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Art. 40, lettera c) del D.Lgs. n. 151/2001 - Riposi giornalieri del padre.

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Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali
Lett.Circ. 16-11-2009 n. 15/V/0019605
Art. 40, lettera c) del D.Lgs. n. 151/2001 - Riposi giornalieri del padre.
Emanata dal Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, Direzione generale della tutela delle condizioni di lavoro, Direzione generale per l’attività ispettiva.

 

Lett.Circ. 16 novembre 2009, n. 15/V/0019605 (1).

Art. 40, lettera c) del D.Lgs. n. 151/2001 - Riposi giornalieri del padre.


(1) Emanata dal Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, Direzione generale della tutela delle condizioni di lavoro, Direzione generale per l’attività ispettiva.

 


 

 

Alle

Direzioni regionali e provinciali del lavoro

 

All’

INPS

   

Direzione centrale vigilanza sulle entrate ed economia sommersa

 

All’

INAIL

   

Direzione centrale rischi

 

All’

ENPALS

   

Direzione generale - Servizio contributi e vigilanza

 

Al

Comando carabinieri per la tutela del lavoro

 

Alla

Consigliera nazionale di parità

   

Loro sedi

e, p.c.:

All’

Ispettorato regionale del lavoro di Palermo

 

All’

Ispettorato regionale del lavoro di Catania

 

Alla

Provincia autonoma di Trento

 

Alla

Provincia autonoma di Bolzano

     
 

 


 


Con Lett.Circ. 12 maggio 2009, n. 15/V/0008494, emanata, a firma congiunta, dalla D.G. della Tutela delle Condizioni di Lavoro e dalla D.G. per l’attività ispettiva, questo Ministero ha chiarito, a seguito della sentenza del Consiglio di Stato n. 4293 del 9 settembre 2008, che l’ipotesi contemplata alla lettera c) dell’art. 40 del decreto legislativo n. 151/2001 - concernente i riposi giornalieri del padre nel caso in cui “la madre non sia lavoratrice dipendente” - deve ritenersi comprensiva anche del caso in cui la madre svolga lavoro casalingo.

Tale conclusione appare in sintonia con il già consolidato indirizzo della giurisprudenza di legittimità, che aveva precedentemente sottolineato come in numerosi ambiti ordinamentali la casalinga sia considerata come lavoratrice (Cass., sez. III, n. 20324 del 20 ottobre 2005), in quanto impegnata in attività che comunque la distolgono dalla cura del neonato.

L’interpretazione estensiva della lettera c) dell’art. 40 citato, derivante dalla pronuncia del Consiglio di Stato risulta, dunque, maggiormente aderente alla ratio legis, volta a garantire al lavoratore padre la cura del bambino in tutte le ipotesi in cui l’altro genitore sia impegnato in attività lavorative che lo distolgano dall’assolvimento di tale compito.

Orbene, in data 15 ottobre 2009 l’Inps, con circolare 15 ottobre 2009, n. 112 ritornando sulla questione, ha condizionato la fruizione dei riposi di che trattasi ad una serie di limiti (oggettiva impossibilità della madre casalinga di dedicarsi alla cura del neonato, perché impegnata in altre attività, quali accertamenti sanitari, partecipazione a pubblici concorsi, ecc.) ed oneri (produzione di documentazione medica, attestato di partecipazione a corsi e concorsi, e simili).

In rapporto a ciò, si ravvisa la necessità di meglio chiarire quanto esplicitato nella citata Lett.Circ. 12 maggio 2009, n. 15/V/0008494 alla luce della ratio sottesa alla sentenza del Consiglio di Stato, in relazione a quanto affermato dall’Inps nella citata circolare.

Come si legge nella sentenza de quo, la ratio dell’art. 40, lettera c) del D.Lgs. n. 151/2001 è quella di beneficiare il padre dei permessi per la cura del figlio allorquando la madre non ne abbia diritto in quanto lavoratrice non dipendente e pur tuttavia impegnata in attività che la distolgano dalla cura del neonato. Tale ultima affermazione non sembra avere lo scopo di porre dei limiti o delle condizioni alla possibilità di fruire del beneficio, ma solo quella di esplicitare l’intenzione del legislatore.

Al riguardo, coerentemente alle finalità di favor per il ruolo genitoriale ribadite dalla sentenza, per le ipotesi in cui a fruire del riposo giornaliero sia il padre coniugato con donna lavoratrice dipendente o lavoratrice autonoma, l’Inps non richiede alcuna documentazione in merito alle ragioni che hanno impedito alla madre di occuparsi del bambino e che hanno, dunque, reso necessario l’intervento del padre (circolare 6 giugno 2000, n. 109 per le lavoratrici autonome). Né esiste una norma che imponga di provare e documentare le ragioni che impediscono alla madre lavoratrice non dipendente di occuparsi del bambino.

Tanto premesso, la richiesta dell’Inps di produrre, nelle sole ipotesi in cui la madre sia casalinga, documenti attestanti l’effettiva impossibilità della stessa di occuparsi del figlio non appare supportata da alcuna disposizione normativa in tal senso.

Inoltre, neanche in via interpretativa può essere avallata tale richiesta, in quanto una simile interpretazione dell’art. 40, lettera c), citato, può facilmente ingenerare questioni di costituzionalità, ai sensi dell’art. 3 Cost., per evidente disparità di trattamento dei soggetti destinatari della norma (le lavoratrici non dipendenti).


 

Il Direttore generale

Dott. Giuseppe Mastropietro


 

Il Direttore generale

Dott. Paolo Pennesi


 


D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151, art. 40

   

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