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Modifiche alla disciplina in materia di permessi per l’assistenza a portatori di handicap

Dettagli

Nuova pagina 1

I.N.P.S. (Istituto nazionale della previdenza sociale)
Circ. 3-12-2010 n. 155
L. 4 novembre 2010, n. 183, art. 24. Modifiche alla disciplina in materia di permessi per l’assistenza a portatori di handicap in situazione di gravità.
Emanata dall'Istituto nazionale della previdenza sociale, Direzione centrale prestazioni a sostegno del reddito, Coordinamento generale medico legale.

Circ. 3 dicembre 2010, n. 155 (1).

L. 4 novembre 2010, n. 183, art. 24. Modifiche alla disciplina in materia di permessi per l’assistenza a portatori di handicap in situazione di gravità.

(1) Emanata dall'Istituto nazionale della previdenza sociale, Direzione centrale prestazioni a sostegno del reddito, Coordinamento generale medico legale.

 

 

Ai


Dirigenti centrali e periferici
 

Ai


Direttori delle agenzie
 

Ai


Coordinatori generali, centrali e periferici dei rami professionali
 

Al


Coordinatore generale medico legale e dirigenti medici

e, p.c.:


Al


Presidente
 

Al


Presidente e ai componenti del consiglio di indirizzo e vigilanza
 

Al


Presidente e ai componenti del collegio dei sindaci
 

Al


Magistrato della Corte dei conti delegato all’esercizio del controllo
 

Ai


Presidenti dei comitati amministratori di fondi, gestioni e casse
 

Al


Presidente della commissione centrale per l’accertamento e la riscossione dei contributi agricoli unificati
 

Ai


Presidenti dei comitati regionali
 

Ai


Presidenti dei comitati provinciali


 

1. Premessa

Sulla Gazzetta Ufficiale n. 262 - Suppl. Ord. n. 243/L - del 9 novembre 2010, è stato pubblicato il Testo della L. n. 183 del 4 novembre 2010, recante: “Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l'impiego, di incentivi all'occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro” (c.d.“collegato lavoro alla manovra di finanza pubblica”).

La legge entra in vigore il 24 novembre 2010.

Nell’attesa del riordino della normativa vigente in materia di congedi, aspettative e permessi, comunque denominati, fruibili dai lavoratori dipendenti di datori di lavoro pubblici o privati, previsto dall’art. 23 della suddetta legge, l’art. 24 ha apportato modifiche alla disciplina in materia di permessi per l’assistenza a persone con disabilità in situazione di gravità.

In particolare il comma 1 dell’art. 24:

- lett. a) sostituisce il comma 3 dell’art. 33 della L. n. 104/1992, definendo compiutamente il novero dei beneficiari dei permessi in oggetto e stabilendo che non può essere riconosciuta a più di un lavoratore dipendente la possibilità di fruire dei permessi per la stessa persona con disabilità in situazione di gravità;

- lett. b) interviene sul comma 5 dell’art. 33 citato, con riguardo al diritto, per il lavoratore che assiste il familiare, di scegliere la sede di lavoro facendo riferimento a quella più vicina al domicilio della persona da assistere, allo scopo di garantire una più agevole assistenza del disabile;

- lett. c) aggiunge all’art. 33 medesimo il comma 7-bis che prevede la decadenza, per il prestatore di lavoro, dal diritto ai benefici previsti dall’articolo novellato, qualora il datore di lavoro o l’INPS accertino l’insussistenza o il venir meno delle condizioni richieste per la fruizione dei permessi.

Il comma 2 dell’art. 24 sostituisce il comma 2 e abroga il comma 3 dell’art. 42 del decreto legislativo n. 151/2001 (Testo Unico delle disposizioni legislative a tutela della maternità e della paternità), eliminando i requisiti della “continuità” e della “esclusività” dell’assistenza quali presupposti essenziali ai fini della concessione dei benefici per l’assistenza al figlio maggiorenne in situazione di disabilità grave.

Il comma 3 dell’art. 24 incide sull’art. 20, comma 1, della legge n. 53/2000 eliminando anche per la generalità dei familiari e degli affini del disabile in situazione di gravità, i requisiti della “continuità” e della “esclusività” previsti in precedenza ai fini del godimento dei permessi di cui all’art. 33 della L. n. 104/1992.

Con la presente circolare si forniscono le istruzioni in merito alle disposizioni introdotte dal citato art. 24 della legge n. 183/2010 (all. 1).

Prima di affrontare nel merito le novità sopra descritte, si ritiene necessario compiere una precisazione di tipo terminologico.

Come noto, a livello internazionale, è ormai diffusa l’espressione “persona con disabilità”, utilizzata nell’ambito della Convenzione delle Nazioni unite del 13 dicembre 2006 sui diritti delle persone con disabilità, ratificata in Italia con legge 3 marzo 2009, n. 18.

Nella legge n. 104 del 1992, Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate, è rinvenibile il termine “persona handicappata”.

Benché questa espressione sia stata utilizzata anche nella L. n. 183/2010, nella presente circolare e nelle eventuali successive note interpretative, i soggetti con handicap grave ai sensi dell’art.3, comma 3, della legge n. 104/1992, verranno individuati con il termine “persona disabile in situazione di gravità” o, più sinteticamente, “ persona con disabilità grave”.

 

2. Soggetti aventi diritto

L’art. 24 della L. n. 183/2010 ridefinisce criteri e modalità per la concessione dei benefici.

In base al previgente dettato normativo, infatti, avevano diritto a fruire dei benefici in argomento i lavoratori dipendenti, coniuge, parenti e affini di persona in situazione di disabilità grave entro il terzo grado.

Il nuovo disposto normativo prevede, invece, il diritto a godere dei permessi ex lege n. 104/1992 in favore dei lavoratori dipendenti e, oltre al coniuge, fa riferimento ai parenti o affini del disabile medesimo entro il secondo grado (a titolo esemplificativo sono parenti di primo grado: genitori, figli; sono parenti di secondo grado: nonni, fratelli, sorelle, nipoti in quanto figli dei figli; sono affini di primo grado: suocero/a, nuora, genero; sono affini di secondo grado: cognati).

Il diritto può essere esteso ai parenti e agli affini di terzo grado (a titolo esemplificativo sono parenti di terzo grado: zii, nipoti in quanto figli di fratelli/sorelle, bisnonni, pronipoti in linea retta; sono affini di terzo grado zii acquisiti, nipoti acquisiti) della persona con disabilità in situazione di gravità soltanto qualora i genitori o il coniuge della persona in situazione di disabilità grave abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti. Il legislatore ha infatti ritenuto oltremodo onerosa, se non impossibile, l’attività assistenziale svolta dai familiari in età avanzata o affetti da patologia invalidante.

Ai fini di una corretta individuazione dei requisiti soggettivi previsti dalla normativa per la fruizione dei benefici in argomento, si è ritenuto opportuno allegare i testi degli articoli 74 e 78 del codice civile (all. 3) che recano la definizione dei rapporti di parentela ed affinità.

La normativa novellata prevede, quindi, la possibilità di passare dal secondo al terzo grado di parentela, oltre che nel caso di decesso del coniuge o dei genitori del disabile, anche qualora questi siano “mancanti”. Al riguardo, si chiarisce che l’espressione “mancanti” deve essere intesa non solo come situazione di assenza naturale e giuridica (celibato o stato di figlio naturale non riconosciuto), ma deve ricomprendere anche ogni altra condizione ad essa giuridicamente assimilabile, continuativa e debitamente certificata dall’autorità giudiziaria o da altra pubblica autorità, quale: divorzio, separazione legale o abbandono, risultanti da documentazione dell’autorità giudiziaria o di altra pubblica autorità.

La possibilità di passare dal secondo al terzo grado di assistenza si verifica anche nel caso in cui uno solo dei soggetti menzionati (coniuge, genitore) si trovi nelle descritte situazioni (assenza, decesso, patologie invalidanti), poiché nella norma viene utilizzata la congiunzione disgiuntiva (“qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti”).

Per quanto concerne le patologie invalidanti, in assenza di un’esplicita definizione di legge, sentito il Ministero della salute, ai fini dell’individuazione di tali patologie si ritiene corretto prendere a riferimento soltanto quelle, a carattere permanente, indicate dall’art. 2, comma 1, lettera d), numeri 1, 2 e 3 del D.M. 21 luglio 2000, n. 278 - Ministro per la Solidarietà Sociale, di concerto con i Ministri della Sanità, del Lavoro e della Previdenza Sociale e per le Pari Opportunità - "Regolamento recante disposizioni di attuazione dell'articolo 4 della L. 8 marzo 2000, n. 53, concernente congedi per eventi e cause particolari", che individua le ipotesi in cui è possibile accordare il congedo per gravi motivi di cui all’art. 4, comma 2, della legge n. 53 del 2000 (all. 2).

Quindi, nell’ipotesi in cui il coniuge o i genitori del soggetto in situazione di disabilità grave siano affetti dalle patologie sopra elencate, l’assistenza potrà essere esercitata anche da parenti o affini entro il terzo grado.

La legge n. 183/2010 interviene sull’articolo 33, comma 3, della legge n. 104/1992 eliminando le parole “successivamente al compimento del terzo anno di età del disabile” e a seguito di tale modifica, viene introdotta anche per i parenti e gli affini del minore di tre anni in situazione di disabilità grave la possibilità di godere dei tre giorni di permesso mensili. Detta possibilità riguarda anche i genitori di un minore di tre anni in situazione di disabilità grave quale alternativa alle altre prerogative previste dal decreto legislativo n. 151/2001 (prolungamento del congedo parentale o due ore di permesso al giorno).


2.1. Referente unico per l’assistenza alla stessa persona in situazione di disabilità grave


Il riformulato articolo 33, comma 3, della legge n. 104/1992 stabilisce che non può essere riconosciuta a più di un lavoratore dipendente la possibilità di fruire dei giorni di permesso per l’assistenza alla stessa persona in situazione di disabilità grave.

Tale previsione normativa muovendo dall’intento di caratterizzare il concetto di esclusività dell’assistenza - non più previsto quale requisito essenziale dalle nuove disposizioni in materia - interviene disponendo espressamente che i permessi possono essere riconosciuti ad un unico lavoratore per assistere la stessa persona.

Pertanto, fermo restando che i giorni di permesso sono previsti dalla legge nel limite di tre per soggetto disabile, tali giornate dovranno essere fruite esclusivamente da un solo lavoratore, non potendo invece essere godute alternativamente da più beneficiari.

Il nuovo art. 33, comma 3 della legge n. 104/1992 prevede, inoltre, in favore dei genitori, disposizioni specifiche che derogano alla regola del “referente unico”. Infatti ai genitori, anche adottivi, di figli con disabilità grave, viene riconosciuta la possibilità di fruire dei permessi in argomento alternativamente, sempre nel limite dei tre giorni per soggetto disabile.

In tali casi, pur essendo necessario un intervento permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o di relazione del soggetto con disabilità grave, tale onere può essere sostenuto alternativamente dall’uno o dall’altro genitore, tenuto conto del diverso ruolo che essi esercitano sul bambino, rispetto agli altri familiari.


2.2. Genitori che assistono figli in situazione di disabilità grave


La nuova legge ha dato rilievo alla particolarità del rapporto genitoriale dettando specifiche norme per i genitori che assistono un figlio in situazione di disabilità grave.

In base alla nuova disciplina, in particolare, i tre giorni di permesso mensili possono essere fruiti anche dai genitori di un minore di tre anni in situazione di disabilità grave. Questa soluzione consegue alla lettura del combinato disposto dei riformulati art. 33, comma 3, della legge n. n. 104/1992 e art. 42, comma 2, del decreto legislativo n. 151/2001.

Come si è detto in precedenza, infatti, la novella ha eliminato dal testo del previgente comma 3 dell’art. 33 della legge n. 104 del 1992 le parole “Successivamente al compimento del terzo anno di età del disabile”.

Il suddetto inciso risulta, invece, tuttora presente nel riformulato art. 42, comma 2, del decreto legislativo n. 151/2001.

Va tenuto conto, tuttavia, del fatto che anche i genitori di un bambino di età inferiore a tre anni sono comunque compresi nella categoria dei parenti legittimati in base al primo periodo del comma 3 dell’art. 33 della legge n. 104/1992.

L'esclusione del beneficio in questione - finalizzato ad alleviare la situazione di bisogno di bambini gravemente disabili - proprio nei riguardi dei genitori, porrebbe in essere una ingiustificata disparità di trattamento tra i soggetti che sono costituzionalmente tenuti a svolgere un ruolo primario nella loro assistenza e il resto dei parenti o affini.

Ne consegue che in un ottica di ragionevolezza, il diritto ai tre giorni di permesso deve essere riconosciuto anche in favore dei genitori di bambini al di sotto dei tre anni previsto, altresì, espressamente all’art. 42, comma 2 del decreto legislativo n. 151/2001 in favore dei genitori di figli con età superiore a tre anni.

Resta inalterato il diritto dei genitori del disabile in situazione di gravità minore di tre anni di poter fruire, in alternativa a tale beneficio, del prolungamento indennizzato del congedo parentale o dei riposi orari retribuiti (art. 42, comma 1, decreto legislativo n. 151/2001).

A tale proposito, è opportuno evidenziare che, mentre i benefici appena menzionati ( prolungamento del periodo di congedo parentale e le due ore di riposo giornaliero retribuito), possono essere utilizzati a partire dalla conclusione del periodo di normale congedo parentale teoricamente fruibile dal genitore richiedente (così come indicato nel Msg. 17 settembre 2007, n. 22578), i tre giorni di permesso (comma 3, art. 33, legge n. 104/1992) possono essere goduti, da parte dei genitori o da parte degli altri familiari, dal giorno del riconoscimento della situazione di disabilità grave. Si sottolinea inoltre, che, trattandosi di istituti speciali rispondenti alle medesime finalità di assistenza al disabile in situazione di gravità, la fruizione dei benefici dei tre giorni di permesso mensili, del prolungamento del congedo parentale e delle ore di riposo deve intendersi alternativa e non cumulativa nell’arco del mese. Pertanto, nel mese in cui uno o entrambi i genitori, anche
alternativamente, abbiano beneficiato di uno o più giorni di permesso ai sensi dell’art. 33, comma 3 citato, gli stessi non potranno usufruire per lo stesso figlio delle due ore di riposo giornaliero o del prolungamento del congedo parentale.

Allo stesso modo, nel mese in cui uno o entrambi i genitori abbiano fruito, anche alternativamente, del prolungamento del congedo parentale o delle due ore di riposo giornaliero, gli altri parenti o affini aventi diritto non potranno beneficiare per lo stesso soggetto in situazione di disabilità grave dei giorni di permesso mensili.

 

3. Presupposti oggettivi per il riconoscimento dei permessi

Il testo novellato ribadisce che il presupposto per la concessione dei benefici è che la persona in situazione di disabilità grave non sia ricoverata a tempo pieno. In proposito, per ricovero a tempo pieno si intende quello, per le intere ventiquattro ore, presso strutture ospedaliere o simili, pubbliche o private, che assicurano assistenza sanitaria continuativa. Si precisa che le ipotesi che fanno eccezione a tale presupposto sono:

interruzione del ricovero a tempo pieno per necessità del disabile in situazione di gravità di recarsi al di fuori della struttura che lo ospita per effettuare visite e terapie appositamente certificate (ipotesi prevista dal Msg. 28 maggio 2010, n. 14480); ricovero a tempo pieno di un disabile in situazione di gravità in stato vegetativo persistente e/o con prognosi infausta a breve termine; ricovero a tempo pieno di un minore con disabilità in situazione di gravità per il quale risulti documentato dai sanitari della struttura ospedaliera il bisogno di assistenza da parte di un genitore o di un familiare, ipotesi già prevista per i bambini fino a tre anni di età (Circ. 23 maggio 2007, n. 90).

Il nuovo dettato normativo interviene sull’articolo 20, comma 1, della L. n. 53/2000, eliminando le parole da “nonché” a “non convivente” e prevede conseguentemente il venir meno dei requisiti della “continuità” e dell’“esclusività” quali presupposti necessari ai fini del godimento dei permessi in argomento da parte dei beneficiari. Pertanto, oltre al requisito della convivenza, già eliminato dall’art. 20 della suddetta legge n. 53/2000, anche la “continuità” e l’ “esclusività” dell’assistenza, non sono più elementi essenziali ai fini del godimento dei permessi di cui all’art. 33 della legge n. 104/1992. Analogamente, la legge ha abrogato l’art. 42, comma 3, del decreto legislativo n. 151 del 2001, il quale prevedeva che i permessi dei genitori di figlio disabile in situazione di gravità maggiore di età potessero essere fruiti a condizione che sussistesse convivenza o che l’assistenza fosse continuativa ed esclusiva. Gli uffici,
pertanto, in attesa dell’aggiornamento su “modulistica on line” dei modelli di domanda, che terranno conto delle innovazioni introdotte dalla legge, non dovranno più acquisire le dichiarazioni relative alla sistematicità e all’adeguatezza dell’assistenza al disabile, prima richieste dalla Circ. 23 maggio 2007, n. 90 dell’Istituto, per garantire la sussistenza dei citati presupposti di continuità ed esclusività.

 

4. Accertamento delle condizioni

Ulteriore novità è rinvenibile nel comma 7-bis dell’art. 33, L. n. 104/1992, introdotto dall’art. 24 della L. n. 183/2010, laddove è prevista la decadenza, per il lavoratore, dal diritto a beneficiare dei tre giorni di permessi mensili coperti da contribuzione figurativa, qualora il datore di lavoro o l’Inps accertino l’insussistenza o il venir meno delle condizioni richieste per la legittima fruizione dello stesso diritto. Si ribadisce al riguardo quanto specificato con Circ. 29 aprile 2008, n. 53 nella quale viene evidenziato che il provvedimento di riconoscimento della fruibilità dei permessi ex articolo 33 della legge n. 104/1992 emanato dall'Istituto, incide esclusivamente sul rapporto previdenziale (che si svolge tra l'ente assicuratore ed il datore di lavoro ed ha come beneficiario il lavoratore) e il suo contenuto si sostanzia in un'autorizzazione preventiva al datore di lavoro a compensare le somme eventualmente corrisposte a tale titolo con i contributi
obbligatori.

In particolare, l’eventuale accertamento dell’insussistenza o il venir meno delle condizioni sottoelencate, richieste per la legittima fruizione dei benefici previsti dalla legge n. 104/1992, comporterà, per il lavoratore, la decadenza da tale diritto.

Infatti il richiedente i permessi si impegna, con dichiarazione di responsabilità, a comunicare entro 30 giorni dall’avvenuto cambiamento, le eventuali variazioni delle notizie o delle situazioni autocertificate nel modello di richiesta, con particolare riferimento a: eventuale ricovero a tempo pieno del soggetto disabile in condizione di gravità; revoca del giudizio di gravità della condizione di disabilità da parte della Commissione medica di cui all'articolo 4, comma 1, legge n. 104 del 1992 e successive mofidicazioni, integrata ai sensi dell’art. 20, comma 1 del decreto legge n. 78 del 1° luglio 2009 convertito nella legge 3 agosto 2009, n. 102; modifiche ai periodi di permesso richiesti; eventuale decesso del disabile.

È opportuno richiamare, al riguardo, le previsioni dell’art. 76 del D.P.R. n. 445 del 2000 secondo cui “chiunque rilascia dichiarazioni mendaci, forma atti falsi o ne fa uso (…) è punito ai sensi del codice penale e delle leggi speciali in materia”.

Si richiamano altresì le disposizioni contenute nell’art. 20, comma 2, della citata legge n. 102/2009 sul contrasto delle frodi in materia di invalidità civile, handicap e disabilità, nonché quelle contenute nell’art. 10, comma 3 del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito nella legge 30 luglio 2010, n. 122.

L’INPS, ai fini dell’applicazione di quanto contenuto al comma 7-bis sopra citato provvederà inoltre, anche annualmente, alla verifica a campione delle situazioni dichiarate dai lavoratori richiedenti i permessi in argomento.

 

5. Prerogative afferenti alla sede di servizio

Anche la normativa concernente l’ulteriore beneficio relativo all’avvicinamento alla sede di servizio (comma 5 dell’art. 33 della legge n. 104/1992) è stata altresì novellata. Con la modifica è stato previsto che il lavoratore ha diritto a scegliere ove possibile la sede di lavoro più vicina non più al domicilio del lavoratore che presta assistenza, ma al domicilio della persona da assistere.

 

6. Istruzioni procedurali e modulistica

Le istruzioni procedurali che terranno conto delle innovazioni introdotte dalla legge verranno fornite con apposito messaggio.

Sono in corso di aggiornamento su “modulistica on line” i modelli di domanda.

 

7. Ambito di applicazione

Considerato che la legge n. 183/2010 entra in vigore il 24 novembre 2010, gli uffici dovranno esaminare, sulla base dei nuovi criteri, le domande presentate a decorrere dalla predetta data nonché le richieste già pervenute relativamente ai rapporti non esauriti, intendendosi come tali quelle situazioni giuridiche per le quali non sia intervenuta sentenza passata in giudicato o prescrizione del diritto.

Per quanto concerne sia le istanze presentate prima del 24.11.2010 e non ancora istruite sia i provvedimenti già adottati prima di tale data sulla base delle previgenti disposizioni, dovranno essere riesaminate, alla luce delle nuove disposizioni, le domande pervenute da parenti e affini di terzo grado dei soggetti disabili in situazione di gravità nonchè quelle presentate da più familiari (a meno che non si tratti dei due genitori) per l’assistenza allo stesso soggetto con disabilità in situazione di gravità.

Nel primo caso, sarà necessario richiedere ai beneficiari tutti gli elementi utili a verificare la sussistenza o meno dei presupposti indicati al paragrafo 2 della presente circolare.

Nel secondo caso, poiché i permessi potranno essere fruiti esclusivamente da un solo lavoratore, si dovranno richiedere ai soggetti interessati le informazioni necessarie all’individuazione del lavoratore dipendente beneficiario dei permessi di cui all’art. 33, comma 3 della legge n. 104/1992.


Il Direttore generale

Nori

 

Allegato 1


Art. 24 - Modifiche alla disciplina in materia di permessi per l’assistenza a portatori di handicap in situazione di gravità


1. All’articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 3 è sostituito dal seguente:

«3. A condizione che la persona handicappata non sia ricoverata a tempo pieno, il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti, ha diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa. Il predetto diritto non può essere riconosciuto a più di un lavoratore dipendente per l’assistenza alla stessa persona con handicap in situazione di gravità. Per l’assistenza allo stesso figlio con handicap in situazione di gravità, il diritto è riconosciuto ad entrambi i genitori, anche adottivi, che possono fruirne alternativamente»;

b) al comma 5, le parole da: «Il genitore» fino a: «handicappato» sono sostituite dalle seguenti: «Il lavoratore di cui al comma 3» e le parole: «al proprio domicilio» sono sostituite dalle seguenti: «al domicilio della persona da assistere»;

c) è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«7-bis. Ferma restando la verifica dei presupposti per l’accertamento della responsabilità disciplinare, il lavoratore di cui al comma 3 decade dai diritti di cui al presente articolo, qualora il datore di lavoro o l’INPS accerti l’insussistenza o il venir meno delle condizioni richieste per la legittima fruizione dei medesimi diritti. Dall’attuazione delle disposizioni di cui al presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica».

2. All’articolo 42 del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 2 è sostituito dal seguente:

«2. Successivamente al compimento del terzo anno di età del bambino con handicap in situazione di gravità, il diritto a fruire dei permessi di cui all’ articolo 33, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni, è riconosciuto ad entrambi i genitori, anche adottivi, che possono fruirne alternativamente, anche in maniera continuativa nell’ambito del mese»;

b) il comma 3 è abrogato.

3. All’ articolo 20, comma 1, della legge 8 marzo 2000, n. 53, le parole da: «nonché» fino a: «non convivente» sono soppresse.

4. Le amministrazioni pubbliche di cui all’ articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, comunicano alla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della funzione pubblica:

a) i nominativi dei propri dipendenti cui sono accordati i permessi di cui all’ articolo 33, commi 2 e 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni, ivi compresi i nominativi dei lavoratori padri e delle lavoratrici madri, specificando se i permessi sono fruiti dal lavoratore con handicap in situazione di gravità, dal lavoratore o dalla lavoratrice per assistenza al proprio figlio, per assistenza al coniuge o per assistenza a parenti o affini;

b) in relazione ai permessi fruiti dai dipendenti per assistenza a persona con handicap in situazione di gravità, il nominativo di quest’ultima, l’eventuale rapporto di dipendenza da un’amministrazione pubblica e la denominazione della stessa, il comune di residenza dell’assistito;

c) il rapporto di coniugio, il rapporto di maternità o paternità o il grado di parentela o affinità intercorrente tra ciascun dipendente che ha fruito dei permessi e la persona assistita;

d) per i permessi fruiti dal lavoratore padre o dalla lavoratrice madre, la specificazione dell’età maggiore o minore di tre anni del figlio;

e) il contingente complessivo di giorni e ore di permesso fruiti da ciascun lavoratore nel corso dell’anno precedente e per ciascun mese.

5. La Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della funzione pubblica istituisce e cura, con gli ordinari stanziamenti di bilancio, una banca di dati informatica costituita secondo quanto previsto dall’ articolo 22, commi 6 e 7, del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in cui confluiscono le comunicazioni di cui al comma 4 del presente articolo, che sono fornite da ciascuna amministrazione per via telematica entro il 31 marzo di ciascun anno, nel rispetto delle misure di sicurezza previste dal predetto codice di cui al decreto legislativo n. 196 del 2003.

6. La Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica è autorizzata al trattamento dei dati personali e sensibili di cui al comma 4, la cui conservazione non può comunque avere durata superiore a ventiquattro mesi. Ai fini della comunicazione dei dati di cui al comma 4, le amministrazioni pubbliche sono autorizzate al trattamento dei relativi dati personali e sensibili e provvedono alla conservazione dei dati per un periodo non superiore a trenta giorni dalla loro comunicazione, decorsi i quali, salve specifiche esigenze amministrativo-contabili, ne curano la cancellazione. Le operazioni rilevanti consistono nella raccolta, conservazione, elaborazione dei dati in forma elettronica e no, nonché nella comunicazione alle amministrazioni interessate. Sono inoltre consentite la pubblicazione e la divulgazione dei dati e delle elaborazioni esclusivamente in forma anonima. Le attività di cui ai commi 4 e 5, finalizzate al monitoraggio e alla verifica sulla
legittima fruizione dei permessi, sono di rilevante interesse pubblico. Rimangono fermi gli obblighi previsti dal secondo comma dell’ articolo 6 della legge 26 maggio 1970, n. 381, dall’ottavo comma dell’ articolo 11 della legge 27 maggio 1970, n. 382, e dal quarto comma dell’ articolo 8 della legge 30 marzo 1971, n. 118, concernenti l’invio degli elenchi delle persone sottoposte ad accertamenti sanitari, contenenti soltanto il nome, il cognome e l’indirizzo, rispettivamente all’Ente nazionale per la protezione e l’assistenza dei sordi, all’Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti e all’Associazione nazionale dei mutilati e invalidi civili.

 

Allegato 2


2. Congedi per gravi motivi familiari.


1. La lavoratrice e il lavoratore, dipendenti di datori di lavoro pubblici o privati, possono richiedere, ai sensi dell'articolo 4, comma 2, della legge 8 marzo 2000, n. 53, un periodo di congedo per gravi motivi, relativi alla situazione personale, della propria famiglia anagrafica, dei soggetti di cui all'articolo 433 del codice civile anche se non conviventi, nonché dei portatori di handicap, parenti o affini entro il terzo grado, anche se non conviventi. Per gravi motivi si intendono:

a) le necessità familiari derivanti dal decesso di una delle persone di cui al presente comma;

b) le situazioni che comportano un impegno particolare del dipendente o della propria famiglia nella cura o nell'assistenza delle persone di cui al presente comma;

c) le situazioni di grave disagio personale, ad esclusione della malattia, nelle quali incorra il dipendente medesimo;

d) le situazioni, riferite ai soggetti di cui al presente comma ad esclusione del richiedente, derivanti dalle seguenti patologie:

1) patologie acute o croniche che determinano temporanea o permanente riduzione o perdita dell'autonomia personale, ivi incluse le affezioni croniche di natura congenita, reumatica, neoplastica, infettiva, dismetabolica, post-traumatica, neurologica, neuromuscolare, psichiatrica, derivanti da dipendenze, a carattere evolutivo o soggette a riacutizzazioni periodiche;

2) patologie acute o croniche che richiedono assistenza continuativa o frequenti monitoraggi clinici, ematochimici e strumentali;

3) patologie acute o croniche che richiedono la partecipazione attiva del familiare nel trattamento sanitario;

4) patologie dell'infanzia e dell'età evolutiva aventi le caratteristiche di cui ai precedenti numeri 1, 2, e 3 o per le quali il programma terapeutico e riabilitativo richiede il coinvolgimento dei genitori o del soggetto che esercita la potestà.

2. Il congedo di cui al presente articolo può essere utilizzato per un periodo, continuativo o frazionato, non superiore a due anni nell'arco della vita lavorativa. Il datore di lavoro è tenuto a rilasciare al termine del rapporto di lavoro l'attestazione del periodo di congedo fruito dalla lavoratrice o dal lavoratore. Il limite dei due anni si computa secondo il calendario comune; si calcolano i giorni festivi e non lavorativi compresi nel periodo di congedo; le frazioni di congedo inferiori al mese si sommano tra di loro e si considera raggiunto il mese quando la somma delle frazioni corrisponde a trenta giorni.

3. I contratti collettivi disciplinano il procedimento per la richiesta e per la concessione, anche parziale o dilazionata nel tempo, o il diniego del congedo per gravi e documentati motivi familiari, assicurando il contraddittorio tra il dipendente e il datore di lavoro e il contemperamento delle rispettive esigenze.

4. Fino alla definizione del procedimento di cui al comma 3, il datore di lavoro è tenuto, entro dieci giorni dalla richiesta del congedo, a esprimersi sulla stessa e a comunicarne l'esito al dipendente. L'eventuale diniego, la proposta di rinvio ad un periodo successivo e determinato, la concessione parziale del congedo devono essere motivati in relazione alle condizioni previste dal presente regolamento e alle ragioni organizzative e produttive che non consentono la sostituzione del dipendente. Su richiesta del dipendente, la domanda deve essere riesaminata nei successivi venti giorni. Il datore di lavoro assicura l'uniformità delle decisioni avuto riguardo alla prassi adottata e alla situazione organizzativa e produttiva dell'impresa o della pubblica amministrazione.

5. Fermo restando quanto stabilito dal comma 4, in caso di rapporti di lavoro a tempo determinato il datore di lavoro può altresì negare il congedo per incompatibilità con la durata del rapporto in relazione al periodo di congedo richiesto, ovvero quando i congedi già concessi hanno superato i tre giorni nel corso del rapporto; può, inoltre, negare il congedo quando il rapporto è stato instaurato in ragione della sostituzione di altro dipendente in congedo ai sensi del presente articolo. Si applicano comunque le disposizioni di cui al comma 6.

6. Il congedo di cui al presente articolo può, altresì, essere richiesto per il decesso di uno dei soggetti di cui al precedente articolo 1, comma 1, per il quale il richiedente non abbia la possibilità di utilizzare permessi retribuiti nello stesso anno ai sensi delle medesime disposizioni o di disposizioni previste dalla contrattazione collettiva. Quando la suddetta richiesta è riferita a periodi non superiori a tre giorni, il datore di lavoro è tenuto ad esprimersi entro 24 ore dalla stessa e a motivare l'eventuale diniego sulla base di eccezionali ragioni organizzative, nonché ad assicurare che il congedo venga fruito comunque entro i successivi sette giorni.

7. Salvo che non sia fissata preventivamente una durata minima del congedo, la lavoratrice e il lavoratore hanno diritto a rientrare nel posto di lavoro anche prima del termine del congedo, dandone preventiva comunicazione al datore di lavoro. Qualora il datore di lavoro abbia provveduto alla sostituzione della lavoratrice o del lavoratore in congedo ai sensi dell'articolo 1, secondo comma, lettera b), della legge 18 aprile 1962, n. 230, e successive modificazioni, per il rientro anticipato è richiesto, compatibilmente con l'ampiezza del periodo di congedo in corso di fruizione, un preavviso di almeno sette giorni. Il datore di lavoro può comunque consentire il rientro anticipato anche in presenza di preventiva fissazione della durata minima del congedo o di preavviso inferiore a sette giorni.

 

Allegato 3


Titolo V

Della parentela e dell'affinità


74. Parentela

La parentela è il vincolo tra le persone che discendono da uno stesso stipite [c.c. 77, 87].


75. Linee della parentela

Sono parenti in linea retta le persone di cui l'una discende dall'altra; in linea collaterale quelle che, pur avendo uno stipite comune, non discendono l'una dall'altra [c.c. 78].


76. Computo dei gradi

Nella linea retta si computano altrettanti gradi quante sono le generazioni, escluso lo stipite.

Nella linea collaterale i gradi si computano dalle generazioni, salendo da uno dei parenti fino allo stipite comune e da questo discendendo all'altro parente, sempre restando escluso lo stipite [c.c. 78].


77. Limite della parentela

La legge non riconosce il vincolo di parentela [c.c. 74, 87] oltre il sesto grado [c.c. 572], salvo che per alcuni effetti specialmente determinati [c.c. 87, n. 1, 417, 583].


78. Affinità

L'affinità è il vincolo tra un coniuge e i parenti dell'altro coniuge.

Nella linea e nel grado [c.c. 75, 76] in cui taluno è parente d'uno dei coniugi, egli è affine dell'altro coniuge.

L'affinità non cessa per la morte, anche senza prole, del coniuge da cui deriva, salvo che per alcuni effetti specialmente determinati [c.c. 434, n. 2]. Cessa se il matrimonio è dichiarato nullo [c.c. 117], salvi gli effetti di cui all'articolo 87, n. 4.

 

c.c. art. 74
L. 4 novembre 2010, n. 183, art. 24
L. 5 febbraio 1992, n. 104, art. 33
L. 5 febbraio 1992, n. 104, art. 3
D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151, art. 42
L. 8 marzo 2000, n. 53, art. 20
L. 3 marzo 2009, n. 18
D.M. 21 luglio 2000, n. 278, art. 2
 

   

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