Corte di Giustizia Europea: Prepensionamento..niente differenziazioni tra uomini e donne

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Categoria: Previdenza
Creato Giovedì, 02 Maggio 2013 01:08
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SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)
11 aprile 2013 (*)
«Agricoltura – FEAOG – Regolamento (CE) n. 1257/1999 – Sostegno allo sviluppo rurale – Aiuto al prepensionamento – Cedente che ha compiuto almeno 55 anni di età, senza aver raggiunto l’età normale di pensionamento al momento della cessione – Nozione di “età normale di pensionamento” – Normativa nazionale che fissa un’età di pensionamento variabile in funzione del sesso nonché, per le donne, del numero di figli allevati – Principi generali di parità di trattamento e di non discriminazione»
Nella causa C‑401/11,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Nejvyšší správní soud (Repubblica ceca), con decisione del 12 aprile 2011, pervenuta in cancelleria il 28 luglio 2011, nel procedimento
Blanka Soukupová
contro
Ministerstvo zemědělství,
LA CORTE (Terza Sezione),
composta dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta, facente funzione di presidente della Terza Sezione, dai sigg. K. Lenaerts, G. Arestis (relatore), J. Malenovský e D. Šváby, giudici,
avvocato generale: sig. N. Jääskinen
cancelliere: sig.ra K. Sztranc-Sławiczek, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 28 giugno 2012,
considerate le osservazioni presentate:
–        per B. Soukupová, da J. Tomášek, advokát;
–        per il governo ceco, da M. Smolek, in qualità di agente;
–        per il governo polacco, da M. Szpunar, in qualità di agente;
–        per la Commissione europea, da M. van Beek, G. von Rintelen e Z. Malůšková, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 23 ottobre 2012,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 11 del regolamento (CE) n. 1257/1999 del Consiglio, del 17 maggio 1999, sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG) e che modifica ed abroga taluni regolamenti (GU L 160, pag. 80, e – rettifica – GU 2000, L 302, pag. 72), nonché dei principi generali del diritto dell’Unione di parità di trattamento e di non discriminazione.
2        Tale domanda è stata proposta nell’ambito di una controversia tra la sig.ra Soukupová, imprenditrice agricola, e il Ministerstvo zemědělství (Ministero dell’Agricoltura), relativa al rigetto della sua domanda di partecipazione al programma di sostegno alla cessazione anticipata dell’attività di imprenditore agricolo.
 Contesto normativo
 La normativa dell’Unione
3        L’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 79/7/CEE del Consiglio, del 19 dicembre 1978, relativa alla graduale attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale (GU 1979, L 6, pag. 24), stabilisce quanto segue:
«La presente direttiva si applica:
a)      ai regimi legali che assicurano una protezione contro i rischi seguenti:
(…)
–            vecchiaia,
(…)
b)      alle disposizioni concernenti l’assistenza sociale, nella misura in cui siano destinate a completare i regimi di cui alla lettera a) o a supplire ad essi».
4        L’articolo 7 di tale direttiva è formulato come segue:
«1.      La presente direttiva non pregiudica la facoltà degli Stati membri di escludere dal suo campo di applicazione:
a)      la fissazione del limite di età per la concessione della pensione di vecchiaia e di fine lavoro e le conseguenze che possono derivarne per altre prestazioni;
b)      i vantaggi accordati in materia di assicurazione vecchiaia alle persone che hanno provveduto all’educazione dei figli; l’acquisto di diritti alle prestazioni a seguito di periodi di interruzione del lavoro dovuti all’educazione dei figli;
(…)
2.      Gli Stati membri esaminano periodicamente le materie escluse ai sensi del paragrafo 1 al fine di valutare se, tenuto conto dell’evoluzione sociale in materia, sia giustificato mantenere le esclusioni in questione».
5        Il considerando 23 del regolamento n. 1257/1999 enuncia che è opportuno incentivare la cessazione anticipata dell’attività agricola, al fine di migliorare la redditività delle aziende agricole.
6        Secondo il considerando 40 di tale regolamento, occorre in particolare sostenere misure volte ad eliminare le ineguaglianze e a promuovere la parità di opportunità fra uomini e donne.
7        L’articolo 2, undicesimo trattino, del suddetto regolamento stabilisce che il sostegno allo sviluppo rurale, legato alle attività agricole e alla loro riconversione, può riguardare l’abolizione delle ineguaglianze e la promozione della parità di opportunità fra uomini e donne, in particolare mediante il sostegno a progetti concepiti e realizzati da donne.
8        Al capo IV del regolamento n. 1257/1999, intitolato «Prepensionamento», l’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento è formulato come segue:
«Gli aiuti al prepensionamento contribuiscono a conseguire i seguenti obiettivi:
–        procurare un reddito agli imprenditori agricoli anziani che decidono di cessare l’attività agricola,
–        far subentrare a questi imprenditori anziani agricoltori in grado di migliorare, se necessario, la redditività delle aziende rimaste in esercizio,
–        riorientare superfici agricole verso usi extra agricoli, ove non sia possibile destinarle alla produzione agricola in condizioni soddisfacenti dal punto di vista della redditività».
9        L’articolo 11, paragrafo 1, del suddetto regolamento così dispone:
«Il cedente:
–        cessa definitivamente ogni attività agricola a fini commerciali; può però continuare a svolgere attività agricole non commerciali e a conservare la disponibilità degli edifici in cui continuerà ad abitare,
–        ha almeno 55 anni, senza aver raggiunto l’età normale di pensionamento, al momento della cess[ione], e
–        ha esercitato l’attività agricola nei dieci anni che precedono la cess[ione]».
10      L’articolo 12, paragrafo 2, dello stesso regolamento stabilisce quanto segue:
«La durata dell’aiuto al prepensionamento non dev’essere superiore ad un massimo di 15 anni per il cedente e di 10 anni per il salariato agricolo. Essa non deve oltrepassare il settantacinquesimo compleanno del cedente e non deve eccedere la normale età di pensionamento del lavoratore.
Qualora, nel caso di un cedente, lo Stato membro corrisponda una normale pensione, l’aiuto al prepensionamento è versato in via complementare, tenuto conto dell’importo della pensione nazionale».
 La normativa ceca
11      In osservanza del regolamento n. 1257/1999, la Repubblica ceca ha adottato, il 26 gennaio 2005, il decreto governativo n. 69/2005, che definisce le condizioni per la concessione di aiuti in caso di cessazione anticipata dell’attività di imprenditore agricolo (nařízení vlády č. 69/2005 Sb., o stanovení podmínek pro poskytování dotace v souvislosti s předčasným ukončením provozování zemědělské činnosti zemědělského podnikatele). A termini del suo articolo 1, tale decreto governativo è finalizzato alla concessione di aiuti nell’ambito del programma di sostegno alla cessazione anticipata dell’attività di imprenditore agricolo.
12      Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera b), del suddetto decreto governativo, la partecipazione a tale programma è subordinata alla condizione che, alla data di presentazione della domanda, il richiedente abbia compiuto almeno 55 anni di età e non abbia raggiunto l’età necessaria per avere diritto a una pensione di vecchiaia.
13      L’articolo 32, paragrafi 1 e 2, della legge n. 155/1995, sull’assicurazione pensionistica (zákon č. 155/1995 Sb., o důchodovém pojištění), nella sua versione applicabile alla controversia di cui al procedimento principale, al quale fa rinvio il suddetto articolo 3, paragrafo 1, lettera b), stabiliva quanto segue:
«(1)      L’età pensionabile è fissata
a)      per gli uomini, a 60 anni;
b)      per le donne,
      1.      a 53 anni, se hanno allevato almeno 5 figli,
      2.      a 54 anni, se hanno allevato 3 o 4 figli,
      3.      a 55 anni, se hanno allevato 2 figli,
      4.      a 56 anni, se hanno allevato un figlio, o
      5.      a 57 anni, se le assicurate hanno raggiunto questa età alla data del 31 dicembre 1995.
(2)      Nel caso di assicurati che raggiungano i limiti di età fissati al paragrafo 1 nel periodo tra il 1° gennaio 1996 e il 31 dicembre 2012, l’età pensionabile si determina aggiungendo al mese nel corso del quale l’assicurato ha raggiunto tale limite 2 mesi per gli uomini e 4 mesi per le donne, per ciascun anno solare, anche in corso, compreso nel periodo tra il 31 dicembre 1995 e la data in cui sono raggiunti i limiti di età fissati al paragrafo 1, e si considera come età pensionabile l’età raggiunta nel corso del mese così determinato, alla data che corrisponde, nel numero, alla data di nascita dell’assicurato; se il mese così determinato non contiene un tale giorno, si considera come età pensionabile l’età raggiunta nell’ultimo giorno del mese così determinato».
 Procedimento principale e questioni pregiudiziali
14      La sig.ra Soukupová è un’imprenditrice agricola nata il 24 gennaio 1947, che ha allevato due figli. Il 24 maggio 2004 ha raggiunto l’età in cui è maturato il suo diritto a una pensione di vecchiaia, in applicazione dell’articolo 32, paragrafi 1 e 2, della legge n. 155/1995.
15      Il 3 ottobre 2006, la sig.ra Soukupová ha presentato al Fondo statale di intervento agricolo domanda di partecipazione al programma di sostegno alla cessazione anticipata dell’attività di imprenditore agricolo.
16      Con decisione del 20 dicembre 2006, tale domanda è stata respinta, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera b), del decreto governativo n. 69/2005, con la motivazione che, alla data di presentazione della domanda, la sig.ra Soukupová aveva raggiunto l’età necessaria per avere diritto a una pensione di vecchiaia.
17      La sig.ra Soukupová ha proposto ricorso contro tale decisione dinanzi al Ministerstvo zemědělství, il quale lo ha respinto con decisione del 12 aprile 2007.
18      La sig.ra Soukupová ha impugnato tale ultima decisione dinanzi al Městský soud v Praze (Tribunale municipale di Praga). Nel suo ricorso, ha sostenuto che l’articolo 3, paragrafo 1, lettera b), del decreto governativo n. 69/2005 era in contrasto con l’articolo 11, paragrafo 1, secondo trattino, del regolamento n. 1257/1999, in quanto tale regolamento fa riferimento all’«età normale di pensionamento», mentre il suddetto decreto governativo fa riferimento all’«età necessaria per avere diritto a una pensione di vecchiaia». Sostenendo il carattere discriminatorio della condizione prevista al suddetto articolo 3, in quanto l’età necessaria per avere diritto a una pensione di vecchiaia, ai sensi dello stesso articolo, è diversa per gli uomini e per le donne e per le donne varia inoltre in funzione del numero di figli allevati, la sig.ra Soukupová ha invocato un’interpretazione della nozione di «età normale di pensionamento», ai sensi del suddetto regolamento, che non comporti discriminazione nei confronti di taluni richiedenti. Infatti, essa ha rilevato che, in applicazione della normativa ceca, le donne che hanno avuto un maggior numero di figli beneficiano obiettivamente di un termine per presentare domanda di partecipazione al suddetto programma di sostegno alla cessazione anticipata che è più breve rispetto a quello concesso agli uomini, o alle donne che hanno allevato un minor numero di figli.
19      Con sentenza del 30 aprile 2009, il Městský soud v Praze ha annullato la suddetta decisione del Ministerstvo zemědělství, ritenendo che non sussistesse alcun motivo legittimo in grado di giustificare disparità tra un uomo e una donna che svolgono attività agricola in materia di accesso agli aiuti all’agricoltura. Pertanto, esso ha escluso qualsiasi interpretazione tale da comportare disparità di trattamento ingiustificate tra i richiedenti. Esso ha affermato, inoltre, che il limite di età che permette di partecipare al programma di sostegno alla cessazione anticipata dell’attività di imprenditore agricolo doveva essere identificato nell’età normale di pensionamento, determinata allo stesso modo per tutti i richiedenti.
20      Il Ministerstvo zemědělství ha proposto ricorso per cassazione contro tale sentenza dinanzi al Nejvyšší správní soud (Suprema Corte amministrativa). Nel suo ricorso, tale Ministero ha sostenuto che il regolamento n. 1257/1999 prevedeva disposizioni precise solo in merito al limite minimo di età dei richiedenti. Esso ha sostenuto che le nozioni di «età normale di pensionamento», di cui all’articolo 11, paragrafo 1, secondo trattino, di tale regolamento, e di «età pensionabile», ai sensi dell’articolo 32 della legge n. 155/1995, hanno un significato analogo. Il suddetto Ministero ha sostenuto che, al fine di stabilire in modo preciso e obiettivo l’età normale di pensionamento, ai sensi di tale articolo 11, si era deciso di fissare tale età, nell’ordinamento giuridico interno, in applicazione del suddetto articolo 32. Il Ministerstvo zemědělství ha inoltre rilevato che un identico metodo di fissazione dell’età normale di pensionamento era stato definito nel documento di programmazione intitolato «Piano orizzontale di sviluppo rurale della Repubblica ceca per il periodo 2004-2006», approvato sia dal governo di tale Stato membro, con la decisione n. 671, del 9 luglio 2003, sia dalla Commissione europea, con la decisione 2004 CZ 06G DO 001, del 3 settembre 2004.
21      Nutrendo dubbi riguardo al diritto della sig.ra Soukupová di partecipare al programma di sostegno alla cessazione anticipata dell’attività di imprenditore agricolo, previsto dal decreto governativo n. 69/2005, e ritenendo necessario, a tal proposito, ottenere una risposta in merito sia all’interpretazione della nozione di «età normale di pensionamento», di cui all’articolo 11, paragrafo 1, secondo trattino, del regolamento n. 1257/1999, sia alla questione di stabilire se il diritto dell’Unione permetta, in occasione dell’esame della domanda di partecipazione a tale programma, di operare una distinzione tra i richiedenti in funzione del sesso e del numero di figli allevati, il Nejvyšší správní soud ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1)      Se la nozione di “età normale di pensionamento” di cui all’articolo 11 del regolamento [n. 1257/1999] possa essere interpretata, per quanto riguarda la richiedente nel caso di specie, come l’“età necessaria per avere diritto a una pensione di vecchiaia” ai sensi della normativa nazionale.
2)      Qualora la prima questione sia risolta in senso positivo, se sia conforme al diritto e ai principi generali dell’Unione europea che l’“età normale di pensionamento” al momento della cessione dell’impresa agricola sia determinata per i singoli richiedenti in maniera diversa in funzione del sesso e del numero di figli allevati.
3)      Qualora la prima questione sia risolta in senso negativo, di quali criteri il giudice nazionale debba tener conto nell’interpretare la nozione di “età normale di pensionamento” al momento della cessione dell’impresa agricola ai sensi dell’articolo 11 del regolamento [n. 1257/99]».
 Sulle questioni pregiudiziali
 Sulle prime due questioni
22      Con le sue prime due questioni, che è opportuno esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se sia conforme al diritto dell’Unione e ai suoi principi generali di parità di trattamento e di non discriminazione il fatto che, in applicazione delle disposizioni del regime pensionistico nazionale dello Stato membro in questione relative all’età necessaria per avere diritto a una pensione di vecchiaia, l’«età normale di pensionamento», di cui all’articolo 11, paragrafo 1, secondo trattino, del regolamento n. 1257/1999, sia determinata in maniera diversa in funzione del sesso della persona che richiede l’aiuto al prepensionamento in agricoltura e, nel caso di richiedenti di sesso femminile, in funzione del numero di figli allevati dall’interessata.
23      A questo proposito è necessario innanzitutto rilevare che, come emerge dall’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento n. 1257/1999, il meccanismo di aiuto al prepensionamento in agricoltura, ai sensi di tale regolamento, ha lo scopo di contribuire, in particolare, a procurare un reddito agli imprenditori agricoli anziani che decidano di cessare l’attività agricola e a far subentrare a questi imprenditori anziani agricoltori in grado di migliorare, se necessario, la redditività delle aziende rimaste in esercizio. Quest’ultimo obiettivo figura anche nel considerando 23 del suddetto regolamento.
24      Ne consegue che tale aiuto al prepensionamento costituisce un incentivo economico diretto a incoraggiare gli imprenditori agricoli anziani a cessare definitivamente la loro attività agricola prima di quanto non farebbero in circostanze normali e, in tal modo, a favorire la trasformazione strutturale del settore agricolo, al fine di garantire una migliore redditività delle aziende.
25      È dunque giocoforza constatare che, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 47 delle sue conclusioni, l’aiuto al prepensionamento in agricoltura previsto dal regolamento n. 1257/1999 costituisce uno strumento della politica agricola comune, finanziato dal Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG), il quale è finalizzato a garantire la redditività delle aziende agricole, e non una prestazione previdenziale che rientra nell’ambito di applicazione della direttiva 79/7.
26      Così, sebbene in assenza di un’armonizzazione operata dal diritto dell’Unione la fissazione dell’«età normale di pensionamento», ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 1, secondo trattino, del regolamento n. 1257/1999, rientri certamente nella competenza degli Stati membri, nondimeno, ai fini dell’applicazione di detto regolamento, tali Stati non possono far leva sulla disparità di trattamento che l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 79/7 li autorizza a mantenere in materia di fissazione dell’età di pensionamento nell’ambito della previdenza sociale. Non si può ritenere che il legislatore dell’Unione, per il fatto di aver operato tale rinvio a una nozione non armonizzata, abbia consentito ai detti Stati, in occasione dell’attuazione del suddetto regolamento, di adottare provvedimenti in contrasto con i principi generali del diritto dell’Unione nonché con i diritti fondamentali (v., in tal senso, sentenza del 27 giugno 2006, Parlamento/Consiglio, C‑540/03, Racc. pag. I‑5769, punti 22 e 23).
27      Peraltro, è opportuno rilevare che il considerando 40 del regolamento n. 1257/1999 raccomanda di sostenere le misure volte ad eliminare le ineguaglianze e a promuovere la parità di opportunità fra uomini e donne. Anche l’articolo 2, undicesimo trattino, di tale regolamento prevede che il sostegno allo sviluppo rurale possa riguardare l’abolizione delle ineguaglianze e la promozione della parità di opportunità fra uomini e donne. Da tali disposizioni emerge dunque che, nell’ambito dell’aiuto al prepensionamento in agricoltura concesso sulla base del suddetto regolamento, è necessario assicurare la parità di trattamento fra donne e uomini e, pertanto, vietare qualsiasi discriminazione fondata sul sesso.
28      Di conseguenza, nell’attuazione del regolamento n. 1257/1999 gli Stati membri sono tenuti, ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, al rispetto dei principi di parità di trattamento e di non discriminazione, consacrati agli articoli 20, 21, paragrafo 1, e 23 della suddetta Carta.
29      Secondo una costante giurisprudenza, i principi di parità di trattamento e di non discriminazione impongono che situazioni simili non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, a meno che tale trattamento non sia obiettivamente giustificato (v., in particolare, sentenze del 17 luglio 1997, National Farmers’ Union e a., C‑354/95, Racc. pag. I‑4559, punto 61; dell’11 novembre 2010, Grootes, C‑152/09, Racc. pag. I‑11285, punto 66, nonché del 1° marzo 2011, Association belge des Consommateurs Test-Achats e a., C‑236/09, Racc. pag. I‑773, punto 28).
30      Nel caso di specie, è giocoforza constatare che gli imprenditori agricoli anziani di sesso femminile e di sesso maschile si trovano in situazioni simili dal punto di vista dello scopo perseguito con l’aiuto al prepensionamento di cui all’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento n. 1257/1999, il quale mira a incoraggiare tali imprenditori, indipendentemente dal sesso e dal numero di figli allevati, a cessare definitivamente le loro attività agricole in anticipo, al fine di garantire una migliore redditività delle aziende agricole, come emerge dal punto 24 della presente sentenza. I suddetti imprenditori, sia uomini che donne, possono richiedere tale aiuto purché, come richiede l’articolo 11, paragrafo 1, di tale regolamento, abbiano cessato definitivamente ogni attività agricola a fini commerciali dopo averla esercitata nei dieci anni che precedono tale cessione e abbiano compiuto almeno 55 anni di età, senza aver raggiunto l’età normale di pensionamento al momento della suddetta cessione.
31      Sarebbe dunque contrario al diritto dell’Unione e ai suoi principi generali di parità di trattamento e di non discriminazione che le suddette situazioni fossero trattate in maniera diversa, senza giustificazione obiettiva, per il fatto che, in applicazione delle disposizioni del regime pensionistico nazionale dello Stato membro in questione, l’«età normale di pensionamento», di cui all’articolo 11, paragrafo 1, secondo trattino, del regolamento n. 1257/1999, è fissata in maniera diversa in funzione del sesso della persona che richiede l’aiuto al prepensionamento in agricoltura e, nel caso di richiedenti di sesso femminile, in funzione del numero di figli allevati dall’interessata.
32      In effetti, tale diritto e tali principi sarebbero lesi se si ammettesse che un trattamento sfavorevole non giustificato obiettivamente possa essere riservato a quanti, tra quelli che richiedono tale aiuto al prepensionamento, rientrano, in base al sesso e, nel caso di richiedenti di sesso femminile, al numero di figli allevati, in una categoria di imprenditori agricoli per i quali tale età, fissata dalle suddette disposizioni del regime nazionale, è raggiunta in anticipo rispetto ai richiedenti che appartengono ad un’altra categoria di imprenditori. In tal caso, i richiedenti che rientrano in tale seconda categoria disporrebbero di un termine più lungo per presentare la loro domanda di aiuto, così da essere privilegiati, senza giustificazione obiettiva, rispetto a quelli che rientrano nella prima categoria, i quali sarebbero soggetti, per una domanda della stessa natura, a condizioni di accesso all’aiuto più restrittive.
33      Nella controversia di cui al procedimento principale, la normativa nazionale in questione implica che una persona, come la sig.ra Soukupová, la quale cessi la propria attività agricola in un’età compresa tra l’età normale di pensionamento determinata da tale normativa in funzione del suo sesso e del numero dei figli che ha allevato e l’età normale di pensionamento fissata dalla medesima normativa per gli imprenditori agricoli di sesso maschile, non può beneficiare dell’aiuto al prepensionamento e vede di conseguenza i propri diritti limitati alla percezione, per il resto della propria vita, di una pensione di vecchiaia di importo inferiore al suddetto aiuto, mentre un imprenditore di sesso maschile che cessi la propria attività agricola alla stessa età di tale persona può beneficiare di tale aiuto per un periodo di complessivi quindici anni o fino al compimento del suo settantacinquesimo anno, ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento n. 1257/1999, previa deduzione della pensione di vecchiaia versata dallo Stato membro in questione.
34      Contrariamente a quanto sostenuto dai governi ceco e polacco, una disparità di trattamento come quella attuata dalla normativa nazionale oggetto della controversia di cui al procedimento principale non può essere obiettivamente giustificata. Infatti, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 61 delle sue conclusioni, gli obiettivi di trasformazione strutturale del settore agricolo perseguiti con l’aiuto al prepensionamento in agricoltura concesso sulla base del regolamento n. 1257/1999 possono manifestamente essere conseguiti senza che gli Stati membri ricorrano ad un trattamento discriminatorio.
35      Quanto alle conseguenze della mancata osservanza del principio di parità di trattamento in una situazione come quella oggetto del procedimento principale, occorre ricordare che, conformemente a una giurisprudenza costante, quando una discriminazione, contraria al diritto dell’Unione, sia stata constatata e finché non siano adottate misure volte a ripristinare la parità di trattamento, il rispetto del principio di parità può essere garantito solo mediante la concessione alle persone appartenenti alla categoria sfavorita degli stessi vantaggi di cui beneficiano le persone che rientrano nella categoria privilegiata (v. sentenze del 26 gennaio 1999, Terhoeve, C‑18/95, Racc. pag. I‑345, punto 57, e del 22 giugno 2011, Landtová, C‑399/09, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 51). La persona sfavorita deve dunque essere posta nella stessa situazione in cui si trova la persona che beneficia del vantaggio in questione.
36      Tenuto conto dell’insieme delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alle prime due questioni che non è conforme al diritto dell’Unione e ai suoi principi generali di parità di trattamento e di non discriminazione il fatto che, in applicazione delle disposizioni del regime pensionistico nazionale dello Stato membro in questione relative all’età necessaria per avere diritto a una pensione di vecchiaia, l’«età normale di pensionamento», di cui all’articolo 11, paragrafo 1, secondo trattino, del regolamento n. 1257/1999, sia determinata in maniera diversa in funzione del sesso della persona che richiede l’aiuto al prepensionamento in agricoltura e, nel caso di richiedenti di sesso femminile, in funzione del numero di figli allevati dall’interessata.
 Sulla terza questione
37      Tenuto conto della risposta apportata alle prime due questioni, non occorre rispondere alla terza questione sollevata dal giudice del rinvio.
 Sulle spese
38      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:
Non è conforme al diritto dell’Unione e ai suoi principi generali di parità di trattamento e di non discriminazione il fatto che, in applicazione delle disposizioni del regime pensionistico nazionale dello Stato membro in questione relative all’età necessaria per avere diritto a una pensione di vecchiaia, l’«età normale di pensionamento», di cui all’articolo 11, paragrafo 1, secondo trattino, del regolamento (CE) n. 1257/1999 del Consiglio, del 17 maggio 1999, sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG) e che modifica ed abroga taluni regolamenti, sia determinata in maniera diversa in funzione del sesso della persona che richiede l’aiuto al prepensionamento in agricoltura e, nel caso di richiedenti di sesso femminile, in funzione del numero di figli allevati dall’interessata.
Firme

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE
M. NIILO JÄÄSKINEN
presentate il 23 ottobre 2012 (1)
Causa C‑401/11
Blanka Soukupová
contro
Ministerstvo zemědělství
[Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Nejvyšší správní soud (Repubblica ceca)]
«Agricoltura – FEAOG – Regolamento n. 1257/1999 – Parità di trattamento – Nozione di “età normale di pensionamento” – Età di pensionamento diverse per uomini e donne – Aiuto al prepensionamento per agricoltori – Direttiva 79/7»





I –    Introduzione
1.        La presente controversia verte sulla questione se, ed eventualmente in che modo, il principio della parità di trattamento tra uomini e donne sia stato violato dalla Repubblica ceca nella decisione amministrativa che negava il pagamento di un aiuto al prepensionamento, ai sensi del regolamento (CE) n. 1257/1999 del Consiglio del 17 maggio 1999, sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG) e che modifica ed abroga taluni regolamenti (il «regolamento n. 1257/1999») (2).
2.        Ciò è avvenuto, secondo quanto sostiene la sig.ra Blanka Soukupová, un’agricoltrice ceca, a cui è stato negato l’aiuto al prepensionamento in quanto aveva già raggiunto l’età pensionabile applicabile alle donne secondo il diritto ceco, che è inferiore a quella applicabile agli uomini. A seguito dell’impugnazione di detta decisione, il Nejvyšší správní soud (la Suprema corte amministrativa della Repubblica Ceca) ha presentato alla Corte alcune questioni vertenti sull’interpretazione del regolamento n. 1257/1999. In sostanza, il giudice del rinvio chiede se i principi di parità di trattamento sanciti dal diritto dell’Unione europea (in prosieguo: il «diritto dell’Unione») ostino al rifiuto di concedere un aiuto al prepensionamento in circostanze nelle quali siffatto aiuto sarebbe stato corrisposto ad un uomo.
3.        L’obiettivo del regime di aiuto al prepensionamento dell’Unione europea è quello di incoraggiare gli agricoltori a trasferire le loro imprese agricole ad agricoltori più giovani prima del raggiungimento della normale età pensionabile. In questo caso il problema sorge per il fatto che nella Repubblica Ceca l’età pensionabile per le donne è inferiore a quella per gli uomini e in quanto viene fatto riferimento al numero di figli allevati da una donna. Ciò implica a sua volta che l’ammissione all’aiuto al prepensionamento cambia secondo i medesimi parametri. Si solleva dunque l’interessante questione se l’aiuto al prepensionamento rientri nelle «altre prestazioni» che possono essere corrisposte a uomini e donne a condizioni diseguali, come previsto dalla direttiva del Consiglio del 19 dicembre 1978 relativa alla graduale attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale (79/7/CEE) (in prosieguo: la «direttiva 79/7») (3).
II – Ambito normativo
A –    Diritto dell’Unione
4.        L’articolo 3, numero 1, della direttiva 79/7/CEE così prescrive:
«La presente direttiva si applica:
a)      ai regimi legali che assicurano una protezione contro i rischi seguenti:
(…)
−      vecchiaia,
(…)
b)      alle disposizioni concernenti l’assistenza sociale, nella misura in cui siano destinate a completare i regimi di cui alla lettera a) o a supplire ad essi».
5.        L’articolo 7 di questa direttiva stabilisce quanto segue:
«1.      La presente direttiva non pregiudica la facoltà degli Stati membri di escludere dal suo campo di applicazione:
a)      la fissazione del limite di età per la concessione della pensione di vecchiaia e di fine lavoro e le conseguenze che possono derivarne per altre prestazioni;
b)      i vantaggi accordati in materia di assicurazione vecchiaia alle persone che hanno provveduto all’educazione dei figli; l’acquisto di diritti alle prestazioni a seguito di periodi di interruzione del lavoro dovuti all’educazione dei figli;
(…).
2. (…) Gli Stati membri esaminano periodicamente le materie escluse ai sensi del paragrafo 1 al fine di valutare se, tenuto conto dell’evoluzione sociale in materia, sia giustificato mantenere le esclusioni in questione».
6.        Il ventitreesimo considerando del regolamento n. 1257/1999 così recita:
«(…) è opportuno incentivare la cessazione anticipata dell’attività agricola, al fine di migliorare l’efficienza economica delle aziende, tenendo conto dell’esperienza acquisita nell’attuazione del regolamento (CEE) n. 2079/92(...)».
7.        Il quarantesimo considerando del regolamento 1257/1999 dispone, tra l’altro:
«(…) occorrerebbe sostenere misure volte ad eliminare le ineguaglianze e a promuovere la parità di opportunità fra uomini e donne(...)» .
8.        L’undicesimo trattino dell’articolo 2 del regolamento n. 1257/1999 così dispone:
«Il sostegno allo sviluppo rurale, legato alle attività agricole e alla loro riconversione, può riguardare:
(…)
−      l’abolizione delle ineguaglianze e la promozione della parità di opportunità fra uomini e donne, in particolare mediante il sostegno a progetti concepiti e realizzati da donne».
9.        L’articolo 10 del regolamento n. 1257/1999 così dispone:
«1. Gli aiuti al prepensionamento contribuiscono a conseguire i seguenti obiettivi:
−      procurare un reddito agli imprenditori agricoli anziani che decidono di cessare l’attività agricola,
−      far subentrare a questi imprenditori anziani agricoltori in grado di migliorare, se necessario, la redditività delle aziende rimaste in esercizio,
−      riorientare superfici agricole verso usi extra agricoli, ove non sia possibile destinarle alla produzione agricola in condizioni soddisfacenti dal punto di vista della redditività.
2. Il sostegno al prepensionamento può comprendere misure destinate a procurare un reddito ai salariati agricoli».
10.      L’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento n. 1257/1999 così recita:
«Il cedente:
–      cessa definitivamente ogni attività agricola a fini commerciali; può però continuare a svolgere attività agricole non commerciali e a conservare la disponibilità degli edifici in cui continuerà ad abitare,
−      ha almeno 55 anni, senza aver raggiunto l’età normale di pensionamento, al momento della cessazione, e
−      ha esercitato l’attività agricola nei dieci anni che precedono la cessione».
11.      L’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento n. 1257/1999 così recita:
«La durata dell’aiuto al prepensionamento non dev’essere superiore ad un massimo di 15 anni per il cedente e di 10 anni per il salariato agricolo. Essa non deve oltrepassare il settantacinquesimo compleanno del cedente e non deve eccedere la normale età di pensionamento del lavoratore.
Qualora, nel caso di un cedente, lo Stato membro corrisponda una normale pensione, l’aiuto al prepensionamento è versato in via complementare, tenuto conto dell’importo della pensione nazionale».
12.      L’articolo 2 del regolamento (CE) n. 1260/1999 del Consiglio del 21 giugno 1999 recante disposizioni generali sui Fondi strutturali (4) così prevede:
«1.      Ai sensi del presente regolamento, per “Fondi strutturali” si intendono il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), il Fondo sociale europeo (FES), il Fondo europeo agricolo di orientamento e garanzia (FEAOG), sezione "orientamento" e lo strumento finanziario di orientamento della pesca (SFOP) (in prosieguo: “i Fondi”).
(…)
5. (…) La Commissione e gli Stati membri assicurano che l’azione dei Fondi sia coerente con le altre politiche ed azioni comunitarie, in particolare in materia di occupazione, parità tra uomini e donne, politica sociale e formazione professionale, politica agricola comune, politica comune della pesca, trasporti, energia e reti transeuropee, e che si integri con le esigenze di tutela ambientale nella definizione ed esecuzione dell’azione dei Fondi».
13.      L’articolo 12 del regolamento n. 1260/1999 così dispone:
«Le azioni che sono oggetto di un finanziamento da parte dei Fondi strutturali o di un intervento della BEI o di un altro strumento finanziario esistente devono essere conformi alle disposizioni dei trattati e degli atti emanati in base a questi ultimi e alle politiche comunitarie, comprese quelle concernenti le regole di concorrenza, l’aggiudicazione di appalti pubblici e la protezione dell’ambiente, nonché al principio della parità di opportunità tra uomini e donne».
B –    Diritto nazionale
14.      In osservanza del regolamento n. 1257/1999, il 26 gennaio 2005 la Repubblica Ceca ha adottato il decreto governativo n. 69/2005, che definisce le condizioni per la concessione di sovvenzioni collegate al prepensionamento degli agricoltori per la cessazione dell’attività agricola. Ai sensi del suo articolo 1, paragrafo 1, il decreto mira a garantire aiuti nell’ambito del programma per sostenere gli imprenditori agricoli che cessino anticipatamente la loro attività.
15.      Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, del decreto governativo n. 69/2005, una persona fisica può presentare domanda di iscrizione al regime se, tra l’altro, ha già raggiunto almeno 55 anni di età il giorno della presentazione della domanda e se, a tale data, non ha raggiunto l’età necessaria per avere diritto a una pensione di vecchiaia.
16.      Ai sensi delle disposizioni di cui all’articolo 29 della legge n. 155/1995 sulle pensioni, nella versione in vigore fino al 31 dicembre 2009, alla quale fa riferimento il decreto governativo 69/2005, ha diritto a una pensione di vecchiaia un assicurato a) che ha maturato un periodo di contribuzione non inferiore a 25 anni e che ha raggiunto almeno l’età prescritta per avere diritto alla pensione di vecchiaia; oppure b) che ha maturato un periodo non inferiore a 15 anni e che ha raggiunto almeno 65 anni di età, nel caso in cui non soddisfi la condizione di cui alla lettera a).
17.      Ai sensi dell’articolo 32, paragrafo 1, della legge n. 155/1995 sulle pensioni, cui ugualmente si riferisce il decreto governativo 69/2005, l’età pensionabile è fissata in 60 anni per gli uomini e tra i 53 e i 57 anni (a seconda del numero dei figli) per le donne. Detti criteri vigono per gli assicurati che hanno raggiunto tale età entro il 31 dicembre 1995. L’articolo 32, paragrafo 2, prevede inoltre l’aumento graduale dell’età pensionabile per gli assicurati che raggiungono tali limiti di età nel periodo tra il 1º gennaio 1996 e il 31 dicembre 2012 e l’articolo 32, paragrafo 3, fissa l’età pensionabile, dopo il 31 dicembre 2012, in 63 anni per gli uomini e tra i 59 e i 63 anni (a seconda del numero di figli) per le donne.
III – Fatti e questioni proposte
18.      La ricorrente, sig.ra Blanka Soukupová, nata il 24 gennaio 1947, ha fatto domanda di iscrizione al regime di prepensionamento in agricoltura (in prosieguo: il «regime») il 3 ottobre 2006.
19.      Il 20 dicembre 2006 la domanda di aiuto al prepensionamento della sig.ra Soukupová veniva respinta dallo Státní zemědělský intervenční fond (Fondo Statale di intervento agricolo) in quanto la ricorrente, alla data di presentazione della domanda, aveva già raggiunto l’età necessaria per avere diritto a una pensione di vecchiaia. Ai sensi dell’articolo 32, paragrafi 1 e 2, della legge n. 155/1995 sulle pensioni (zákon č. 155/1995 Sb., o důchodovém pojištění) la ricorrente, in quanto donna che ha allevato due figli, ha acquisito detto diritto il 24 maggio 2004. Se invece la sig.ra Soukupová avesse avuto un solo figlio o non ne avesse avuto nessuno, avrebbe acquisito il diritto di cui trattasi solo dopo il 24 maggio 2004.
20.      Allo stesso tempo, un uomo nato il medesimo giorno della sig.ra Soukupová e che avesse chiesto l’iscrizione al regime il 3 ottobre 2006 non avrebbe avuto diritto ad una pensione di fine lavoro e al medesimo sarebbe stato riconosciuto un aiuto al prepensionamento. Il suo diritto a ricevere una pensione di vecchiaia non sarebbe maturato prima del 2009. Inoltre, nessuna disposizione di diritto ceco ha modificato l’età pensionabile di un uomo a seconda del numero di figli da questo allevati.
21.      Nelle sue osservazioni scritte la Commissione spiega che la sig.ra Soukupová aveva un interesse economico rilevante a iscriversi al regime in quanto, nel 2005, la pensione di vecchiaia media per le donne era di CZK 7 030 (EUR 287,02) e nel 2007 di CZK 8 747 (EUR 357,09), mentre i beneficiari del regime di prepensionamento potevano ottenere un sostegno massimo al reddito di circa CZK 13 500 (EUR 551,15) (netti), per 15 anni oppure sino all’età di 75 anni, a seconda di quale evento si verificasse prima.
22.      Ciò premesso, la sig.ra Soukupová ha presentato ricorso avverso il diniego dinanzi al Ministero dell’Agricoltura, ma il suo ricorso è stato respinto con decisione datata 12 aprile 2007. La ricorrente ha allora impugnato detta decisione dinanzi al Městský soud v Praze (Tribunale della città di Praga), facendo valere che la legislazione ceca comporta, per le donne con un numero maggiore di figli, che il periodo per presentare la domanda di aiuto al prepensionamento è oggettivamente più breve rispetto alle donne che hanno meno figli o rispetto agli uomini.
23.      Con sentenza del 30 aprile 2009 il Městský soud v Praze ha annullato la decisione del Ministero dell’Agricoltura, respingendo un’interpretazione che condurrebbe a differenze ingiustificate tra agricoltori e agricoltrici. Il Mestský soud v Praze ha concluso, tra l’altro, che uno dei requisiti in diritto ceco per avere diritto alla pensione di vecchiaia è il raggiungimento dell’età pensionabile. Per motivi sociali e storici, l’età pensionabile di uomini e donne è diversa, e quest’ultima è determinata dal numero di figli allevati da una donna. Il Městský soud v Praze non ha rinvenuto alcun fondamento legittimo per qualsivoglia disparità di trattamento relativamente all’aiuto al prepensionamento in base all’età, al sesso o al numero di figli nati, e ha rinviato la causa della sig.ra Soukupová al Ministero dell’Agricoltura per un riesame.
24.      Il Ministero dell’Agricoltura ha presentato un ricorso per cassazione avverso la sentenza del Mestský soud v Praze dinanzi al Nejvyšší správní soud, sostenendo, tra l’altro, che il regolamento (CE) n. 1257/1999 prevede disposizioni precise solo sul limite minimo di età di chi richiede l’aiuto al prepensionamento (e non il limite massimo), che l’età normale di pensionamento è stata definita in modo diverso nei singoli Stati membri dell’Unione europea e che le nozioni di «età normale di pensionamento», di cui all’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1257/1999, e di «età pensionabile», ai sensi dell’articolo 32 della legge n. 55/1995 sulle pensioni, hanno un significato analogo.
25.      Questo ha indotto il Nejvyšší správní soud a sollevare le seguenti questioni pregiudiziali:
«1.      Se la nozione di “età normale di pensionamento” al momento della cessazione di un’azienda agricola, di cui all’articolo 11 del regolamento (CE) n. 1257/1999 del Consiglio 17 maggio 1999, sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG) e che modifica ed abroga taluni regolamenti, possa essere interpretata, per quanto riguarda la richiedente nel caso di specie, come l’“età necessaria per avere diritto a una pensione di vecchiaia” ai sensi della normativa nazionale.
2.      Qualora la prima questione sia risolta in senso positivo, se sia conforme al diritto e ai principi generali dell’Unione europea che “l’età normale di pensionamento” al momento della cessazione dell’attività agricola sia determinata per i singoli richiedenti in maniera diversa in funzione del sesso e del numero di figli allevati.
3.      Qualora la prima questione sia risolta in senso negativo, di quali criteri il giudice nazionale debba tener conto nell’interpretare la nozione di “età normale di pensionamento” al momento della cessione di un’azienda agricola, ai sensi dell’articolo 11 del regolamento (CE) n. 1257/1999 del Consiglio del 17 maggio 1999, sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG) e che modifica ed abroga taluni regolamenti».
26.      La sig.ra Soukupová, il governo ceco, il governo polacco e la Commissione europea hanno presentato osservazioni scritte. Il governo ceco e la Commissione hanno partecipato all’udienza tenutasi il 28 giugno 2012.
IV – Analisi
A –    Osservazioni introduttive
27.      La presente controversia solleva la questione se uno Stato membro, che abbia esercitato la sua facoltà, in forza del diritto dell’Unione, di prevedere età pensionabili diverse per uomini e donne con riguardo al diritto alla pensione di vecchiaia possa fondarsi sulle medesime norme nazionali, discriminatorie, al fine di stabilire «l’età normale di pensionamento», ai sensi dell’articolo 11 del regolamento n. 1257/1999. La fattispecie in esame presenta dunque una complessità latente, dovuta al margine di manovra concesso agli Stati membri dall’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 79/7 per quanto riguarda l’osservanza del principio della parità di trattamento nella determinazione dell’età pensionabile al fine di garantire pensioni di vecchiaia e di fine lavoro e le conseguenze che possono derivarne per altre prestazioni.
28.      Tuttavia, la prima questione è formulata in termini più diretti, che non riflettono tale complessità. Con essa si chiede semplicemente se la nozione di «età normale di pensionamento» in diritto dell’Unione possa essere interpretata come «l’età richiesta per avere diritto ad una pensione di fine lavoro» in diritto nazionale. A mio giudizio questo è il contesto in cui dovrebbe essere inteso il regolamento n. 1257/1999 e risolta la prima questione.
29.      Questa conclusione peraltro è lungi dall’esaurire la questione. La legislazione dell’Unione europea, come pure gli Stati membri quando applicano o danno attuazione al diritto dell’Unione, sono vincolati dal principio della parità di trattamento tra uomini e donne. Ogni atto normativo europeo che non possa essere interpretato in conformità con questo principio è invalido (5). Oppure, secondo un principio ermeneutico generale, un atto comunitario dev’essere interpretato, nei limiti del possibile, in modo da non rimettere in discussione la sua validità e in conformità con il diritto primario nel suo complesso, compreso il principio della parità di trattamento (6).
30.      Pertanto, occorre tenere conto della posizione di Stati membri come la Repubblica Ceca che hanno esercitato la loro facoltà, in forza del diritto dell’Unione europea, di prevedere età pensionabili diverse per uomini e donne con riguardo alla pensione di vecchiaia. Ciò significa che è necessario un approccio generale, che tenga conto dei principi generali del diritto europeo sull’uguaglianza.
B –    Prima questione
31.      In linea di principio, la nozione di «età normale di pensionamento» al momento della cessione di un’azienda agricola, ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento n. 1257/1999, dovrebbe essere interpretata come «l’età richiesta per avere diritto ad una pensione di fine lavoro». Questa conclusione è desunta dagli obiettivi perseguiti dal regolamento n. 1257/1999 e dal testo delle sue disposizioni.
32.      L’aiuto al prepensionamento non mira a fornire un aiuto alla pensione di fine lavoro per motivi sociali, né è volto direttamente a garantire un reddito supplementare agli agricoltori anziani. Siffatti effetti sono inerenti al regolamento n. 1257/1999 come strumenti per conseguire l’obiettivo primario del regime di prepensionamento, che è quello di creare un incentivo per gli agricoltori anziani a cessare anticipatamente la loro attività, e in circostanze in cui normalmente non lo farebbero.
33.      Di conseguenza, l’obiettivo dell’aiuto al prepensionamento è quello di agevolare una trasformazione strutturale del settore agrario per assicurare la sostenibilità della produzione agricola. Come sottolineato dalla Commissione nelle sue osservazioni scritte, una presunzione sulla quale si fonda il regolamento n. 1257/1999 è che gli agricoltori anziani saranno meno disposti ad utilizzare la moderna tecnologia che migliora la produttività delle aziende agricole rispetto agli agricoltori più giovani. Come enunciato al ventitreesimo considerando del regolamento n. 1257/1999, il prepensionamento degli agricoltori viene incentivato al fine di migliorare l’efficienza economica delle aziende.
34.      Si può presumere, tuttavia, che, in circostanze normali, un agricoltore non cesserà la sua attività prima di aver acquisito il diritto ad una fonte di reddito alternativa, in forma di una pensione. Sembrerebbe dunque conforme a questa logica imporre, come condizione per il pagamento di un aiuto al prepensionamento, di esigere che la relativa domanda sia presentata prima dell’acquisizione del diritto alla regolare pensione di vecchiaia.
35.      Come osservato dalla Commissione nelle sue osservazioni scritte, il secondo paragrafo dell’articolo 12 spiega che, allorché una normale pensione di fine lavoro è corrisposta dallo Stato membro, l’aiuto al prepensionamento è versato in via complementare, al fine di evitare una compensazione eccessiva in forma di una prestazione concorrente con la pensione di vecchiaia. Il fatto che l’aiuto al prepensionamento continui ad essere versato dopo la regolare fine del lavoro dimostra che esso mira a fornire un incentivo adeguato agli agricoltori che percepiscono pensioni di vecchiaia nazionali modeste e che avrebbero altrimenti proseguito la loro attività agricola dopo aver raggiunto l’età pensionabile.
36.      Osservo inoltre che, ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento n. 1257/1999, la durata massima dell’aiuto al prepensionamento è di 15 anni per il cedente, e l’aiuto può essere corrisposto sino al settantacinquesimo anno di età. D’altro lato, atteso che l’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento n. 1257/1999 fa divieto agli Stati membri di includere nel regime agricoltori che abbiano già raggiunto «l’età normale di pensionamento», l’effetto combinato di dette disposizioni impedisce agli Stati membri di includere nel regime agricoltori che hanno raggiunto l’età normale di pensionamento, ma consente loro tuttavia di continuare a pagare l’aiuto dopo il raggiungimento di siffatta età.
37.      A mio giudizio, la nozione di «età normale di pensionamento», ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 1, e, effettivamente, dell’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento n. 1257/1999, deve essere interpretata in modo uniforme nell’intera Unione. Tuttavia, al pari di diverse altre nozioni utilizzate in regolamenti dell’Unione europea di applicazione diretta, siffatta nozione di diritto dell’Unione rinvia implicitamente a disposizioni nazionali non armonizzate. Di conseguenza, anche se la nozione di «età normale di pensionamento» nel regolamento deve essere interpretata come riferita all’età richiesta per acquisire il diritto ad una pensione di fine lavoro e non, ad esempio, ad un limite di età relativo a specifici regimi nazionali di prepensionamento, siffatta età è definita, in termini concreti, dalla normativa nazionale applicabile (7).
38.      Ciononostante, l’applicazione della nozione di età normale di pensionamento è subordinata alle esigenze della parità di trattamento. Anche se, in linea di principio, siffatte disposizioni consentono agli Stati membri di ricollegare l’«età normale di pensionamento», di cui al regolamento n. 1257/1999, all’«età richiesta per avere diritto ad una pensione di fine lavoro», ai sensi della normativa nazionale, detta facoltà è subordinata all’osservanza del principio della parità di trattamento tra uomini e donne. Approfondirò cosa ciò implichi nella mia risposta alla seconda questione.
39.      Pertanto, suggerisco di risolvere la prima questione come segue:
«La nozione di “età normale di pensionamento” al momento della cessione di un’azienda agricola, ai sensi dell’articolo 11 del regolamento (CE) n. 1257/1999 del Consiglio 17 maggio 1999, può essere interpretata come “l’età necessaria per la nascita del diritto alla pensione di fine lavoro” in capo ad un determinato richiedente ai sensi della normativa nazionale».
C –    Seconda questione
1.      Osservazioni introduttive
40.      Con la seconda questione, il Nejvyšší správní soud vuole sapere se sia conforme al diritto dell’Unione europea e ai principi generali del diritto di quest’ultima che “l’età normale di pensionamento” al momento della cessione di un’azienda agricola sia determinata per i singoli richiedenti in modo diverso secondo il loro sesso e il numero di figli allevati.
41.      Si deve ricordare a questo proposito che, ai sensi della legge ceca, «l’età necessaria per la nascita del diritto alla pensione di vecchiaia» è diversa per uomini e donne. Essa è influenzata inoltre dal numero di figli allevati da una donna, ma non dal numero di figli allevati da un uomo. Occorre chiedersi se ciò possa giustificare una differenza nelle circostanze in cui viene corrisposto l’aiuto al prepensionamento, ai sensi del regolamento n. 1257/1999.
42.      In questo contesto si deve innanzitutto riflettere sulla questione se il diverso trattamento tra agricoltori e agricoltrici ai sensi della normativa ceca, con riguardo all’aiuto al prepensionamento, possa essere «salvato» dagli articoli 3 e 7 della direttiva 79/7. Occorre inoltre esaminare le seguenti questioni:
(i)       Se esista nel diritto dell’Unione un regime normativo specifico che comprende il pagamento di un aiuto al prepensionamento, o se la questione debba essere definita facendo riferimento ai principi generali di diritto dell’Unione sul divieto della disparità di trattamento.
(ii)       Se la sig.ra Soukupová venga trattata in modo diverso rispetto ad un uomo che si trova in una situazione analoga.
(iii)       Laddove ciò avvenga, se esista una giustificazione oggettiva per siffatta differenza di trattamento (8).
(iv)      E in tal caso, se la differenza di trattamento sia proporzionata rispetto allo scopo perseguito (9).
2.      La direttiva 79/7 è priva di interesse per la soluzione della controversia
43.      In via preliminare, riconosco che l’articolo 7, paragrafo 1, lettere a) e b), della direttiva 79/7 effettivamente non pregiudica la facoltà degli Stati membri di fissare l’età pensionabile per la concessione di pensioni di vecchiaia e di fine lavoro, nonché le possibili conseguenze delle medesime per altre prestazioni (comprese le prestazioni per persone che hanno allevato figli) (10). Come riflesso nelle osservazioni scritte del governo polacco, si potrebbe dunque sostenere che l’aiuto al prepensionamento è una prestazione secondaria derivante da una differenza (legittima) tra l’età pensionabile per gli uomini e per le donne ai sensi del diritto ceco.
44.      Tuttavia, come rilevato nelle osservazioni scritte della Commissione, l’aiuto al prepensionamento non rientra nei regimi legali elencati all’articolo 3, paragrafo 1, lettere a) e b), della direttiva 79/7 (11). Ciò lascia dunque aperta la questione se l’aiuto al prepensionamento possa rientrare nelle «altre prestazioni», di cui all’articolo 7 della direttiva 79/7, relativamente alle quali gli Stati membri sono effettivamente dispensati dall’osservanza del principio della parità di trattamento tra uomini e donne.
45.      Come sottolineato dalla Commissione all’udienza, l’articolo 7 della direttiva 79/7 è stato costantemente interpretato restrittivamente. La Corte ha dichiarato che, «nel caso in cui (…) uno Stato membro preveda un’età di pensionamento diversa per gli uomini e per le donne per la concessione delle pensioni di vecchiaia e di fine lavoro, l’ambito della deroga consentita è limitato alle discriminazioni necessariamente ed obiettivamente legate alle differenze dell’età di pensionamento» (12).
46.      A mio giudizio, alla luce della giurisprudenza consolidata, l’ammissione all’aiuto al prepensionamento, in forza dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 79/7, non può essere collegata ad una differenza di trattamento tra uomini e donne relativamente all’età in cui essi maturano il diritto alla pensione di vecchiaia. Ciò in quanto le «altre prestazioni» previste all’articolo 7, paragrafo 1, lettera a), e che possono legittimamente implicare una disparità di trattamento tra uomini e donne in base all’età, possono comportare soltanto una discriminazione che «sia obiettivamente necessaria per evitare di mettere in gioco l’equilibrio finanziario del sistema di sicurezza sociale o per garantire la coerenza tra il regime delle pensioni di vecchiaia e il regime delle altre prestazioni» (13).
47.      Come ho già menzionato, l’aiuto al prepensionamento non è una prestazione di previdenza sociale, ma una prestazione avente lo scopo di migliorare la produttività dell’attività agricola, in altri termini, uno strumento della politica agricola comune. Nessun elemento nel fascicolo e nessuna prova presentata all’udienza suggerisce l’esistenza dei vincoli fiscali tra il pagamento dell’aiuto al prepensionamento e il regime della pensione di vecchiata della Repubblica Ceca o il suo sistema di previdenza sociale in senso più ampio, necessari per dimostrare che la differenza di trattamento è giustificata dall’esigenza di preservare siffatta coerenza. A parte la circostanza del pagamento dell’aiuto al prepensionamento come supplemento alla pensione di vecchiaia ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento n. 1257/1999, i due pagamenti sono caratterizzati piuttosto dalla loro indipendenza reciproca. Stando così le cose, non posso concordare con gli argomenti avanzati dal governo polacco secondo i quali l’obiettivo dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 79/7 può giustificare un trattamento diverso della sig.ra Soukupová rispetto ad un agricoltore di sesso maschile della stessa età.
48.      Infatti, come sottolineato nelle osservazioni scritte della sig.ra Soukupová, anche se la Corte costituzionale ceca ha dichiarato che la disparità di trattamento tra uomini e donne è giustificata all’interno del sistema pensionistico nazionale, da ciò non consegue che siffatta disparità di trattamento debba essere applicata in altri settori della vita dei cittadini cechi, ad esempio in materia di determinazione dei criteri di ammissibilità per l’aiuto al prepensionamento (14).
49.      Inoltre, nessuna giustificazione legislativa per la differenza di trattamento tra la sig.ra Soukupová e un uomo in una situazione comparabile può essere desunta dall’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 79/7, che consente agli Stati membri di escludere dal suo campo di applicazione «b) i vantaggi accordati in materia di assicurazione vecchiaia alle persone che hanno provveduto all’educazione dei figli». Questo per il semplice motivo che la sig.ra Soukupová è svantaggiata, in relazione al suo diritto all’aiuto al prepensionamento, dal fatto di avere allevato figli. Ella ha un interesse economico rilevante ad iscriversi al regime. Pertanto la tesi del governo ceco è erronea nella misura in cui esso afferma che la sig.ra Soukupová non incorrerebbe in alcuna conseguenza particolarmente negativa ove cessasse la sua attività e godesse di una pensione nazionale completa. Secondo le informazioni fornite dalla Commissione e alle quali ho già fatto riferimento, essa subirebbe invece un grave pregiudizio finanziario a causa dell’esclusione dall’aiuto al prepensionamento.
50.      Inoltre, proprio come ritengo che l’aiuto al prepensionamento non rientri nell’ambito dell’esclusione di cui all’articolo 7, paragrafo 1, lettera a), considero parimenti che esso non costituisca un’«assicurazione vecchiaia», ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b). Si tratta invece di un pagamento che proviene dal FEAOG.
51.      Pertanto, pur riconoscendo che la determinazione dell’«età normale di pensionamento», ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento n. 1257/1999, è legata alla normativa nazionale sulle pensioni, non riesco a raggiungere una conclusione che consentirebbe agli Stati membri, nell’attuazione del regolamento n. 1257/1999, di violare principi fondamentali del diritto europeo, compreso il divieto di discriminazione in base al sesso (15). Effettivamente la Corte ha dichiarato che «una disposizione di un atto comunitario potrebbe, di per sé, risultare in contrasto con i diritti fondamentali qualora imponesse agli Stati membri o autorizzasse espressamente o implicitamente i medesimi ad adottare o mantenere in vigore leggi nazionali in contrasto con i detti diritti» (16). O, come osservato dall’avvocato generale Kokott, «il legislatore dell’Unione non può autorizzare gli Stati membri ad adottare misure che ledano i diritti fondamentali riconosciuti dall’Unione» (17).
52.      Pertanto, un diverso trattamento tra agricoltori e agricoltrici nel contesto dell’aiuto al prepensionamento non può essere «salvato» dagli articoli 3 e 7 della direttiva 79/7. Come ho già osservato, è dunque necessario esaminare le quattro questioni da me sollevate al precedente paragrafo 42.
3.      Il regime legale appropriato
53.      Come sottolineato dal Nejvyšší správní soud, non è affatto chiaro che qualsiasi discriminazione che possa aver subìto la sig.ra Soukupová con riguardo all’ammissione all’aiuto al prepensionamento rientri nell’ambito di una delle misure legislative adottate dall’Unione europea al fine di lottare contro la discriminazione fondata sul sesso (18). Concordo anche con l’argomento avanzato nelle osservazioni scritte della Commissione, secondo il quale l’aiuto al prepensionamento non può essere considerato una «retribuzione», ai sensi dell’articolo 157 TFUE, non essendo una pensione versata ad un lavoratore in ragione di un rapporto di impiego con un precedente datore di lavoro, come richiesto dalla giurisprudenza della Corte (19).
54.      Tuttavia, come ho già menzionato, la Repubblica Cerca, negando alla sig.ra Soukupová l’aiuto al prepensionamento, agiva in applicazione del regolamento n. 1257/1999. Il principio della parità di trattamento tra uomini e donne è espressamente menzionato al quarantesimo considerando, all’undicesimo trattino dell’articolo 2 del regolamento n. 1257/1999, nonché agli articoli 2, paragrafo 5, e 12 del regolamento n. 1260/1999. Non c’è dubbio che gli Stati membri sono vincolati dal principio della parità di trattamento nell’applicazione e nell’attuazione del diritto agrario dell’Unione europea (20).
55.      Ciò significa dunque che la questione se la sig.ra Soukupová sia stata vittima di una discriminazione illegittima, contraria al diritto dell’Unione europea, deve essere valutata con riferimento al principio generale di uguaglianza.
4.      Se la sig.ra Soukupová subisca un trattamento diverso rispetto ad un uomo in una posizione comparabile
56.      A mio giudizio, si può affermare che la sig.ra Soukupová viene discriminata a causa del suo sesso in quanto la sua età pensionabile è influenzata dal numero dei figli che ha avuto, mentre tale elemento non influenza l’età pensionabile degli uomini (che è in ogni caso superiore a quella delle donne). Secondo la legge ceca, la sig.ra Soukupová subisce un trattamento diverso da un uomo della stessa età e con lo stesso numero di figli, in quanto fruisce di un periodo di tempo più breve per chiedere l’aiuto al prepensionamento. Ciò a sua volta comporta conseguenze finanziarie negative di portata rilevante. Come sottolineato nelle osservazioni scritte della Commissione, il vantaggio concesso alla ricorrente per l’essere ammessa anticipatamente ad una pensione, in considerazione del suo sesso e del fatto che ha avuto due figli, si è trasformato in uno svantaggio nel contesto dell’aiuto al prepensionamento. Come ho già osservato, ciò si riflette nelle differenze nella media degli importi corrisposti alle donne in base al sistema della pensione di vecchiaia, negli anni 2005 e 2007, e negli importi massimi erogati in forza dell’aiuto al prepensionamento.
57.      Il governo ceco ha sostenuto che la sig.ra Soukupová non si trova nella stessa posizione di un uomo che abbia raggiunto la sua stessa età, in quanto, nel caso di un uomo, il regolamento n. 1257/1999 è in grado di conseguire il suo obiettivo di incentivare il prepensionamento mentre, nel caso della sig.ra Soukupová, i medesimi provvedimenti non trovano applicazione, avendo essa già raggiunto l’età pensionabile. Oppure, come sostenuto dal governo polacco, atteso che l’obiettivo del regolamento n. 1257/1999 è incentivare il prepensionamento al fine di migliorare l’efficienza economica delle imprese agricole, la ragione d’essere di siffatto obiettivo viene meno non appena la sig.ra Soukupová ha raggiunto l’età pensionabile legale, che è inferiore a quella applicabile ad un uomo.
58.      Non posso condividere queste affermazioni. Innanzitutto, considero che il regime non mira al prepensionamento in quanto tale, ma alla cessione delle attività economiche ad agricoltori più giovani. Salvo il caso in cui vi sia una normativa nazionale che vieti agli agricoltori o alle agricoltrici che abbiano raggiunto l’età normale di pensionamento di proseguire le loro attività agricole e li costringa a trasferire siffatte attività, gli argomenti avanzati dai governi ceco e polacco non sono corretti. In altri termini, il fatto che un’agricoltrice abbia raggiunto l’età pensionabile ad essa applicabile non comporta necessariamente la cessione delle sue attività ad un agricoltore più giovane. Ne consegue che applicare un’età pensionabile più bassa alle agricoltrici riduce di fatto il numero dei casi in cui la cessione rappresenta un’alternativa economicamente efficiente alla prosecuzione, il più a lungo possibile, della sua attività da parte dell’agricoltore più anziano. Effettivamente, la normativa ceca esclude le agricoltrici con molti figli dalla portata del regime, ostacolando il raggiungimento dell’effetto utile del regime di prepensionamento dell’Unione europea.
59.      Inoltre, come sottolineato dalla Commissione nelle sue osservazioni scritte, lo svantaggio subito dalla sig.ra Soukupová a causa delle disposizioni nazionali in questione ha un effetto in manifesta contraddizione con il principio della parità di trattamento. Non è stato contestato, né nelle memorie scritte né in udienza, che ad un uomo con lo stesso numero di figli della sig.ra Soukupová l’aiuto al prepensionamento sarebbe stato concesso. Ciò basta, evidentemente, per dimostrare una differenza di trattamento.
5.      Se sussista una giustificazione oggettiva per siffatta differenza di trattamento
60.      Il governo ceco fa valere che qualsiasi differenza di trattamento è oggettivamente giustificata, segnatamente dall’obiettivo perseguito dal regolamento n. 1257/1999, che è quello di incentivare gli agricoltori anziani a cedere anticipatamente le loro attività agricole avvalendosi del prepensionamento (21). Il governo polacco aggiunge che il rifiuto di concedere l’aiuto al prepensionamento alla sig.ra Soukupová era giustificato in quanto ella godeva già del beneficio della pensione di vecchiaia, per cui non le venivano negati mezzi di sussistenza una volta che avesse cessato le sue attività agricole.
61.      Non posso accettare questi argomenti. Gli obiettivi di politica strutturale di cui alle disposizioni del regolamento n. 1257/1999 possono manifestamente essere conseguiti senza che gli Stati membri debbano ricorrere ad un trattamento discriminatorio. Inoltre, la ridotta disponibilità di fondi per la sig.ra Soukupová, in forma di una pensione senza il supplemento dell’aiuto al prepensionamento, non ha alcun nesso logico con la giustificazione oggettiva richiesta dalla normativa dell’Unione per poter considerare legittimo un trattamento discriminatorio. Siffatta differenza di trattamento, subìta dalla sig.ra Soukupová, non è idonea a conseguire l’obiettivo di garantire una maggiore produttività delle aziende agricole nell’Unione europea (grazie al prepensionamento) (22).
62.      Dato che ho concluso che non sussiste alcuna giustificazione oggettiva per siffatta differenza di trattamento, non è necessario che esamini l’osservanza del principio di proporzionalità. Tuttavia, qualora la Corte non condivida la mia opinione e pervenga a tale esame, a mio avviso è sufficiente ponderare la portata del danno finanziario sofferto dalla sig.ra Soukupová con gli eventuali benefici derivanti dal suo diritto anticipato alla pensione di vecchiaia. Posto che l’aiuto al prepensionamento è dovuto per un periodo massimo di 15 anni, la sig.ra Soukupová è in effetti ben lontana dalla posizione finanziaria di un uomo che si trovi in circostanze analoghe alle sue. Tale divario è eccessivo rispetto agli obiettivi perseguiti dal regolamento n. 1257/1999.
63.      Suggerisco dunque la seguente soluzione per quanto riguarda la seconda questione:
«Non è conforme al diritto dell’Unione che “l’età normale di pensionamento”, al momento della cessione di un’azienda agricola ai fini dell’aiuto al prepensionamento dell’Unione europea, sia determinata per i singoli richiedenti in modo diverso secondo il loro sesso».
D –    Risposta alla terza questione
64.      A mio giudizio, la terza questione deve essere lievemente riformulata nella parte in cui chiede alla Corte di risolverla solo nell’eventualità di una risposta in senso negativo alla prima questione. Come ho già spiegato, nella fattispecie in esame è impossibile rispondere semplicemente con un «sì» o con un «no». Ciò premesso, voglio stralciare i termini «qualora la prima questione sia risolta in senso negativo» e limitarmi a fornire al giudice nazionale tutte le indicazioni necessarie riguardo ai criteri per applicare la nozione di «età normale di pensionamento», ai sensi dell’articolo 11 del regolamento n. 1257/1999.
65.      Come sottolineato dalla Commissione nelle sue osservazioni scritte, per stabilire se la sig.ra Soukupová abbia diritto all’aiuto al prepensionamento, il criterio di riferimento corretto è l’«età normale di pensionamento» – ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento n. 1257/1999 – di un uomo della sua età.
66.      Secondo la giurisprudenza costante della Corte, allorché non sono state adottate misure volte a ripristinare la parità di trattamento, il rispetto del principio di uguaglianza può essere garantito solo mediante la concessione alle persone appartenenti alla categoria sfavorita degli stessi vantaggi di cui beneficiano le persone della categoria privilegiata (23). La persona nella categoria meno favorita deve essere messa nella stessa posizione della persona che beneficia della situazione di vantaggio. Ciò significa che, pur se il Nejvyšší správní soud ha proposto una serie di criteri alternativi, nella fattispecie in esame allorché le autorità nazionali ceche esaminano il suo diritto all’aiuto al prepensionamento la sig.ra Soukupová deve essere semplicemente considerata come se fosse un uomo della sua età.
67.      Per quanto la riguarda la terza questione, suggerisco dunque la seguente soluzione:
«Nell’applicare la nozione di “età normale di pensionamento” al momento della cessione di un’azienda agricola, ai sensi dell’articolo 11 del regolamento (CE) n. 1257/1999 il requisito di un’età di pensionamento più elevata applicabile agli agricoltori uomini deve essere applicato anche alle agricoltrici».
V –    Conclusione
68.      Per le ragioni sopra esposte, propongo alla Corte di rispondere come segue alle questioni sollevate dal Nejvyšší správní soud:
«1.      La nozione di “età normale di pensionamento” al momento della cessione di un’azienda agricola, ai sensi dell’articolo 11 del regolamento (CE) n. 1257/1999 del Consiglio 17 maggio 1999, sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG) e che modifica ed abroga taluni regolamenti, può essere interpretata come “l’età necessaria per la nascita del diritto alla pensione di fine lavoro” in capo ad un determinato richiedente ai sensi della normativa nazionale.
2.       Non è conforme al diritto dell’Unione che “l’età normale di pensionamento”, al momento della cessione di un’azienda agricola ai fini dell’aiuto al prepensionamento dell’Unione europea, sia determinata per i singoli richiedenti in modo diverso secondo il loro sesso.
3.       Nell’applicare la nozione di “età normale di pensionamento” al momento della cessione di un’azienda agricola, ai sensi dell’articolo 11 del regolamento n. 1257/1999 il requisito di un’età di pensionamento più elevata applicabile agli agricoltori uomini deve essere applicato anche alle agricoltrici».
1 – Lingua originale: l’inglese.
2–      GU L 160 del 26.6.1999, pag. 80. Tutte le disposizioni del regolamento n. 1257/1999 rilevanti per la presente causa sono state abrogate, con decorrenza dal 1° gennaio 2007, dall’articolo 93 del regolamento (CE) n. 1698/2005 del Consiglio, del 20 settembre 2005, sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) (GU L 277, pag. 1). Nondimeno, considerato che l’aiuto al prepensionamento è stato negato alla sig.ra Soukupová il 20 dicembre 2006, è applicabile ratione temporis il regolamento n. 1257/1999.
3–      GU 1979, L 6, pag. 24.
4–      GU 1999, L 161, pag. 1. Il regolamento del Consiglio n. 1260/1999 è stato abrogato con decorrenza dal 1° gennaio 2007, in forza dell’articolo 107 del regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio, dell’11 luglio 2006, recante disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo e sul Fondo di coesione e che abroga il regolamento (CE) n. 1260/1999 (GU L 210 pag. 25). Tuttavia, atteso che alla sig.ra Soukupová è stato negato l’aiuto al prepensionamento il 20 dicembre 2006, il regolamento n. 1260/1999 disciplina la controversia in esame ratione temporis. Vorrei peraltro sottolineare che il regolamento n. 1083/2006 tutela la parità di trattamento tra uomini e donne in termini anche più espliciti nel suo articolo 16.
5 – V., ad esempio, sentenza del 1° marzo 2011, Association belge des Consommateurs Test‑Achats ASBL, C‑236/09, non ancora pubblicata nella Raccolta.
6–      Sentenza del 16 settembre 2010, Chatzi C‑149/10, (Racc. pag. I‑8489, punto 43).
7 – V., per una situazione analoga relativa ad una nozione in una direttiva, sentenza del 21 ottobre 2010, Padawan, C-‑467/08, Racc. pag. I‑10055, punto 37.
8–      V. anche sentenza del 21 luglio 2011, Nagy C‑21/10 (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 47).
9 –      V. conclusioni dell’Avvocato generale Kokott, nella causa C‑540/03, Parlamento/Consiglio, (Racc. pag. I‑5769), paragrafo 107, che cita, inter alia, le cause Huet/Corte dei conti, T‑8/93, Racc. pag. II‑103, punto 45; Di Marzio-Commissione, T‑14/03, Racc. PI pag. I–A 43 e pag. II‑167, punto 83. Per un esempio dell’operatività del principio di proporzionalità nel contesto dell’applicazione del regolamento n. 1257/1999 ad opera dello Stato membro, v. sentenza del 4 giugno 2009, JK Otsa Talu OÜ, C‑241/07, Racc. pag. I‑4323.
10–      Sentenza del 29 novembre 2001, causa C‑366/99, Griesmar (Racc. pag. I‑9383).
11 – I regimi legali di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettere a) e b), della direttiva 79/7 assicurano una protezione contro i rischi derivanti da malattia, invalidità, vecchiaia, infortunio sul lavoro e malattia professionale, e disoccupazione. La direttiva si applica anche all’assistenza sociale, nella misura in cui essa è destinata a integrare tali regimi o a sostituirsi ai medesimi.
12 – Sentenza del 30 aprile 1998, August De Vriendt e a., da C‑377/96 a C‑384/96, Racc. pag. I‑2105, punto 25.
13–      Causa C‑137/94, The Queen/Secretary of State for Health ex parte Cyril Richardson, Racc. pag. I‑3407, punto 192.
14 – Pertanto, il governo ceco non può invocare la sentenza della Corte per i diritti dell’Uomo Andrle/Repubblica Ceca, che verteva sulla questione a sé stante della compatibilità di leggi sulle pensioni di vecchiaia – che discriminavano in base all’età con riguardo al numero di figli che le madri avevano allevato – con l’articolo 14 e l’articolo 1, Protocollo n. 1 della CEDU. La sentenza nella causa Andrle non è applicabile ratione materiae alla fattispecie in esame, perché in tale causa la Corte per i diritti dell’uomo doveva in primo luogo stabilire se la concessione di un privilegio alle donne costituisse un obiettivo legittimo idoneo a giustificare una disparità di trattamento vietata dall’articolo 14 CEDU.
15 – V. causa 149/77, Defrenne/Sabena (n. 3), Racc. pag. 1365, punti 26‑27. V. inoltre articoli 2 e 3, paragrafo 3, TUE, articoli 8 e 10 TFUE e articoli 21 e 23 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. V. anche, nel contesto specifico dello sviluppo rurale, il quarantesimo considerando del regolamento n. 1257/1999 e l’articolo 2, undicesimo trattino, del medesimo regolamento, nonché gli articoli 2, paragrafo 5, e 12 del regolamento n. 1260/1999.
16–      V. sentenza del 27 giugno 2006, Parlamento/Consiglio, C‑540/03 (Racc. pag. I‑5769, punto 23).
17 – V. conclusioni dell’avvocato generale Kokott per la causa C‑236/09, Association Belge des Consommateurs Test‑Achats ASBL, paragrafo 30.
18 – L’unico atto legislativo che garantisce parità di trattamento applicabile alla situazione specifica di agricoltrici, lavoratrici autonome, nonché applicabile ratione temporis, è la direttiva del Consiglio 86/613/CEE, dell’11 dicembre 1986, relativa all’applicazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne che esercitano un’attività autonoma, ivi comprese le attività nel settore agricolo, e relativa altresì alla tutela della maternità (GU L 359, pag. 56). Tuttavia, nessuna delle sue disposizioni potrebbe essere interpretata come applicabile alla discriminazione nel contesto dell’aiuto al prepensionamento. La direttiva 86/613 è stata abrogata, con decorrenza dal 5 agosto 2012, dall’articolo 17 della direttiva 2010/41/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 7 luglio 2010, sull’applicazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne che esercitano un’attività autonoma e che abroga la direttiva del Consiglio 86/613/CEE (GU L 180, pag. 1).
19–      Sentenza del 13 novembre 2008, Commissione/Italia, C‑46/07, Racc. pag. I‑151, punto 35.
20–      La fattispecie in esame è dunque l’opposto della situazione su cui verteva la causa, decisa con sentenza del 18 dicembre 1997, Annibaldi, C‑309/96, Racc. pag. I‑7493, il cui oggetto era la questione se la normativa nazionale esaminata, contestata, inter alia, in base al principio della parità di trattamento, fosse da considerare non rientrante «nell’ambito di applicazione del diritto comunitario», (v. punto 24), per diverse ragioni, una delle quali era il fatto che nella fattispecie «non esiste[va] alcun elemento che consent[isse] di concludere che la legge regionale avesse lo scopo di applicare una disposizione di diritto comunitario vuoi nel settore agricolo, vuoi in quello dell’ambiente o della cultura» ( punto 21 della sentenza).
21 – Osservo che, in base alla sentenza della Corte di giustizia del 18 novembre 2010, Pensionsversicherungsanstalt/Christine Kleist, C‑356/09, Racc. pag. I‑11939, punti 30 e 31, la discriminazione subita dalla sig.ra Soukupová sembra essere diretta. Ciò significa che, se la questione fosse disciplinata dai Trattati o dalle direttive in materia di parità di trattamento, con l’eccezione dell’azione positiva, i motivi di giustificazione sarebbero limitati a quelli contenuti nei Trattati e nella normativa derivata rilevante. Tuttavia, la discriminazione in esame nella fattispecie viene subita nel contesto dell’applicazione e dell’attuazione ad opera di uno Stato membro di un atto legislativo generale dell’Unione europea. In tale contesto, il divieto di discriminazione tra uomini e donne è una manifestazione specifica del principio generale della parità di trattamento, che è sempre subordinato alla categoria ampia di «giustificazione oggettiva». V., ad esempio, sentenza Association belge des Consommateurs Test/Achats ASBL, C‑236/09, punto 28.
22–      Sentenza del 20 ottobre 2011, Brachner, C‑123/10, non ancora pubblicata nella Raccolta, punti 70 e 71 e la giurisprudenza ivi citata. Osservo anche che al punto 69 la Corte ha dichiarato che il giudice del rinvio la interrogava sulla questione se uno svantaggio potesse essere giustificato dal fatto che le donne in quel caso accedevano prima al godimento della pensione. Ai punti 76‑78 la Corte ha risolto in senso negativo detta questione.
23–      V., in particolare, sentenza del 22 giugno 2011, causa C‑399/09, Landtová (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 51 e la giurisprudenza ivi citata). V. anche sentenza del 21 giugno 2007, Jonkman e a, da C‑231/06 a C‑233/06, Racc. pag. I‑5149, punti 36-40, sugli obblighi incombenti agli Stati membri, compresi i loro giudici, allorché rilevano una discriminazione in violazione del diritto dell’Unione europea.