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Il D.Lgs. n. 626/94 e il D.Lgs. n. 81/2008: il nuovo corso della sicurezza

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Il D.Lgs. n. 626/94 e il D.Lgs. n. 81/2008: il nuovo corso della sicurezza

1 Introduzione
Il nuovo modello di impresa sicura che ci è stato consegnato si presenta fortemente innovato rispetto al passato, primariamente in termini di "valori" e di "filosofia" della tutela. Si tratta invero di un modello sinergico e compartecipativo tra i vari soggetti direttamente investiti, a vario titolo e con aree di responsabilità differenziate, dei problemi connessi alla sicurezza e alla salute sul luogo di lavoro (datore di lavoro, lavoratori e loro rappresentanze, medico competente, servizi di prevenzione), ma di un modello del pari sensibile agli aspetti di individualizzazione della prevenzione e della protezione finanche nei confronti di un solo lavoratore, secondo quanto ancora dispone l' art. 2087 c.c. , unanimemente riconosciuto dalla dottrina e dalla giurisprudenza quale norma di chiusura del sistema di prevenzione degli infortuni e di igiene del lavoro (1).
La normativa che, sul piano generale, ebbe a dare soddisfacimento a tali esigenze fu il D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, il quale tendeva a far convergere i soggetti della sicurezza su una piattaforma di base costituita da valori e principi innegabilmente e unanimemente condivisibili.
Con il D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, i beni della "prevenzione" e della "protezione" furono per la prima volta elevati ad obiettivi di programma, al cui perseguimento tutti i protagonisti del mondo del lavoro sono obbligatoriamente chiamati - sia pure a livelli differenziati - a dare il proprio contributo, per il raggiungimento del fine generale - che era indicato dalla stessa intitolazione del decreto legislativo - del "miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro".
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(1) Per l'esame della collocazione sistematica dell' art. 2087 c.c., nel quadro normativo attuale, si rimanda a P. Soprani, L'art. 2087 c.c.: una norma di impostazione europea, in ASL, Il Sole 24 Ore Ed., n. 7/99, p. 104.

2 Le innovazioni introdotte dal D.Lgs. 626/1994 e dal D.Lgs. n. 81/2008
Il D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626 traeva la sua legittimazione legislativa da due leggi-delega (L. 19 febbraio 1992, n. 142 e L. 22 febbraio 1994, n. 146), con le quali il Governo aveva avuto l'incarico di predisporre e approvare il testo legislativo di recepimento delle Direttive comunitarie di riferimento, nel rispetto di alcuni principi e criteri direttivi, così come dispone l' art. 76 Cost.. Tra i principi e i criteri direttivi che, nell'ambito della citata L. 19 febbraio 1992, n. 142, avevano valenza prevenzionale, si possono menzionare:
- la previsione ( art. 2, lett. d)) di un sistema sanzionatorio penale ed amministrativo per le infrazioni ai decreti legislativi attuativi delle Direttive comunitarie, improntato ad un criterio di gradualità della sanzione, limitando il ricorso allo strumento sanzionatorio penale alla violazione di interessi generali dell'ordinamento giuridico italiano, da individuarsi sulla base della tipizzazione legislativa e di settore già operata dall' art. 34 e dall' art. 35, L. 24 novembre 1981, n. 689 (prima legge-quadro di depenalizzazione);
- la previsione ( art. 43, comma 1):
- del rispetto del livello minimo di protezione più favorevole per la sicurezza e la salute dei lavoratori, eventualmente previsto dalla legislazione italiana (obiettivo sancito nel secondo "considerando" della Dir. 12 giugno 1989, n. 89/391/CEE);
- della definizione delle forme organizzative di sicurezza a livello aziendale e delle forme di cooperazione dei lavoratori al processo prevenzionale;
- della fissazione di misure di sicurezza in presenza di condizioni particolari di rischio;
- del necessario coordinamento tra le funzioni esercitate dallo Stato e quelle esercitate nella materia dalle Regioni, dai Comuni e dalle Unità sanitarie locali, anche al fine di assicurare unità di indirizzi ed omogeneità di comportamenti in tutto il territorio nazionale nell'applicazione delle disposizioni in materia di sicurezza del lavoro;
- di una cura particolare da parte di enti ed istituzioni nell'attività di informazione, consulenza ed assistenza in materia antinfortunistica e prevenzionale, con particolare riferimento alle piccole e medie imprese;
- della creazione di un sistema informativo generale di archiviazione - e possibilità di elaborazione - dei dati relativi ai rischi e ai danni derivanti dall'attività lavorativa.
Si tratta di criteri e principi di grande valenza sociale e culturale, i quali hanno costituito la piattaforma di base del processo di allineamento con gli standard europei nel settore del diritto penale del lavoro, al fine di dar vita a un sistema di efficace - ed effettiva - tutela della salute e della sicurezza nell'ambiente di lavoro.
Il D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, al fine di perseguire il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro, aveva introdotto numerose innovazioni rispetto al passato, anche a seguito delle numerose modifiche, operate prima dal D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242 (decreto legislativo integrativo e correttivo, emanato ai sensi dell' art. 1, comma 5, della citata L. 22 febbraio 1994, n. 146), e in seguito dal D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 359 in materia di attrezzature di lavoro; dal D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 66 in tema di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro; dalla L. 29 dicembre 2000, n. 422 (legge comunitaria 2000), in materia di attrezzature munite di videoterminali; dal D.Lgs. 2 febbraio 2002, n. 25, in tema di protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori contro i rischi derivanti da agenti chimici durante il lavoro; dalla L. 1 marzo 2002, n. 39 (legge comunitaria
2001), in materia di valutazione dei rischi e di RSPP e relativo Servizio di prevenzione e protezione dai rischi professionali sul luogo di lavoro; dalla L. 3 febbraio 2003, n. 14 (legge comunitaria 2002), in materia di lavoro ai videoterminali; dal D.Lgs. 12 giugno 2003, n. 233, in tema di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione ad atmosfere esplosive; dal D.Lgs. 8 luglio 2003, n. 235, in tema di attrezzature di lavoro per l'esecuzione di lavori temporanei in quota; dal D.Lgs. 10 aprile 2006, n. 195, in tema di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione al rumore; dal D.Lgs. 25 luglio 2006, n. 257, in tema di protezione dei lavoratori dai rischi derivanti dall'esposizione all'amianto; dal D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 257, in tema di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione a campi elettromagnetici; dalla L. 3 agosto 2007, n. 123, in tema di appalti intra ed extra aziendali e di attribuzioni del
Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
Le innovazioni principali si possono elencare come segue:
1. principio di "circolarità" della sicurezza, derivante dalla generale applicabilità del decreto legislativo a tutti i settori di attività pubblici e privati, con una dizione normativa più ampia di quelle precedenti (2);
2. definizione della figura del datore di lavoro, sia privato sia pubblico (3), nonché riformulazione delle definizioni di lavoratore e di medico competente;
3. introduzione di nuove figure aziendali (responsabile del servizio di prevenzione e protezione, rappresentante (dei lavoratori) per la sicurezza);
4. obbligo di procedere all'attività di valutazione dei rischi e di elaborare, all'esito di essa, le procedure di lavoro da trasfondere in un documento programmatico-operativo con finalità primariamente prevenzionali (cd. Piano di sicurezza);
5. creazione di un organismo (Servizio di prevenzione e protezione) deputato in via istituzionale e permanente a compiti di assoluto rilievo prevenzionistico (tra gli altri si segnalano l'individuazione e la valutazione dei fattori di rischio e delle misure per la sicurezza e la salubrità degli ambienti di lavoro; l'elaborazione delle misure preventive e protettive e delle procedure di sicurezza per le attività aziendali; il coinvolgimento nell'informazione e nella formazione dei lavoratori).
Accanto alle innovazioni di rilievo, riguardanti il modello di organizzazione del lavoro nel suo complesso, il D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626 aveva poi inciso in alcuni ambiti particolari, tra i quali si segnalano:
- quello inerente alla formazione/informazione dei lavoratori, quale momento preliminare essenziale per una collaborazione compartecipata e sinergica con il datore di lavoro (e con il Servizio prevenzione e protezione dai rischi), anche a mezzo del rappresentante per la sicurezza;
- quello relativo alla sorveglianza sanitaria, la quale è stata sistematizzata e affidata alle cure e alla vigilanza sanitaria del medico competente;
- quello relativo all'individuazione di specifici rischi professionali (elettrico e da videoterminale, fisico, chimico, biologico, da agenti cancerogeni, di incendio) e di situazioni di pericolo per l'incolumità, la sicurezza, la salute dei lavoratori (prevenzione incendi, evacuazione, pronto soccorso);
- quello della specifica disciplina di alcuni aspetti aventi rilievo fondamentale in termini prevenzionali e di protezione:
a) movimentazione dei carichi;
b) uso delle attrezzature da lavoro;
c) dotazione e uso dei dispositivi di protezione individuali.
Il legislatore del 1994, sulla scia di quello europeo, aveva poi concentrato in capo a ciascun lavoratore un complesso di nuovi diritti e di obblighi, al fine di responsabilizzarli da un lato, ma di consentire loro dall'altro di poter essere protagonisti di quel modello compartecipato della sicurezza sul luogo di lavoro portato dalle Direttive comunitarie.
Sotto il primo aspetto, si pensi all' art. 14, comma 1, D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626: norma che, in caso di pericolo grave, immediato e inevitabile, consentiva al lavoratore di allontanarsi dal posto di lavoro o dalla zona pericolosa, senza che di tale condotta egli possa subire pregiudizio; tanto sul piano della responsabilità contrattuale quanto sotto il profilo più strettamente disciplinare. Si pensi altresì al successivo comma 2 di detta norma, il quale riconosceva per la prima volta esplicitamente al lavoratore la facoltà, in caso di pericolo grave e immediato e nell'impossibilità di contattare il competente superiore gerarchico, di prendere misure per evitarne le conseguenze, con il solo limite, sul piano della responsabilità individuale, di avere agito con estrema leggerezza (colpa grave dovuta a negligenza).
Sotto il secondo aspetto, ossia quello della compartecipazione responsabile, il legislatore ha finanche inteso forzare la mano, come è avvenuto in tema di rifiuto della designazione a componente della squadra di emergenza ( art. 12, comma 3) e di addestramento professionale ( art. 39 e art. 44), assoggettando a pena la condotta ingiustificatamente riottosa dei lavoratori.
Per altro verso, con il varo del D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, le tematiche della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro acquisirono piena dignità e valenza sociale, posto che la nuova legislazione di matrice comunitaria - in conformità con le indicazioni del Consiglio europeo - rappresenta "un elemento concreto nell'ambito della realizzazione della dimensione sociale del mercato interno" (4)di ciascuno Stato membro dell'UE.
La struttura del D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626 era corposa e variamente articolata: il decreto era formato da quindici titoli, suddivisi in una parte generale (Titolo I), una parte speciale (Titoli da II a VIII-bis), una parte sanzionatoria (Titolo IX) e una parte finale (Titolo X).
La parte generale si apriva con l'affermazione di principio della generale indifferenziata applicabilità del D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626 a tutti i settori di attività pubblici e privati (cd. principio di "circolarità"), ed affrontava poi il tema preliminare dei soggetti protagonisti del sistema sicurezza, collocandolo in un contesto definitorio; erano poi elencate le misure generali di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, e a seguire gli obblighi che, sempre sul piano generale, incombevano sui soggetti già definiti (datore di lavoro, dirigenti, preposti, lavoratori), così come su quelli non allineati al rapporto di lavoro (progettisti, fabbricanti, fornitori, installatori). Il testo di legge disciplinava poi la struttura e i compiti del Servizio di prevenzione e protezione; dettava le regole per prevenire e fronteggiare le più comuni situazioni di pericolo per l'incolumità, la sicurezza, la salute dei lavoratori (prevenzione incendi, evacuazione, pronto
soccorso); regolamentava alcuni ambiti di fondamentale importanza nell'ottica di gestione della sicurezza (sorveglianza sanitaria, consultazione, partecipazione, informazione e formazione dei lavoratori); codificava infine alcuni aspetti legati all'azione degli organi di vigilanza e di rappresentanza sociale, e di quelli di coordinamento.
La parte speciale si apriva con la disciplina dei luoghi di lavoro, e dei requisiti di sicurezza e di salute che essi dovevano possedere, anche con riguardo ai lavoratori disabili. Seguivano la disciplina delle attrezzature di lavoro (riformata con il D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 359 e il D.Lgs. 8 luglio 2003, n. 235), e le disposizioni che regolavano l'uso dei DPI (dispositivi di protezione individuale), la movimentazione manuale dei carichi, la protezione dagli agenti fisici (rumore e campi elettromagnetici), l'uso di attrezzature munite di videoterminali, la protezione dai rischi connessi all'esposizione all'amianto, la protezione contro gli agenti cancerogeni e mutageni, dagli agenti chimici e dagli agenti biologici, e dalle atmosfere esplosive.
La parte sanzionatoria conteneva l'enunciazione delle sanzioni stabilite per ciascuna violazione, accorpate secondo fasce sanzionatorie omogenee, correlate alla gravità oggettiva del fatto e alla qualifica del contravventore (datore di lavoro, dirigente, preposto, progettista, fabbricante, installatore, medico competente, lavoratore).
La parte finale era costituita dalle disposizioni transitorie e finali.
L'articolato era corredato da 23 Allegati, di vario contenuto, che ad esso si rapportavano. Ne risultava complessivamente un "modello di impresa sicura" che bene si integrava, sia sul piano giuridico sia su quello operativo, tanto con la legislazione di prevenzione degli infortuni e di igiene del lavoro precedente (la cui perdurante vigenza era stata quasi integralmente riaffermata), quanto con quella emanata durante gli anni '90 e, successivamente, fino ai giorni nostri (5).
Peraltro in data 1 aprile 2008 il Governo ha varato in via definitiva il Testo Unico in materia di salute e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro (D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 - G.U. n. 101 del 30 aprile 2008 - s.o.). L'atto di definitiva approvazione - lo schema preliminare del decreto legislativo era stato licenziato il 6 marzo - è stato l'ultimo anello di una catena di provvedimenti susseguitisi in tempi assai ristretti (Parere della Conferenza Stato-Regioni in data 12 marzo; Parere della Commissione permanente lavoro della Camera in data 18 marzo; Parere della Commissione permanente lavoro del Senato in data 20 marzo). A determinare in via risolutiva il Governo all'emanazione del provvedimento, è stata la tragica catena di morti, avvenuta anche con modalità che hanno profondamente scosso l'opinione pubblica: basti pensare al tragico rogo della Thyssenkrupp del 6 dicembre 2007, o ai 5 morti nell'autocisterna di zolfo nella zona industriale di Molfetta del 3-4 marzo 2008.
Nondimeno l'emorragia di vittime sul lavoro - sia pure in lieve flessione - è inarrestabile, come denotano le statistiche annuali INAIL. Nondimeno, erano 30 anni che si parlava di Testo Unico della sicurezza sul lavoro, senza che si fosse riusciti a pervenire ad un approdo legislativo. La L. 3 agosto 2007, n. 123 (G.U. n. 185 del 10 agosto), approvata in via definitiva dalla Camera dei deputati il 1 agosto 2007, costituiva infatti, in ordine di tempo, il terzo tentativo di riassetto e di riforma della normativa in materia: il primo era stato operato con l'art. 24, L. 23 dicembre 1978, n. 833 di istituzione del Servizio sanitario nazionale, e il secondo con l'art. 3, L. 29 luglio 2003, n. 229 (legge di semplificazione amministrativa per l'anno 2001), cui era seguito il T.U. "Berlusconi", peraltro ritirato il 3 maggio 2005 dopo avere incassato il parere negativo sia della Conferenza Stato-Regioni (3 marzo 2005), sia del Consiglio di Stato (31 gennaio-7 aprile 2005).
Peraltro l'esigenza di procedere all'adozione di un Testo Unico in materia di sicurezza sul lavoro (di seguito denominato anche "TUSIC"), avente anche una valenza codicistica (intendendosi per "codice" un provvedimento che operi, al contempo, la revisione e la raccolta di tutte le norme di settore di rango legislativo, con l'obiettivo del riordino e dell'unificazione della disciplina) era stata da tempo qualificata come urgente e indifferibile, sia dalle più alte Istituzioni dello Stato (Presidenza della Repubblica, Parlamento e Governo), sia dalla Commissione parlamentare di inchiesta sugli infortuni sul lavoro (con particolare riguardo alle cd. "morti bianche"), costituita nel marzo 2005, la cui Relazione finale, approvata nella seduta dell'8 marzo 2006 già ribadiva, nelle considerazioni conclusive, il persistere di tale "prima esigenza fondamentale".
D'altro canto si deve convenire che erano via via maturati i tempi per un intervento di codificazione normativa sistemica: infatti la legislazione italiana, per effetto del recepimento, nell'ultimo ventennio, delle Direttive comunitarie di settore, era divenuta un corpo legislativo frammentato e complesso, il quale si era progressivamente affiancato - e in parte sovrapposto- alla legislazione precedente emanata per lo più nella seconda metà degli anni ‘50, e in gran parte ancora vigente, sebbene improntata a principi di logica giuridica estremamente diversi rispetto all'impianto legislativo comunitario.
L'esigenza di una ridefinizione organica della materia derivava poi anche dal profondo mutamento del contesto economico e sociale, nonché dalle esperienze applicative sinora maturate, sia a livello professionale, sia a livello Giurisprudenziale.
La prima valutazione generale relativa all'esercizio della delega legislativa conferita dall'art. 1, L. 3 agosto 2007, n. 123 è che, sebbene nell'intitolazione di essa non si parli formalmente di "Testo Unico" (e pur essendosi riconosciuta al Governo la facoltà di emanare una pluralità di provvedimenti: "uno o più decreti legislativi per il riassetto e la riforma delle disposizioni vigenti in materia di salute e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro"), la soluzione finale è stata quella di prevenire ad un unico testo normativo, più coerente con l'idea di Testo Unico.
Il testo approvato in data 1 aprile 2008 (il termine per l'esercizio della delega era fissato al 25 maggio 2008, ma la crisi di Governo e la scadenza elettorale hanno accelerato i tempi), al pari della riforma varata dal precedente Governo di centro-destra, ha una valenza sia unificatrice (di "riassetto"), sia codicistica (di "riforma") della normativa in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro. L'art. 1, comma 6, L. 3 agosto 2007, n. 123 prevedeva poi la possibilità per il Governo di adottare ulteriori disposizioni integrative e correttive entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del nuovo provvedimento, cioè entro il 15 maggio 2009 (poi slittato di tre mesi, al 15 agosto, ai sensi dell'art. 1, comma 5 stessa legge); tale facoltà è stata esercitata con l'emanazione del D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106 ("Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81" - G.U. n. 180 del 5 agosto 2009, s.o.: di seguito denominato anche
"TUSIC-BIS").
Il "TUSIC" risulta composto di 306 articoli, distribuiti in 13 Titoli, e di 51 Allegati. Peraltro la parte più significativa, sotto il profilo riformatore, è costituita dal Titolo I (Principi Comuni: artt. 1 - 61) e dal Titolo XII (Disposizioni in materia penale e di procedura penale: artt. 298 - 302 bis).
IL TITOLO PRIMO
Dopo avere esplicitato il criterio di esercizio della delega legislativa, è stata inserita la cd. "clausola di cedevolezza" (1, comma 2), al fine di rendere l'intervento legislativo compatibile con l'attuale sistema di competenze legislative ripartite di cui all'art. 117 Cost. e con gli statuti delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano.
Nell'ambito del contesto definitorio (art. 2) è innovativa la definizione di "lavoratore", in quanto svincolata dalla tipologia contrattuale e dall'elemento della retribuzione, e agganciata funzionalmente all'organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato.
Recependo orientamenti Giurisprudenziali e di prassi, è stato ricompreso nell'area del lavoro subordinato per equiparazione il socio lavoratore di cooperativa o di società, anche di fatto, che presta la sua attività per conto delle società e dell'ente stesso; l'associato in partecipazione; il soggetto beneficiario delle iniziative di tirocini formativi e di orientamento di cui alla L. 24 giugno 1997, n. 196 ed alle specifiche disposizioni delle leggi regionali; i volontari del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco e della protezione civile; i lavoratori socialmente utili. Peraltro, nei riguardi delle cooperative sociali di cui alla L. 8 novembre 1991, n. 381, e delle organizzazioni di volontariato della protezione civile, ivi compresi i volontari della Croce Rossa Italiana e del Corpo Nazionale soccorso alpino e speleologico, e i volontari dei vigili del fuoco, le disposizioni del Testo Unico si applicano, ai sensi dell’art. 3-bis, “tenendo conto delle particolari modalità di
svolgimento delle rispettive attività, individuate entro il 31 dicembre 2010 con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Dipartimento della protezione civile e il Ministero dell’interno, sentita la Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro”.
Quanto ai volontari di cui alla L. 11 agosto 1991, n. 266 (intendendosi per attività di volontariato quella prestata in modo personale, spontaneo e gratuito, tramite l'organizzazione di cui il volontario fa parte, senza fini di lucro anche indiretto ed esclusivamente per fini di solidarietà, e in assenza di retribuzione), ed ai volontari che effettuano servizio civile, nei loro confronti si applicano le disposizioni relative ai lavoratori autonomi (art. 3, comma 12-bis e 21 del TUSIC).
La definizione di datore di lavoro è ora ancorata alla responsabilità dell'organizzazione di lavoro (non più all'impresa), e la titolarità dei poteri decisionali e di spesa deve essere verificata, secondo il principio di effettività, in termini di suo concreto esercizio. Nel settore pubblico, si è opportunamente stabilito che, in caso di omessa individuazione, o di individuazione non conforme ai criteri dettati dal Testo Unico, il datore di lavoro coincide con l'organo di vertice.
Molte le definizioni formulate ex novo: "azienda", "dirigente", "preposto", "sorveglianza sanitaria", "salute", "responsabile del servizio di prevenzione e protezione", "addetto al servizio di prevenzione e protezione", "valutazione dei rischi", "pericolo", "rischio", "norma tecnica", "buone prassi", " linee guida", "formazione", "informazione", "addestramento", "organismi paritetici", "Responsabilità sociale delle imprese". Di particolare rilievo la definizione di "modello di organizzazione e di gestione", allineato alle disposizioni del D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231.
Il principio dell'applicabilità del Testo Unico a tutti i lavoratori e lavoratrici, subordinati e autonomi, nonché ai soggetti ad essi equiparati (art. 3) è, sul piano dei principi generali, uno degli elementi di maggiore novità caratterizzanti la riforma. Esso risulta perfettamente allineato con le indicazioni della Giurisprudenza in materia. Peraltro statuti particolari e più ristretti di tutela - sul versante oggettivo o soggettivo- sono stati previsti per alcune categorie di lavoratori di cui al D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276 (lavoratori in regime di somministrazione di lavoro, di distacco, di lavoro a progetto, di lavoro occasionale accessorio), per i lavoratori a domicilio e per quelli occupati alle dipendenze dei proprietari di fabbricati (portieri privati, giardinieri, etc.), e per i lavoratori a distanza (ad es. nei call center). Per il lavoro autonomo e per il lavoro svolto nell'impresa familiare (art. 230-bis c.c.) è stato previsto un regime misto, in parte di
tutela e in parte di assoggettamento a specifici obblighi (uso di attrezzature di lavoro e di DPI a norma, ed esposizione di apposita tessera di riconoscimento nel settore degli appalti e dei subappalti). Per le imprese agricole medie e piccole che impieghino lavoratori stagionali è prevista, entro novanta giorni dall'entrata in vigore del T.U., (termine ora abbondantemente scaduto), l'emanazione di un Decreto Interministeriale di semplificazione degli adempimenti relativi all'informazione, formazione e sorveglianza sanitaria.
A livello istituzionale, oltre alla Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro (i cui compiti sono, tra l'altro, di validare le buone prassi in materia di salute e sicurezza sul lavoro; di elaborare le procedure standardizzate di effettuazione della valutazione dei rischi; di definire le attività promozionali della cultura e delle azioni di prevenzione, nonchè i criteri per la qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi; di indicare modelli di organizzazione e gestione aziendale ai sensi del D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231), è stata prevista l'istituzione, presso il Ministero della salute, del Comitato per l'indirizzo e la valutazione delle politiche attive e per il coordinamento nazionale delle attività di vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro; nonché del Sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro (SINP). Sono state poi confermate le competenze di ISPESL, INAIL e IPSEMA (art. 9), sebbene, a far data
dal 31 maggio 2010, al fine di assicurare la piena integrazione delle funzioni assicurative e di ricerca connesse alla materia della tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori sui luoghi di lavoro e il coordinamento stabile delle rispettive attività istituzionali, ottimizzando le risorse ed evitando duplicazioni di attività, l'IPSEMA e l'ISPESL sono stati soppressi e le relative funzioni sono state attribuite all'INAIL, che è stato sottoposto alla vigilanza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e del Ministero della salute (art. 7, comma 1, D.L. 31 maggio 2010, n. 78, conv. con mod. dalla L. 30 luglio 2010 n. 122), nonché il sistema pubblico di informazione e assistenza alle imprese in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
Il sistema di ripartizione funzionale delle competenze inerenti la vigilanza sui luoghi di lavoro è stato sostanzialmente riconfermato, così come i provvedimenti per il contrasto del lavoro irregolare, già introdotti dal D.L. 4 luglio 2006, n. 223 e dall'art. 5, L. 3 agosto 2007, n. 123 (art. 14), (devesi segnalare, al riguardo, che con Sentenza n. 310 del 6 ottobre-2 novembre 2010 la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 14, comma 1, del Testo Unico “nella parte in cui, stabilendo che ai provvedimenti di sospensione dell’attività imprenditoriale previsti dalla citata norma non si applicano le disposizioni di cui alla L. 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), esclude l’applicazione ai medesimi provvedimenti dell’art. 3, comma 1, della L. 7 agosto 1990, n. 241”).
Elemento di assoluta novità è la disciplina legislativa dell'istituto della delega di funzioni (art. 16), finora legittimato sul piano normativo (art. 1, comma 4-ter, D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626), ma affidato quanto alla determinazione dei contenuti e dei requisiti di validità e di efficacia alle copiose indicazioni della dottrina Giurisprudenziale. Pure è stata disciplinata la sub-delega di primo livello, sebbene sia stato confermato legislativamente in capo al Datore di lavoro il divieto, già elaborato dalla Giurisprudenza, di dar vita ad un sistema aziendale di deleghe c.d. "a cascata". E' stata confermata la non delegabilità dell'attività di valutazione dei rischi intra-aziendali (non dei rischi interferenziali in caso di appalti "interni") e il cd. "principio di scalettamento" degli obblighi di sicurezza e di salute, già contenuto all'art. 1, comma 4-bis, D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626 (ora concettualmente frazionato negli artt. 18 e 19 del Testo Unico), in base
al quale l'estensione dell'area di esposizione alla responsabilità va correlata, per i dirigenti prevenzionistici, al complesso delle "attribuzioni e competenze ad essi conferite", e per i preposti, alla "posizione" ricoperta in seno all'organizzazione aziendale, desumibile anche solo dall'esame dell'organigramma generale dell'azienda. Invariato, rispetto alla previsione dell'art. 4, comma 12, D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, il cd. "regime differenziato della valutazione dei rischi", riservato alle Amministrazioni pubbliche e agli uffici pubblici, con riguardo agli interventi strutturali e di manutenzione necessari per assicurare la sicurezza dei locali e degli edifici.
Per tutti i lavoratori in regime di appalto e di subappalto (anche se autonomi o componenti dell'impresa familiare di cui all'art. 230-bis c.c.) è stato confermato l'obbligo, già sancito dall'art. 6, L. 3 agosto 2007, n. 123, di esporre la tessera di riconoscimento.
Anche la responsabilità di progettisti, fabbricanti, fornitori, installatori (artt. 22 - 24) è stata modulata sulle indicazioni del previgente art. 6, D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626.
Il medico competente (art. 25) è stato definito expressis verbis come soggetto che collabora con il datore di lavoro e con il servizio di prevenzione e protezione alla valutazione dei rischi, e che può essere coinvolto anche nella programmazione dell'attività di formazione e informazione dei lavoratori, per la parte di sua competenza. Nell'assetto normativo del "TUSIC" anche la sorveglianza sanitaria ha recepito l'utilizzo del metodo della preventiva programmazione, e deve interfacciarsi virtuosamente con le migliori acquisizione del sapere scientifico. Sono poi stati sistematizzati gli obblighi in tema di tutela della privacy (D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196), ed ampliata la categoria dei soggetti cui il medico competente deve relazionarsi sul piano della comunicazione informativa. E' stato altresì poi previsto, entro il termine di sei mesi dall'entrata in vigore del Testo Unico, il censimento mediante "autocertificazione professionale"di tutti i MC esistenti.
In materia di appalti aziendali (sia "interni" all'azienda o all'unità produttiva, sia extra-aziendali ma inerenti al ciclo produttivo dell'azienda) è stato confermato il modello procedurale dell'art. 7 , D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, con la precisazione che la redazione del documento unico di valutazione dei rischi interferenziali (DUVRI), il quale e va adeguato in funzione dell'evoluzione dei lavori, servizi e forniture (principio di dinamicità valutativa e documentale) è obbligatoria anche nel caso in cui non sia possibile eliminare, ma solo ridurre al minimo tali rischi, e che il DUVRI non va redatto in caso di servizi di natura intellettuale, di mere forniture di materiali o attrezzature, nonché di lavori o servizi la cui durata non sia superiore ai due giorni (semprechè non sussistano alcune tipologie di rischi professionale specificamente individuate dal legislatore; agenti cancerogeni, biologici, atmosfere esplosive o rischi particolari di cui all’allegato XI del
“TUSIC”); e l'ulteriore condizione che la selezione del soggetto affidatario dei lavori deve avvenire mediante un sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi. E' stata poi sancita la nullità dei contratti di subappalto, appalto e di somministrazione del settore privato (esclusa la somministrazione di beni e servizi essenziali) privi della specifica indicazione dei costi relativi alla sicurezza del lavoro, esplicitamente dichiarati come non soggetti a ribasso). Per i contratti in essere, il termine ultimo è il 31 dicembre 2008, qualora essi siano ancora in corso a tale data (per quelli aventi scadenza anteriore, il regime è di esonero). Per gli appalti pubblici di lavori, servizi e forniture, sono state recepite le disposizioni già contenute nella L. 3 agosto 2007, n. 123. Innovativa è invece la previsione, operata con il D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106 (attuale comma 3-ter dell'art. 26 del TUSIC) che, in tutti i casi in cui il datore di lavoro non coincide
con il committente, il soggetto che affida il contratto redige il documento di valutazione dei rischi da interferenze recante una valutazione ricognitiva dei rischi standard relativi alla tipologia della prestazione che potrebbero potenzialmente derivare dall'esecuzione del contratto, mentre il soggetto presso il quale deve essere eseguito il contratto, prima dell'inizio dell'esecuzione, integra il predetto documento riferendolo ai rischi specifici da interferenza presenti nei luoghi in cui verrà espletato l'appalto.
Il Testo Unico ha ribadito il modello compartecipativo, sinergico, consultivo, collaborativo, dialettico nell'attività di valutazione dei rischi da parte dei soggetti del sistema di prevenzione e protezione aziendale (già contenuto all'art. 4, comma 6, D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626), nonché la dinamicità intrinseca dell'attività valutativa, ancorata non più solo alle significative modifiche a fini prevenzionistici del processo produttivo, ma anche a quelle attinenti all'organizzazione del lavoro, all'evoluzione della tecnica, della prevenzione e della protezione, agli esiti della sorveglianza sanitaria e alla tipologia infortunistica aziendale. L'attività di valutazione dei rischi deve riguardare tutte le tipologie di rischio professionale (cd. valutazione "globale"), e ha come oggetto anche altre scelte rilevanti sul piano prevenzionistico e dell'organizzazione del lavoro (scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei preparati chimici impiegati, e
sistemazione dei luoghi di lavoro). Essa deve altresì prendere in considerazione i rischi connessi alla specifica tipologia contrattuale attraverso cui viene resa la prestazione di lavoro (quanto alla valutazione dello stress lavoro-correlato, il D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106 aveva inizialmente rinviato tutto alle elaborande indicazioni della Commissione consultiva permanente, e comunque, anche in difetto di tale elaborazione, alla data del 1° agosto 2010; da ultimo l’art. 8, comma 12, D.L. 31 maggio 2010 n. 78 (conv. con mod. dalla L. 30 luglio 2010, n. 122) ha stabilito che, al fine di adottare le opportune misure organizzative, nei confronti delle amministrazioni pubbliche “il termine di cui agli artt. 28 e 29 del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, in materia di rischio da stress lavoro-correlato, è differito al 31 dicembre 2010”).
Il conferimento al documento di valutazione dei rischi (la cui redazione deve ispirarsi a criteri di semplicità, brevità e comprensibilità, in modo da garantirne la completezza e l'idoneità quale strumento operativo di pianificazione degli interventi aziendali e di prevenzione; e la cui tenuta può ora avvenire integralmente su supporto informatico) del requisito della certezza di data (da intendersi, a seguito delle modifiche operate dal D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106, come equivalente alla sottoscrizione del documento medesimo da parte del datore di lavoro nonché, ai soli fini della prova della data, attestata dalla sottoscrizione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza o del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale e del medico competente, ove nominato) vale, ovviamente, per ogni successiva rielaborazione della valutazione e conseguente aggiornamento documentale; aggiornamento imposto, in
base al principio di "dinamicità" della sicurezza sul lavoro e nel termine di trenta giorni, in occasione di modifiche del processo produttivo o della organizzazione del lavoro significative ai fini della salute e sicurezza dei lavoratori, o in relazione al grado di evoluzione della tecnica, della prevenzione o della protezione o a seguito di infortuni significativi o quando i risultati della sorveglianza sanitaria ne evidenzino la necessità. In caso di costituzione di nuova impresa, il comma 3-bis dell'art. 28, D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 dispone che il Datore di lavoro è tenuto ad effettuare immediatamente la valutazione dei rischi, ma può elaborare il relativo Documento (DVR) entro novanta giorni dalla data di inizio della propria attività.
Il Testo Unico ha poi confermato l'estensione del D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231 al settore della prevenzione degli infortuni, già operata dalla L. 3 agosto 2007, n. 123, imponendo la conseguente valutazione relativa all'opportunità di adottare un idoneo modello di organizzazione e di gestione, con l'indicazione che nella fase "di prima applicazione" del "TUSIC" (temporalmente non definita ma ragionevolmente esaurita al 20 agosto 2009, con l'entrata in vigore delle disposizioni integrative e correttive introdotte dal D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106) per alcuni modelli di organizzazione aziendale (Linee guida UNI-INAIL del 28 settembre 2001 e BS-OHSAS 18001:2007), operava, limitatamente alle parti "corrispondenti", la presunzione di conformità allo schema legale (art. 30).
Il Servizio di prevenzione e protezione (artt. 31 - 34) è stato disciplinato conformemente alle indicazioni degli artt. 8 e ss., D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, del D.Lgs. 23 giugno 2003, n. 195 e dell'Accordo della Conferenza Stato-Regioni del 26 gennaio 2006. E' stata prevista l'istituzione del servizio di prevenzione e protezione unico "centralizzato" per più unità produttive o "interimprese" per gruppi di imprese, nonché la registrazione delle competenze professionali acquisite dagli ASPP e dai RSPP interni nel libretto formativo del cittadino di cui alla cd. riforma Biagi (D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276 ). Per i datori di lavoro che svolgano direttamente i compiti di prevenzione e protezione dai rischi è stato istituito l'obbligo di formazione professionale (di durata variabile dalle 16 alle 48 ore), nonché di periodico aggiornamento (quest'ultimo esteso senza eccezioni, con valenza retroattiva, a tutti i DDL).
Il sistema dell'informazione, della formazione, dell'addestramento, della sorveglianza sanitaria, della gestione delle emergenze e della prevenzione incendi (artt. 36 - 46) è stato in alcuni ambiti rafforzato, in altri articolato in maniera più estesa rispetto alla legislazione previgente (ad es. con riguardo ai Dirigenti, nonché al personale dell'impresa affidataria di lavori edili o di ingegneria civile da effettuarsi nei Cantieri temporanei o mobili), tenendo anche conto dei fenomeni di integrazione linguistica derivanti dal carattere multietnico del mercato del lavoro, e con registrazione della formazione dei lavoratori nel libretto formativo del cittadino. Prevista altresì l'iscrizione dei medici competenti - previo "censimento"- in specifico elenco istituito presso il Ministero della salute.
Conformemente alle indicazioni della Legge-delega 3 agosto 2007, n. 123, il ruolo del rappresentante dei lavoratori risulta rafforzato, ed è stato sancito ex lege il principio dell'incompatibilità funzionale RLS/RSPP, già affermato dalla Giurisprudenza (Cass. civ. Sez. lavoro, 15 settembre 2006, n. 19965).
La disciplina degli organismi paritetici (art. 51) riproduce sostanzialmente le indicazioni dell'art. 7, L. 3 agosto 2007, n. 123, e ne individua il ruolo di ausilio alle imprese nell'individuazione di soluzioni tecniche e organizzative dirette a garantire e migliorare la tutela della salute e sicurezza sul lavoro.
La riformulazione e razionalizzazione dell'apparato sanzionatorio (amministrativo e penale) ha mantenuto la linea di tradizionale accorpamento delle sanzioni, in regime di pena alternativa (arresto o ammenda) in fasce di gravità omogenea differenziata (modulate secondo il parametro della gravità oggettiva, non disgiunto dalla qualifica dell'autore del reato), privilegiando - a fronte della corposità del testo - l'accorpamento delle sanzioni in coda a ciascun Titolo del Testo Unico. Tra le violazioni ascritte al solo datore di lavoro, rientrano l'omessa valutazione dei rischi o la valutazione incompleta, nonché l'omessa salvaguardia della salute della popolazione e delle esigenze di tutela ambientale. Per le imprese ad alto rischio e per le attività edili e/o di ingegneria civile cd. "soprasoglia", il regime sanzionatorio esclusivamente detentivo, originariamente più severo (arresto da 6 a 18 mesi), è stato sensibilmente attenuato (arresto da quattro ad otto mesi). Qualora la
valutazione dei rischi presenti profili di incompletezza di minor rilievo, ovvero nel caso in cui la valutazione abbia luogo by-passando il modello compartecipativo/consultivo aziendale, ovvero in caso di omesso aggiornamento della valutazione nei casi previsti dal decreto, le sanzioni sono solo pecuniarie. Il datore di lavoro, il dirigente, il preposto, i lavoratori, e tutti gli altri soggetti del sistema di sicurezza aziendale (ivi compresi i componenti dell'impresa familiare, i lavoratori autonomi, i piccoli imprenditori e i soci delle società semplici operanti nel settore agricolo), rispondono autonomamente iure proprio per tutta una serie di violazioni attinenti al loro statuto funzionale, in regime di pena tendenzialmente alternativa (arresto o ammenda), graduata mediante la tecnica dell'accorpamento per fasce sanzionatorie. è prevista anche un'area di illiceità amministrativa, di natura residuale, secondo le indicazioni della legge-delega, anch'essa graduata per fasce
sanzionatorie.
Rispetto alle indicazioni dell'art. 2, L. 3 agosto 2007, n. 123, è stata confermata la facoltà per l'INAIL, di costituirsi parte civile nei processi per i delitti di omicidio colposo o di lesioni personali colpose, commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale, nonché il riconoscimento alle organizzazioni sindacali e alle associazioni dei familiari delle vittime, di poter esercitare i diritti e le facoltà attribuiti alla persona offesa dagli art. 91 c.p.p. e art. 92 c.p.p. (per una prima applicazione Giurisprudenziale, si veda l’interessante pronuncia di Cass. pen. Sez. IV Sent., 9 ottobre 2008, n. 47374).
I TITOLI SECONDO-UNDICESIMO
I Titoli "secondo-undicesimo" del Testo Unico (artt. 62 - 297) e gli Allegati di riferimento (IV - LI) costituiscono la parte preponderante dell'intervento di "riassetto" delle disposizioni vigenti in materia di salute e sicurezza, con riguardo ai luoghi di lavoro (artt. 62 - 68); alle attrezzature di lavoro e ai dispositivi di protezione individuale (artt. 69 - 87); ai cantieri temporanei o mobili (artt. 88 - 160); alla segnaletica di salute e sicurezza sul lavoro (artt. 161 - 166); alla movimentazione manuale dei carichi (artt. 167 - 171); alle attrezzature munite di videoterminali (artt. 172 - 179); agli agenti fisici (artt. 180 - 220); alle sostanze pericolose (artt. 221 - 265); agli agenti biologici (artt. 266 - 286); alle atmosfere esplosive (artt. 287 - 297). Si tratta, in linea generale (fatta eccezione per l'esposizione a campi elettromagnetici e per le radiazioni ottiche artificiali), della trasposizione di norme già presenti nell'ordinamento giuridico prevenzionistico, in
relazione alle quali l'unica valutazione di carattere generale possibile in questa sede, a fortiori all'esito delle modifiche operate sul tema dal D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106, è quella che attiene alla riformulazione dell'apparato sanzionatorio.
IL TITOLO DODICESIMO
Il Titolo dodicesimo contiene una serie di disposizioni in materia penale e di procedura penale, le quali sono o la riproduzione di principi generali dell'ordinamento giuridico (art. 298: principio di specialità), seppure di indubbia utilità ai fini della riunificazione di precetti e sanzioni; ovvero costituiscono recepimento di orientamenti Giurisprudenziali consolidati (art. 299: esercizio di fatto di poteri direttivi); o introducono una clausola di generale applicabilità del D.Lgs. 19 dicembre 1994, n. 758 (art. 301), ovvero di estinzione agevolata degli illeciti amministrativi a seguito di regolarizzazione (art. 301-bis). Sul piano sostanziale si segnala la riformulazione dell'art. 25-septies, D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231, il quale, nella versione introdotta dall'art. 9, L. 3 agosto 2007, n. 123, aveva suscitato non pochi dubbi di costituzionalità sotto il profilo della proporzionalità sanzionatoria. Processualmente è stato poi introdotto un meccanismo -peraltro macchinoso
e di discutibile funzionalità pratica- di definizione delle contravvenzioni punite con la sola pena dell'arresto (art. 302), mentre la circostanza attenuante di carattere generale collegata ad una sorta di "ravvedimento operoso" (art. 303) è stata espunta dal testo, ad opera del D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106.
LE NORME TRANSITORIE E FINALI
Il regime delle abrogazioni è stato concepito "a doppio binario": alcune abrogazioni esplicite (cui si sono aggiunte, con il D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106, ulteriori normative tra cui il D.P.R. 3 luglio 2003, n. 222 - rifluito nell'Allegato XV al TUSIC), e per il resto il ricorso al criterio dell'abrogazione tacita per incompatibilità. Troppo poco per un intervento riformatore di così vasta portata, seppur contraddistinto da tempi di approvazione molto stretti.
Quanto all'entrata in vigore delle nuove norme, fatta eccezione per quelle in tema di esposizione a campi elettromagnetici e a radiazioni ottiche artificiali, il termine di vacatio legis dovrebbe essere quello ordinario (15 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale), salvo che per le "disposizioni di cui agli articoli 17, comma 1, lettera a) e 28, nonché le altre disposizioni in tema di valutazione dei rischi che ad esse rinviano, ivi comprese le relative disposizioni sanzionatorie", per le quali il termine di efficacia era stato inizialmente stabilito "decorsi novanta giorni" dalla pubblicazione in G.U. (scadenza al 30 luglio 2008), ma è stato poi prorogato al 1 gennaio 2009 dall'art. 4, comma 2-bis, D.L. 3 giugno 2008, n. 97, conv. con modif. dalla L. 2 agosto 2008, n. 129 (e, limitatamente alle sole disposizioni del DVR "concernenti la valutazione dello stress lavoro-correlato e la data certa", ha subito l'ulteriore proroga al 16 maggio 2009 (art. 32, comma 2, D.L. 30
dicembre 2008, n. 207, conv. con modif. dalla L. 27 febbraio 2009, n. 14).
Resta il fatto che, a vent'anni dall'emanazione della Dir. 12 giugno 1989, n. 89/391/CEE, la considerazione di allora del legislatore comunitario, contenuta nel preambolo, per la quale "vi sono ancora troppi infortuni sul lavoro e malattie professionali da deplorare" e che "misure preventive debbono essere adottate o migliorate senza indugio per preservare la sicurezza e la salute dei lavoratori in modo da assicurare un miglior livello di protezione" è più che mai attuale. E proprio per questo è fondamentale che il mondo del lavoro riesca a maturare la consapevolezza che solo la prevenzione elevata a programma può generare una efficace tutela dell'integrità fisica e della personalità morale dei lavoratori, migliorando così in termini più generali la qualità della vita umana.
A tale esigenze ha cercato di dare risposta prima il D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626 (al contrario della normativa prevenzionistica e di igiene del lavoro precedente), introducendo un nuovo modello di impresa sicura, finalmente sinergico e compartecipativo, basato sulla collaborazione tra tutte le parti in gioco (datore di lavoro, lavoratori e loro rappresentanze, medico competente, servizi di prevenzione, ecc.) per il raggiungimento di quell'obiettivo, innegabilmente comune e condiviso, costituito dal miglioramento delle condizioni di sicurezza e di salubrità durante il lavoro; e poi il D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, il quale -anche ad esito delle modifiche apportate dal D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106 - ne ha confermato l'impianto generale.
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(2) Ciò era dato cogliere nel testo dell' art. 1, comma 1, D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, norma di portata generale e che capovolgeva totalmente, per la prima volta, la prospettiva e la tendenza della normativa di settore precedente.
Infatti mentre sia l' art. 2 , D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547, sia l' art. 2 , D.P.R. 19 marzo 1956, n. 303, individua(va)no aree di lavoro non assoggettate alla tutela di carattere generale ("Attività escluse"), la legislazione di matrice comunitaria, della quale il D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626 rappresentava la principale espressione, indicava - non più solo come portato giurisprudenziale, bensì direttamente sul piano normativo - il principio della generale, indifferenziata applicabilità della normativa in tema di sicurezza e di salute sul luogo di lavoro a tutti i settori di attività, pubblici e privati. Ciò equivale a dire che il modello di impresa sicura, di derivazione europea, introdotto con il D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, e ora confermato nel D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 corrisponde ad uno standard concettualmente e normativamente omogeneo. Negli stessi termini si è espressa anche la Corte di cassazione in una importante pronuncia ( Cass. pen. sez. III, 29 maggio
2000, Fichera), nella quale si è ritenuto che "il legislatore italiano, con il D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, ha recepito compiutamente il modello di impresa sicura di derivazione comunitaria (art. 118, Trattato istitutivo CEE e Dir. 12 giugno 1989, n. 89/391/CEE), introducendo una normativa omogenea in tema di sicurezza e di salute sul luogo di lavoro, estesa a tutti i settori di attività". In questi stessi termini si rimanda a P. Soprani, Sicurezza e salute in carcere, nelle forze armate e nelle forze di Polizia, in ISL (Igiene & Sicurezza del Lavoro), 1998, fasc. 10, Inserto. Da ultimo si veda la pronuncia di Cass. pen. Sez. III, 24 giugno 2005, n. 36981, Torchio.
Il "principio di circolarità" della sicurezza, con riguardo alla normativa prevenzionale e di igiene del lavoro degli anni '50, era stato già affermato in diverse pronunce della Corte suprema: tra le altre quelle di Cass. pen. sez. III, 4-18 marzo 1993, Mirabelli, e di Cass. pen. sez. un., 24 marzo 1995, Boido e altro.

(3) Per un'analisi più ampia della figura del datore di lavoro pubblico, sia in termini generali, che con specifico riguardo alla normativa di diritto penale del lavoro, si rimanda a P. Soprani, L'individuazione e i profili di responsabilità del datore di lavoro negli enti locali nell'ambito della normativa di prevenzione degli infortuni e di igiene del lavoro, in Cass. Penale, Ed. Giuffrè, 1999, p. 1922 e ss., n. 944, e, dello stesso Autore, Il datore di lavoro pubblico e la colpa prevenzionale, Ibidem, 2002, p. 342 e ss., n. 95.

(4) Così si esprime, tra gli altri, il quattordicesimo "considerando" della Dir. 24 giugno 1992, n. 92/57/CEE, in tema di cantieri temporanei o mobili.

(5) Tra le numerose normative aventi rilievo prevenzionale, emanate nell'ultimo decennio, segnaliamo la L. 5 marzo 1990, n. 46 (Norme per la sicurezza degli impianti); il D.Lgs. 15 agosto 1991, n. 277 e il D.Lgs. 25 gennaio 1992, n. 77 (Protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici durante il lavoro), ora interamente abrogati; il D.Lgs. 4 dicembre 1992, n. 475 (Ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai dispositivi di prevenzione individuale); il D.Lgs. 19 dicembre 1994, n. 758 (Modificazioni alla disciplina sanzionatoria in materia di lavoro); il D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 230 (Radiazioni ionizzanti); il D.Lgs. 25 novembre 1996, n. 624 (Sicurezza e salute dei lavoratori nelle industrie estrattive); il D.Lgs. 25 novembre 1996, n. 645 (Sicurezza e salute delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento), poi abrogata dal D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151; il D.Lgs. 27 luglio 1999, n. 271
(Sicurezza e salute dei lavoratori marittimi a bordo delle navi mercantili da pesca nazionali); il D.Lgs. 27 luglio 1999, n. 272 (Sicurezza e salute dei lavoratori nell'espletamento di operazioni e servizi portuali, nonché di operazioni di manutenzione, riparazione e trasformazione delle navi in ambito portuale); il D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 345 (Protezione dei giovani sul lavoro); il D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 298 (Sicurezza e salute per il lavoro a bordo delle navi da pesca); il D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 334 (Controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose); il D.Lgs. 26 novembre 1999, n. 532 (Lavoro notturno); il D.Lgs. 26 maggio 2000, n. 187 e il D.Lgs. 26 maggio 2000, n. 241 (Radiazioni ionizzanti), il D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 262 (Protezione dei giovani sul lavoro); la L. 22 febbraio 2001, n. 36 (Protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici); la L. 3 aprile 2001, n. 142 (Tutela del socio lavoratore); il
D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151 (T.U. in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità); il D.Lgs. 12 aprile 2001, n. 206 (Impiego confinato di microrganismi geneticamente modificati); il D.P.R. 22 ottobre 2001, n. 462 (Impianti elettrici pericolosi); il D.Lgs. 2 febbraio 2002, n. 25 e la L. 1 marzo 2002, n. 39 già citata; il D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66 (Orario di lavoro); il D.P.R. 3 luglio 2003, n. 222 (Regolamento sui contenuti minimi dei piani di sicurezza nei cantieri temporanei o mobili), ora interamente abrogato; il D.Lgs. 8 luglio 2003, n. 224 (Emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati); il D.Lgs. 19 agosto 2005, n. 187 (Vibrazioni meccaniche), ora interamente abrogato; il D.Lgs. 10 aprile 2006, n. 195 (Rumore); il D.Lgs. 25 luglio 2006, n. 257 (Amianto); il D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 257 (Campi elettromagnetici).
 

   

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