “il fisco” n. 37/2010, fascicolo n. 1, pag. 6021; Cass. 4 maggio 2010, n. 10675;Cass., SS.UU., 17 febbraio 2010, n. 3674.

(16) Con la sent. n. 34871/2010, i giudici hanno sostenuto che, per effetto dell’incompatibilità del condono Iva, non può esservi “copertura” per i reati fiscali, mentre Cass. 4 maggio 2010, n. 10675 ha ritenuto legittimo un accertamento Iva emesso nonostante l’adesione al condono.

(17) La proroga per le violazioni penali si somma a quella per mancata adesione ai condoni.

(18) Qualche dubbio potrebbe sussistere negli accertamenti basati sugli studi di settore in quanto, ex art. 10, comma 6, della L. n. 146/1998, l’Ufficio non ha alcun obbligo di denuncia, anche se risultano superate le soglie di punibilità. Il raddoppio potrebbe operare se si opta per la tesi che lega la proroga all’astratta sussistenza del reato, e non all’effettivo invio della denuncia.

(19) Si pensi ad un contribuente sottoposto a verifica fiscale sul 2004 (decaduto quindi il 31 dicembre 2009), che riceve un accertamento contenente rilievi ai fini Ires, Irap e Iva nel 2011. Si supponga che, al termine della verifica, fosse stata inoltrata una comunicazione di reato al PM, e che la suddetta comunicazione si fosse basata sul fatto che l’evasione superava le soglie di punibilità previste dall’art. 4 del D.Lgs. n. 74/2000, disciplinante il delitto di dichiarazione infedele. Ai fini penali, la soglia di punibilità deve essere superata con riferimento ad ogni imposta (Ires e Iva) isolatamente considerata. Pertanto, mentre l’accertamento è di certo tardivo per l’Irap, per le altre due imposte occorre considerare se la soglia è stata superata per entrambe; ove, per ipotesi, essa sia stata superata solo per l’Ires, la decadenza rimane ferma per l’Iva.

(20) In “il fisco” n. 40/2010, fascicolo n. 1, pag. 6517.

(21) L’Agenzia delle Entrate, secondo questa tesi, dovrebbe sempre illustrare le ragioni per cui, a prescindere dalla denuncia, si ritengono integrati gli estremi del reato, e tale requisito, aggiungiamo noi, non potrà essere soddisfatto mediante la tautologica affermazione “visto l’inoltro della denuncia di reato”, o “la fattispecie integra gli estremi del delitto X”. Per far sì che il raddoppio dei termini operi, e che, quindi, l’accertamento possa essere ritenuto tempestivo, occorrerà indicare tutti gli elementi che fanno ritenere integrato il reato, con riferimento alle soglie di punibilità, all’elemento soggettivo e al periodo d’imposta oggetto di proroga.

(22) Circ. Guardia di finanza n. 1/2008, Parte VII, cap. 4, in banca dati “fisconline”.

(23) Studio Assonime n. 8/2010. Addirittura, per Assonime sarebbe necessario che alla denuncia seguisse l’iscrizione della notizia di reato nell’apposito registro, posto che, in assenza di ciò, la denuncia non potrebbe nemmeno qualificarsi come contenente una notizia di reato. In altri termini, l’iscrizione nel registro sarebbe sintomatica di un vaglio, sebbene sommario, sull’esistenza del delitto.

(24) Anche nei reati ove è prevista la c.d. “soglia di punibilità”, in virtù del “doppio binario” esistente tra processo penale e procedimento tributario, il giudice penale non è vincolato alla quantificazione dell’imposta effettuata dagli uffici per cui, in linea teorica, ogni violazione, sebbene di modesta entità, astrattamente sarebbe idonea a cagionare la proroga.

(25) Si riporta in seguito il testo dell’articolo: “Quando nel corso di attività ispettive o di vigilanza previste da leggi o decreti emergono indizi di reato, gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant’altro possa servire per l’applicazione della legge penale sono compiuti con l’osservanza delle disposizioni del codice”.

(26) Comm. trib. prov. Reggio Emilia 4 ottobre 2010, n. 170.

(27) Comm. trib. prov. Bologna 20 luglio 2010, n. 74. La contestazione della dichiarazione infedele (art. 4 del D.Lgs. n. 74/2000) muoveva dal fatto che il contribuente, tramite dichiarazione rettificativa a favore inviata solo 7 giorni dopo la presentazione della dichiarazione, aveva dedotto una posta di elevato ammontare (circa 7 milioni di euro) a titolo di svalutazione di partecipazioni detenute in un’altra società, pari al 60% del suo capitale sociale. La Commissione ha sostenuto che la vicina successione temporale delle due dichiarazioni mal si coniuga con una finalità evasiva, e che, come prevede l’art. 15 del D.Lgs. n. 74/2000, è esclusa la punibilità per violazioni di norme dipendenti da interpretazione della legge fiscale. A conferma di ciò, viene richiamato l’intervento del legislatore il quale, per dissipare ogni dubbio interpretativo, con l’art. 1, comma 1, del D.L. n. 209/2002 ha provveduto a “sterilizzare” le diminuzioni patrimoniali.

(28) Comm. trib. prov. Forlì 3 agosto 2009, n. 87.

(29) Si supponga che un contribuente venga sottoposto a verifica fiscale nel mese di ottobre 2010. I militari potrebbero rinvenire violazioni fiscali di ammontare tale da avere rilevanza penale sia per il periodo d’imposta 2004 che per il 2005. Nella suddetta ipotesi, a seguito della comunicazione di reato, il procedimento penale potrà avere inizio, ma l’accertamento fiscale, ove si opti per la tesi da noi sostenuta, non potrà essere più notificato con riferimento al periodo d’imposta 2004, decaduto il 31 dicembre 2009. Invece, per il 2005, l’avviso potrà essere notificato entro il maggior termine previsto dall’art. 43 del D.P.R. n. 600/1973, quindi entro il 31 dicembre 2014, e non entro il 31 dicembre 2010.

(30) In “il fisco” n. 39/2010, fascicolo n. 1, pag. 6353.

(31) Nel caso in cui, invece, durante una verifica effettuata per esercizi ancora “aperti”, l’ufficio ravvisi gli estremi di un reato, il contribuente sarebbe obbligato, a nostro avviso, a conservare le scritture contabili fino alla scadenza del termine prorogato.

(32) Comm. trib. prov. Reggio Emilia 4 ottobre 2010, n. 170.

(33) Studio Assonime n. 8/2010.

(34) Non deve trarre in inganno il fatto che, con la sent. 30 novembre 2010, n. 42462, i giudici di Cassazione, investiti di un ricorso contro una sentenza del Tribunale della libertà confermativa di un sequestro emanato dal Gip, si siano incidentalmente pronunciati sull’ambito di applicazione del raddoppio. La causa concerne il diritto penale tributario, ma, soprattutto, la Corte ha travisato il quesito di diritto posto dalla difesa. Infatti, nei motivi di ricorso emerge che la difesa ha affermato l’irrilevanza penale della condotta, tra l’altro, sulla base del fatto che, all’atto della redazione del pvc (2008), erano decaduti i termini relativi all’anno cui la violazione che ha fatto scaturire il procedimento penale era stata commessa (2002, i cui termini sono scaduti il 31 dicembre 2007). Pertanto, per cagionare la proroga, la violazione avrebbe dovuto essere constatata prima del 31 dicembre 2007. A confutazione di ciò, i giudici richiamano però la disciplina
transitoria di cui all’art. 37, comma 26, del D.L. n. 223/2006, e da qui affermano l’infondatezza del motivo di ricorso. Però, ciò non riguarda la fattispecie richiesta, ma il fatto che la proroga opera a partire dal periodo d’imposta 2001, siccome gli esercizi antecedenti non erano più “aperti” al momento dell’entrata in vigore del D.L. n. 223/2006, che ha introdotto la suddetta proroga.

(35) Circ. Agenzia delle Entrate 23 dicembre 2009, n. 54, in “il fisco” n. 1/2010, fascicolo n. 1, pag. 86.

(36) Studio Assonime n. 8/2010.

(37) Comm. trib. prov. Forlì 3 agosto 2009, n. 87; Comm. trib. prov. Bologna 20 luglio 2010, n. 74; Comm. trib. prov. Reggio Emilia 4 ottobre 2010, n. 170.

(38) Comm. trib. prov. Torino 15 febbraio 2010, n. 4.

(39) La presenza del “doppio binario” non sta a significare che la Commissione tributaria non possa valutare la decisione del giudice penale. Al pari di quanto avviene in merito alla statuizione sulla responsabilità fiscale ad opera del giudice tributario (ove egli, secondo consolidata giurisprudenza, è tenuto a considerare autonomamente la sentenza di condanna/assoluzione del giudice penale), anche in punto di raddoppio dei termini la Commissione potrà vagliare se l’assoluzione conferma l’irrilevanza fiscale del comportamento del contribuente, cosa che accade se, ad esempio, il giudice penale si è pronunciato sulla sussistenza dell’evasione, e non su aspetti maggiormente penalistici, quali la prescrizione o l’assenza di dolo specifico. Parte della giurisprudenza, però, sembra dare rilievo ad aspetti che, in diritto tributario, non farebbero di per sé venire meno l’evasione. Per Comm. trib. prov. Bologna 20 luglio 2010, n. 74, la proroga è stata ritenuta
inoperante sulla base del fatto che la fattispecie era caratterizzata da obiettiva incertezza, il che, in sede fiscale, può avere rilievo solo per rendere inapplicabili le sanzioni, ma non per l’imposta, la cui applicazione prescinde dall’elemento soggettivo del contribuente.

(40) Circ. 17 maggio 2000, n. 98/E (paragrafo 8.1.1). Il Ministero afferma che un allungamento dei termini sarebbe illogico in quanto, nella fattispecie esaminata, si trattava di un’integrazione a favore dell’Erario. Pertanto, non è possibile escludere una diversa interpretazione ministeriale ove ci si riferisse a dichiarazioni a favore del contribuente.

(41) Secondo D. Stevanato, Rettifiche in diminuzione della dichiarazione oltre il termine annuale e loro autonomia rispetto all’istanza di rimborso, in “Dialoghi di diritto tributario” n. 6/2005, pag. 856, “con la presentazione di una dichiarazione rettificativa in diminuzione il contribuente si espone ad un nuovo decorso dei termini per l’accertamento”.

(42) L’utilizzo in compensazione di crediti inesistenti è punito con la sanzione dal 100% al 200% della misura dei crediti stessi. Se l’ammontare dei crediti indebitamente compensati risulta superiore a 50.000 euro per ciascun anno solare, la sanzione è del 200% della misura dei crediti utilizzati. Nelle suddette ipotesi, non è ammessa la definizione agevolata delle sanzioni (art. 27, comma 18, del D.L. n. 185/2008).

(43) I nuovi termini si applicano a decorrere dalla data di presentazione del Modello F24 nel quale sono indicati crediti inesistenti utilizzati in compensazione in anni con riferimento ai quali, al 29 novembre 2008, siano ancora pendenti gli ordinari termini di decadenza dal potere di accertamento. Pertanto, il termine di otto anni riguarda anche i crediti inesistenti utilizzati in compensazione nell’anno 2003, essendo ancora pendente, alla data del 29 novembre 2008, il termine per l’accertamento di tale annualità.
La disposizione prevede che restano ferme le proroghe dei termini in caso di violazione che comporta l’obbligo di denuncia per il reato di cui all’art. 10-quater del D.Lgs. n. 74/2000.

(44) Le somme pretese, come previsto dal comma 19 dell’art. 27 del D.L. n. 185/2008, verrebbero iscritte nei ruoli straordinari (art. 15-bis del D.P.R. n. 602/1973), il che comporterebbe l’inapplicabilità della riscossione frazionata.

(45) Cfr. G. Gargiulo-R. Lupi, Controllo ordinario delle dichiarazioni e recupero dei crediti inesistenti compensati: un coordinamento possibile, in “Dialoghi di diritto tributario” n. 4/2009, pag. 459, ove viene correttamente rilevato che “lo spartiacque, che giustifica la proroga dei termini di intervento amministrativo, è, a nostro giudizio, proprio l’indicazione o meno del fittizio in dichiarazione: se il credito è ivi indicato, dovrebbero restare logicamente ferme la procedure di liquidazione e controllo ordinario della dichiarazione”.

(46) G. Gargiulo-R. Lupi, Controllo ordinario delle dichiarazioni e recupero dei crediti inesistenti compensati: un coordinamento possibile, in “Dialoghi di diritto tributario” n. 4/2009, pag. 461.

(47) Nella videoconferenza tenutasi il 17 gennaio 2009, l’Agenzia delle Entrate ha sostenuto che per “crediti inesistenti” devono intendersi sia quelli artificiosamente rappresentati in sede contabile o dichiarativa, sia quelli ritenuti tali a causa di errate valutazioni del contribuente (cfr. A. Bongi, Tutti i crediti inesistenti sotto tiro del fisco, in “Italia Oggi” del 19 gennaio 2009, pag. 6).

(48) In “il fisco” n. 41/2010, fascicolo n. 1, pag. 6682. Nel caso esaminato dai giudici, il contribuente aveva ricevuto, nel novembre 2009, accertamenti relativi, tra gli altri, al 2002 e al 2003 (annualità che, ordinariamente, sono decadute il 31 dicembre 2007 e il 31 dicembre 2008), basati sull’indebito utilizzo del credito d’imposta per le aree svantaggiate ex art. 8 della L. n. 388/2000, derivante dalla carenza dei requisiti soggettivi indicati dalla norma. Ritenendo tardivo l’atto, la Commissione ha sostenuto che “il credito d’imposta inesistente deve intendersi come credito determinato e goduto da colui che non ha effettuato realmente e materialmente l’acquisto dei beni strumentali oggetto di beneficio fiscale”.

(49) Il caso concerne somme indebitamente erogate ad una società residente in Regno Unito, alla quale venivano contestate varie operazioni elusive funzionali all’aggiramento della Convenzione Italia - Regno Unito in materia di tassazione dei dividendi distribuiti da società residenti. Come messo in risalto dalla difesa, in tali ipotesi poteva applicarsi l’art. 43 del D.P.R. n. 602/1973, che, con riferimento agli atti di recupero di somme indebitamente rimborsate, consente la notifica della cartella di pagamento entro il 31.12 del terzo anno successivo a quello di esecuzione del rimborso, o, se più ampio, entro il termine di cui all’art. 43 del D.P.R. n. 600/1973 maggiorato di dodici mesi.

(50) Comm. trib. prov. Pescara 31 dicembre 2009, n. 415.

(51) Comm. trib. prov. Pescara 4 novembre 2009, n. 324.

(52) In tale ipotesi, si considera il periodo d’imposta in cui l’accertamento è divenuto definitivo per decorrenza dei termini per impugnare o l’esercizio in cui si è formato il giudicato relativo alla sentenza di rigetto del giudice tributario.

(53) Per le somme che risultano dovute ai sensi degli artt. 19 (Indennità di fine rapporto) e 20 del Tuir, la cartella di pagamento deve essere notificata entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione del sostituto d’imposta. L’art. 20 del Tuir, relativo alla prestazioni pensionistiche complementari, è stato abrogato, a decorrere dal 1° gennaio 2007, dall’art. 21, comma 3, lettera c), del D.Lgs. n. 252/2005. Tale disciplina continua però a trovare applicazione con riferimento alle prestazioni pensionistiche maturate in data antecedente. Per le prestazioni maturate dal 1° gennaio 2007, la tassazione avviene mediante ritenuta a titolo d’imposta.

(54) Cfr. G. Rocco, Alcune proposte interpretative su i nuovi termini per le iscrizioni a ruolo, il regime transitorio per le liti pendenti e le questioni irrisolte, in “Rivista di diritto tributario” n. 12/2007, pag. 1157, nota 4, che rileva come la fattispecie consente all’ufficio l’allungamento di un anno ai fini dell’iscrizione a ruolo.

(55) Art. 76 del D.P.R. n. 131/1986.

(56) Art. 76, comma 1-bis, del D.P.R. n. 131/1986.

(57) Art. 76, comma 2, del D.P.R. n. 131/1986.

(58) Art. 17 del D.Lgs. n. 347/1990.

(59) Art. 41 del D.P.R. n. 346/1990.

(60) Art. 78 del D.P.R. n. 131/1986; art. 41 del D.P.R. n. 346/1990.

(61) Comm. trib. prov. Taranto 17 novembre 2008, n. 351; Comm. trib. reg. Bologna 11 febbraio 2009, n. 21.

(62) Nel senso dell’applicabilità del “vecchio” art. 17 del D.P.R. n. 602/1973 (relativo alla decadenza del termine per l’iscrizione a ruolo), Comm. trib. prov. Cagliari 23 gennaio 2006, n. 298, Comm. trib. reg. Roma 26 febbraio 2010, n. 42, Cass. 10 marzo 2008, n. 6330. In particolare, la Cassazione afferma che il predetto termine decadenziale deve applicarsi a tutti i tributi indiretti elencati dall’ormai abrogato art. 67 del D.P.R. n. 43/1988. Non vi sono ragioni per non ritenere applicabile quanto esposto al termine decadenziale per la notifica della cartella.

(63) Art. 1, comma 161, della L. n. 296/2006.

(64) Art. 1, comma 163, della L. n. 296/2006.

(65) Si veda la nota 10.
 

   

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