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Art. 86 TULPS - Sorvegliabilità del locale

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Nuova pagina 1

Ministero dello sviluppo economico
Circ. 6-5-2010 n. 3635/C
Decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, di attuazione della Direttiva 2006/123/CE, relativa ai servizi nel mercato interno. Titolo II. Procedimenti di competenza del Ministero dello sviluppo economico.
Emanata dal Ministero dello sviluppo economico, Dipartimento per le imprese e per l'internazionalizzazione, Direzione generale per il mercato, la concorrenza, il consumatore, la vigilanza e la normativa tecnica, Divisione IV - Promozione della concorrenza, Divisione XVII - Qualità dei prodotti e dei servizi, Divisione XXI - Registro delle imprese.

Circ. 6 maggio 2010, n. 3635/C (1).

Decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, di attuazione della Direttiva 2006/123/CE, relativa ai servizi nel mercato interno. Titolo II. Procedimenti di competenza del Ministero dello sviluppo economico.



(1) Emanata dal Ministero dello sviluppo economico, Dipartimento per le imprese e per l'internazionalizzazione, Direzione generale per il mercato, la concorrenza, il consumatore, la vigilanza e la normativa tecnica, Divisione IV - Promozione della concorrenza, Divisione XVII - Qualità dei prodotti e dei servizi, Divisione XXI - Registro delle imprese.

 


  Alle
 Camere di commercio industria, artigianato e agricoltura
 
    Loro sedi
 
e, p.c.:
 All’
 Unioncamere
 
    Piazza Sallustio, 21
 
    00187 Roma
 
  Alle
 Regioni
 
    Assessorato al commercio
 
    Loro sedi
 
  Alle
 Province autonome di Trento e Bolzano
 
    Assessorato commercio
 
    Loro sedi
 
  Al
 Coordinamento interregionale
 
    c/o Regione Marche
 
    Via Tiziano 44
 
    60125 Ancona
 
  All’
 Unione province d’Italia
 
    Piazza Cardelli, 4
 
    00186 Roma
 
  All’
 Anci
 
    Via Dei Prefetti, 46
 
    00186 Roma
 
  Alla
 Confcommercio
 
    Piazza G.G. Belli, 2
 
    00153 Roma
 
  Alla
 Confesercenti
 
    Via Nazionale, 60
 
    00184 Roma
 
  All’
 A.N.C.D.
 
    Via Guattani, 9 - Pal. B
 
    00161 Roma
 
  All’
 A.N.C.C.
 
    Via Guattani, 9
 
    00161 Roma
 
  Alle
 Confcooperative
 
    Borgo S. Spirito, 78
 
    00193 Roma
 
  Alla
 Confindustria
 
    Viale dell’Astronomia, 30
 
    00144 Roma
 
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 Confapi
 
    Via della Colonna Antonina, 52
 
    00186 Roma
 
  Alla
 C.N.A.
 
    Via Guattani, 13
 
    00161 Roma
 
  Alla
 Confartigianato
 
    Via S.Giovanni in Laterano, 152
 
    00184 Roma
 
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 Casartigiani
 
    Via Flaminio Ponzio, 2
 
    00153 Roma
 
    Fax 06/5755036
 
  Alla
 Claai
 
    Corso Vittorio Emenuele II, 154
 
    00186 Roma
 
    Fax 06/6877580
 
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 Infocamere S.C.P.A.
 
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    00100 Roma
 
  All’
 Istituto Guglielmo Tagliacarne
 
    Via Appia Pignatelli, 62
 
    00178 Roma
 
  


Premessa

Il decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, pubblicato sul S.O. n. 75 alla G.U. n. 94 del 23 aprile 2010, recepisce la Direttiva 123/2006/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno, con la quale si è inteso fornire un contributo decisivo al processo di liberalizzazione e semplificazione del mercato dei servizi. Le relative disposizioni, salvo quanto precisato e di seguito chiarito relativamente a specifici aspetti, entrano in vigore al termine dell’ordinario periodo di vacatio legis e, pertanto, a decorrere dall’8 maggio 2010.

La Direttiva ha indicato quale suo obiettivo prioritario l’eliminazione delle barriere allo sviluppo del settore dei servizi tra Stati membri, per il cui raggiungimento prevede la semplificazione normativa e amministrativa della regolamentazione e, in particolare, delle procedure e delle formalità relative all’accesso e allo svolgimento delle attività di servizio.

Ha indicato, altresì, quale principale strumento per perseguire tale obiettivo, la necessità di limitare l’obbligo di autorizzazione preliminare alle attività di servizio - sostituendolo, tutte le volte che sia possibile, con istituti semplificati - e di prevedere requisiti per l’accesso all’attività, solo nei casi in cui tale autorizzazione e tali requisiti siano giustificati da motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza, sanità pubblica o tutela dell’ambiente, in conformità e nel rispetto dei principi di non discriminazione, necessità, proporzionalità.

Di conseguenza, le amministrazioni competenti, ivi comprese quelle territoriali, sono state chiamate a verificare requisiti e procedure, al fine di eliminare quelli non conformi ai principi e ai criteri della Direttiva, onde raggiungere gli obiettivi indicati.

Anche questa Amministrazione ha pertanto provveduto a verificare le discipline vigenti per le attività di servizio di competenza ed ha contribuito a definire le modifiche normative in grado di attuare il processo di armonizzazione e semplificazione delle disposizioni relative ai regimi di accesso e di esercizio.

In tal modo è stato possibile individuare, per tutti i servizi di competenza rientranti nell’ambito di applicazione della Direttiva, i requisiti ed i vincoli compatibili con i principi dalla stessa affermati e necessari per l’accesso e l’esercizio delle relative attività, nonché garantire, in attuazione del disposto di cui all’art. 41, comma 1, lettera i), della legge 7 luglio 2009, n. 88 (Legge Comunitaria 2008), il carattere unitario nazionale dell’individuazione delle figure professionali con i relativi profili ed eventuali titoli abilitanti, in modo da adempiere anche alle pronunce della Corte Costituzionale, la quale ha affermato che, in materia di professioni, è riservata allo Stato, nell’ambito della competenza legislativa concorrente con le Regioni stabilita dall’art. 117, comma 3, della Costituzione, l’individuazione delle figure professionali con i relativi profili ed ordinamenti didattici, nonché la disciplina dei titoli di abilitazione all’esercizio
professionale (cfr. sentenze nn. 153/2006; 423/2006; 424/2006; 179/2008; 222/2008).

Fermo restando che le disposizioni del decreto legislativo riconducibili a tale competenza statale riservata, non sono in alcun modo derogabili dalle leggi regionali di settore, si evidenzia che a parere della scrivente Direzione - fatte salve le ulteriori e più precise indicazioni che potranno essere fornite a seguito del necessario approfondimento delle singole questioni con le amministrazioni regionali interessate -, per gli eventuali aspetti rientranti invece nelle competenze regionali le disposizioni contenute nel decreto legislativo, necessarie per consentire il completo adeguamento dell’ordinamento interno a quello comunitario entro il termine a tal fine stabilito, prevalgono su eventuali disposizioni regionali in contrasto, ma si applicano solo transitoriamente, fino all’adozione da parte delle regioni stesse delle norme di attuazione della direttiva comunitaria in argomento. Ciò anche per effetto della clausola di cedevolezza contenuta all’articolo 84, comma 1, del
citato decreto legislativo, secondo cui “in relazione a quanto disposto dall'articolo 117, quinto comma, della Costituzione e fatto salvo quanto previsto dagli articoli 16, comma 3, e 10, comma 3, della legge 4 febbraio 2005, n. 11, nella misura in cui incidono su materie di competenza esclusiva regionale e su materie di competenza concorrente, le disposizioni del presente decreto si applicano fino alla data di entrata in vigore della normativa di attuazione della direttiva 2006/123/CE, adottata da ciascuna regione e provincia autonoma nel rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dei principi fondamentali desumibili dal presente decreto”.

Premesso quanto sopra, e fatte salve eventuali più approfondite specifiche direttive anche nell’ambito dei diversi provvedimenti attuativi previsti dal decreto legislativo in questione, si ritiene opportuno ed urgente riportare di seguito una sintetica illustrazione delle principali innovazioni introdotte nei settori di competenza rispetto alla normativa previgente ed alcuni primi chiarimenti applicativi delle disposizioni del decreto legislativo in oggetto. Ciò anche al fine di tenere aperto il necessario confronto con tutti i soggetti a diverso titolo interessati, secondo il metodo già utilizzato in fase di predisposizione del provvedimento, sia in vista dell’adozione di successive e definitive indicazioni maggiormente condivise, sia, in prospettiva più lunga, per l’eventualità di successivi interventi integrativi e correttivi comunque possibili entro ventiquattro mesi dall’entrata in vigore del decreto legislativo in argomento ai sensi dell’articolo 1, comma 5,
della legge 7 luglio 2009, n. 88 (legge comunitaria 2008).



1. Parte prima (disposizioni generali)

1.1. La PARTE PRIMA del decreto legislativo n. 59 del 2010, contiene disposizioni di carattere generale, di cui si omette la descrizione di dettaglio, ma che si ritiene opportuno comunque sinteticamente richiamare in quanto le stesse trovano comunque applicazione anche nei settori di più specifica competenza o interesse di questo Ministero, per le attività che non sono oggetto di specifiche disposizioni, per gli aspetti non regolati da specifiche disposizioni delle attività direttamente normate, oltre che come contesto da tener presente nell’interpretazione sistematica delle stesse specifiche disposizioni presenti.




1.2. Il Titolo I contiene le disposizioni generali in senso stretto e è articolato in più Capi.

Il Capo I regola l’ambito di applicazione del decreto legislativo, precisandone oggetto e finalità (articolo 1), e chiarendo in generale che le disposizioni in questione si applicano a qualsiasi attività economica, di carattere imprenditoriale o professionale, svolta senza vincolo di subordinazione, diretta allo scambio di beni e servizi o alla fornitura di altra prestazione anche a carattere intellettuale, ed individuando i settori esclusi e gli altri per i quali l’applicazione è comunque limitata (articoli da 2 a 7). Fra i settori esclusi si evidenziano, per quanto di interesse, i servizi finanziari, ivi inclusi i servizi assicurativi e di riassicurazione, i servizi di trasporto, i servizi sanitari e quelli farmaceutici, i servizi privati di sicurezza, ecc. Si evidenzia inoltre a questo riguardo che il Ministro per le politiche europee ed i Ministri interessati possono, ai sensi dell’articolo 2, comma 3, adottare uno o più decreti interministeriali ricognitivi delle
attività di servizi comunque escluse da tale ambito di applicazione.

Il Capo II contiene le definizioni (articolo 8) ed i principi generali (articolo 9, clausola di specialità). In particolare si evidenzia che il predetto articolo 9, fra le "disposizioni di attuazione di altre norme comunitarie che disciplinano aspetti specifici dell'accesso ad un'attività di servizi o del suo esercizio per professioni o in settori specifici" che prevalgono e si applicano in caso di contrasto con le disposizioni del decreto legislativo in questione, include anche quelle di cui al decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206, di attuazione della direttiva 2005/36/CE, relativa al riconoscimento delle qualifiche e dei titoli professionali conseguiti all’estero.

Il Titolo II, Capo I, contiene le disposizioni generali in materia di accesso ed esercizio delle attività di servizi, relativamente alla libertà di accesso ed esercizio delle attività (articolo 10), ai requisiti vietati (articolo 11), ai requisiti subordinati alla sussistenza di un motivo imperativo di interesse generale (articolo 12) ed alla necessità di notifica alla Commissione europea delle eventuali nuove disposizioni che prevedono tali requisiti (articolo 13).

Il Capo II del medesimo Titolo, contiene le disposizioni generali in materia di regimi autorizzatori. Si evidenzia, in particolare, l’articolo 15, che disciplina in generale le condizioni cui può essere subordinato l’accesso e l’esercizio alle attività di servizi, prevedendo che tali condizioni siano:

a) non discriminatorie;

b) giustificate da un motivo imperativo di interesse generale;

c) commisurate all'obiettivo di interesse generale;

d) chiare ed inequivocabili;

e) oggettive;

f) rese pubbliche preventivamente;

g) trasparenti e accessibili.

Si evidenzia inoltre l’articolo 16 che regola l’ipotesi in cui il numero di titoli autorizzatori disponibili per una determinata attività di servizi sia limitato per ragioni correlate alla scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche disponibili, prevedendo che in tal caso le autorità competenti applichino una procedura di selezione tra i candidati potenziali ed assicurino la predeterminazione e la pubblicazione dei criteri e delle modalità atti ad assicurarne l'imparzialità, cui le stesse devono attenersi. Il medesimo articolo prevede che, nel fissare le regole della procedura di selezione le autorità competenti possono tenere conto di considerazioni di salute pubblica, di obiettivi di politica sociale, della salute e della sicurezza dei lavoratori dipendenti ed autonomi, della protezione dell'ambiente, della salvaguardia del patrimonio culturale e di altri motivi imperativi d'interesse generale conformi al diritto comunitario, ma che in generale il titolo
autorizzatorio è rilasciato per una durata limitata e non può essere rinnovato automaticamente, né possono essere accordati vantaggi al prestatore uscente o ad altre persone, ancorché giustificati da particolari legami con lo stesso.

Gli articoli 17, 18 e 19, regolano rispettivamente e in termini generali i procedimenti di rilascio delle autorizzazioni, il divieto di partecipazione alla decisione da parte di operatori concorrenti e l’efficacia territoriale e temporale delle autorizzazioni.

Il Titolo III contiene le disposizioni relative alla libera prestazione dei servizi.

Il Titolo IV contiene le disposizioni relative alla semplificazione amministrativa e, in particolare, quelle relative allo Sportello unico per le attività produttive (articolo 25). Si evidenzia a questo riguardo che tali disposizioni, cosi come i richiami al medesimo sportello unico contenuti nelle disposizioni procedurali relative alle singole attività, potranno trovare completa applicazione solo dopo che il regolamento di cui all’articolo 38, comma 3, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, cui si fa riferimento, sia stato effettivamente emanato, sia entrato in vigore ed abbia avuto concreta attuazione. Si evidenzia inoltre che il comma 3 del predetto articolo 25 testualmente prevede che, anche quando le condizioni di operatività del SUAP si siano realizzate, “le domande, se contestuali alla comunicazione unica, disciplinata dall'articolo 9 del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, convertito, con
modificazioni, dalla legge 2 aprile 2007, n. 40, sono presentate al registro delle imprese di cui all'articolo 8 della legge 29 dicembre 1993, n. 580, che le trasmette immediatamente allo sportello unico”.

I Titoli V, VI e VII, contengono, rispettivamente, le disposizioni a tutela dei destinatari, quelle sulla qualità dei servizi, e quelle sulla collaborazione amministrativa fra le autorità competenti.

Le disposizioni di più specifico interesse di questo Ministero sono contenute nella PARTE SECONDA del decreto legislativo n. 59 del 2010, e, più precisamente negli articoli da 64 ad 81, compresi nel Titolo II di tale Parte, che contiene le disposizioni relative ad alcuni procedimenti di competenza del Ministero dello sviluppo economico.

Si evidenzia inoltre nella PARTE III, Titolo II, l’articolo 85 (modifiche ed abrogazioni), in cui (al comma 1) è disposta una modifica di carattere generale alla formulazione delle disposizioni concernenti la dichiarazione di inizio di attività di cui all’articolo 19, comma 2, della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, e, negli altri commi, sono ripetute ed integrate anche le abrogazioni espresse di alcune disposizioni previgenti nei settori di specifico interesse di questo Ministero.



2. D.Lgs. n. 59 del 2010, art. 64 (Somministrazione di alimenti e bevande)

2.1. L’art. 64, comma 1, dispone che “L’apertura degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande al pubblico, comprese quelle alcooliche di qualsiasi gradazione, di cui alla legge 25 agosto 1991, n. 287, è soggetta ad autorizzazione rilasciata dal comune competente per territorio”. Al riguardo, si osserva che la legge 25 agosto 1991, n. 287, disciplina distintamente l’attività di somministrazione di alimenti e bevande esercitata nei confronti del pubblico indifferenziato e quella esercitata nei confronti di particolari tipologie di utenti. Nel caso di nuova apertura di un esercizio di somministrazione di alimenti e bevande al pubblico, la disciplina del decreto conferma la necessità del provvedimento di autorizzazione da parte del comune competente per territorio. Al riguardo si richiama l’attenzione sulla circostanza che il procedimento di rilascio dell’autorizzazione in questione è soggetto a silenzio assenso per effetto dell’art. 20 della legge 7
agosto 1990, n. 241 e del D.P.R. 9 maggio 1994, n. 407 (cfr. Consiglio di Stato 27 ottobre 1998, n. 1394).




2.2. In materia di attività di somministrazione di alimenti e bevande si richiama la nota 23 maggio 2007, n. 557/PAS.1251.12001(1), nella quale il Ministero dell’interno ha ribadito che l’autorizzazione per l’attività in discorso mantiene la “natura di licenza di polizia ai fini dell’art. 86 del tulps come disposto dall’art. 152 del Reg. al tulps, modificato dal D.P.R. n. 311/2001”. Ad avviso del Ministero dell’interno, infatti, tale particolare natura di “autorizzazione di polizia, che continua a caratterizzare la somministrazione di alimenti e bevande, comporta la soggezione dell’attività stessa alle disposizioni delle leggi di pubblica sicurezza per i profili attinenti la tutela dell’ordine e sicurezza pubblica e dell’incolumità delle persone. Da ciò discende che l’autorità competente al rilascio è tenuta a svolgere l’attività di verifica dei necessari requisiti soggettivi di cui alle norme di pubblica sicurezza oltre a quelli oggettivi con riferimento ai criteri di sorvegliabilità del locale (..)”.

I requisiti soggettivi ai quali fa riferimento il parere ministeriale sono quelli di cui agli artt. 11 e 92 del R.D. 18 giugno 1931, n. 773.




3. D.Lgs. n. 59 del 2010, art. 64, comma 1

L’art. 64, comma 1, dispone, altresì, che “Il trasferimento di sede e il trasferimento della gestione o della titolarità degli esercizi di cui al presente comma sono soggetti a dichiarazione di inizio di attività da presentare allo sportello unico per le attività produttive del comune competente per territorio, ai sensi dell'articolo 19, comma 2, rispettivamente primo e secondo periodo, della legge 7 agosto 1990, n. 241”.




3.1. La disposizione sottopone il trasferimento di sede e il trasferimento della titolarità e della gestione di un esercizio di somministrazione di alimenti e bevande all’istituto della dichiarazione di inizio di attività di cui all’art. 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241. Al riguardo, si richiama l’attenzione sulla modifica del comma 2 del citato art. 19, ad opera dell’art. 85, comma 1, del decreto legislativo in oggetto. Il vigente comma 2 dell’articolo 19, come modificato, così recita “2. L’attività oggetto della dichiarazione può essere iniziata decorsi trenta giorni dalla data di presentazione della dichiarazione all’amministrazione competente; contestualmente all’inizio dell’attività, l’interessato ne dà comunicazione all’amministrazione competente. Nel caso in cui la dichiarazione di inizio attività abbia ad oggetto l’esercizio di attività di cui al decreto legislativo di attuazione della direttiva 2006/123/CE, l’attività, ove non
diversamente previsto, può essere iniziata dalla data della presentazione della dichiarazione all’amministrazione competente.”.




3.2. Per effetto della suddetta modifica, nel caso di trasferimento di sede di un esercizio di somministrazione, l’operatore è tenuto alla dichiarazione di inizio dell’attività e poi all’invio della comunicazione contestualmente all’avvio. Di conseguenza, l’avvio effettivo dell’attività nella nuova sede non può essere effettuato prima del decorso dei trenta giorni a far data dalla presentazione della dichiarazione visto che la disposizione che lo disciplina richiama espressamente il primo periodo del comma 2 dell’art. 19. Trattasi quindi di dichiarazione di inizio dell’attività (DIA) ad efficacia differita. Resta fermo che dall’applicazione della DIA ad efficacia differita, nel caso di specie, non consegue alcun obbligo di interruzione dell’attività in essere.




3.3. Si ritiene tuttavia, sulla base di un’interpretazione sistematica di tale articolo, che l’utilizzo dell’istituto della DIA ad efficacia differita non sia ammissibile nel caso in cui l’operatore intenda trasferire l’attività da una sede collocata in zona non sottoposta a programmazione ai sensi dell’art. 64, comma 3, ad una sede collocata in una zona tutelata nell’ambito di tale programmazione, o anche in caso di trasferimento di sede nell’ambito di zone tutelate. Ove infatti l’ente locale abbia individuato le zone del territorio da sottoporre a tutela, l’avvio dell’attività in tali zone, a prescindere dalla circostanza se si tratti di nuova attività o di attività trasferita, deve essere assoggettato ad autorizzazione espressa per consentire la verifica del rispetto di tutti i vincoli individuati dal provvedimento di programmazione, per non vanificare gli effetti del provvedimento di programmazione delle aperture.




3.4. Nel caso di trasferimento della titolarità o della gestione dell’attività, per espressa previsione dell’art. 64, comma 4, l’istituto applicabile è quello della DIA ad efficacia immediata. L’attività dell’avente causa, quindi, può essere iniziata contestualmente all’invio della dichiarazione al comune competente per territorio. Resta ferma, ai fini dell’avvio della DIA ad efficacia immediata, la necessità del possesso dei presupposti e dei requisiti espressamente richiamati nella disposizione.




3.5. Nel caso di subingresso, le disposizioni non indicano un termine da rispettare per l’avvio dell’attività. Al riguardo la scrivente ritiene che il medesimo sia desumibile da quanto sancito dall’art. 64, comma 8, del decreto legislativo il quale, alla lett. b), dispone che “L'autorizzazione e il titolo abilitativo decadono nei seguenti casi: (..) qualora il titolare sospenda l'attività per un periodo superiore a dodici mesi (..). Conseguentemente, stante la necessità, peraltro sancita dall’art. 64, comma 4, di non determinare soluzioni di continuità nella gestione di un esercizio in caso di subingresso, nonché la possibilità di avviare l’attività previa presentazione al comune della DIA ad efficacia immediata in presenza dei requisiti prescritti, sancita dal comma 1, la scrivente ritiene che, in assenza del requisito professionale o in presenza di qualsiasi impedimento di altro genere, l’attività debba riprendere entro un anno dall’acquisto del titolo. Del
resto, se è consentito l’avvio

immediato dell’attività in presenza delle condizioni su esplicitate, ove l’avvio non sia possibile non può non sussistere un termine da rispettare e il medesimo non può che essere quello sancito dal limite massimo di sospensione dell’attività disposto dal citato art. 64, comma 8, lett. b).




3.6. In caso di subingresso per causa di morte si rammenta che “il termine per riprendere l’attività deve essere calcolato dalla data di acquisto del diritto all’eredità. Questa data è quella di apertura della successione che coincide con quella di decesso del titolare dell’autorizzazione” (TAR Lazio, Sez. II, n. 64 del 1994).




3.7. In materia di subingresso, si richiama la Ris. 24 novembre 2009, n. 107868, reperibile sul sito del Ministero, nel quale la scrivente ha ammesso nel caso di attività di somministrazione di alimenti e bevande che il subentrante, dal momento che è legittimato ad esercitare l’attività, può cedere l’esercizio stesso in proprietà o in gestione, purché la possibilità di subtrasferire l’esercizio sia stata prevista dal suo dante causa (nel caso dell’attività di vendita la possibilità di subaffitto era stata indicata nella circolare 8 aprile 1994, n. 3334).





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4. D.Lgs. n. 59 del 2010, art. 64, comma 2

L’art. 64, comma 2, dispone che “È subordinata alla dichiarazione di inizio di attività ai sensi dell’articolo 19, comma 2, secondo periodo, anche l'attività di somministrazione di alimenti e bevande riservata a particolari soggetti elencati alle lettere a), b), c), d), e), f), g) e h) del comma 6 dell'articolo 3 della legge 25 agosto 1991, n. 287. Resta fermo quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 4 aprile 2001, n. 235.”




4.1. Il comma 6 dell’art. 3 della legge n. 287 del 1991 è stato sostituito dal comma 7 dell’art. 64 del decreto legislativo n. 59/2010: la sostituzione determina, dal punto di vista sostanziale, l’introduzione, ai fini dell’avvio dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande riservata a particolari categorie di utenti espressamente elencate nella disposizione, dell’istituto della DIA ad efficacia immediata. La norma di cui all’articolo 64, comma 2, è pertanto strettamente correlata a quella di cui all’articolo 64, comma 7, che conferma l’esclusione di dette attività dal provvedimento di programmazione.




4.2. La disposizione ribadisce l’applicazione della disciplina di cui al decreto del Presidente della Repubblica 4 aprile 2001, n. 235 (“Regolamento recante semplificazione del procedimento per il rilascio di somministrazione di alimenti e bevande da parte di circoli privati”), alle attività di somministrazione di alimenti e bevande esercitate da circoli privati. Il D.P.R. n. 235/2001, che in vigenza del comma 6 dell’art. 3 della legge n. 287/1991, integrava la normativa applicabile ai circoli privati richiamati alla lett. e), deve ritenersi, anche nel mutato contesto normativo, disciplina speciale a tutti gli effetti e pertanto l’unica applicabile a tale specifica modalità di esercizio. Al riguardo, va precisato che, anche nel caso in cui l’attività di somministrazione di alimenti e bevande da parte di un circolo privato debba essere avviata in un locale situato nella zona sottoposta dall’ente locale a tutela ai sensi dell’art. 64, comma 3, del decreto, la
disciplina da applicare è quella recata dal citato D.P.R. n. 235/2001.




5. D.Lgs. n. 59 del 2010, art. 64, comma 3

L’art. 64, comma 3, dispone quanto segue: “Al fine di assicurare un corretto sviluppo del settore, i comuni, limitatamente alle zone del territorio da sottoporre a tutela, adottano provvedimenti di programmazione delle aperture degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande al pubblico di cui al comma 1, ferma restando l'esigenza di garantire sia l'interesse della collettività inteso come fruizione di un servizio adeguato sia quello dell'imprenditore al libero esercizio dell'attività. Tale programmazione può prevedere, sulla base di parametri oggettivi e indici di qualità del servizio, divieti o limitazioni all'apertura di nuove strutture limitatamente ai casi in cui ragioni non altrimenti risolvibili di sostenibilità ambientale, sociale e di viabilità rendano impossibile consentire ulteriori flussi di pubblico nella zona senza incidere in modo gravemente negativo sui meccanismi di controllo in particolare per il consumo di alcolici, e senza ledere il diritto dei
residenti alla vivibilità del territorio e alla normale mobilità. In ogni caso, resta ferma la finalità di tutela e salvaguardia delle zone di pregio artistico, storico, architettonico e ambientale e sono vietati criteri legati alla verifica di natura economica o fondati sulla prova dell'esistenza di un bisogno economico o sulla prova di una domanda di mercato, quali entità delle vendite di alimenti e bevande e presenza di altri esercizi di somministrazione”.




5.1. La disposizione reca i principi e i criteri ai quali si devono attenere gli enti locali nel predisporre i provvedimenti di programmazione delle aperture limitatamente alle zone da sottoporre a tutela. In via prioritaria sancisce che una limitazione delle aperture, fondata su presupposti vietati dalla Direttiva comunitaria, non è più ammissibile. Il sistema di programmazione introdotto dalla disposizione in discorso, infatti, impedisce alle amministrazioni di adottare misure regolatorie che incidano direttamente o indirettamente sull’equilibrio tra domanda e offerta, consentendo interventi limitativi esclusivamente collegabili alla tutela di valori di rango equivalente al principio di libera iniziativa economica, tra i quali in ogni caso non può farsi rientrare la salvaguardia di una quota di mercato in favore degli esercizi esistenti.

Nella predisposizione del provvedimento di programmazione, pertanto, non potranno più essere introdotti meccanismi di previsione delle aperture di tipo contenutistico, essendo ammissibili solo criteri fondati sulla necessità di garantire il rispetto dei principi ulteriori indicati, ritenuti in grado di contemperare sia l’interesse della collettività alla fruizione di un servizio adeguato, che quello dell’imprenditore al libero esercizio dell’attività. I provvedimenti di programmazione, altresì, pur nella necessità di assicurare una localizzazione delle attività in grado di rispondere alle necessità anche stagionali del territorio, non potranno prescindere dalla necessità di salvaguardare e riqualificare le zone di pregio artistico, storico, architettonico, archeologico e ambientale, nonché di assicurare il diritto dei residenti alla vivibilità dell’ambiente urbano oltre che il rispetto dell’ordine pubblico e della salute pubblica.

Sulla base dei predetti presupposti possono essere individuati meccanismi di programmazione fondati su indici di qualità e fruibilità del servizio in grado di promuovere sviluppo e garantire l’equilibrio degli interessi coinvolti. In ogni caso, giova ribadire che la previsione conferma il divieto di fissare contingenti e parametri numerici legati alla mera logica dell’equilibrio tra domanda e offerta, già sancita dall’art. 3, comma 1, lettera d), del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248.




 




6. D.Lgs. n. 59 del 2010, art. 64, comma 4

L’art. 64, comma 4, dispone che “Il trasferimento della gestione o della titolarità di un esercizio di somministrazione per atto tra vivi o a causa di morte è subordinato all'effettivo trasferimento dell'attività e al possesso dei requisiti prescritti da parte del subentrante”.




6.1. Ai sensi dell’art. 64, comma 4, la legittimazione all’esercizio dell’attività all’avente causa si verifica ope legis a seguito di una duplice condizione: la prima di natura obiettiva concernente la prova dell’effettivo trasferimento dell’attività e l’altra di tipo soggettivo relativa al possesso dei requisiti di onorabilità e professionali di cui all’art. 71, commi 1, 2 e 6, del decreto.

Previa presentazione della DIA di cui all’art. 19, comma 2, secondo periodo, ad efficacia immediata, pertanto, il diritto all’esercizio dell’attività a favore del subentrante è automatico, purché l’avente causa risulti in possesso della prescritta qualificazione professionale e abbia ottenuto dal dante causa il godimento dell’attività.




6.2. Nel caso di subingresso per causa di morte, il subentrante in possesso della qualificazione professionale alla data di acquisto del titolo, può iniziare l’attività contestualmente all’invio della dichiarazione al comune competente per territorio, ove disponga del possesso dei requisiti e dei presupposti previsti dal citato art. 64, comma 4.




6.3. Nel caso in cui il subentrante per causa di morte non sia in possesso della qualificazione professionale per l’attività di somministrazione di alimenti e bevande, stante l’imprevedibilità dell’evento, la scrivente ritiene ammissibile la continuazione dell’attività da parte dell’avente causa, ferma restando la necessità di acquisire il requisito della qualificazione. Si rammenta che, in tal caso, la scrivente ha già avuto modo di chiarire di ritenere ammissibile, come nel caso dell’attività di vendita di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, anche nel caso di specie, la possibilità di acquisizione del requisito professionale entro sei mesi dall’apertura della successione in analogia con i termini concessi dall’amministrazione finanziaria ai fini della denuncia di successione (cfr. circolare 28 maggio 1999, n. 3467/C, punto 11.2).




6.4. Quanto precisato al punto 6.3. sulla necessità di acquisire il requisito della qualificazione professionale per l’attività di somministrazione di alimenti e bevande vale, ovviamente, solo nel caso in cui il soggetto, che ha ottenuto in eredità l’attività, intenda continuarla a suo nome: resta fermo, infatti, che, nel caso in cui intenda cederla in gestione o in proprietà, non è soggetto all’obbligo di munirsi della qualificazione né di inviare alcuna comunicazione al comune competente per territorio.


7. D.Lgs. n. 59 del 2010, art. 64, comma 5

L’art. 64, comma 5, dispone che “L'esercizio dell'attività è subordinato alla conformità del locale ai criteri sulla sorvegliabilità stabiliti con decreto del Ministro dell'interno, anche in caso di ampliamento della superficie”.




7.1. I decreti ai quali la disposizione fa rinvio, ai fini della verifica della sorvegliabilità dei locali nei quali deve svolgersi l’attività di somministrazione di alimenti e bevande, sono stati emanati dal Ministero dell’interno. Trattasi del D.M. 17 dicembre 1992, n. 564, e del D.M. 5 agosto 1994, n. 534, ai quali si fa rinvio ai fini della individuazione dei requisiti e delle caratteristiche dei locali necessari per ottenere il riconoscimento della conformità.




8. D.Lgs. n. 59 del 2010, art. 64, comma 7

Il comma 7 dell’art. 64 sostituisce il comma 6 dell'articolo 3 della legge 25 agosto 1991, n. 287, il cui testo novellato dispone ora quanto segue: “6. Sono escluse dalla programmazione le attività di somministrazione di alimenti e bevande:

a) al domicilio del consumatore;

b) negli esercizi annessi ad alberghi, pensioni, locande o ad altri complessi ricettivi, limitatamente alle prestazioni rese agli alloggiati;

c) negli esercizi posti nelle aree dì servizio delle autostrade e nell'interno di stazioni ferroviarie, aeroportuali e marittime;

d) negli esercizi di cui all'articolo 5, comma 1, lettera e), nei quali sia prevalente l'attività congiunta di trattenimento e svago;

e) nelle mense aziendali e negli spacci annessi ai circoli cooperativi e degli enti a carattere nazionale le cui finalità assistenziali sono riconosciute dal Ministero dell'interno;

f) esercitate in via diretta a favore dei propri dipendenti da amministrazioni, enti o imprese pubbliche;

g) nelle scuole; negli ospedali; nelle comunità religiose; in stabilimenti militari delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;

h) nei mezzi di trasporto pubblico”.




8.1. La norma sancisce l’esclusione della programmazione nel caso delle attività espressamente elencate dalla lettera a) alla lettera h), rendendo compatibile il disposto di cui all’art. 64, comma 2, il quale prevede l’applicabilità nel caso delle attività elencate dell’istituto della DIA ad efficacia immediata. Al riguardo, si richiama quanto precisato con riferimento alla esclusione dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande da parte dei circoli privati, i quali sono oggetto della specifica disciplina espressamente richiamata nel citato art. 64, comma 2 (cfr. punti 4.1. e 4.2.).




9. Artt. 65-69 del D.Lgs. n. 59 del 2010

Art. 65 (Esercizi di vicinato) - Art. 66 (Spacci interni) - Art. 67 (Apparecchi automatici) - Art. 68 (Vendita per corrispondenza, televisione o altri sistemi di comunicazione) - Art. 69 (Vendita presso il domicilio dei consumatori).




9.1. Per effetto degli artt. 65, 66, 67, 68 e 69 del decreto, l’avvio dell’attività di vendita dei prodotti appartenenti al settore merceologico alimentare e non alimentare nelle strutture di vendita denominate esercizi di vicinato ai sensi dell’art. 4, comma 1, lett. d), del D.Lgs. n. 114 del 1998, nonché mediante le forme speciali di vendita di cui al medesimo articolo e comma, lett. h), è soggetta alla DIA ad efficacia immediata. Trattasi di un intervento di semplificazione che non obbliga al decorso dei trenta giorni prima dell’avvio, previsti dall’abrogato istituto della comunicazione di cui al citato decreto legislativo n. 114/1998.




9.2. Con riferimento agli aspetti sanzionatori, si precisa che la violazione delle disposizioni in materia di esercizi di vicinato, spacci interni, apparecchi automatici, vendita per corrispondenza, televisione o altri sistemi di comunicazione e vendita presso il domicilio dei consumatori, cui fa rinvio l’art. 22, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 114/1998 si determina anche nel caso di mancato invio al comune competente per territorio della DIA ad efficacia immediata prevista dagli articoli 65, 66, 67, 68, e 69 del decreto ai fini dell’avvio dell’attività.




10. D.Lgs. n. 59 del 2010, art. 70 (Commercio al dettaglio sulle aree pubbliche)

10.1. Il comma 1 dell’art. 70 sostituisce il comma 2 dell’art. 28 del D.Lgs. n. 114/1998, il cui testo novellato ora dispone che "2. L'esercizio dell'attività di cui al comma 1 è soggetto ad apposita autorizzazione rilasciata a persone fisiche, a società dì persone, a società di capitali regolarmente costituite o cooperative".

L’art. 70, comma 1, nel consentire il rilascio dell’autorizzazione anche a società di

capitali o cooperative, recepisce quanto espressamente sancito dalla Direttiva che, all’art. 15, comma 2, lett. b), individua i requisiti che impongono al prestatore un determinato statuto giuridico tra quelli da sottoporre a valutazione ed eventualmente eliminare in presenza di effetti discriminatori. Considerato, pertanto, che il citato art. 15 consente di mantenere un requisito solo se giustificato da motivi imperativi di interesse generale, nel caso in questione non sarebbe stata giustificabile la permanenza di un requisito non previsto nei restanti paesi UE che, peraltro, sarebbe risultato discriminatorio, a mero titolo esemplificativo, nei confronti di eventuali prestatori che avessero inteso partecipare ad una fiera italiana. Per effetto della modifica, possono accedere all’attività di commercio sulle aree pubbliche ed ottenere le relative autorizzazioni non solo le persone fisiche e le società di persone, ma anche le società di capitali regolarmente costituite e le
cooperative.




10.2. Il comma 2 dell’art. 70 del decreto sostituisce il comma 4 dell’art. 28 del D.Lgs. n. 114/1998 in materia di esercizio del commercio sulle aree pubbliche in forma itinerante. La nuova disposizione stabilisce che "4. L'autorizzazione all'esercizio dell'attività di vendita sulle aree pubbliche esclusivamente in forma itinerante è rilasciata, in base alla normativa emanata dalla regione, dal comune nel quale il richiedente, persona fisica o giuridica, intende avviare l'attività. L'autorizzazione dì cui al presente comma abilita anche alla vendita al domicilio del consumatore nonché nei locali ove questi si trovi per motivi di lavoro, di studio, di cura, di intrattenimento o svago".

Il nuovo contenuto della norma attua quanto stabilito dalla Direttiva all’art. 14, n. 1, lettera b), che considera vietato, ai fini dell’avvio e dell’esercizio di un’attività di servizio rientrante nel suo ambito di applicazione, il requisito della residenza “per il prestatore, il suo personale, i detentori di capitale sociale o i membri degli organi di direzione e vigilanza”. Conseguentemente la disposizione di cui all’art. 28, comma 4, del D.Lgs. n. 114/1998, come modificata, consente al soggetto che intende avviare l’attività di commercio sulle aree pubbliche in forma itinerante di chiedere ed ottenere l’autorizzazione da parte del comune nel quale intende avviare l’attività, che può essere quello di residenza, nonché qualsiasi altro.




10.3. La nuova formulazione dell’art. 28, comma 4, del D.Lgs. n. 114/1998 non ha alcuna conseguenza sull’ambito territoriale di validità del titolo per l’esercizio dell’attività in forma itinerante di cui all’art. 28, comma 1, lettera b). Resta ferma, infatti, la possibilità consentita ai soggetti titolari di detta autorizzazione di esercitare su tutto il territorio nazionale.




10.4. Il comma 3 dell’articolo 70 modifica il comma 13 dell’art. 28 del decreto n. 114/1998, introducendo, dopo le parole: "della densità della rete distributiva e della popolazione residente e fluttuante " le seguenti: "limitatamente ai casi in cui ragioni non altrimenti risolvibili di sostenibilità ambientale e sociale, di viabilità rendano impossibile consentire ulteriori flussi di acquisto nella zona senza incidere in modo gravemente negativo sui meccanismi di controllo in particolare per il consumo di alcolici e senza ledere il diritto dei residenti alla vivibilità del territorio e alla normale mobilità. In ogni caso resta ferma la finalità di tutela e salvaguardia delle zone di pregio artistico, storico, architettonico e ambientale e sono vietati criteri legati alla verifica di natura economica o fondati sulla prova dell'esistenza di un bisogno economico o sulla prova di una domanda dì mercato, quali entità delle vendite di prodotti alimentari e non alimentari e
presenza di altri operatori su aree pubbliche ". La disposizione è finalizzata a svincolare ogni regolamentazione locale avente fini di programmazione dell’attività commerciale sulle aree pubbliche da logiche legate all’equilibrio del mercato. La determinazione di criteri programmatori sarà possibile solo qualora lo richiedano ragioni non altrimenti risolvibili di sostenibilità ambientale e sociale e di viabilità che rendano impossibile consentire ulteriori flussi di acquisto nella zona senza incidere in modo gravemente negativo sui meccanismi dì controllo, in particolare per il consumo dì alcolici, e senza ledere il diritto dei residenti alla vivibilità del territorio e alla normale mobilità. Anche in questo caso, la disposizione attua quanto espressamente previsto dalla Direttiva (cfr. art. 14, comma 1, n. 5). Anche nel caso dell’esercizio sulle aree pubbliche, quindi i provvedimenti di programmazione, pur finalizzati ad assicurare una localizzazione delle attività
in grado di rispondere alle esigenze anche stagionali del territorio, non potranno prescindere dalla necessità di salvaguardare e riqualificare le zone di pregio artistico, storico, architettonico, archeologico e ambientale, nonché di assicurare il diritto dei residenti alla vivibilità dell’ambiente urbano oltre che il rispetto dell’ordine pubblico e della salute pubblica. Sulla base dei predetti presupposti possono essere individuati meccanismi di programmazione fondati su indici di qualità e fruibilità del servizio in grado di promuovere sviluppo e garantire l’equilibrio degli interessi coinvolti. In ogni caso, giova ribadire, la previsione conferma il divieto di fissare contingenti e parametri numerici legati alla mera logica dell’equilibrio tra domanda e offerta.




10.5. L’art. 70, comma 5, dispone che “Con intesa in sede di Conferenza unificata, ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, anche in deroga al disposto di cui all’articolo 16 del presente decreto, sono individuati, senza discriminazioni basate sulla forma giuridica dell’impresa, i criteri per il rilascio e il rinnovo della concessione dei posteggi per l’esercizio del commercio su aree pubbliche e le disposizioni transitorie da applicare, con le decorrenze previste, anche alle concessioni in essere alla data di entrata in vigore del presente decreto ed a quelle prorogate durante il periodo intercorrente fino all’applicazione di tali disposizioni transitorie”.

La disposizione rinvia a successivo provvedimento da assumersi con intesa in sede di Conferenza Unificata, con il quale risolvere le conseguenze che possono determinarsi in relazione alle nuove disposizioni in materia di esercizio del commercio sulle aree pubbliche tramite l’utilizzo di un posteggio. Come è noto, la concessione di posteggio per l’esercizio dell’attività di cui all’art. 28, comma 1, lettera a) del decreto legislativo n. 114/1998 ha attualmente durata decennale e, nella quasi totalità dei casi, per effetto delle relative disposizioni regionali, è tacitamente rinnovata o assegnata con procedure di selezione che, in ogni caso, prevedono meccanismi di priorità nei confronti dei soggetti che già hanno utilizzato la relativa porzione di area pubblica. Le suddette modalità di assegnazione dei posteggi risultano incompatibili con l’art. 12 della Direttiva. Tale articolo, infatti, stabilisce che “1. Qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una
determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali (…), gli Stati membri applicano una procedura di selezione tra i candidati potenziali, che presenti garanzie di imparzialità e di trasparenza e preveda, in particolare, un'adeguata pubblicità dell'avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento. 2. Nei casi di cui al paragrafo 1 l'autorizzazione è rilasciata per una durata limitata adeguata e non può prevedere la procedura di rinnovo automatico né accordare altri vantaggi al prestatore uscente o a persone che con tale prestatore abbiano particolari legami”. Tale principio è pedissequamente riprodotto all’interno del testo del decreto all’art. 16, per cui risulta necessario procedere alla individuazione di nuovi criteri che risultino conformi al principio comunitario ed emanare apposite disposizioni transitorie.

Nell’ambito dell’intesa di cui al citato articolo 70, comma 5, potranno pertanto essere fissati i criteri di individuazione di una durata adeguata di tali concessioni, tenuto conto non solo degli investimenti necessari per attrezzare i posteggi, ma anche delle esigenze organizzative dell’impresa e delle problematiche anche di ordine sociale rilevanti nel settore. In tale intesa, nell’ambito della affermata esigenza di evitare discriminazioni basate sulla forma giuridica dell’impresa nei criteri di concessione dei posteggi, potranno essere inoltre individuati eventuali limiti al numero dei posteggi concedibili ad una stessa impresa nella medesima area pubblica mercatale, a prescindere se si tratti di impresa individuale o impresa costituita in forma societaria, per garantire una maggiore gamma di prodotti e di offerte ed un sufficiente confronto concorrenziale.




10.6. In ogni caso si ritiene che le concessioni in essere alla data di entrata in vigore del decreto restano efficaci fino alla scadenza del termine decennale per ciascuna di esse originariamente previsto e saranno oggetto di riassegnazione al termine di tale periodo, nel rispetto delle modalità e delle procedure stabilite in conformità ai nuovi criteri individuati nel provvedimento recante l’intesa prevista dall’art. 70, comma 5.




10.7. Le concessioni che scadono nel periodo intercorrente tra la data di entrata in vigore del decreto e la data di effettiva applicazione delle disposizioni transitorie da individuarsi nell’intesa in argomento, tenuto conto dell’ultima parte del citato comma 5 dell’articolo 70, devono ritenersi prorogabili a semplice richiesta (ovvero tacitamente prorogate, se così previsto dalla legge regionale applicabile) fino a detta ultima data, ferma restando per il periodo successivo l’applicazione delle soluzioni a tal fine direttamente individuate in tali disposizioni transitorie.




10.8 L’art. 70, comma 4, del decreto ribadisce che “Resta fermo quanto previsto dall'articolo 52 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42”. La disposizione richiamata prevede che i comuni, sentito il soprintendente, individuano con appositi provvedimenti le aree pubbliche aventi valore archeologico, storico, artistico e paesaggistico nelle quali vietare o sottoporre a condizioni particolari l'esercizio del commercio. Detti provvedimenti, stante il contenuto della norma, possono pertanto essere assunti nel rispetto della procedura indicata che prevede l’obbligo di espressione del parere preventivo da parte del sovrintendente.




11. D.Lgs. n. 59 del 2010, art. 71 (Requisiti di accesso e di esercizio delle attività commerciali)

11.1. Le disposizioni di cui all’art. 71, commi 1, 2, 3, 4 e 5 disciplinano i requisiti di onorabilità per l’avvio e l’esercizio dell’attività commerciale di vendita e quella di somministrazione di alimenti e bevande. Nello specifico, i commi 1 e 2 della disposizione stabiliscono il divieto di esercizio a coloro i quali siano stati destinatari di uno dei provvedimenti indicati alle lettere da a) ad f) del comma 1 e al comma 2.

Nel caso di cui alla lettera a), pertanto, la rimozione dell’effetto interdittivo necessita sempre del provvedimento di riabilitazione, considerato che solo con riferimento alle ipotesi di cui alle lettere b), c), d), e) ed f), ossia quando l’inabilità deriva dall’aver subito una condanna ad una determinata pena o ad una pena per specifici reati, il comma 3 fissa espressamente in cinque anni la durata dell’effetto interdittivo.




11.2. Con riferimento alla disposizione di cui all’art. 71, comma 3, che richiama il formale provvedimento di riabilitazione per eliminare gli effetti ostativi allo svolgimento dell’attività nei casi previsti, si precisa che detto provvedimento può essere ottenuto con un termine inferiore ai cinque anni in alternativa indicati, per effetto della modifica dell’art. 179 del Codice Penale, ad opera dell’art. 3 della legge 11 giugno 2004, n. 145, che ha ridotto da cinque a tre gli anni necessari per ottenerlo.




11.3. Fermo quanto precisato al punto 11.2., per il soggetto che non abbia chiesto ed ottenuto la riabilitazione, l’ostatività non può che permanere per i cinque anni stabiliti dall’art. 71, comma 3. Quando l'inabilità derivi dall'aver subito condanna ad una certa pena o ad una pena per determinati reati, infatti, la disposizione fissa espressamente in cinque anni la durata dell'effetto interdittivo e, pertanto, solo decorso tale termine, la situazione di inabilità viene comunque a cessare. I cinque anni indicati vanno conteggiati dal giorno in cui la pena è stata scontata (cioè completamente espiata, se trattasi di pena detentiva, o pagata, se pecuniaria) o si è in altro modo estinta (per amnistia impropria, per prescrizione; per concessione della grazia o dell'indulto).




11.4. Per effetto dell’art. 71, comma 4, a differenza della previgente disciplina, il divieto di esercizio dell’attività non si applica qualora sia stata concessa la sospensione condizionale della pena e a far data dal giorno del passaggio in giudicato della relativa sentenza (ossia dal giorno in cui contro la sentenza non sono ammessi mezzi di impugnazione).




11.5. L’art. 71, comma 6, lettere a), b) e c), individua i requisiti professionali per l’avvio delle attività di commercio relativa al settore merceologico alimentare e di somministrazione di alimenti e bevande, anche se effettuate nei confronti di una cerchia determinata di persone. A differenza della disciplina previgente, ai fini dell’avvio di ambedue le tipologie di attività, la lettera c) ammette la possibilità di riconoscere valido ai fini della qualificazione il possesso di un diploma di scuola secondaria superiore o di laurea, anche triennale, o di altra scuola ad indirizzo professionale, almeno triennale, purchè nel corso di studi siano previste materie attinenti al commercio, alla preparazione o alla somministrazione degli alimenti.




12. D.Lgs. n. 59 del 2010, art. 72 (Attività di facchinaggio)

12.1. Riguardo all’attività di facchinaggio, già soggetta a dichiarazione di inizio attività, il decreto legislativo si limita ad una semplificazione degli adempimenti, eliminando l’analoga dichiarazione prevista dal decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 342, nel caso dei soggetti che abbiano già presentato tale dichiarazione di inizio attività ai sensi dell’articolo 17 della legge 5 marzo 2001, n. 57, e peri relativi addetti. Tale doppia dichiarazione risultava infatti inutilmente onerosa e non giustificabile in termini di adeguatezza e proporzionalità degli adempimenti.




13. Artt. 73-76 del D.Lgs. n. 59 del 2010

Artt. 73, 74, 75 e 76 - Disposizioni relative ai ruoli degli agenti di affari in mediazione, agenti e rappresentanti di commercio, mediatori marittimi ed elenco degli spedizionieri - e Art. 80 - Disposizioni transitorie.




13.1. Il decreto legislativo di cui in epigrafe, ha tra l’altro dettato agli articoli 73, 74, 75 e 76 una nuova disciplina procedimentale per le attività di agente d’affari in mediazione, agente e rappresentante di commercio, mediatore marittimo e spedizioniere, prevedendo per alcune di esse anche limitate modifiche sostanziali.

La disciplina, sotto il profilo formale, in sintesi sopprime, solo per le attività di cui in oggetto, i relativi ruoli o elenchi camerali, indicando nella dichiarazione di inizio attività, di cui all’articolo 19 della legge n. 241/1990, la nuova modalità di accesso. Quanto precede in conformità alle statuizioni della direttiva recepita, che indica nel 46° considerando la riduzione del numero delle procedure e formalità applicabili, quale presupposto per l’agevolazione dell’accesso all’attività di prestazione di servizi, ed al successivo 54° considerando impone la sostanziale eliminazione dell’autorizzazione quale modalità d’accesso ad un’attività di servizi. Parimenti la disposizione appare attuativa della disposizione di cui all’articolo 41, lettera e) della legge n. 88/2009 (comunitaria 2008), che ha dettato i criteri di recepimento della richiamata direttiva.

In tale ottica appare di tutta evidenza la volontà del legislatore delegato, in attuazione della direttiva e della norma di delega, di porre la DIA quale unica via d’accesso all’esercizio delle attività sopra richiamate.




13.2. I predetti articoli 73, 74, 75 e 76 hanno tutti analoga struttura.

I rispettivi comma 1 sopprimono il ruolo o l’elenco.

I rispettivi comma 2 assoggettano le relative attività a dichiarazione di inizio di attività differita (l’attività può essere esercitata solo dopo il decorso di trenta giorni dalla presentazione delle dichiarazione) da presentare alla Camera di commercio competente per territorio, tramite lo Sportello unico per le attività produttive, evidenziando che, salvo quanto specificato di seguito, nulla altro è innovato in generale relativamente ai requisiti soggettivi, morali, professionali, tecnici e finanziari di accesso all’attività stessa che, ove prescritti dalla relativa legislazione vigente, restano quelli fissati dalla stessa e devono essere pertanto attestati corredando tale dichiarazione di inizio attività delle certificazioni e autocertificazioni necessarie.

I rispettivi comma 3 prevedono che l’effettivo possesso di tali requisiti sia verificato dalle Camere di commercio e, disponendo l’iscrizione dei dati relativi ai soggetti abilitati, a seconda dei casi, nel registro delle imprese o nel repertorio delle notizie economiche o amministrative (REA) con assegnazione della specifica qualifica prevista dalla relativa normativa, mantengono la piena conoscibilità di tali abilitazioni a suo tempo derivante dall’iscrizione nel soppresso ruolo od elenco corrispondente, rafforzando anzi tale conoscibilità, considerato che sia il registro delle imprese che il REA sono tenuti con modalità informatizzate. Anche le necessarie garanzie di professionalità a tutela dei consumatori e del mercato sono in tal modo garantite.

Ai rispettivi comma 4 sono contenute le disposizioni specifiche, tese a delimitare il campo di applicazione di ciascuna specifica disciplina o, ove occorre, a modificarne i requisiti di accesso in conformità alle prescrizioni della direttiva.

Ai comma 5 e 6 corrispondenti si evidenzia che le iscrizioni previste dalla nuova disciplina, ed in particolare quella al REA prevista per i soggetti diversi dalle imprese, “hanno effetto dichiarativo del possesso dei requisiti abilitanti all’esercizio della relativa attività professionale” e che i richiami contenuti nelle leggi vigenti alla soppressa iscrizione nel ruolo o nell’elenco relativi, si intendono “ad ogni effetto di legge” riferiti alle iscrizioni nel registro delle imprese o nel REA previsti dalle nuove disposizioni.

Nel caso in cui per la tenuta del ruolo o dell’elenco era prevista un’apposita Commissione, i rispettivi comma 7 evidenziano che le relative competenze sono svolte dalle Camere di commercio.




13.3. Benché le disposizioni dettate dagli agli articoli 73, 74, 75 e 76, con la nuova disciplina procedimentale per le attività di agente d’affari in mediazione, agente e rappresentante di commercio, mediatore marittimo e spedizioniere, non abbiano decorrenza diversa da quella generale del decreto legislativo e debbano trovare pertanto applicazione immediata al decorso del relativo periodo di vacatio legis, tale applicazione deve essere contemperata con la previsione di cui al successivo articolo 80 del suddetto decreto legislativo.

Quest’ultimo articolo, infatti, delega lo scrivente Ministero ad emanare entro sei mesi un decreto ministeriale per disciplinare sia le modalità di passaggio nel registro delle imprese o nel REA delle posizioni già iscritte nei ruoli camerali, sia le modalità di iscrizione, nei medesimi Registro delle imprese e REA, dei soggetti che intendono iniziare ex novo ad esercitare tale attività.

Da quanto precede deriva che è necessario definire l’esatto momento dell’acquisizione dell’efficacia delle nuove disposizioni, in presenza, da un lato, della chiara volontà del legislatore di sostituire la DIA all’iscrizione nei ruoli ed elenchi in questione, ma dall’altro, della necessità di non determinare vuoti di disciplina e di tutela nelle more dell’attuazione delle nuove disposizioni procedurali previste dal citato articolo 80. Le Camere di commercio, pertanto, a parere della scrivente, dovranno dare immediata applicazione alla nuova disciplina in tutti gli aspetti non condizionati dall’assenza di tali indicazioni procedurali, attenendosi, per i resto, alle seguenti prime indicazioni prudenziali.

In sede assolutamente transitoria, e cioè nel periodo intercorrente tra la data dell’8 maggio 2010 e la data di applicazione delle disposizioni adottate ai sensi del citato articolo 80, coloro i quali intendono svolgere le attività di agente d’affari in mediazione, agente e rappresentante di commercio, mediatore marittimo e spedizioniere, presenteranno alla CCIAA competente (all’ufficio preposto alla tenuta degli albi e ruoli o all’ufficio del registro delle imprese, a seconda delle determinazioni organizzative di ciascuna Camera), una dichiarazione di inizio attività, corredata delle autocertificazioni relative al possesso dei requisiti professionali e morali richiesti dalle singole leggi, così come eventualmente modificate per questo aspetto dal decreto legislativo in questione, secondo il seguente percorso procedimentale: dichiarazione di inizio attività (DIA) - decorso del tempo (almeno trenta giorni) - comunicazione di inizio attività (CIA).

L’ufficio camerale competente, effettuate le debite verifiche, e previa comunicazione di inizio attività, iscriverà provvisoriamente i soggetti richiedenti nei soppressi ruoli ed elenchi, nella eventuale sezione richiesta, anche al fine di mantenere aggiornata la base su cui dovrà successivamente operarsi il passaggio nel Registro delle imprese o nel REA. Ai medesimi fini i predetti ruoli ed elenchi soppressi saranno gestiti dinamicamente, curandone gli adempimenti, anche per quanto riguarda revisioni, sospensioni e cancellazioni, secondo la disciplina vigente.

Nulla è innovato, inoltre, limitatamente a tale periodo transitorio, con riferimento all’iscrizione nel registro delle imprese esercitanti le attività in questione, né, in tale periodo transitorio, gli adempimenti in questione coinvolgeranno in alcun modo il REA.




14. Artt. 77-79 del D.Lgs. n. 59 del 2010

14.1. Relativamente alle attività di acconciatore, estetista e di tinto lavanderia, la semplificazione procedurale è limitata all’espressa previsione del ricorso alla dichiarazione di inizio attività contestuale all’inizio dell’attività stessa.

Per le attività di acconciatore è con l’occasione precisata la necessità che il responsabile tecnico garantisca la propria presenza durante lo svolgimento dell’attività. Analoga precisazione, con riferimento ad ogni sede dell’impresa, è introdotta relativamente all’esercizio dell’attività di estetista. Per quest’ultima attività si è provveduto inoltre ad una riformulazione della norma vigente per evitare che la stessa potesse essere intesa come ingiustamente limitativa dell’esercizio dell’attività in relazione alla forma giuridica della relativa impresa.

Per l’attività di tintolavanderia sono state inoltre apportate limitate semplificazioni della disciplina di accesso e di prosecuzione dell’attività, modificando a tal fine la disciplina dei relativi corsi di qualificazione tecnico professionale nonché le modalità di svolgimento dell’attività nel periodo transitorio, fino all’adozione delle disposizioni regionali di attuazione della legge n. 84/2006, relative alla designazione del responsabile tecnico dell’impresa, considerate le difficoltà connesse ai relativi ritardi evidenziatesi in tale attuazione.



15. D.Lgs. n. 59 del 2010, art. 81 (Disposizioni relative a marchi ed attestati di qualità dei servizi)

15.1. Si ritiene, infine, opportuno segnalare che l’articolo 81 del decreto legislativo in oggetto, in conformità ad esplicita previsione in tal senso della corrispondente Direttiva, ha previsto che “i soggetti, pubblici o privati, che istituiscono marchi ed altri attestati di qualità relativi ai servizi o sono responsabili della loro attribuzione, rendono disponibili ai prestatori ed ai destinatari, tramite pubblicazione sul proprio sito internet, informazioni sul significato dei marchi e sui criteri di attribuzione dei marchi e degli altri attestati di qualità, dandone contemporaneamente notizia al Ministero dello sviluppo economico ed evidenziando se si tratta di certificazioni rilasciate sulla base del sistema di accreditamento di cui al Regolamento (CE) n. 765/2008, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 luglio 2008”.

L’obbligo in questione non è al momento munito di specifica disposizione sanzionatoria, benché la sua mancata osservanza possa non restare priva di conseguenze nell’ambito di disposizioni idonee a sanzionare ad altri specifici fini e più in generale il mancato rispetto di prescrizioni di legge. Questo Ministero intende comunque allestire una apposita sezione del proprio sito in cui dare notizia delle comunicazioni pervenute, in modo da generare un interesse aggiuntivo all’adempimento in questione da parte dei soggetti obbligati ed interessati a tale ulteriore strumento di diffusione della conoscenza dell’attività di attestazione della qualità dei servizi da esse effettuata.

A tale proposito si richiede a tutti i soggetti obbligati di inviare le predette comunicazioni a questo Ministero, presso la scrivente Direzione generale, Divisione XVII - Qualità dei prodotti e dei servizi, nonché via e-mail all’indirizzo Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.. La comunicazione dovrà riportare tutti gli elementi di informazione previsti dalla predetta norma nonché l’indicazione del sito internet ove le informazioni richieste dalla norma sono reperibili da parte di tutti gli interessati. Ulteriori indicazioni sul contenuto minimo delle comunicazioni saranno fornite in seguito publicandole sul sito istituzionale del Ministero.




Il Direttore generale

Gianfrancesco Vecchio




 




D.Lgs. 26 marzo 2010, n. 59, artt. 64-81
L. 7 luglio 2009, n. 88, art. 1
Dir. 12 dicembre 2006, n. 2006/123/CE

 

   

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