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Cassazione 2018: Licenziato chi registra colleghi. Rischia chi detiene (non autorizzato) le conversazioni

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Cassazione 2018: Licenziato chi registra colleghi. Rischia chi detiene (non autorizzato) le conversazioni

La legittimità delle registrazioni occulte di conversazioni tra colleghi e la loro utilizzabilità in giudizio sono da tempo oggetto di opposti orientamenti giurisprudenziali, come emerge anche da due recenti pronunce
la Cassazione ha richiamato anche il principio giurisprudenziale secondo cui la registrazione fonografica di un colloquio da parte di chi vi assiste o partecipa, rientrando tra le riproduzioni meccaniche di cui all'art. 2712 c.c., ha natura di prova ammissibile, nel processo sia civile che penale (Cass. civ. n. 27424/14 e Cass. pen. n. 31342/11).
La Suprema Corte  ha così confermato l'illegittimità del recesso e, in accoglimento del ricorso incidentale del lavoratore, ha applicato la tutela reintegratoria di cui all'art. 18, comma 4, dello Statuto dei Lavoratori in quanto l'addebito, ancorché materialmente sussistente, è stato ritenuto privo di illiceità. Con propria ordinanza gli Ermellini sono giunti invece ad una conclusione opposta, confermando la legittimità del licenziamento per giusta causa intimato a un lavoratore per aver registrato occultamente una conversazione telefonica tra il datore di lavoro e un collega, nonché altre conversazioni avvenute durante una riunione aziendale.
La Suprema Corte, però, ha ritenuto illegittima la condotta del lavoratore in quanto la registrazione di conversazioni tra presenti all'insaputa dei conversanti configura una grave violazione del diritto alla riservatezza, tale da legittimare il licenziamento

 

   

 

 

https://drive.google.com/file/d/1avMykVRpLZO8sTZ3RJrH9dwwnH_IWz10/view?usp=sharing

https://drive.google.com/file/d/1QY7nS0ROMVL_fAB48pVbdxrZ2w3ca25z/view?usp=sharing

 

 

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