Somme pensionistiche indebite (applicazione artt. da 203 a 206 del D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092)

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Creato Domenica, 18 Dicembre 2005 20:43
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I.N.P.D.A.P. (Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell'amministrazione pubblica)
Circ. 6-12-2005 n. 50
Somme pensionistiche indebite (applicazione artt. da 203 a 206 del D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092).
Emanata dall'Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell'amministrazione pubblica, Direzione centrale pensioni, Ufficio I - Normativa.

Epigrafe

Destinatari

Testo della circolare

 


D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092

 


Circ. 6 dicembre 2005, n. 50 (1).

Somme pensionistiche indebite (applicazione artt. da 203 a 206 del D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092).

 

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(1) Emanata dall'Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell'amministrazione pubblica, Direzione centrale pensioni, Ufficio I - Normativa.

 

 


 

  Ai  Direttori delle Sedi provinciali e territoriali e per il loro tramite alle Amministrazioni ed Enti iscritti 
  Alle  Organizzazioni sindacali nazionali dei pensionati 
  Agli  Enti di Patronato 
  Alla  Corte dei Conti  
    Segretariato generale 
    Via Baiamonti, 25 
    00195 Roma 
e, p.c.  Ai  Dirigenti generali centrali e compartimentali 
  Ai  Coordinatori delle Consulenze professionali 

 

 

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Con circolare n. 34 del 17 dicembre 2003, circolare n. 10 del 10 febbraio 2004 e circolare n. 33 del 27 maggio 2004, la scrivente ha diramato istruzioni operative in merito alla liquidazione e al pagamento della pensione da parte dell'INPDAP, senza più la possibilità di passare per un trattamento provvisorio liquidato dall'ente datore di lavoro.

Nelle stesse circolari è stato, fra l'altro, precisato che l'utilizzo del modello informatico (modello PA04), attraverso l'applicativo messo a disposizione dall'Istituto, esonera l'Ente o l'Amministrazione da qualsiasi responsabilità su errori di calcolo o di diritto della pensione, trasferendosi presso lo scrivente Istituto la responsabilità propria dell'ordinatore primario della spesa.

Resta ferma la responsabilità dell'Ente/Amministrazione datore di lavoro riguardo la certificazione della posizione giuridica ed economica del dipendente.

Ciò vale per tutti gli Enti, il cui personale risulta iscritto alle Casse pensioni gestite dagli ex Istituti di Previdenza, le Amministrazioni statali e gli Enti, con personale iscritto alla Cassa dei Trattamenti Pensionistici dei dipendenti dello Stato (CTPS), delle quali finora sono state acquisite le competenze in materia di liquidazione dei trattamenti pensionistici (a decorrere dal 1° ottobre 2005 è stato completato il passaggio delle prestazioni pensionistiche relative a tutti i dipendenti statali, con esclusione di quelli appartenenti alle Forze Armate ed alle Forze di Polizia ad ordinamento militare - cfr. circolare n. 67 del 16 dicembre 2004 e circolare n. 13 del 27 aprile 2005.)

Si ravvisa, quindi, la necessità di impartire la seguente direttiva, il cui contenuto è stato condiviso dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, in ordine alla corretta applicazione di quanto stabilito dall'art. 206 del D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, con riguardo agli effetti derivanti da una riliquidazione di pensione che comporti un trattamento pensionistico inferiore a quello originariamente concesso o che neghi il diritto al trattamento di quiescenza, in un primo momento riconosciuto (cfr. circolare n. 33 del 27 maggio 2004 - par. 5).

Tale norma, che è applicabile anche agli iscritti alle Casse pensioni gestite dagli ex Istituti di previdenza in virtù della disposizione di cui all'art. 8, comma 1, del D.P.R. n. 538 del 1986, dispone, al comma 1, che: «Nel caso in cui, in conseguenza del provvedimento revocato o modificato, siano state riscosse rate di pensione o di assegno ovvero indennità, risultanti non dovute, non si fa luogo a recupero delle somme corrisposte, salvo che la revoca o la modifica siano state disposte in seguito all'accertamento di fatto doloso dell'interessato» (per l'interpretazione autentica della norma si veda anche l'art. 3 commi 1 e 2, della legge 7 agosto 1985, n. 428.)

I presupposti per l'applicazione della richiamata disposizione sono quindi la definitività del provvedimento pensionistico modificato o revocato e l'assenza di dolo da parte del pensionato.

La revoca o la modifica d'ufficio del provvedimento del trattamento pensionistico è possibile solo nei casi espressamente stabiliti dall'art. 204 del citato D.P.R. n. 1092 del 1973 e entro i termini di decadenza previsti dall'art. 205 e, relativamente agli iscritti delle Casse gestite dagli ex II.PP., per i casi previsti dai punti c) e d) dell'art. 204 sopra citato, entro il termine di dieci anni di cui all'art. 26 della legge 3 maggio 1967, n. 315.

Da quanto precede, ne consegue che nei casi in cui la rideterminazione di una pensione definitiva comporti la diminuzione dell'importo annuo lordo precedentemente liquidato, le sedi provinciali e territoriali INPDAP, nella parte dispositiva della nuova determinazione, dovranno apporre la seguente annotazione: "Le somme eventualmente in più corrisposte devono intendersi irripetibili ex art. 206 del D.P.R. n. 1092 del 1973".

Le sedi, in tali situazioni, pertanto, provvederanno all'applicazione tempestiva del provvedimento di rideterminazione e riduzione dell'importo della rata di pensione, senza procedere al recupero delle somme indebitamente erogate nei confronti del pensionato.

È appena il caso di sottolineare, come peraltro precedentemente evidenziato, che se il debito trae origine da una errata certificazione dei dati giuridici e/o economici da parte dell'Amministrazione/Ente datore di lavoro dell'iscritto, le sedi INPDAP sono tenute ad esperire azione di rivalsa nei confronti dell'Amministrazione/Ente medesimi per le somme in più erogate.

Si ribadisce che quanto sopra illustrato rileva esclusivamente allorquando la liquidazione del trattamento pensionistico sia stata disposta dalle sedi INPDAP, vale a dire dalle date di acquisizione delle competenze in materia pensionistica da parte dell'Istituto.

 

Nulla è, viceversa, innovato in ordine al recupero di debiti derivanti dall'applicazione di un provvedimento emesso da altra Amministrazione, in considerazione della natura di ordinatore secondario di questo Istituto, che preclude autonome iniziative nella determinazione degli assegni spettanti; in tali casi, quindi, gli Uffici INPDAP sono tenuti a disporre il recupero nei confronti del pensionato delle somme indebitamente corrisposte, salvo diversa indicazione da parte dell'amministrazione statale che ha emesso i relativi provvedimenti di pensione: si richiama, al riguardo, quanto stabilito dall'art. 203 del D.P.R. n. 1092 del 1973 ("il provvedimento definitivo sul trattamento di quiescenza può essere revocato o modificato dall'Ufficio che lo ha emesso").

Ciò posto, le sedi INPDAP, qualora le somme indebitamente erogate siano dichiarate irripetibili dalla competente amministrazione o per effetto di pronunce da parte dei Comitati di Vigilanza o della Corte dei Conti, dovranno, comunque, esperire l'azione di rivalsa nei confronti dell'ordinatore primario della spesa.

Peraltro, è appena il caso di accennare che se dall'applicazione di un decreto di riliquidazione derivi un debito nei confronti del titolare della pensione e dall'esame del provvedimento stesso sia possibile desumere un probabile errore procedurale ovvero di calcolo, le sedi INPDAP, nel loro prudente apprezzamento, potranno sospenderne l'esecuzione e chiedere delucidazioni, verifiche e conferma all'Amministrazione emittente, con l'avvertenza di estendere la richiesta all'interessato, per opportuna conoscenza; così operando, si ottiene - tra l'altro - il coinvolgimento e la partecipazione del pensionato al procedimento amministrativo.

Per quanto attiene, invece, al recupero dei debiti che scaturiscono dal conguaglio tra trattamento provvisorio e pensione definitiva, si precisa che la materia è tuttora disciplinata dalle seguenti norme:

1) art. 8, comma 2, del D.P.R. 8 agosto 1986, n. 538, concernente gli iscritti alle Casse gestite dalla ex Direzione Generale degli Istituti di Previdenza (vedi informativa n. 47 del 18 settembre 2001, informativa n. 13 del 4 febbraio 2002, informativa n. 25 del 5 marzo 2002.)

2) art. 162 del D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, come sostituito dall'art. 7 del D.P.R. 19 aprile 1986, n. 138, che riguarda i dipendenti civili e militari dello Stato.

Al riguardo, con sent. n. 1/QM/1999, la Corte dei Conti a Sezioni Riunite ha statuito che, in tema di indebito formatosi sulle pensioni provvisorie, è del tutto irrilevante la buona fede del percettore, il quale non è legittimato, proprio perché il relativo trattamento è di per sé soggetto a successivo conguaglio o rettifiche, a formarsi un ragionevole affidamento circa la stabilità e la correttezza della pensione stessa; ciò anche nell'ipotesi in cui l'erogazione dell'indebito pensionistico si sia protratta per un notevole lasso di tempo.

Infatti, per la Pubblica Amministrazione la ripetizione dell'indebito derivante da erogazione di pensione provvisoria è atto normativamente obbligatorio sia riguardo all'an che al quantum, mentre restano discrezionali solo le modalità della ripetizione stessa, dovendosi tener presenti, in particolare, ai fini di un recupero ragionevole e non eccessivamente gravoso, le condizioni attuali del pensionato (cfr. Corte dei Conti a Sezioni Riunite sent. n. 1/QM/1999).

In questo senso, si è espressa anche la giurisprudenza delle Sezioni di Appello della Corte dei Conti (ex multis: sent. n. 31/2005C Sezione III Giurisdizionale Centrale d'Appello; sent. n. 225/2003 Sezione III Giurisdizionale Centrale d'Appello; sent. n. 203/2004 III Sezione; n. 52/A/2001 III Sezione e, da ultimo, Corte dei Conti Sezione III giurisdizionale centrale d'appello n. 31/2005).

Per completezza di esposizione e debita conoscenza, si ricorda che il beneficio di cui all'art. 1, commi 260-265, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, opera, per consolidato orientamento giurisprudenziale, in ogni fattispecie di ripetizione di indebito, anche se costituitosi su un trattamento pensionistico provvisorio, beninteso limitatamente alle somme indebitamente erogate per i periodi anteriori al 1° gennaio 1996.

È altresì da evidenziare che, nei casi di accertamento di debiti che traggono origine da evidenti errori imputabili esclusivamente alle sedi INPDAP, è sempre fatto salvo il potere delle sedi medesime di assumere determinazioni in via di autotutela, al fine di evitare contenziosi inutili e gravosi, che determinano solo ritardi nell'azione amministrativa.

Nella situazione dianzi descritta, qualora gli interessati abbiano proposto ricorso avverso il provvedimento di addebito ai Comitati di Vigilanza della gestione competente ovvero alla Sezione giurisdizionale della Corte dei Conti, gli Uffici avranno cura di inoltrare apposita documentata comunicazione a detti Organi, con la quale si chiede la cessazione della materia del contendere.

Si ricorda, da ultimo, che nei casi di recupero di somme indebitamente erogate, le sedi INPDAP hanno l'obbligo di dare notizia dell'avvio del procedimento mediante comunicazione personale all'interessato, nonché di notificare, nel più breve tempo possibile, il prescritto provvedimento di addebito, contenente la citazione di tutti i presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione della Sede di effettuare il recupero.

A tale riguardo, la motivazione deve essere riferita al singolo caso concreto nel modo più esauriente possibile, con riferimento alle sole circostanze che hanno determinato l'insorgere del debito e non anche a fatti generici facilmente contestabili.

Il provvedimento di addebito deve essere, altresì, completato con la indicazione dell'Autorità (Comitati di Vigilanza dell'Istituto e Sezione giurisdizionale regionale della Corte dei Conti) cui può essere indirizzato un eventuale ricorso e del termine entro il quale il ricorso stesso va presentato.

 

Il Direttore generale

Dr. Luigi Marchione

 

 

 

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