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Maniglioni antipanico non marcati CE fuori legge dal 12 febbraio 2011

Dettagli

 

Maniglioni antipanico non marcati CE fuori legge dal 12 febbraio 2011

Il 12 febbraio 2011 scadrà il termine fissato dal Decreto del Ministero dell’Interno del 3 novembre 2004 “Disposizioni relative all’installazione ed alla manutenzione dei dispositivi per l’apertura delle porte installate lungo le vie di esodo, relativamente alla sicurezza in caso d’incendio” che all’articolo 5 recita:

“I dispositivi non muniti di marcatura CE, già installati nelle attività di cui all’art. 3 del presente decreto, sono sostituiti a cura del titolare in caso di rottura del dispositivo o sostituzione della porta o modifiche dell’attività’ che comportino un’alterazione peggiorativa delle vie di esodo o entro sei anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto”.

 

 

Maniglioni antipanico: quando sono obbligatori?

marzo 2009

Quando si leggono le singole regole tecniche per la sicurezza antincendio dei luoghi di lavoro o di quelli soggetti ad affollamento, solo in alcuni casi si trova scritto esplicitamente l’obbligo di installare i maniglioni antipanico (quelli definiti dalla norma UNI EN 1125 “Accessori per serramenti – Dispositivi antipanico per uscite di sicurezza azionati mediante una barra orizzontale – Requisiti e metodi di prova“). 

In realtà, esiste un decreto che individua tutte le categorie soggette a questo obbligo. E’ il DM 3 novembre 2004 (Ministero dell’ Interno. Disposizioni relative all’installazione ed alla manutenzione dei dispositivi per l’apertura delle porte installate lungo le vie di esodo, relativamente alla sicurezza in caso d’incendio), che elenca le categorie di attività in cui devono essere installati:

  • i maniglioni antipanico (che devono essere conformi alla UNI EN 1125)  oppure;
  • le maniglie o piastre a spinta conformi alle norme di sicurezza (in particolare alla UNI EN 179).

In tutte le altre attività, di conseguenza, il dispositivo di apertura non è soggetto a norme di prevenzione incendi ma, tutt’al più, a quelle sull’accessibilità.

Le categorie soggette agli obblighi di maniglione antipanico o a quelli di maniglie conformi alla UNI EN 179 sono indicate nell’art. 1 e poi nell’art. 3 del decreto del 2004:

Art. 1.

Oggetto – Campo di applicazione
Il presente decreto stabilisce i criteri da seguire per la scelta dei dispositivi di apertura manuale, di seguito denominati «dispositivi», delle porte installate lungo le vie di esodo
nelle attivita’ soggette al controllo dei Vigili del fuoco ai fini del rilascio del certificato di prevenzione incendi, quando ne sia prevista l’installazione.
I dispositivi di cui al comma precedente devono essere conformi alle norme UNI EN 179 o UNI EN 1125 o ad altre a queste equivalenti, secondo quanto disposto nel successivo art. 3.

Art. 3. – Criteri di installazione
Ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 21 aprile 1993, n. 246, i dispositivi di cui all’art. 1 devono essere muniti di marcatura CE.
In particolare, fatti salvi gli adempimenti previsti da specifiche regole tecniche di prevenzione incendi, l’installazione dei dispositivi di cui all’art. 1 è prevista nei seguenti casi:
a) sulle porte delle vie di esodo, qualora sia prevista l’installazione di dispositivi e fatto salvo il disposto di cui all’art. 5, devono essere installati dispositivi almeno conformi alla norma UNI EN 179 o ad altra a questa equivalente, qualora si verifichi una delle seguenti condizioni:
a.1) l’attività è aperta al pubblico e la porta è utilizzabile da meno di 10 persone;
a.2) l’attività non è aperta al pubblico e la porta è utilizzabile da un numero di persone superiore a 9 ed inferiore a 26;
b) sulle porte delle vie di esodo, qualora sia prevista l’installazione di dispositivi e fatto salvo il disposto di cui all’art. 5, devono essere installati dispositivi conformi alla norma UNI EN 1125 o ad altra a questa equivalente, qualora si verifichi almeno una delle seguenti condizioni:
b.1) l’attività è aperta al pubblico e la porta è utilizzabile da più di 9 persone;
b.2) l’attività non è aperta al pubblico e la porta è utilizzabile da più di 25 persone;
b.3) i locali con lavorazioni e materiali che comportino pericoli di esplosione e specifici rischi d’incendio con più di 5 lavoratori addetti.

Il 16 Dicembre 2008 è stata pubblicata la NUOVA NORMA EUROPEA sui maniglioni antipanico EN 1125:2008 che sostituisce l’attuale EN 1125:1997:02.
La vecchia norma EN1125:1997:02 poteva essere applicata fino al 31.12.2009.

A PARTIRE DAL 1° GENNAIO 2010 POSSONO ESSERE IMMESSI SUL MERCATO SOLO PRODOTTI MARCATI CON LA NUOVA NORMA EN1125:2008. PER IMMISSIONE SUL MERCATO SI INTENDE IL PRIMO PASSAGGIO DI PROPRIETÀ DAL PRODUTTORE AL RIVENDITORE O ALL’APPLICATORE. I COMMERCIANTI POSSONO VENDERE I PRODOTTI A VECCHIA NORMA FINO AD ESAURIMENTO DELLE SCORTE PRECEDENTEMENTE COSTITUITE.

Significato dei codici riportati su ogni maniglione antipanico

A) Rimane invariato e significa che l’antipanico è adatto ad una alta frequenza d’uso


B)
Rimane invariato e significa che l’antipanico è certificato a:
- Grado 7 = 200.000 aperture
- Grado 6 = 100.000 aperture


C)
Viene aggiunto un grado di valutazione per la massa della porta:
- Grado 5 = fino a 100 kg.
- Grado 6 = fino a 200 kg.
- Grado 7 = oltre 200 kg.


D) Viene aggiunto un grado di valutazione
- Grado 0 = non adatto a porte tagliafuoco-antifumo
- Grado A = adatto a porte tagliafuoco-antifumo secondo la norma EN 1634-3
- Grado B = adatto a porte tagliafuoco-antifumo secondo la norma EN 1634-1


E) Rimane invariato e significa che è adatto a garantire la sicurezza delle persone


F)
Rimane invariato e se è:
- Grado 4 = altissima resistenza alla corrosione
- Grado 3 = alta resistenza alla corrosione


G)
Rimane invariato e significa che è adatto a garantire una normale sicurezza per le cose


H) Rimane invariato e se è:
- Grado 2 = l’antipanico ha una ridotta sporgenza della barra
(fino a 100 mm)
- Grado 1 = l’antipanico ha una normale sporgenza della barra (fino a 150 mm)


I) Rimane invariato e se è:
- Grado B = è un antipanico “barra a contatto” (vedi disegno 2)
- Grado A = è un antipanico tipo “barra a spinta” (vedi disegno 1)

 

L) Rimane invariato e se è:
- Categoria A = adatto a porte a 1 o 2 ante
- Categoria B = adatto a porte a 1 sola anta
- Categoria C = adatto a porte a 2 ante ma solo per l’anta semifissa (2° anta)

 Ministero dell'interno
Lett.Circ. 18-8-2006 n. P880/4122sott.54/3C
La sicurezza antincendio nei luoghi di lavoro ove siano presenti persone disabili: strumento di verifica e controllo (check-list).
Emanata dal Ministero dell'interno, Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, Direzione centrale per la prevenzione e la sicurezza tecnica, Area prevenzione incendi.

Lett.Circ. 18 agosto 2006, n. P880/4122sott.54/3C (1).

La sicurezza antincendio nei luoghi di lavoro ove siano presenti persone disabili: strumento di verifica e controllo (check-list).

(1) Emanata dal Ministero dell'interno, Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, Direzione centrale per la prevenzione e la sicurezza tecnica, Area prevenzione incendi.

 

  Ai Sigg. Direttori regionali dei vigili del fuoco
    Loro sedi
  Ai Sigg. comandanti provinciali dei vigili del fuoco
    Loro sedi


 

Con la circolare n. 4 del 1 marzo 2002 sono state fornite alle figure professionali, quali i datori di lavoro, i professionisti e i responsabili della sicurezza, le linee guida per la valutazione della sicurezza antincendio nei luoghi di lavoro ove sono presenti persone con ridotte o impedite capacità motorie, sensoriali o mentali, elaborate da questa Amministrazione in collaborazione con la Consulta Nazionale delle Persone Disabili e delle loro Famiglie.

Tanto premesso, in applicazione di quanto previsto al secondo comma del punto 1.2. della circolare citata, è stato predisposto il documento, allegato alla presente lettera circolare, con lo scopo di dare alle figure professionali sopra richiamate uno strumento di verifica e controllo finalizzato ad individuare gli elementi significativi per la sicurezza di tutte le persone, in particolare di quelle disabili, nei luoghi di lavoro.

Tenuto conto della rilevanza esterna degli argomenti trattati nel documento allegato che coinvolge sia i datori di lavori, i professionisti, i responsabili della sicurezza sia i possibili utenti disabili del luogo di lavoro, si invitano le SS.LL. a curarne la massima diffusione nell'ambito del territorio di appartenenza.


Il Vice Capo dipartimento vicario capo del CNVVF

Mazzini

 

Allegato

MINISTERO DELL'INTERNO

Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile

Consulta Nazionale delle Persone Disabili e delle loro Famiglie


LA SICUREZZA ANTINCENDIO NEI LUOGHI DI LAVORO: STRUMENTO DI VERIFICA E CONTROLLO

(CHECK-LIST)


1. Introduzione generale

Questa lista di controllo (check-list) è stata elaborata per proporre uno strumento operativo finalizzato ad individuare gli elementi significativi per la sicurezza di tutte le persone (ed in particolare di quelle con disabilità) nei luoghi di lavoro.

L'obiettivo è far emergere le condizioni di criticità a cui contrapporre concrete soluzioni tecniche in applicazione alla Circolare del Ministero dell'Interno n. 4 del 1 marzo 2002.

La check-list non pretende di risultare esaustiva per ogni realtà, in quanto ambienti e spazi particolarmente ampi, complessi ed articolati, possono presentare criticità non rilevabili sempre in modo agevole.

In tali circostanze dovranno essere utilizzati i concetti di fondo prescrittivi e prestazionali contenuti nella Circolare citata.

Il documento è stato elaborato dal Gruppo di lavoro sulla sicurezza delle persone con disabilità, istituito dal Ministero dell'Interno, Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile, del quale fanno parte tecnici e rappresentanti di associazioni di persone con disabilità.

 

2. Struttura della check-list

La check-list è stata organizzata considerando la sequenza delle azioni che dovrebbero essere svolte da ciascun individuo coinvolto in una situazione di emergenza, dal momento in cui viene percepito l'allarme fino al raggiungimento del luogo sicuro.

Per ciascuna di queste azioni vengono quindi proposte specifiche domande di verifica delle caratteristiche quantitative e/o qualitative degli elementi edilizi ed impiantistici del luogo di lavoro che, interagendo direttamente con le azioni connesse all'esodo, ne possono conseguentemente determinare anche l'efficacia.

Le possibili risposte (terza colonna, voce "verifica") sono:

- NO, quando la domanda non risulta soddisfatta

- SI, quando la domanda risulta soddisfatta

- NP, quando la domanda non risulta pertinente con l'ambiente considerato.

Nel caso in cui i requisiti considerati non siano riscontrati positivamente, viene proposta una possibile soluzione di supporto alla pianificazione delle integrazioni (edilizie ed impiantistiche) che si rendono necessarie.

L'ultima colonna (voce "Fonti) considera l'eventuale riferimento normativo, in mancanza del quale la prestazione richiesta deve intendersi come "criterio di buona tecnica".

Domande e soluzioni possibili interessano le seguenti voci:

A. Percezione dell'allarme

B. Orientamento durante l'esodo

C. Mobilità negli spazi interni

C.1. Porte dei locali di lavoro

C.2. Porte installate lungo le vie di uscita ed in corrispondenza delle uscite di sicurezza

C.3. Percorsi orizzontali interni

C.4. Percorsi verticali interni

C.5. Spazio calmo

D. Mobilità negli spazi esterni

Per ognuna di queste viene fornita un'informazione di base sulla disabilità e sulle sue possibili manifestazioni e sull'interazione con gli aspetti strutturali e impiantistici del luogo che si sta analizzando.

Nell'ultima riga di ogni voce viene posta una domanda in cui vengono considerate, o ricordate, le eventuali iniziative da porre in atto al fine di compensare le eventuali carenze riscontrare, in attesa di una loro risoluzione.

 

3. Guida all'uso

Nella compilazione della check-list devono essere coinvolte tutte le figure professionali e i possibili utenti del luogo di lavoro, con particolare riferimento alle persone con disabilità [1].

Per comprendere le difficoltà che una persona con disabilità può incontrare in caso di emergenza, è necessario, per quanto possibile, immedesimarsi nelle varie problematiche che questa può incontrare nell'utilizzo e nella fruibilità, in sicurezza, degli spazi.

La compilazione della check-list dovrà essere effettuata ogni volta che la destinazione d'uso o la logistica delle attività lavorative vengono modificate.

Per quanto concerne le tolleranze delle misure vanno considerate quelle indicate nel D.M. 30 novembre 1983 (Termini, definizioni e simboli grafici di prevenzione incendi), che di seguito si ricordano:

- misure linerari: tolleranza del 2% per misure maggiori di 2,40 m e del 5% per misure minori o uguali di 2,40 m.

- misure di superficie: 5%

- misure di volume: 5%

[1] Nell'introduzione alla circolare n. 4 del 1 marzo 2002 (Linee guida per la valutazione della sicurezza antincendio nei luoghi di lavoro ove siano presenti persone disabili) viene posta l'attenzione sulla necessità che sia previsto, "ove possibile (ad esempio, quando sono già presenti lavoratori disabili), il coinvolgimento degli interessati nelle diverse fasi del processo".

 

4. Descrizione delle voci

A. Percezione dell'allarme

La percezione corretta e immediata dell'allarme é condizione imprescindibile per comunicare alle persone presenti in un luogo l'insorgere di una situazione di emergenza, permettendo loro di ridurre i tempi di risposta.Le modalità di diffusione dell'allarme devono necessariamente considerare più canali di percezione, con l'obiettivo di compensare eventuali carenze di uno di questi (ad esempio: per una persona con limitazioni all'udito dovranno essere preferiti segnali luminosi o a vibrazione, mentre per una con limitazioni alla vista è da privilegiare il canale uditivo). In particolare le prestazioni di un sistema di segnalazione dell'allarme sono definite nel D.Lgs. 493/96 (Attuazione della direttiva 92/58/CEE concernente le prescrizioni minime per la segnaletica di sicurezza e/o di salute sul luogo di lavoro).

D.Lgs. n. 493 del 1996 (Attuazione della direttiva 92/58/CEE concernente le prescrizioni minime per la segnaletica di sicurezza e/o di salute sul luogo di lavoro).

 

Allegato VII - Prescrizioni per i segnali acustici

1. Proprietà intrinseche

1.1. Un segnale acustico deve:

a) avere un livello sonoro nettamente superiore al rumore di fondo, in modo da essere udibile, senza tuttavia essere eccessivo o doloroso;

b) essere facilmente riconoscibile in rapporto particolarmente alla durata degli impulsi ed alla separazione fra impulsi e serie di impulsi, e distinguersi nettamente, da una parte, da un altro segnale acustico e, dall'altra, dai rumori di fondo.

1.2. Nei casi in cui un dispositivo può emettere un segnale acustico con frequenza costante e variabile, la frequenza variabile andrà impiegata per segnalare, in rapporto alla frequenza costante, un livello più elevato di pericolo o una maggiore urgenza dell'intervento o dell'azione sollecitata o prescritta.

2. Codice da usarsi

Il suono di un segnale di sgombero deve essere continuo.

 

Allegato VI - Prescrizioni per i segnali luminosi

1. Proprietà intrinseche

1.1. La luce emessa da un segnale deve produrre un contrasto luminoso adeguato al suo ambiente, in rapporto alle condizioni d'impiego previste, senza provocare abbagliamento per intensità eccessiva o cattiva visibilità per intensità insufficiente.

1.2. La superficie luminosa emettitrice del segnale può essere di colore uniforme o recare un simbolo su un fondo determinato.

1.3. Il colore uniforme deve corrispondere alla tabella dei significati dei colori riportata all'allegato I, punto 4.

1.4. Quando il segnale reca un simbolo, quest'ultimo dovrà rispettare, per analogia, le regole ad esso applicabili, riportate all'allegato II.

2. Regole particolari d'impiego

2.1. Se un dispositivo può emettere un segnale continuo ed uno intermittente, il segnale intermittente sarà impiegato per indicare, rispetto a quello continuo, un livello più elevato di pericolo o una maggiore urgenza dell'intervento o dell'azione richiesta od imposta.

La durata di ciascun lampo e la frequenza dei lampeggiamenti di un segnale luminoso andranno calcolate in modo

- da garantire una buona percezione del messaggio, e da evitare confusioni sia con differenti segnali luminosi che con un segnale luminoso continuo.

2.2. Se al posto o ad integrazione di un segnale acustico si utilizza un segnale luminoso intermittente, il codice del segnale dovrà essere identico.

2.3. Un dispositivo destinato ad emettere un segnale luminoso utilizzabile in caso di pericolo grave andrà munito di comandi speciali o di lampada ausiliaria.


B. Orientamento durante l'esodo

Per favorire l'orientamento e la riconoscibilità delle strutture da parte delle persone con disabilità sensoriale, oltre ai cartelli segnaletici si possono utilizzare sistemi integrati costituiti da guide naturali [2], percorsi-guida [3], mappe tattili [4], indicazioni puntuali tattili [5], sistemi informativi elettronici [6], ecc., con l'obiettivo di eliminare quelle barriere costituite dalla "mancanza di accorgimenti e segnalazioni che permettono l'orientamento e la riconoscibilità dei luoghi e delle fonti di pericolo per chiunque e in particolare per i non-vedenti, per gli ipovedenti e per i sordi" [6].

L'abbinamento di percorsi-guida e mappe tattili, per la riconoscibilità e l'orientamento di luoghi particolarmente complessi o, per loro natura, privi di guide o riferimenti naturali, è quello maggiormente indicato dalle associazioni di persone con disabilità visiva. Con riferimento a quest'ultima circostanza si riportano, a puro titolo di esempio, alcune categorie di ambienti:

- Nodi per mobilità: stazioni ferroviarie/metropolitane, aerostazioni, ecc.

- Spazi pedonali aperti: piazzali, cortili, marciapiedi, ecc.

- Edifici e/o servizi di interesse pubblico caratterizzati da spazi ampi e/o da una articolazione complessa: strutture sanitarie, uffici postali, banche, centri commerciali, musei, impianti sportivi, ecc.

Nell'ambito degli interventi finalizzati alla sicurezza il sistema integrato deve includere, tra le altre, la segnalazione di vie di fuga e di uscite di sicurezza, che devono essere necessariamente incluse nel più generale sistema di orientamento. A tal proposito si è potuto prendere atto che in caso di evacuazione in condizioni di scarsa visibilità (presenza di fumo, scarsa illuminazione, ecc.) le misure rivolte all'orientamento per le persone con disabilità sensoriale siano state utilizzate da tutti.

Per l'efficacia dell'orientamento durante l'esodo, oltre alle misure di tipo impiantistico ed edilizio, sono determinanti le misure gestionali che intervengono prima, durante e dopo il verificarsi di una emergenza. Tali misure devono essere rivolte sia ai lavoratori che alle persone (in particolare con disabilità) che possono essere presenti occasionalmente nell'ambiente considerato.

Alcune tipologie di misure gestionali specifiche che migliorano l'orientamento sono:

- Informazione (distribuzione di materiale esplicativo per le modalità d'esodo accessibile a tutti);

- Formazione diretta del lavoratore (partecipazione attiva alle simulazioni di evacuazione/prove d'esodo anche dei lavoratori con disabilità);

- Formazione di addetti alla sicurezza con compiti di affiancamento alle persone con disabilità (in particolare curando l'aspetto della comunicazione, nella fase d'esodo, verso le persone con difficoltà sensoriali).

Le misure gestionali devono essere sempre calibrate sulle specifiche caratteristiche della struttura e dell'organizzazione lavorativa [7].

[2] Per guida naturale si intende una particolare conformazione dei luoghi, tale da consentire al disabile visivo di orientarsi e proseguire la sua marcia senza bisogno di altre indicazioni.

[3] Per percorsi-guida si intendono particolari superfici tattili, articolate in codici informativi di semplice comprensione che forniscono informazioni e criteri di orientamento.

[4] Per mappe tattili si intendono rappresentazioni di ambienti percettibili anche a persone non vedenti. Queste possono essere collocate in modo fisso in punti strategici oppure essere definiti come strumenti portatili a servizio della singola persona.

[5] Ad esempio numeri in rilievo presenti sul corrimano delle scale utilizzate per l'esodo che comunichino con il tatto la posizione raggiunta.

[6] Una delle definizioni di barriera architettonica contenuta nel D.M. n. 236 del 1989 LL.PP., art. 2.

[6] Una delle definizioni di barriera architettonica contenuta nel D.M. n. 236 del 1989 LL.PP., art. 2.

[7] A tal proposito si veda la pubblicazione "Il soccorso alle persone disabili: indicazioni per la gestione delle emergenze", a cura del Ministero dell'Interno, Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile, Roma, 2003, (disponibile gratuitamente su www.vigilfuoco.it).


C. Mobilità negli spazi interni

Questa sezione considera l'azione di esodo che va dall'abbandono della postazione di lavoro al raggiungimento del luogo sicuro. Ciò include la percorrenza di spazi interni (mobilità orizzontale e verticale) ed il transito attraverso le porte interne di accesso ai singoli locali e le porte di ingresso/uscita della struttur a.

In linea di principio la struttura e i suoi elementi devono garantire l'esodo della persona con disabilità in modo autonomo: ciò dipende dall'interazione tra il quadro funzionale delle singole persone e i fattori ambientali presenti, i quali possono ostacolare o facilitare lo svolgimento delle azioni finalizzate all'esodo (abbandonare il posto di lavoro, attraversare la stanza, aprireattraversare-richiudere la porta, ecc.).

Le domande sono finalizzate all'individuazione ed all'analisi della presenza, nella struttura, di quei requisiti minimi che consentono, ad un gran numero di persone con disabilità, di utilizzare autonomamente spazi e componenti con evidenti vantaggi nella gestione e nell'efficacia delle operazioni d'esodo.

Le possibili soluzioni indicate potrebbero non essere sufficienti a consentire a tutti un esodo autonomo (per esempio: un lavoratore che utilizza per la mobilità una sedia a ruote elettronica, potrebbe non essere in grado di aprire autonomamente la porta della propria stanza, anche se questa presenta tutte le caratteristiche indicate nel questionario proposto. In caso di emergenza questo lavoratore, pur essendo autonomo negli spostamenti orizzontali, avrebbe bisogno o di misure strutturali/impiantistiche che gli consentissero l'apertura della porta in modo autonomo o di una procedura gestionale che gli permettesse di essere affiancato da un addetto per il supporto nelle operazioni di apertura/chiusura della porta). Seguendo la logica della gestione dei rischi e dell'emergenza introdotta con il D.Lgs. n. 626 del 1994, la scelta di adottare facilitatori strutturali/impiantistici o di attuare misure gestionali dipende da vari fattori, quali:

- le caratteristiche intrinseche della struttura che si sta analizzando;

- l'organizzazione delle attività e dal tipo di lavoro;

- dalla pianificazione delle modifiche previste;

- ecc.

Si sottolinea come l'adozione di misure per incrementare l'autonomia delle persone con disabilità comporti una ricaduta estremamente positiva su tutti.


C.1 Porte dei locali di lavoro

Le caratteristiche delle porte e dei relativi spazi antistanti e retrostanti rappresentano importanti parametri da considerare per garantire la mobilità, sia per quanto concerne il ruolo delle porte stesse, ovvero come ostacolo al loro attraversamento e/ alla mobilità di persone che si muovono nelle immediate vicinanze (condizione negativa) da parte di persone con disabilità motorie o sensoriali, sia per la funzione di contenimento degli eventuali effluenti di un incendio (condizione positiva). Devono comunque essere sempre preferite soluzioni nelle quali la persona con disabilità possa essere resa autonoma nello svolgimento delle azioni legate all'apertura, attraversamento e chiusura delle porte.

Nel rilievo è da considerare che per i luoghi di lavoro già utilizzati prima del 1° gennaio 1993 devono essere provvisti di porte di uscita che, per numero di ubicazione, consentono la rapida uscita delle persone e che siano agevolmente apribili dall'interno durante il lavoro. Comunque, detti luoghi devono essere adeguati quanto meno alle seguenti disposizioni:

- Le porte e i portoni apribili nei due versi devono essere trasparenti o essere muniti di pannelli trasparenti

- Sulle porte trasparenti deve essere apposto un segno indicativo all'altezza degli occhi.

Per i luoghi di lavoro costruiti o utilizzati prima del 27 novembre 1994 non si applicano le seguenti disposizioni di cui ai commi 2, 3, 4, 5 e 6 dell'art. 14 del D.P.R. n. 547 del 1955; in particolare:

Comma 2. Quando in un locale le lavorazioni ed i materiali comportano pericoli di esplosione o specifici rischi di incendio e sono adibiti alle attività che si svolgono nel locale stesso più di 5 lavoratori, almeno una porta ogni 5 lavoratori deve essere apribile nel verso dell'esodo ed avere larghezza minima di m 1,20.

Comma 3. Quando in un locale si svolgono lavorazioni diverse da quelle previste al comma 2, la larghezza minima delle porte è la seguente:

a) quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano fino a 25, il locale deve essere dotato di una porta avente larghezza minima di m 0,80;

b) quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano in numero compreso tra 26 e 50, il locale deve essere dotato di una porta avente larghezza minima di m 1,20 che si apra nel verso dell'esodo;

c) quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano in numero compreso tra 51 e 100, il locale deve essere dotato di una porta avente larghezza minima di m 1,20 e di una porta avente larghezza minima di m 0,80, che si aprano entrambe nel verso dell'esodo;

d) quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano in numero superiore a 100, in aggiunta alle porte previste alla lettera c) il locale deve essere dotato di almeno 1 porta che si apra nel verso dell'esodo avente larghezza minima di m 1,20 per ogni 50 lavoratori normalmente ivi occupati o frazione compresa tra 10 e 50, calcolati limitatamente all'eccedenza rispetto a 100.

Comma 4. Il numero complessivo delle porte di cui al comma 3 può anche essere minore, purché‚ la loro larghezza complessiva non risulti inferiore.

Comma 5. Alle porte per le quali è prevista una larghezza minima di m 1,20 è applicabile una tolleranza in meno del 5% (cinque per cento). Alle porte per le quali è prevista una larghezza minima di m. 0,80 è applicata una tolleranza in meno del 2% (due per cento).

Comma 6. Quando in un locale di lavoro le uscite di emergenza di cui all'art. 13, comma 5, coincidono con le porte di cui al comma 1, si applicano le disposizioni di cui all'art. 13, comma 5.

In ogni caso la larghezza delle porte di uscita di detti luoghi di lavoro deve essere conforme a quanto previsto dalla concessione edilzia ovvero dalla licenza di abitabilità.


C.2. Porte installate lungo le vie di uscita ed in corrispondenza delle uscite di sicurezza

L'uscita di piano non è altro che l'uscita di emergenza così come descritta nel D.Lgs. n. 626 del 1994.

La vigente normativa [8] fornisce le seguenti definizioni:

Via di uscita (da utilizzare in caso di emergenza): percorso senza ostacoli al deflusso che consente agli occupanti un edificio o un locale di raggiungere un luogo sicuro.

Uscita di piano: uscita che consenta alle persone di non essere ulteriormente esposte al rischio diretto degli effetti di un incendio e che può configurarsi come segue:

a) uscita che immette direttamente in un luogo sicuro;

b) uscita che immette in un percorso protetto attraverso il quale può essere raggiunta l'uscita che immette in un luogo sicuro;

c) uscita che immette su di una scala esterna.

[8] D.M. 10 marzo 1998 (Criteri generali di sicurezza e per la gestione dell'emergenza nei luoghi di lavoro) - All. III.

L'obiettivo è quello di fornire una via di fuga sicura ed efficace, attraverso una porta la cui apertura avviene a semplice spinta, con il minimo sforzo e senza una conoscenza preventiva del dispositivo installato su di essa.

Le caratteristiche delle porte e dei relativi spazi antistanti e retrostanti rappresentano importanti parametri da considerare per garantire la mobilità, sia per quanto concerne il ruolo delle porte stesse, ovvero come ostacolo al loro attraversamento e/o alla mobilità di persone che si muovono nelle immediate vicinanze (condizione negativa) da parte di persone con disabilità motorie o sensoriali, sia per la funzione di contenimento degli eventuali effluenti di un incendio (condizione positiva). Devono comunque essere sempre preferite soluzioni nelle quali la persona con disabilità possa essere resa autono ma nello svolgimento delle azioni legate all'apertura, attraversamento e chiusura delle porte. Risulta necessario evidenziare come le misure indicate nei punti relativi alle uscite di piano risultino inferiori a quanto previsto per le porte dei locali di lavoro, poiché per questi ultimi si suppone che l'uscita delle persone avvenga quasi contemporaneamente, mentre per le
uscite di piano le persone arrivano alle stesse in tempi diversi in quanto risultano distribuite lungo le vie di uscita con percorsi di lunghezza differente.

Nella check-list vengono richiamate due semplici modalità per verificare la possibilità di poter aprire una serramento anche da parte di persone con qualche particolare difficoltà.

Il test del "pugno chiuso", per maniglie e terminali degli impianti consiste nel provare ad aprire una porta o manovrare una pulsantiera usando una sola mano chiusa a pugno; se ciò è possibile sarà allora possibile anche per una persona con limitata funzionalità nelle mani (si veda la figura seguente)

 

 

È possibile anche verificare lo sforzo di apertura di un serramento mediante l'utilizzo di un dinamometro (una semplice bilancia tascabile da pescatore), agganciandolo alla maniglia della porta che si vuole misurare e, quindi, afferrare l'anello contrapposto esercitando una trazione fino all'apertura della porta (si veda la figura seguente). In quel momento è possibile lo sforzo necessario per l'apertura della porta stessa, misurato in kg. La forza deve essere misurata sul margine opposto a quello dell'asse di rotazione delle cerniere.

 

 

L'art. 8.1.1 del D.M. n. 236 del 1989 indica in 8 kg il massimo valore di tale forza, anche se nella letteratura specialistica si consigliano valori compresi tra 1,5 e 3,5 kg, soprattutto per le porte interne.

Nel rilievo è da considerare che per i luoghi di lavoro già utilizzati prima del 1° gennaio 1993 non si applica la disposizione contenuta nel comma 4 (Il numero, la distribuzione e le dimensioni delle vie e delle uscite di emergenza devono essere adeguate alle dimensioni dei luoghi di lavoro, alla loro ubicazione, alla loro destinazione d'uso, alle attrezzature in essi installate, nonché‚ al numero massimo di persone che possono essere presenti in detti luoghi.) dell'art. 13 del D.P.R. n. 547 del 1955, ma gli stessi debbono avere un numero sufficiente di vie ed uscite di emergenza.


C.3. Percorsi orizzontali interni

Per i percorsi orizzontali interni sono previste domande finalizzate a rilevare la presenza di piccoli dislivelli e le possibili soluzioni.

Dal punto di vista delle persone con disabilità, le difficoltà maggiori nella percorrenza di ambienti orizzontali interni (incluso il superamento di dislivelli contenuti) sono:

- le caratteristiche dimensionali del percorso (es. ridotta larghezza del percorso che non consente il passaggio di una sedia a ruote o lunghezza del percorso che potrebbe causare affaticamento sia a chi deambula con difficoltà che a chi utilizza sedie a ruote manuali);

- le caratteristiche dimensionali e qualitative del piano di calpestio;

- il superamento di dislivelli (piccoli gradini, rampe);

- la presenza di ostacoli, lungo il percorso, no n riconoscibili dalle persone con disabilità sensoriale.

Per quanto riguarda le rampe, la pendenza e la lunghezza rappresentano le maggiori criticità; l'esperienza indica che una pendenza fino 5% risulta autonomamente superabile da gran parte di persone con disabilità. Per questo, è sempre opportuno realizzare rampe con pendenza inferiore a tale valore permettendo, in tal modo, una maggiore autonomia negli spostamenti con conseguente limitazione delle necessità connesse con le misure di affiancamento.


C.4. Percorsi verticali

In un luogo di lavoro, per percorsi verticali s'intendono le scale, gli ascensori ed altri sistemi di sollevamento come le piattaforme elevatrici e i servoscala.

A parte le scale, tutti gli altri sistemi per spostarsi da un piano ad un altro di un edificio sono generalmente inutilizzabili durante un'emergenza. Peraltro, anche gli ascensori antincendio non sono autonomamente utilizzabili, in questa fase, in quanto destinati a personale specializzato nel loro impiego.

I punti della check-list sono quindi relativi esclusivamente all'identificazione di criticità dovute a caratteristiche dimensionali e/o qualitative delle scale presenti nella struttura ed il loro adeguamento rimane l'opzione più efficace per il raggiungimento del massimo grado di sicurezza. In moltissimi casi, però, l'adeguamento di scale esistenti che non soddisfano i requisiti indicati risulta un obiettivo poco praticabile. Nell'impossibilità di programmare interventi che migliorino la loro rispondenza a questi requisiti, occorre necessariamente colmare tale lacuna con opportune misure gestionali. Nel caso si possa programmare l'adeguamento delle scale esistenti, i requisiti da soddisfare sono riportati all'art. 8.1.10 D.M. n. 236 del 1989.

Anche in questo caso le misure gestionali per permettere alle persone con disabilità di percorrere le scale devono essere opportunamente calibrate, sia dal punto di vista quantitativo (stimando la presenza di persone con disabilità e dimensionando opportunamente la/le squadra/e di addetti alla sicurezza con compiti di affiancamento) che da quello qualitativo. Ciò significa, ad esempio, distinguere le esigenze di assistenza di un non vedente (cieco) da quelle di una persona con difficoltà motoria deambulante, da quelle di una persona con disabilità motoria su sedia a ruote, ecc, ed analizzare gli ausili utilizzati da queste tipologie di persone (ad es. è possibile scendere le scale con una sedia a ruote manuale con l'assistenza di due persone opportunamente formate, una manovra impossibile se la sedia a ruote è elettronica, a causa del peso dei motori e delle batterie, del diametro delle ruote, ecc.); in tale circostanza la persona con disabilità sarà costretta ad abbandonare
la sedia a ruote elettronica e gli addetti alla sicurezza, con compiti di affiancamento, dovranno condurla lungo le scale in altro modo.

Tutte queste ipotesi ci dicono che qualsiasi tecnica può essere pericolosa o giusta a seconda delle circostanze e delle persone coinvolte. Per non causare danni è necessario che la scelta sulle tecniche di trasporto più idonee derivi da una base di conoscenza da parte degli addetti alla sicurezza con compiti di affiancamento sulle patologie e sugli ausili utilizzati.

Altro fattore determinante è la presenza di particolari attrezzature e/o ausili di cui il luogo di lavoro si può dotare per facilitare le operazioni d'esodo (per la persona interessata ad esempio, se fosse presente una sedia a ruote manuale nel luogo di lavoro, la tecnica più corretta e meno rischiosa sarebbe quella di trasferire l'interessato dalla sedia a ruote elettronica a quella manuale e scendendo le scale con l'aiuto di due addetti alla sicurezza).

Queste considerazioni riconducono il concetto di pianificazione della sicurezza: non è cioè possibile fornire risposte standard, ma occorre analizzare attentamente la propria realtà, a partire dalla stima sulla presenza potenziale delle persone con disabilità, che rappresenta il primo passo per quantificare le risorse umane e gli ausili da utilizzare nella fase d'esodo.


C.5. Spazio calmo

Per "spazio calmo" si intende «un luogo sicuro statico contiguo e comunicante con una via di esodo verticale od in essa inserito. Tale spazio non deve costituire intralcio alla fruibilità delle vie di esodo ed avere caratteristiche tali da garantire la permanenza di persone con ridotte o impedite capacità motorie in attesa dei soccorsi» [9].

Negli edifici esistenti la realizzazione di tali luoghi si rende necessaria soprattutto in presenza di edifici pluripiano e/o complessi nei quali l'estensione e l'articolazione degli spazi e dei piani, in relazione al numero di persone presenti, non consenta di pianificare un esodo immediato dall'edificio stesso.

Il concetto di spazio calmo riprende quello degli spazi resi sicuri mediante una loro compartimentazione, concetto presente anche nell'ambito della specifica normativa sull'abbattimento delle barriere architettoniche. Infatti, nell'art 4.6 del D.M. n. 236 del 1989 vengono indicate nel seguente modo le necessità poste con la sicurezza in caso d'incendio: «Qualsiasi soluzione progettata per garantire l'accessibilità o la visitabilità deve comunque prevedere un'adeguata distribuzione degli ambienti e specifici accorgimenti tecnici per contenere i rischi di incendio anche nei confronti di persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale.A tale fine dovrà essere, ove tecnicamente possibile e nel rispetto delle vigenti normative, la suddivisione dell'insieme edilizio in "compartimenti antincendio" piuttosto che l'individuazione di "sistemi di via d'uscita" costituiti da scale di sicurezza non utilizzabili dalle persone con ridotta o impedita capacità motoria.

La suddivisione in compartimenti,... omissis... deve essere effettuata in modo da prevedere ambienti protetti opportunamente distribuiti ed in numero adeguato, resistenti al fuoco e facilmente raggiungibili in modo autonomo da parte delle persone disabili, ove ottenere i soccorsi».

Lo spazio calmo non è solamente il luogo nel qua le la persona con disabilità attende i soccorsi esterni mentre tutti gli altri lasciano più o meno velocemente l'edificio, ma va considerato come una risorsa strutturale nella predisposizione del piano d'esodo: tornando all'esempio citato nei percorsi verticali, la presenza di attrezzature e/o ausili che facilitano le operazioni d'esodo può essere localizzata proprio all'interno o nelle immediate vicinanze dello spazio calmo dove, ad esempio, le operazioni di trasferimento dalla sedia a ruote elettronica a quella manuale possono avvenire all'interno di spazi e tempi congrui.

Il dimensionamento, la localizzazione e la scelta della compartimentazione o quella del singolo spazio calmo dipendono chiaramente dalle caratteristiche della struttura edilizia e dalle specifiche dell'attività svolta. In taluni casi è opportuno che uno spazio calmo, sufficientemente dimensionato, sia realizzato sulle scale di sicurezza esterne: ciò può avvenire o nel caso di istallazione di scale di sicurezza ex novo o nel caso di adegua mento.

[9] La definizione è stata introdotta dal D.M. 9 aprile 1994 (Regola tecnica di prevenzione incendi per la costruzione e l'esercizio delle attività ricettive turistico-alberghiere) e successivamente ripreso da altre norme.


D. Mobilità negli spazi esterni

In questa sezione si considera il percorso che la persona deve intraprendere, una volta uscita dall'ambiente in cui si trova, per raggiungere il punto di raccolta esterno. Riguardando prevalentemente la mobilità, per molti versi, questa sezione riprende concetti già espressi nella parte dedicata alla mobilità dei percorsi interni.

Occorre aggiungere che le misure gestionali di affiancamento e supporto non possono esaurirsi all'arrivo al punto di raccolta esterno: è opportuno, infatti, assicurarsi che la persona con disabilità sia consapevole del fatto di essere al sicuro e possa disporre degli ausili personali che le necessitano per l'espletamento delle attività basilari (comunicare, muoversi, ecc.).

 

5. Riferimenti normativi

I riferimenti normativi utilizzati nella redazione della check-list sono stati i seguenti:

- D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547 (Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro.)

- D.M. 14 giugno 1989, n. 236 (Prescrizioni tecniche necessarie a garantire l'accessibilità, l'adattabilità e la visitabilità degli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata e agevolata, ai fini del superamento e dell'eliminazione delle barriere architettoniche)

- D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626 (Attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE, 90/679/CEE, 93/88/CEE, 95/63/CE, 97/42, 98/24 e 99/38 riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro) e successive integrazioni.

- D.Lgs. n. 493 del 1996 (Attuazione della direttiva 92/58/CEE concernente le prescrizioni minime per la segnaletica di sicurezza e/o di salute sul luogo di lavoro).

- D.P.R. 24 luglio 1996, n. 503 (Regolamento recante norme per l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici, spazi e servizi pubblici)

- D.M. 10 marzo 1998 (Criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione dell'emergenza nei luoghi di lavoro).

- Circolare 1 marzo 2002, n. 4 (Linee guida per la valutazione della sicurezza antincendio nei luoghi di lavoro ove siano presenti persone disabili)

 

La sicurezza antincendio nei luoghi di lavoro: strumento di verifica e controllo (check-list)

IL RILIEVO


A. Percezione dell'allarme




DOMANDA


VERIFICA


POSSIBILE SOLUZIONE


FONTI

A.1


Se la valutazione del rischio ha evidenziato la necessità di installare un sistema di segnalazione sonoro di allarme, questo é stato installato?


SI


NO


NP


Installare un sistema di segnalazione sonoro di allarme compatibile con il tipo di edificio e di attività al suo interno.


D.M. 10 marzo 1998 All. IV

A.2


Il sistema di segnalazione sonoro di allarme risulta udibile in ogni ambiente?


SI


NO


NP


Adeguare o sostituire il sistema in modo che il livello sonoro del segnale, sia nettamente superiore al livello di fondo.


D.M. 10 marzo 1998 All. IV - D.Lgs. n. 493 del 1996 All. VII

A.3


Il sistema di segnalazione sonoro di allarme risulta inequivocabilmente riconoscibile?


SI


NO


NP


Definire un codice sonoro riconoscibile in caso di emergenza.


D.M. 10 marzo 1998 All. IV - D.Lgs. n. 493 del 1996 All. VII

A.4


Negli ambienti o situazioni in cui il solo allarme acustico non è sufficiente esiste un sistema ottico di segnalazione ad integrazione dei quello sonoro?


SI


NO


NP


Installare un sistema di segnalazione ottico di pericolo ad integrazione di quello sonoro


D.M. 10 marzo 1998 All. IV - D.Lgs. n. 493 del 1996 All. VI

A.5


Qualora siano presenti lavoratori con limitazioni delle capacità uditive o visive, eventualmente anche a causa dell'uso di mezzi di protezione individuale, sono presenti adeguate misure in grado di compensare tale situazione?


SI


NO


NP


Dotare la postazione/i del lavoratore/i interessato/i di un dispositivo a vibrazione con frequenza coerente con i codici utilizzati dagli altri sistemi (acustici ed ottici).


D.M. 10 marzo 1998 All. I All. IV

A.6


Sono previste condizioni in grado di compensare le eventuali carenze riscontrate, in attesa di una loro risoluzione?


SI


NO


NP


Definire le misure necessarie, anche di tipo gestionale, per compensare le eventuali carenze riscontrate, in attesa di una loro risoluzione.


D.Lgs. n. 626 del 1994 Art. 4


 

B. Orientamento durante l'esodo




DOMANDA


VERIFICA


POSSIBILE SOLUZIONE


FONTI

B.1


È presente la segnaletica che indichi le vie di fuga e le uscite di sicurezza?


SI


NO


NP


Installare o adeguare la segnaletica di sicurezza conformemente ai requisiti specifici del D.L.gs 493/96, che tenga conto dei diversi campi visivi delle varie tipologie di utenti (vedi figura 1).


D.P.R. n. 547 del 1955 Art. 13 - D.Lgs. n. 626 del 1994 Art. 33 - D.M. 10 marzo 1998 All. III

B.2


È presente segnaletica tattile sul piano di calpestio?


SI


NO


NP


Installare segnaletica sul piano di calpestio dove sono presenti ciechi assoluti.


D.P.R. n. 503 del 1996 Art. 1.2.c

 


Le vie e le uscite di emergenza sono dotate di un'illuminazione di sicurezza


SI


NO


NP


Segnalare adeguatamente le uscite di piano.


D.P.R. n. 547 del 1955 Art. 13 - D.Lgs. n. 626 del 1994 Art. 33 -

B.3


di intensità sufficiente e che entri in funzione in caso di guasto all'impianto elettrico?


 


 


 


Prevedere un sistema di illuminazione di emergenza con inserimento automatico in caso di interruzione dell'alimentazione di rete.


D.M. 10 marzo 1998 All. III

 


 


 


 


 


Realizzare un sistema integrato costituito almeno da percorsi-guida e mappe tattili che includa, tra le altre, la segnalazione di vie di fuga e di uscite di sicurezza.


 

B.4


È presente un sistema integrato per l'orientamento delle persone con disabilità visiva?


SI


NO


NP


Il percorso tattile deve condurre fino all'inizio delle scale di sicurezza o luogo sicuro.


D.P.R. n. 547 del 1955 Art. 13 - D.Lgs. n. 626 del 1994 Art. 33 -

 


 


 


 


 


Superate le uscite di sicurezza, il percorso guidato deve proseguire fino ad una distanza dall'edificio sufficiente ad evitare il coinvolgimento in crolli o altri possibili danni.


D.M. 10 marzo 1998 All. III

 


 


 


 


 


Se il sistema integrato è già presente, verificare che questo contenga le predette indicazioni, altrimenti deve essere adeguato.


 

B.5


Sul corrimano delle scale utilizzate per l'esodo sono presenti elementi, in siano in grado rilievo, che di identificare, con il tatto, la posizione raggiunta (es.


SI


NO


NP


Posizionare sul corrimano, alla fine di ciascuna rampa di scale, un'etichetta con l'indicazione, in rilievo, del numero del piano.


 

 


numero in rilievo riferito al piano)?


 


 


 


Realizzare sul corrimano un dispositivo idoneo a permettere la identificazione del numero di piano.


 

B.6


Sono previste condizioni in grado di compensare le eventuali carenze riscontrate, in attesa di una loro risoluzione?


SI


NO


NP


Definire le misure necessarie, anche di tipo gestionale, per compensare le eventuali carenze riscontrate, in attesa di una loro risoluzione.


D.Lgs. n. 626 del 1994 Art. 4


 

C.1. Porte dei locali di lavoro




DOMANDA


VERIFICA


POSSIBILE SOLUZIONE


FONTI

C.1.1


Nei locali ove siano presenti sino a 25 lavoratori, la porta è larga 0.80 m?


SI


NO


NP


Adeguare le aperture alla normative


D.P.R. n. 547 del 1955 art. 14 - D.Lgs. n. 626 del 1994 art. 33

C.1.2


Nei locali ove siano presenti lavoratori in numero compreso tra 26 e 50 c'è una porta larga 1,20 m?


SI


NO


NP


Adeguare le uscite di piano alle normative


D.P.R. n. 547 del 1955 art. 14 - D.Lgs. n. 626 del 1994 art. 33

C.1.3


Nei locali ove siano presenti lavoratori in numero compreso tra 51 e 100 c'è una porta larga 1.20 m ed una porta larga 0.80 m?


SI


NO


NP


Adeguare le uscite di piano alle normative. Ogni 50 persone in più si aggiunge un modulo da 0,60 m, cioè una porta da 0,80 m o per due moduli una porta da 1,20 m.


D.P.R. n. 547 del 1955 art. 14 - D.Lgs. n. 626 del 1994 art. 33

C.1.4


Nei locali ove sono presenti più di 100 lavoratori ci sono: una porta di 0.80 m, una porta di 1.20 m, una porta di 1.20 m ogni 50 lavoratori o frazione compresa tra 10 e 50 calcolata in eccedenza a 100?


SI


NO


NP


Adeguare le uscite di piano a quanto previsto dalla normativa


D.P.R. n. 547 del 1955 art. 14 - D.Lgs. n. 626 del 1994 art. 33

C.1.5


La larghezza minima della porta nei locali ove le lavorazioni e i materiali comportano pericolo di esplosione o specifico rischio d'incendio è pari a 1.20 m?


SI


NO


NP


Adeguare le aperture alla normativa secondo cui vi deve essere almeno una porta di larghezza 1,20 ogni cinque lavoratori.


D.P.R. n. 547 del 1955 art. 14 - D.Lgs. n. 626 del 1994 art. 33

C.1.6


Le singole ante delle porte hanno larghezza inferiore a 1.20 m.


SI


NO


NP


Portare le dimensioni delle ante ad una larghezza non superiore a 1.20 m.


D.M. n. 236 del 1989 Art. 8.1.1

C.1.7


Gli eventuali vetri presenti sulle porte sono collocati ad un'altezza di almeno 0.40 m dal pavimento?


SI


NO


NP


Ripristinare tale condizione, ovvero verificare che i vetri siano del tipo antisfondamento.


D.M. n. 236 del 1989 Art. 8.1.1

C.1.8


Le porte apribili nei due versi sono trasparenti o munite di pannelli trasparenti?


SI


NO


NP


Predisporre tali pannelli oppure modificare i serramenti affinché possano aprirsi in un solo verso.


D.P.R. n. 547 del 1955 art. 14 - D.Lgs. n. 626 del 1994 art. 33

C.1.9


Le porte trasparenti sono dotate di un segno identificativo all'altezza degli occhi?


SI


NO


NP


Apporre opportune segnalazioni di sicurezza poste ad un'altezza dal pavimento tra 1 m e 1.80 m [10].


D.P.R. n. 547 del 1955 art. 14 - D.Lgs. n. 626 del 1994 art. 33

C.1.10


Le superfici trasparenti delle porte sono realizzate con materiale di sicurezza affinché i lavoratori non rimangano feriti in caso di una loro rottura?


SI


NO


NP


Sostituire i materiali


D.P.R. n. 547 del 1955 art. 14 - D.Lgs. n. 626 del 1994 art. 33

 


Gli spazi antistanti e retrostanti le porte hanno dimensioni adeguate per la


 


 


 


- Rimuovere o riposizionare arredi e/o altri ostacoli;


 

C.1.11


manovra di una sedia a ruote considerando il tipo di apertura?


SI


NO


NP


- Collocare la porta in un'altra posizione;


D.M. n. 236 del 1989 Art. 8.1.1

 


 


 


 


 


- Invertire il senso di apertura della porta.


 

C.1.12


La pavimentazione degli spazi antistanti e retrostanti le porteè presenta complanare, ovvero un dislivello inferiore a 2,5 cm?


SI


NO


NP


Rendere complanare la pavimentazione degli spazi antistanti e retrostanti le porte.


D.M. n. 236 del 1989 Art. 8.1.2

C.1.13


La pavimentazione degli spazi antistanti e retrostanti è tale da non creare condizioni di scivolosità?


SI


NO


NP


- Sostituire la pavimentazione scivolosa degli spazi antistanti e retrostanti le porte.


D.M. n. 236 del 1989 Art. 8.1.2

 


 


 


 


 


- Intervenire con adattamenti che riducano la scivolosità.


Art. 8.1.2

C.1.14


La maniglia della porta è posta ad un'altezza compresa tra 85 e 95 cm?


SI


NO


NP


Posizionare le maniglie ad un'altezza compresa tra 85 e 95 cm (consigliata 90 cm)


D.M. n. 236 del 1989 Art. 8.1.1

C.1.15


La maniglia della porta è di tipo a leva, opportunamente curvata ed arrotondata e manovrabile con un "pugno chiuso"? [11]


SI


NO


NP


Sostituire le maniglie non adatte con altre del tipo a leva o modificare quelle esistenti: in entrambi i casi devono essere manovrabili con un "pugno chiuso"


 

C.1.16


Le porte possono essere aperte con uno sforzo inferiore a 8 kg (valore


SI


NO


NP


- Se presente, registrare o sostituire la molla di chiusura.


D.M. n. 236 del 1989 Art. 8.1.1

 


consigliato tra 2,5 e 3,5 kg)? [12]


 


 


 


- Sostituire la porta con una più leggera.


 

C.1.17


Le porte dotate di molla di chiusura consentono il fermo nella posizione aperta?


SI


NO


NP


Installare un fermo o sostituire la molla (se la porta è del tipo "resistente al Fuoco" tale fermo non è ammesso).


 

C.1.18


Sono presenti maniglioni per agevolare la chiusura della porta? [13]


SI


NO


NP


Posizionare un maniglione orizzontale di chiusura sul lato opposto al verso di apertura a 75 cm di altezza da terra. Il maniglione deve essere lungo almeno 40 cm e l'estremità più prossima al punto di rotazione della porta deve essere di 10 cm. Lo spazio libero tra il maniglione e il piano della porta deve essere di 5 cm.


 

C.1.19


Sono previste condizioni in grado di le eventuali carenze compensare riscontrate, in attesa di una loro risoluzione?


SI


NO


NP


Definire le misure necessarie, anche di tipo gestionale, per compensare le eventuali carenze riscontrate, in attesa di una loro risoluzione.


D.Lgs. n. 626 del 1994 Art. 4


[10] È questa una indicazione della fascia di altezza individuata in vari riferimenti bibliografici a cui giunge l'occhio di un bambino o di un adulto nella percezione di un elemento che può essere di ostacolo.

[11] La verifica può essere effettuata con il test del "pugno chiuso" (C.f.r. prima parte - Descrizione delle voci, par. C.2).

[12] La verifica può essere effettuata utilizzando un dinamometro (C.f.r. prima parte - Descrizione delle voci, par. C.2).

[13] Un serramento, benché non resistente al fuoco, può limitare il passaggio di fumi e gas, nonché la propagazione dell'incendio, da un ambiente all'altro per un certo tempo.

 

C.2. Porte installate lungo le vie di uscita ed in corrispondenza delle uscite di sicurezza




DOMANDA


VERIFICA


POSSIBILE SOLUZIONE


FONTI

C.2.1


Nei luoghi di lavoro a rischio d'incendio medio o basso, ove siano presenti sino a 50 lavoratori l'uscita di piano è larga 0.80 m?


SI


NO


NP


Adeguare le uscite di piano alle normative


D.M. 10 marzo 1998 All. III

C.2.2


Nei luoghi di lavoro a rischio d'incendio medio o basso, ove siano presenti da 51 a 100 lavoratori vi sono due uscite di piano larghe 0.80 m?


SI


NO


NP


Adeguare le uscite di piano alle normative


D.M. 10 marzo 1998 All. III

C.2.3


Nei luoghi di lavoro a rischio d'incendio medio o basso, ove siano presenti da 101 a 150 lavoratori vi sono due uscite di piano: una è larga 0.80 m e una 1,20 m?


SI


NO


NP


Adeguare le uscite di piano alle normative. Ogni 50 persone in più si aggiunge un modulo da 0,60 m, cioè una porta da 0,80 m o per due moduli una porta da 1,20 m.


D.M. 10 marzo 1998 All. III

C.2.4


Nelle aree interessate da specifici pericoli di esplosione e incendio, oppure laddove le lunghezze dei percorsi monodirezionali non sono rispettate, indipendentemente dall'affollamento vi sono almeno due uscite di piano?


SI


NO


NP


Adeguare le uscite di piano a quanto previsto dalla normativa.


D.M. 10 marzo 1998 All. III

 


 


 


 


 


Modificare il senso di apertura della porta.


 

C.2.5


Le porte sono apribili nel verso dell'esodo con facilità?


SI


NO


NP


(Qualora ciò possa determinare pericoli per passaggio di mezzi o per altre cause, adottare accorgimenti atti a garantire condizioni di sicurezza equivalente. Se l'area servita ha un affollamento superiore a 50 persone, oppure la porta è situata al piede o vicino al piede di una scala, oppure la porta serve un'area a elevato rischio di incendio si deve obbligatoriamente invertire il senso di apertura della porta.)


D.Lgs. n. 626 del 1994 Art. 33 - D.M 10 marzo 1998 All. III

C.2.6


Le porte sono apribili a "semplice spinta" dall'interno?


SI


NO


NP


Installare un dispositivo di apertura a "semplice spinta" dall'interno


D.Lgs. n. 626 del 1994 Art. 33 - D.M 10 marzo 1998 All. III

C.2.7


Il dispositivo di cui al punto precedente è posto ad un'altezza compresa tra 85 e 95 cm?


SI


NO


NP


Posizionarlo ad un'altezza compresa tra 85 e 95 cm (consigliata 90 cm)


D.M. n. 236 del 1989 Art. 8.1.1

 


Gli spazi antistanti e retrostanti le porte hanno dimensioni adeguate per la


 


 


 


- Rimuovere o riposizionare arredi e/o altri ostacoli.


 

C.2.8


manovra di una sedia a ruote considerando il tipo di apertura?


SI


NO


NP


- Collocare la porta in un'altra posizione.


D.M. n. 236 del 1989 Art. 8.1.1

 


 


 


 


 


- Invertire il senso di apertura della porta.


 

C.2.9


La pavimentazione degli spazi antistanti e retro-stanti le porteè presenta complanare, ovvero un dislivello inferiore a 2,5 cm?


SI


NO


NP


Rendere complanare la pavimentazione degli spazi antistanti e retrostanti le porte


D.M. n. 236 del 1989 Art. 8.1.1

C.2.10


La pavimentazione degli spazi antistanti e retrostanti è tale da non creare condizioni di scivolosità?


SI


NO


NP


- Sostituire la pavimentazione scivolosa degli spazi antistanti e retrostanti le porte.


D.M. n. 236 del 1989 Art. 8.1.1

 


 


 


 


 


- Intervenire con adattamenti che riducano la scivolosità.


 

C.2.11


Le porte dotate di molla di chiusura consentono il fermo nella posizione aperta?


SI


NO


NP


Installare un fermo o sostituire la molla (se la porta è del tipo "resistente al fuoco" tale fermo non è ammesso).


D.M. n. 236 del 1989 Art. 8.1.1

C.2.12


Sono previste condizioni in grado di carenze compensare le eventuali riscontrate, in attesa di una loro risoluzione?


SI


NO


NP


Definire le misure necessarie, anche di tipo gestionale, per compensare le eventuali carenze riscontrate, in attesa di una loro risoluzione.


D.Lgs. n. 626 del 1994 Art. 4


 

C.3. Percorsi orizzontali interni




DOMANDA


VERIFICA


POSSIBILE SOLUZIONE


FONTI

C.3.1


La pavimentazione composta da elementi complanari con eventuali risalti non superiori a 2,5 cm?


SI


NO


NP


Rendere complanare la pavimentazione del percorso [14].


D.M. n. 236 del 1989 Art. 8.1.2

 


 


 


 


 


Raccordare il dislivello (salto di quota) con una rampa avente le seguenti caratteristiche:


 

 


 


 


 


 


- pendenza = 8%;


 

 


 


 


 


 


- sviluppo lineare = a 6.25 m (n.b. vedi int.);


 

 


 


 


 


 


- larghezza < 90 cm;


 

 


 


 


 


 


- almeno un corrimano ad un'altezza compresa tra 90 e 100 cm;


 

C.3.2


Esistono dislivelli (salti di quota) lungo il percorso d'esodo?


SI


NO


NP


- presenza di cordolo sul lato privo di parapetto pieno (h < 10 cm, evidenziato con materiale e colore diverso da quello del piano di calpestio della rampa e non avente spigoli vivi);


D.M. n. 236 del 1989 Art. 8.1.11

 


 


 


 


 


- pavimentazione antisdrucciolo;


 

 


 


 


 


 


- adeguato contrasto visivo per segnalare l'inizio e la fine della rampa.


 

 


 


 


 


 


È sempre consigliabile, nell'ambito del più generale sistema integrato per l'orientamento (vedi parte relativa all'orientamento durante l'esodo), prevedere l'installazione di codici tattili che segnalino ulteriormente la presenza della rampa [15]


 

C.3.3


Gli elementi costituenti la pavimentazione hanno giunti di


SI


NO


NP


- Intervenire livellando i giunti di larghezza maggiori a 5 mm.


 

 


larghezza inferiore a 5 mm?


 


 


 


- Sostituire gli elementi della Pavimentazione.


 

C.3.4


Gli elementi costituenti la pavimentazione sono tali da non


SI


NO


NP


- Sostituire le pavimentazioni scivolose.


D.M. n. 236 del 1989 Art. 4.1.2

 


determinare condizioni di scivolosità?


 


 


 


- Intervenire con adattamenti che riducano la scivolosità.


Art. 8.1.2

C.3.5


La pavimentazione è realizzata con materiali che non creino condizioni di abbagliamento?


SI


NO


NP


- Intervenire sul sistema di illuminazione artificiale (es. schermare, riposizionare o calibrare l'intensità luminosa degli apparecchi illuminanti) e su quello di illuminazione naturale installando opportuni schermi e diffusori (es. tende).


 

 


 


 


 


 


- Trattare meccanicamente o chimicamente la pavimentazione in modo da ridurne la riflettività.


 

C.3.6


Il percorso d'esodo ha una larghezza minima di 100 cm?


SI


NO


NP


- Ampliare il percorso fino ad una larghezza adeguata.


D.M. n. 236 del 1989 Art. 8.1.11

 


 


 


 


 


- Riorganizzare il percorso d'esodo.


 

C.3.7


Sono presenti degli allargamenti atti a consentire l'inversione di marcia per una persona in sedia a ruote?


SI


NO


NP


- Creare, in base alle caratteristiche e alla lunghezza del percorso, allargamenti per consentire la rotazione di360° (minimo 150 cm X 150 cm).


 

 


 


 


 


 


- Riorganizzare il percorso.


 

C.3.8


I percorsi d'esodo sono liberi da arredi o ostacoli che riducono la larghezza utile del passaggio?


SI


NO


NP


- Eliminare gli ostacoli a terra e/o impostati ad un'altezza inferiore a 2 m.


D.M. 10 marzo 1998 All. III

 


 


 


 


 


- Riorganizzare la distribuzione degli arredi e delle attrezzature [16].


 

 


 


 


 


 


- Aggiungere all'ostacolo sospeso un elemento da estendere fino a terra.


 

C.3.9


Se sono presenti ostacoli non eliminabili (vedi punto precedente), essi sono rilevabili con un bastone?


SI


NO


NP


- Valutare l'opportunità della predisposizione di una segnalazione rilevabile da un bastone o dal tatto plantare che faccia da barriera d'avvertimento tattile.


D.M. n. 236 del 1989 Art. 8.1.11

C.3.10


Nel caso di rampe esistenti poste lungo il percorso d'esodo, rispondono alle caratteristiche elencate nel punto precedente?


SI


NO


NP


Adeguare le rampe esistenti.


D.M. n. 236 del 1989 Art. 8.1.11

C.3.11


Sono previste condizioni in grado di carenze compensare le eventuali riscontrate, in attesa di una loro risoluzione?


SI


NO


NP


Definire le misure necessarie, anche di tipo gestionale, per compensare le eventuali carenze riscontrate, in attesa di una loro risoluzione.


D.Lgs. n. 626 del 1994 Art. 4


[14] Benché la norma conceda un dislivello massimo pari a 2,5 cm, esperienze dimostrano che anche una tale piccola dimensione potrebbe determinare difficoltà, anche possibilità di inciampo per le persone che non se ne avvedono.

[15] Nel caso non sia possibile realizzare o adeguare rampe esistenti seguendo le indicazioni fornite, occorre prevedere opportune misure gestionali che assicurino la presenza di addetti alla sicurezza, opportunamente formati, con compiti di affiancamento alle persone con disabilità e dotati, a seconda delle peculiari esigenze della struttura analizzata, di ausili che ne facilitino il compito.

[16] I percorsi orizzontali interni d'esodo oltre ad avere alcune caratteristiche dimensionali di base, devono poter garantire un basso livello di tortuosità. Disporre di vie d'esodo sufficientemente ampie, ad andamento lineare e prive di ostacoli (fotocopiatrici, mobili, ecc.) che rendono tortuoso il percorso (ciò è determinante sia per assicurare l'esodo per es. ad un cieco che avanza lungo una parete del percorso sfiorandola con la mano, che in condizioni di bassa visibilità per tutti.

 

C.4. Percorsi verticali interni




DOMANDA


VERIFICA


POSSIBILE SOLUZIONE


FONTI

 


 


 


 


 


Adeguare il parapetto esistente.


D.P.R. n. 547 del 1955

C.4.1


Le scale sono dotate di parapetto di altezza minima pari a 100 cm?


SI


NO


NP


Sostituire il parapetto con uno ad altezza adeguata.


Art. 26 - D.M. n. 236 del 1989 - Art. 8.1.10

C.4.2


Il parapetto di cui al punto precedente è realizzato con elementi idonei ad essere inattraversabili da una sfera di diametro di 10 cm?


SI


NO


NP


Realizzare il parapetto in modo da evitare che gli elementi permettano di essere attraversati da una sfera del diametro di 10 cm.


D.M. n. 236 del 1989 Art. 8.1.10

C.4.3


La larghezza delle scale è di almeno


SI


NO


NP


Adeguare la scala esistente.


D.M. n. 236 del 1989

 


100 cm?


 


 


 


Utilizzare un'altra scala.


Art. 8.1.10

 


 


 


 


 


Riposizionare il corrimano all'altezza adeguata.


 

 


 


 


 


 


Installare un corrimano ad altezza adeguata.


 

C.4.4


Le scale sono dotate di almeno un corrimano posto ad un'altezza tra 90


SI


NO


NP


Fare continuare il corrimano lungo tutto lo sviluppo delle scale.


D.M. n. 236 del 1989 Art. 8.1.10

 


e 100 cm?


 


 


 


Estendere il corrimano in piano in corrispondenza di eventuale presenza di segnalazione tattile (vedi C.3.5)


 

 


I gradini delle scale presenti lungo il


 


 


 


Sostituire il rivestimento dei gradini


D.M. n. 236 del 1989

C.4.5


percorso d'esodo hanno una pedata antisdrucciolo?


SI


NO


NP


Intervenire con trattamenti superficiali antisdrucciolo


Art. 4.1.10

 


 


 


 


 


Installare una segnalazione tattile.


 

C.4.6


L'inizio e la fine di ogni rampa è indicata da un segnale a pavimento (fascia di materiale diverso o comunque percepibile anche da parte dei non vedenti) situato almeno a 30 cm dal primo e dall'ultimo scalino?


SI


NO


NP


Realizzare la segnalazione utilizzando materiali che assicurino un buon contrasto cromatico.


D.M. n. 236 del 1989 Art. 8.1.10

C.4.7


Lo spigolo di ciascun gradino presenta un contrasto di luminanza rispetto alla pedata pari almeno al 40%?


SI


NO


NP


Applicare un listello marcagradino di colore opportunamente contrastato.


 

C.4.8


L'illuminazione è realizzata con materiali che non creino condizioni di abbagliamento?


SI


NO


NP


Intervenire sul sistema di illuminazione artificiale (es. schermare, riposizionare o calibrare l'intensità luminosa degli apparecchi illuminanti) e su quello di illuminazione naturale installando opportuni schermi e diffusori.


 

C.4.9


Sono previste condizioni in grado di compensare le eventuali carenze riscontrate, in attesa di una loro risoluzione?


SI


NO


NP


Definire le misure necessarie, anche di tipo gestionale, per compensare le eventuali carenze riscontrate, in attesa di una loro risoluzione.


D.Lgs. n. 626 del 1994 Art. 4


 

C.5. Spazio calmo




DOMANDA


VERIFICA


POSSIBILE SOLUZIONE


FONTI

 


 


 


 


 


Realizzare uno spazio avente le seguenti caratteristiche:


 

 


 


 


 


 


 


 

 


 


 


 


 


- ubicato lungo il percorso d'esodo di piano;


 

 


 


 


 


 


- non deve determinare ostacoli alle vie di deflusso;


 

 


In un edificio pluripiano in cui le persone con disabilità non possono affrontare autonomamente il percorso


 


 


 


- dimensionato opportunamente in relazione alle necessità del luogo di lavoro;


 

C.5.1


verticale e nel quale non sia possibile,


SI


NO


NP


- protetto dagli effetti dell'incendio;


D.M. n. 236 del 1989

 


con le sole misure gestionali, garantire lo esodo immediato per tutti, esiste uno spazio nel quale è possibile attendere in sicurezza l'arrivo dei soccorsi?


 


 


 


- facilmente identificabilee riconoscibile sia dai soccorritori che dalle persone, in particolare con disabilità sensoriale;


Art. 4.6

 


 


 


 


 


- facilmente raggiungibile dalle squadre di soccorso;


 

 


 


 


 


 


- dotato di un sistema di comunicazione attivo anche nella fase d'emergenza e collegato con chi coordina o indirizza i soccorritori;


 

 


 


 


 


 


- il sistema di comunicazione deve essere accessibile e fruibile da tutti.


 

C.5.2


Nel caso siano presenti scale di sicurezza esterne o si rilevi la necessità di programmarne l'installazione, sono provviste di spazio calmo su ogni piano e con le caratteristiche elencate nel punto precedente?


SI


NO


NP


Adeguare o realizzare scale di sicurezza esterne dotate di spazio calmo.


 

C.5.3


Nel caso di spazi calmi già esistenti, essi rispondono alle caratteristiche elencate nel punto precedente?


SI


NO


NP


Adeguare gli spazi calmi esistenti.


 

C.5.4


Sono previste condizioni in grado di compensare le eventuali carenze riscontrate, in attesa di una loro risoluzione?


SI


NO


NP


Definire le misure necessarie, anche di tipo gestionale, per compensare le eventuali carenze riscontrate, in attesa di una loro risoluzione.


D.Lgs. n. 626 del 1994 Art. 4


 

D. Mobilità negli spazi esterni




DOMANDA


VERIFICA


POSSIBILE SOLUZIONE


FONTI

D.1


Il percorso d'esodo ha una pavimentazione composta da elementi complanari con eventuali risalti non superiori a 2 mm?


SI


NO


NP


Rendere complanare la pavimentazione del percorso.


 

D.2


Gli elementi costituenti la pavimentazione hanno giunti di larghezza inferiore a 5


SI


NO


NP


- Intervenire livellando i giunti di larghezza maggiori a 5 mm.


 

 


mm?


 


 


 


- Sostituire gli elementi della pavimentazione


 

D.3


Gli elementi costituenti la pavimentazione sono tali da non determinare condizioni


SI


NO


NP


- Sostituire le pavimentazioni scivolose.


D.M. n. 236 del 1989 Art. 8.2.2

 


di scivolosità?


 


 


 


- Intervenire con adattamentiche riducano la scivolosità.


 

D.4


Gli elementi costituenti la pavimentazione sono tali da non creare impedimenti al moto (ghiaia, terreno erboso, ecc.)?


SI


NO


NP


Intervenire sugli elementi costituenti la pavimentazione eliminandogli impedimenti al moto.


 

D.5


Il percorso è assistito da una guida tattile sul piano di calpestio?


SI


NO


NP


Installare una guida artificiale che conduca fino al luogo di raccolta.


 

 


 


 


 


 


Raccordare il dislivello (salto di quota) con una rampa avente le seguenti caratteristiche:


 

 


 


 


 


 


- pendenza = 5%;


 

 


 


 


 


 


- sviluppo lineare = a 6.25 m (n.b. vedi introduzione);


 

 


 


 


 


 


- larghezza < 90 cm;


 

 


 


 


 


 


- almeno un corrimano ad un'altezza compresa tra 90 e 100 cm;


 

D.6


Esistono dislivelli (salti di quota) lungo il percorso d'esodo?


SI


NO


NP


- presenza di cordolo sul lato privo di parapetto pieno (h < 10 cm, evidenziato con materiale e colore dal piano di calpestio della rampa e non avente spigoli vivi);


D.M. n. 236 del 1989 Art. 8.2.1

 


 


 


 


 


- pavimentazione antisdrucciolo;


 

 


 


 


 


 


- adeguato contrasto visivo per segnalare l'inizio e la fine della rampa.


 

 


 


 


 


 


È sempre consigliabile, nell'ambito del più generale sistema integrato per l'orientamento (vedi Orientamento durante l'esodo), prevedere l'installazione di codici tattili che segnalino ulteriormente la presenza della rampa [17].


 

D.7


Nel caso di rampe già esistenti lungo il percorso esterno, esse rispondono alle esigenze elencate nel punto precedente?


SI


NO


NP


Adeguare le rampe esistenti


 

D.8


Il percorso esterno è protetto da eventuali percorsi carrabili?


SI


NO


NP


Rivedere il sistema dei percorsi


 

D.9


Sono previste condizioni in grado di compensare le eventuali carenze riscontrate, in attesa di una loro risoluzione?


SI


NO


NP


Definire le misure necessarie, anche di tipo gestionale, per compensare le eventuali carenze riscontrate, in attesa di una loro risoluzione.


D.Lgs. n. 626 del 1994 Art. 4


[17] Nel caso non sia possibile realizzare o adeguare rampe esistenti, seguendo le indicazioni fornite, occorre prevedere opportune misure gestionali, che prevedano la presenza di addetti alla sicurezza con compiti di affiancamento alle persone con disabilità, opportunamente formati e dotati, a seconda delle peculiari esigenze della struttura analizzata, di ausili che ne facilitino il compito.

 

D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626
D.M. 14 giugno 1989, n. 236
D.M. 10 marzo 1998
D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547
 

MINISTERO DELL'INTERNO

DECRETO 3 novembre 2004

Disposizioni relative all'installazione ed alla manutenzione dei dispositivi per l'apertura delle porte installate

lungo le vie di esodo, relativamente alla sicurezza in caso d'incendio. (G.U. n. 271 del 18.11.2004)

IL MINISTRO DELL'INTERNO

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n.

547, recante «Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro»;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 29 luglio 1982, n.

577, recante «Approvazione del regolamento concernente l'espletamento

dei servizi di prevenzione e vigilanza antincendio»;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 21 aprile 1993, n.

246, recante «Regolamento di attuazione della direttiva 89/106/CEE

relativa ai prodotti da costruzione»;

Visto il decreto legislativo del 19 settembre 1994, n. 626, recante

«Attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE,

89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE, 90/679/CEE

riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei

lavoratori sul luogo di lavoro»;

Visto il decreto legislativo del 19 marzo 1996, n. 242, recante

«Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 19 settembre 1994,

n. 626, recante attuazione di direttive comunitarie riguardanti il

miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo

di lavoro»;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 12 gennaio 1998,

n. 37, recante «Regolamento per la disciplina dei procedimenti

relativi alla prevenzione incendi, a norma dell'art. 20, comma 8,

della legge 15 marzo 1997, n. 59»;

Visto il decreto interministeriale 10 marzo 1998, recante «Criteri

generali di sicurezza antincendio e per la gestione dell'emergenza

nei luoghi di lavoro»;

Visto il proprio decreto 4 maggio 1998, recante «Disposizioni

relative alle modalita' di presentazione ed al contenuto delle

domande per l'avvio dei procedimenti di prevenzione incendi, nonche'

all'uniformita' dei connessi servizi resi dai Comandi provinciali dei

Vigili del fuoco»;

Visto il parere favorevole espresso dal Comitato centrale tecnico

scientifico per la prevenzione incendi di cui all'art. 10 del decreto

del Presidente della Repubblica 29 luglio 1982, n. 577, nella

riunione n. 261 del 9 aprile 2003;

Considerato che i dispositivi di apertura manuale posti sulle porte

installate lungo le vie di esodo delle opere soggette al rispetto del

requisito essenziale n. 2 «Sicurezza in caso di incendio» devono

essere conformi a quanto previsto dal decreto del Presidente della

Repubblica 21 aprile 1993, n. 246;

Ritenuta la necessita' di provvedere all'emanazione di norme e

criteri per l'installazione e la manutenzione dei dispositivi

antipanico e dei dispositivi per le uscite di emergenza;

Espletata, con notifica 2003/186/I la procedura di informazione di

cui alla direttiva 98/34/CE, modificata dalla direttiva 98/48/CE;

Decreta:

Art. 1.

Oggetto - Campo di applicazione

Il presente decreto stabilisce i criteri da seguire per la scelta

dei dispositivi di apertura manuale, di seguito denominati

«dispositivi», delle porte installate lungo le vie di esodo nelle

attivita' soggette al controllo dei Vigili del fuoco ai fini del

rilascio del certificato di prevenzione incendi, quando ne sia

prevista l'installazione.

I dispositivi di cui al comma precedente devono essere conformi

alle norme UNI EN 179 o UNI EN 1125 o ad altre a queste equivalenti,

secondo quanto disposto nel successivo art. 3.

Art. 2.

Definizioni

Ai fini del presente decreto, si riportano le definizioni di cui ai

riferimenti in premessa, come segue :

a) via di emergenza (o via di esodo, o di uscita, o di fuga):

percorso senza ostacoli al deflusso che consente alle persone che

occupano un edificio o un locale di raggiungere un luogo sicuro;

b) uscita di emergenza: passaggio che immette in un luogo sicuro;

c) uscita di piano: uscita che consente alle persone di non

essere ulteriormente esposte al rischio diretto degli effetti di un

incendio e che puo' configurarsi come segue:

c.1) uscita che immette direttamente in un luogo sicuro;

c.2) uscita che immette in un percorso protetto attraverso il

quale puo' essere raggiunta l'uscita che immette in un luogo sicuro;

c.3) uscita che immette su di una scala esterna;

d) luogo sicuro: luogo dove le persone possono ritenersi al

sicuro dagli effetti di un incendio;

e) percorso protetto: percorso caratterizzato da una adeguata

protezione contro gli effetti di un incendio che puo' svilupparsi

nella restante parte dell'edificio. Esso puo' essere costituito da un

corridoio protetto, da una scala protetta o da una scala esterna.

Art. 3.

Criteri di installazione

Ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 21 aprile

1993, n. 246, i dispositivi di cui all'art. 1 devono essere muniti di

marcatura CE.

In particolare, fatti salvi gli adempimenti previsti da specifiche

regole tecniche di prevenzione incendi, l'installazione dei

dispositivi di cui all'art. 1 e' prevista nei seguenti casi:

a) sulle porte delle vie di esodo, qualora sia prevista

l'installazione di dispositivi e fatto salvo il disposto di cui

all'art. 5, devono essere installati dispositivi almeno conformi alla

norma UNI EN 179 o ad altra a questa equivalente, qualora si

verifichi una delle seguenti condizioni:

a.1) l'attivita' e' aperta al pubblico e la porta e'

utilizzabile da meno di 10 persone;

a.2) l'attivita' non e' aperta al pubblico e la porta e'

utilizzabile da un numero di persone superiore a 9 ed inferiore a 26;

b) sulle porte delle vie di esodo, qualora sia prevista

l'installazione di dispositivi e fatto salvo il disposto di cui

all'art. 5, devono essere installati dispositivi conformi alla norma

UNI EN 1125 o ad altra a questa equivalente, qualora si verifichi

almeno una delle seguenti condizioni:

b.1) l'attivita' e' aperta al pubblico e la porta e'

utilizzabile da piu' di 9 persone;

b.2) l'attivita' non e' aperta al pubblico e la porta e'

utilizzabile da piu' di 25 persone;

b.3) i locali con lavorazioni e materiali che comportino

pericoli di esplosione e specifici rischi d'incendio con piu' di 5

lavoratori addetti.

Art. 4.

Commercializzazione, installazione e manutenzione dei dispositivi

La commercializzazione, l'installazione e la manutenzione dei

dispositivi deve essere realizzata attraverso l'osservanza dei

seguenti adempimenti:

a) per il produttore:

a.1) fornire le istruzioni per la scelta in relazione

all'impiego per l'installazione e la manutenzione;

b) per l'installatore:

b.1) eseguire l'installazione osservando tutte le indicazioni

per il montaggio fornite dal produttore del dispositivo;

b.2) redigere, sottoscrivere e consegnare all'utilizzatore una

dichiarazione di corretta installazione con esplicito riferimento

alle indicazioni di cui al precedente punto b.1);

c) per il titolare dell'attivita':

c.1) conservare la dichiarazione di corretta installazione;

c.2) effettuare la corretta manutenzione del dispositivo

osservando tutte le istruzioni per la manutenzione fornite dal

produttore del dispositivo stesso;

c.3) annotare le operazioni di manutenzione e controllo sul

registro di cui all'art. 5, comma 2, del decreto del Presidente della

Repubblica 12 gennaio 1998, n. 37.

Art. 5.

Termini attuativi e disposizioni transitorie

I dispositivi non muniti di marcatura CE, gia' installati nelle

attivita' di cui all'art. 3 del presente decreto, sono sostituiti a

cura del titolare in caso di rottura del dispositivo o sostituzione

della porta o modifiche dell'attivita' che comportino un'alterazione

peggiorativa delle vie di esodo o entro sei anni dalla data di

entrata in vigore del presente decreto.

La manutenzione dei dispositivi di cui al comma precedente dovra'

comunque garantire il mantenimento della loro funzionalita'

originaria e dovra' essere effettuato quanto prescritto al punto c.3)

dell'art. 4.

Il presente decreto sara' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della

Repubblica italiana ed entrera' in vigore novanta giorni dopo la

pubblicazione.

Roma, 3 novembre 2004

Il Ministro: Pisanu

 

   

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