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TAR: "..difficile conciliare l’attribuzione permanente della qualifica di agente e/o ufficiale di polizia giudiziaria.."

Dettagli

  

N. 00635/2014 REG.PROV.COLL.
N. 01892/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 1892 del 2013, proposto da:
-(Lpd)-, rappresentato e difeso dall'avv. Luigi Garofalo, con domicilio eletto presso Luigi Garofalo in Venezia, Piazzale Roma, 468/B;
contro
Ministero della Giustizia, Commissione di Secondo Grado per i giudizi disciplinari a carico Ufficiali e Agenti di Polizia Giudiziaria, Comune di Bussolengo;
per l'annullamento
del provvedimento della Commissione -(Lpd)-con il quale veniva -(Lpd)-.
 
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 29 gennaio 2014 il dott. Roberto Vitanza e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
 
Il ricorso è fondato.
Consta dagli atti e non è oggetto di contestazione che -(Lpd)-, oggetto dell’originaria -(Lpd)-, riguarda un fatto, posto in essere dal predetto, -(Lpd)-, mentre la telefonata oggetto di rilievo -(Lpd)-).
Il ricorrente, anche per tale fatto, è stato, comunque, -(Lpd)-.
Avverso tale sentenza lo stesso ha interposto appello.
In ogni caso veniva avviato nei confronti del ricorrente il peculiare -(Lpd)-
E’ appena il caso di ricordare come tale procedimento, per pacifico e costante insegnamento giurisprudenziale, non sostituisce, né impedisce un possibile ed autonomo -(Lpd)-dall’amministrazione di appartenenza del dipendente.
Pertanto tale singolare procedura riguarda e si riferisce -(Lpd)-.
-(Lpd)-, pertanto, il legislatore ha concepito ed elaborato -(Lpd)-.
Nel caso di specie, -(Lpd)-, per un episodio collegato -(Lpd)-dal -(Lpd)-
La Commissione indicata -(Lpd)- tali -(Lpd)-.
Contro tale decisione il Procuratore Generale presso la Corte di appello ha proposto appello alla Commissione centrale sostenendo, di contro, -(Lpd)- -(Lpd)-deve riconnettersi e collegarsi -(Lpd)-, così che la persistenza di quest’ultima si connette indissolubilmente alla prima consentendo attività, limitate dal contesto territoriale dell’ente di appartenenza, ma non da quello temporale inerente all’effettivo e concreto servizio in atto.
Tale tesi è stata condivisa dalla indicata Commissione centrale -(Lpd)--, è da intendersi in senso ampio, -(Lpd)-.
Tale opinione non è condivisa dal Collegio.
In disparte il fatto che la relazione di servizio non si interrompe con i fatti indicati nel provvedimento in questa sede contestato, ma unicamente con le ipotesi di sospensione dal servizio, obbligatorie e/o facoltative, ovvero per aspettativa, che, come è noto, consiste nella sospensione temporanea dell’obbligo del dipendente di prestare il servizio e di esercitare, conseguentemente le funzioni connesse all’ufficio cui è addetto, i periodi di congedo, straordinario od ordinario non incidono punto sulla relazione di servizio in essere tra il dipendente e l’Ente pubblico, non ne determinano una interruzione, ma una semplice sospensione, per un periodo predeterminato, dei soli obblighi inerenti il riferito rapporto, ossia la prestazione del servizio e l’esercizio delle funzione connesse all’ufficio, tanto che al termine del congedo il dipendente deve, -(Lpd)-, riprendere il servizio senza alcuna determinazione in tal senso della p.a..
La Commissione Centrale, nella decisione in questa sede contestata, in realtà confonde l’istituto del rapporto di servizio, che è un vero e proprio rapporto giuridico che intercorre tra distinti soggetti, cui conseguono antitetiche situazioni soggettive, giuridicamente ed autonomamente tutelabili, con la previsione normativa di cui all’art. 57, 2° comma, lettera b) che prevede, invece :” nei limiti del servizio cui sono destinate …” e deve essere intesa come la concreta modalità del servizio, ossia le mansioni connesse ed indicate dalle previsioni normative che conseguono al rapporto di servizio tra i diversi soggetti.
In altri termini l’esistenza di un rapporto di servizio è il presupposto indefettibile per poter svolgere il “ servizio” ad esso connesso, ma ciò non può significare una automatica omogeneizzazione terminologica, anche perché la previsione normativa di cui all’art. 57 cit. deve essere letta congiuntamente con l’art. 5, lettera a) della L. 65/1986 che al riguardo precisa :” nei limiti delle
proprie attribuzioni “, così rinviando alla disciplina di settore la puntuale individuazione dei compiti connessi all’ufficio ricoperto.
Tale opinione, peraltro, risulta conforme all’insegnamento della Corte di Cassazione che ha precisato :”… Secondo l'art. 57 c. 2 lett. c) c. p.p. sono agenti di polizia giudiziaria le guardie delle province e dei comuni nell'ambito territoriale dell'ente di appartenenza quando sono in servizio. Dal tenore della disposizione non emerge alcuna limitazione funzionale, ma solo una delimitazione di tempo e di luogo. Il medesimo contenuto normativo esprime l'art. 5 c. 1 lett. a) e c) dell'ordinamento di polizia municipale, approvato con L. 7 marzo 1986 n. 65, nel quale l'ambito territoriale di appartenenza e i limiti delle attribuzioni - vale a dire, la natura dei poteri attribuiti - costituiscono solo presupposti e non limiti delle funzioni di polizia giudiziaria (Cass., Sez. I, 18 gennaio 1996 n. 553, ric. Citera), che riguardano potenzialmente ogni genere di reati (Cass., Sez. I, 26 aprile 1994 n. 1193, ric. Perina; Sez. III, 7 novembre 1995 n. 3289, ric. D'Alessandris) e non sono suscettibili di essere ristrette ai reati che ledono interessi comunali (Cass. Pen., sez. III, 16 marzo 2000, n. 1207); (nello stesso tenore : Cass. Pen., Sez. 1°, 30 ottobre 1992, Pignatiello; Cass., Sez. V, 8 febbraio 1993 n. 1869, ric. Ferrara; Cass. Pen. Sez. VI, 28 settembre 2009, n. 38119; Corte di Appello di Bologna del 16 marzo 2009, n.852. ).
Secondo tale prevalente giurisprudenza il vigile urbano è agente di polizia giudiziaria, a norma della L. 7 marzo 1986, n. 65, art. 5, esclusivamente nell'ambito del territorio dell'ente di appartenenza e nei limiti delle proprie attribuzioni, da intendersi, come detto, quale attuale esplicazione di attività lavorativa preventivamente determinata dal comando, mentre è ufficiale di polizia giudiziaria, sempre nei limiti anzidetti, il responsabile del corpo o gli addetti al coordinamento ed al controllo.
In tale contesto temporale si inserisce la qualifica di agente/ufficiale di p.g. che impone una nuova dipendenza funzionale all’Autorità giudiziaria, disciplinata dalle norme di rito e prevalente, per tali attività, su ogni preesistente relazione gerarchica.
L’impianto normativo concepito dal legislatore, in realtà, assegna alla polizia locale un ruolo subalterno sia con riferimento all’attività di pubblica sicurezza, che con riferimento alla polizia giudiziaria, avendo inteso privilegiare per ragioni di politica legislativa le forze di polizia a valenza nazionale, cui ha riservato la natura permanente di agenti e/o ufficiali di p.g., non limitata, cioè, nè temporalmente, né territorialmente, né tanto meno nei periodi che il dipendente usufruisce di congedo straordinario ovvero ordinario e/o nei riposi festivi.
Tale costruzione dogmatica è poi confortata dalla diversa allocazione sistematica delle norme che presiedono la materia, perché diversamente opinando la precisazione terminologica riportata non avrebbe alcun senso logico, prima che giuridico.
Infatti la precisazione voluta dal legislatore – nell’ambito territoriale dell’ente di appartenenza e quando sono in servizio - per le sole guardie delle provincie e dei comuni verrebbe completamente elusa con l’interpretazione proposta nel provvedimento impugnato.
Il legislatore, invero, ha voluto chiaramente porre una differenza funzionale tra il personale appartenente alle forze di polizia e le guardie comunali e provinciali, nonché per gli altri operatori cui le leggi ovvero i regolamenti – esclusivamente statali- attribuiscono tale qualifica nei limiti del servizio ( Corte Cost. n.185/1999) .
Di contro non può condividersi l’isolata opinione, autorevolmente espressa in un recente arresto, sempre dalla Corte di Cassazione, che ha escluso un limite temporale della qualifica di agente di p.g. per gli operatori della polizia municipale, ricavando tale convincimento dalla previsione dell’autorizzazione di portare l’arma senza licenza (Cass. Pen. Sez. V, 26 giugno 2013, n. 47088).
In realtà tale circostanza è estranea e non coerente con la qualifica di agente di polizia giudiziaria e riguarda, invece, quella di agente di pubblica sicurezza, attribuita dal Prefetto, cui consegue una funzione ausiliaria nella prevenzione dell’ordine e della sicurezza pubblica.
E’ appena il caso di rilevare la diversa ed antitetica funzione connessa alle distinte qualifiche, pur coincidenti nella stessa persona fisica, rivolta la prima alla repressioni di fatti reato già consumati, la seconda a prevenire la commissione di reati.
E’ solo in questa seconda e distinta attività che è possibili concepire eventuali aggressioni fisiche, nei confronti dell’operatore di polizia, poste in essere in occasione della consumazione di reati, così da giustificare l’assegnazione del riferito titolo di polizia per esclusiva difesa personale o comunque nei limiti di cui all’art. 53 c.p.
Per cui, dedurre dalla titolarità del porto di pistola la sussistenza della qualifica permanente di agente e/o ufficiale di p.g. nell’operatore di polizia locale, è errato giuridicamente e non coerente con il sistema.
Un’ultima notazione.
E’ nota la titolarità, in capo agli appartenenti alla polizia municipale, del diritto di sciopero.
Ebbene, in disparte il divieto espresso per tale forma di protesta per gli operatori delle altre forze di polizia, riesce difficile conciliare l’attribuzione permanente della qualifica di agente e/o ufficiale di polizia giudiziaria, con la possibilità, legittima, da parte di tali lavoratori di astenersi dal prestare la propria attività lavorativa.
E’ palese come tale evenienza, che può coinvolgere, nello stesso momento, un numero rilevante di operatori, compromettere e pregiudica quelle attività di polizia giudiziaria che, per loro natura e funzione, non consentono dilazioni ovvero sospensioni ( si pensi alle perquisizioni a sorpresa, ovvero alle intercettazioni telefoniche).
Né tali legittime ed estemporanee astensioni lavorative degli operatori di polizia municipale possono essere, eventualmente impedite attraverso le disposizioni di cui all’art. 329 c.p., proprio perché l’avverbio “indebitamente” esclude dalla configurazione della fattispecie penale ogni legittima forma di rifiuto.
Pertanto, la possibilità di conciliare le opposte esigenze si concretizza unicamente attraverso una lettura sistematica del combinato disposto di cui agli artt. 57 comma 2, lett. c) c. p.p. e 5 comma 1, lett. a) e c) dell'ordinamento di polizia municipale, approvato con L. 7 marzo 1986 n. 65, limitando la riferita qualifica al contesto territoriale di appartenenza organica, temporalmente individuato nell’effettivo orario di lavoro, così come indicato e previsto nell’ordine di servizio.
Ciò trova indiretta conferma anche nel fatto che la Corte Costituzionale, nella sua costante giurisprudenza, ha sempre escluso la possibilità che gli enti territoriali possano ampliare, ovvero attribuire la qualifica di ufficiali e agenti della polizia giudiziaria (Corte Cost., n. 313/2003; n. 167/2010; n. 35/2011).
Si deve segnalare che l’attuale prassi nell’impiego degli appartenenti alla polizia locale in funzioni di polizia giudiziaria ( anche con aliquote distinte nelle sezioni di p.g) ha generato un indebito e non consentito superamento del dato positivo ed ha prodotto una vera e propria interpretatio abrogans dell’attuale situazione normativa.
Tale evenienza, però, non può essere approvata, né condivisa ed è, anzi, necessario ricondurre negli esatti termini giuridici l’attività e le funzioni di polizia giudiziaria previste in capo alla polizia locale anche con riferimento al caso di specie.
Diversamente opinando verrebbe alterato lo stesso sistema costituzionale attraverso l’attribuzioni di potestà limitative i diritti fondamentali del cittadino oltre i termini normativamente previsti.
Per tali motivi il ricorso deve essere accolto ed il provvedimento impugnato deve essere annullato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano nel dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’atto in epigrafe censurato.
Condanna l’amministrazione resistente al pagamento delle spese di lite che liquida in euro 1.500,00 ( millecinquecento), oltre IVA e CPA, nonché alla restituzione del contributo unificato come per legge previsto.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 29 gennaio 2014 con l'intervento dei magistrati:
Claudio Rovis, Presidente FF
Enrico Mattei, Referendario
Roberto Vitanza, Referendario, Estensore
 
 
L'ESTENSORE
 
IL PRESIDENTE
 
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 14/05/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

   

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