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D.Lgs. 15 novembre 2012, n. 218 recante disposizioni integrative e correttive al Codice Antimafia. Prime indicazioni interpretative.

Dettagli

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Ministero dell'interno
Circ. 8-2-2013 n. 11001/119/20(6)
D.Lgs. 15 novembre 2012, n. 218 recante disposizioni integrative e correttive al Codice Antimafia. Prime indicazioni interpretative.
Emanata dal Ministero dell'interno, Gabinetto del ministro, Ufficio II - Ordine e sicurezza pubblica.

Circ. 8 febbraio 2013, n. 11001/119/20(6) (1).

D.Lgs. 15 novembre 2012, n. 218 recante disposizioni integrative e correttive al Codice Antimafia. Prime indicazioni interpretative.

(1) Emanata dal Ministero dell'interno, Gabinetto del ministro, Ufficio II - Ordine e sicurezza pubblica.

 

Ai
    

Sigg. Prefetti della Repubblica
      

Loro sedi

Ai
    

Sigg. Commissari del Governo per le province di Trento e Bolzano

Al
    

Sig. Presidente della giunta regionale della Valle d'Aosta
      

Aosta
    

 

Nella Gazzetta Ufficiale del 13 dicembre 2012 è stato pubblicato il decreto legislativo indicato in oggetto, adottato dal Governo nell'esercizio della delega conferitagli dagli artt. 1, comma 5, e 2, comma 4 della legge 13 agosto 2010, n. 136.

Il provvedimento introduce alcune disposizioni integrative e correttive al D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159, recante il "Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia" (di seguito il "Codice"), con particolare riferimento alla modifica della platea dei soggetti sottoposti alle verifiche antimafia, all'ampliamento delle situazioni "indizianti" da cui si desume il tentativo di infiltrazione mafiosa e all'introduzione di una specifica disciplina per il caso in cui il soggetto sottoposto alla verifica antimafia non sia ancora censito nella Banca dati nazionale unica della documentazione antimafia.

La novità più rilevante, tuttavia, concerne l'anticipazione al 13 febbraio 2013 dell'entrata in vigore delle disposizioni del Libro II, relativo alla documentazione antimafia, che - diversamente da quanto disposto dal Codice - viene sganciata dall'effettiva attivazione della Banca dati.

L'art. 119, comma 1 del Codice antimafia, infatti, aveva rinviato l'entrata in vigore delle suddette disposizioni una volta "decorsi 24 mesi dalla data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del regolamento ovvero, quando più di uno, dell'ultimo dei regolamenti" riguardanti le modalità di funzionamento della suddetta banca.

Il decreto legislativo in esame, invece, prevede l'entrata in vigore della riforma due mesi dopo la pubblicazione in Gazzetta del primo decreto legislativo correttivo, ossia due mesi dopo la pubblicazione del provvedimento in commento - avvenuta il 13 dicembre 2012 - e, quindi, il 13 febbraio 2013.

Attesa la rilevanza delle novità introdotte e la necessità di chiarire, nel silenzio della norma, la disciplina applicabile nel periodo transitorio, tenuto anche conto degli ulteriori adempimenti posti a carico delle Prefetture, si forniscono le prime indicazioni interpretative, sentito anche l'Ufficio Legislativo, ai fini di un'omogenea applicazione delle nuove disposizioni sul territorio nazionale.

 

1. Ambito soggettivo

Una delle principali novità del decreto correttivo, come sopra anticipato, concerne l'ampliamento della platea degli operatori economici da sottoporre alle verifiche antimafia.

Ai sensi dell'articolo 85 del Codice, come novellato dall'art. 2 del decreto legislativo in esame, infatti, a decorrere dal 13 febbraio esse dovranno essere svolte, in aggiunta a quanto già previsto dal Codice, anche nei confronti:

- dei gruppi europei di interesse economico (G.E.I.E.) che vengono equiparati, ai fini del controllo, ai consorzi di cui all'art. 2602 c.c., così risolvendo un dubbio interpretativo derivante dalla mancata menzione dei G.E.I.E., tra il novero dei soggetti sottoposti a tali verifiche, nonostante la previsione dell'applicazione della legislazione antimafia anche nei loro riguardi, contenuta nell'articolo 10, comma 2 del D.Lgs. n. 240 del 1991 (Norme per l'applicazione del Reg. (CEE) n. 2137/85 relativo all'istituzione di un Gruppo europeo di interesse economico G.E.I.E., ai sensi dell'art. 17 della legge 29 dicembre 1990, n. 428);

- dei membri dei collegi sindacali di associazioni e società, anche prive di personalità giuridica, nonché dei componenti dell'organo di vigilanza previsto dalla normativa sulla responsabilità amministrativa degli enti dipendente da reato;

- dei soggetti che esercitano poteri di amministrazione, di rappresentanza o di direzione dell'impresa per le società costituite all'estero prive di sede secondaria con rappresentanza stabile in Italia;

- dei seguenti soggetti, qualora interessate alla verifica antimafia siano le società concessionarie di giochi pubblici:

- soci persone fisiche con partecipazione al capitale o al patrimonio superiore al 2%, detenuta anche per via indiretta;

- direttori generali;

- soggetti responsabili delle sedi secondarie o delle stabili organizzazioni in Italia di soggetti non residenti;

- legale rappresentante e componenti dell'organo di amministrazione di società di capitali attraverso le quali i soci persone fisiche detengono, oltre la predetta soglia del 2%, quote della società concessionaria di giochi pubblici, nonché persone fisiche che, direttamente o indirettamente, controllano tali società, oltre a direttori generali e soggetti responsabili delle sedi secondarie o delle stabili organizzazioni in Italia di soggetti non residenti, incluso, per tutti questi ultimi soggetti il coniuge non separato.

Nell'ambito dell'articolata declinazione dei soggetti da sottoporre allo screening antimafia, si richiama l'attenzione delle SS.LL. sulle disposizioni introdotte dal decreto correttivo in esame che annovera tra questi anche le società costituite all'estero, prive di sede secondaria con rappresentanza stabile in Italia (art. 85, comma 2-ter) nonché le società concessionarie nel settore dei giochi pubblici (art. 85, comma 2-quater).

La ratio di tale previsione risiede, come esplicitato dalla stessa relazione illustrativa, nella necessità di colmare una lacuna del Codice attraverso l'esplicita individuazione - nel caso di operatori economici non aventi sede legale o secondaria nel territorio dello Stato - dei soggetti da sottoporre a verifica che, quindi, vengono identificati in coloro che esercitano poteri di amministrazione, di rappresentanza o di direzione dell'impresa.

Al contempo, tenuto conto degli interventi normativi adottati dal Governo nel corso dell'anno 2011 - D.L. 6 luglio 2011, n. 98 e D.L. 2 marzo 2012, n. 6 e successive modificazioni - per sottoporre a verifiche antimafia anche il settore delle società concessionarie di giochi pubblici, si è prospettata l'esigenza di carattere sistematico di ricondurre ad unità la platea dei destinatari di tali accertamenti e ciò anche al fine di favorire l'attività degli addetti ai lavori.

L'ampliamento della lista dei destinatari evidenzia, quindi, la mole e complessità degli accertamenti info-investigativi che la nuova disciplina pone a carico delle Prefetture, nelle more dell'entrata in funzione della Banca dati nazionale della documentazione antimafia, anche solo per la verifica del casellario giudiziale, dei carichi pendenti su base provinciale, del controllo delle risultanze dello SDI nonché di quanto eventualmente agli atti delle Forze di polizia competenti per territorio.

Pertanto, nelle more dell'adozione del regolamento sul funzionamento della suddetta banca dati, allo scopo di agevolare l'effettuazione dei necessari controlli e garantire l'efficace svolgimento dell'attività di prevenzione antimafia, le SS.LL. vorranno adottare ogni utile iniziativa per perfezionare la fruizione dei collegamenti alle banche dati esistenti (CED interforze e collegamento telematico con le Camere di Commercio) sensibilizzando, al contempo l'Autorità Giudiziaria e le Forze dell'ordine affinché la richiesta di notizie sul conto dei soggetti sopraindicati venga riscontrata prediligendo canali, anche informatici, che consentano la trasmissione, in sicurezza, delle relative informazioni.

 

2. Ambito oggettivo

Altrettanto rilevanti e di notevole impatto sulla disciplina vigente, sono le modifiche apportate dal decreto legislativo "correttivo" in esame all'ambito oggettivo di applicazione delle cautele antimafia.

Ci si riferisce, in particolare, al delicato settore della tipizzazione delle "situazioni indizianti" ed alle novelle concernenti l'artt. 84, comma 4, lett. c) e 91, comma 6 del Codice.

Sotto il primo profilo, viene in rilievo l'integrazione concernente la condotta omissiva di coloro, indicati dalla lett. b) dell'art. 38, comma 1 del codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163) cui rinvia la lett. m-ter) dello stesso articolo, i quali - anche in assenza di un procedimento per l'applicazione di una misura di prevenzione o di una causa ostativa - essendo stati vittime dei reati di concussione od estorsione aggravata dal metodo mafioso, salvo il caso del giustificato motivo, abbiano omesso la denuncia all'autorità giudiziaria.

In particolare, la novella definisce la fonte da cui desumere la situazione indiziante (individuata negli indizi posti a base della richiesta di rinvio a giudizio formulata nei confronti dell'imputato) e pone a carico del procuratore della Repubblica procedente l'onere di comunicare alla prefettura competente per territorio tale informazione.

Inoltre, con la modifica apportata all'art. 91, comma 6 del Codice, il decreto legislativo amplia il catalogo delle fattispecie sintomatiche inserendo tra queste la violazione degli obblighi della tracciabilità dei flussi finanziari - imposti dalla legge 13 agosto 2010, n. 136 con riferimento all'esecuzione degli appalti pubblici - commessa con la condizione della reiterazione disciplinata dall'art. 8-bis della legge 24 novembre 1981, n. 689.

Com'è noto, ai sensi dell'art. 6, comma 5 della legge 13 agosto 2010, n. 136 la competenza ad applicare le sanzioni amministrative per le suddette violazioni è radicata in capo al Prefetto della provincia in cui ha sede la stazione appaltante o l'amministrazione concedente al quale, ai sensi del successivo comma 5-bis della legge citata, l'autorità giudiziaria ha l'onere di comunicare, fatte salve le esigenze investigative, i fatti di cui è venuta a conoscenza che determinano le violazioni in questione.

Pertanto, per favorire la circolarità anche delle suddette informazioni, potrebbe essere utile designare un funzionario quale referente cui ogni Prefettura potrebbe comunicare, tra l'altro, l'intervenuta definitività del provvedimento di contestazione della violazione agli obblighi previsti dagli artt. 3 e 6 della legge n. 136/2010 atteso che anche tale ultima circostanza assume rilievo nel procedimento di valutazione delle situazioni indizianti prese in considerazione dalla norma di chiusura del sistema della prevenzione antimafia contenuta nell'art. 91, comma 6 del Codice.

Ciò posto, allo scopo di favorire la più efficace attuazione delle disposizioni di cui sopra (artt. 84, comma 4, lett. c) e 91, comma 6 del Codice), si provvederà ad interessare il Ministero della Giustizia affinché vengano diramate le opportune indicazioni alle Procure volte a facilitare la necessaria circolarità delle pertinenti notizie.

Le SS.LL. vorranno, conseguentemente, intraprendere i necessari contatti con il locale Procuratore della Repubblica al fine di attivare un canale diretto di comunicazione, anche informatico, tra quell'ufficio e la Prefettura e ciò al fine di porre in essere ogni utile iniziativa idonea a garantire la più celere e sicura acquisizione degli elementi indiziari contenuti negli atti indicati dall'art. 84, comma 4-bis del Codice Antimafia e dei fatti di cui l'A.G. è venuta a conoscenza che determinano la violazione degli obblighi sulla tracciabilità nonché per agevolare, altresì, la trasmissione delle informazioni interdittive ai sensi dell'art. 91, comma 7-bis del Codice.

 

3. Valutazione delle situazioni indizianti

L'art. 84, comma 3, stabilisce che le informazioni antimafia sono dirette ad accertare la sussistenza o meno, oltre che delle situazioni automaticamente ostative di cui all'art. 67 del Codice Antimafia, anche dei tentativi di infiltrazione mafiosa, desunti dalle circostanze elencate agli artt. 84, comma 4, e 91, comma 6, del Codice.

In considerazione del fatto che nella valutazione circa la sussistenza o meno di questi ultimi, il Prefetto è chiamato ad esprimere un giudizio di qualificata possibilità (non di certezza) che può essere fondato anche su elementi sintomatici o induttivi, purché assistiti da elementi di concretezza e significatività, si reputa opportuno richiamare l'attenzione delle SS.LL. su taluni aspetti concernenti, da un lato, la tipizzazione delle c.d. "situazioni indizianti" del tentativo di infiltrazione mafiosa - recata dall'art. 84, comma 4 del Codice anche alla luce dell'evoluzione giurisprudenziale in materia - e, dall'altro, i rapporti tra tale disposizione e la norma di chiusura del sistema della prevenzione amministrativa antimafia (art. 91, comma 6 del Codice).

I ricordati artt. 84, comma 4, e 91, comma 6, del Codice, infatti, consentono oggi di desumere la ricorrenza del tentativo di infiltrazione da un catalogo di situazioni sensibilmente più ampio e diversificato rispetto a quello previsto dal previgente art. 10, comma 7, del D.P.R. n. 252/1998.

In particolare, l'art. 84, comma 4, del Codice attribuisce, alle lettere a), b) e c), rilevanza indiziante:

- a provvedimenti adottati dall'Autorità Giudiziaria nell'ambito di procedimenti penali per reati di competenza delle Direzioni Distrettuali Antimafia o comunque frequentemente collegati ai fenomeni di criminalità organizzata;

- a proposte o provvedimenti dì applicazione di misure di prevenzione personali o patrimoniali;

- ad omesse denunce di reati di estorsione e concussione per costrizione commessi con la finalità di agevolazione mafiosa ex art. 7 del D.L. n. 152/1991.

In questi casi, la presenza di determinazioni adottate dall'Autorità Giudiziaria, di cui comunque è utile verificare l'attualità, mette a disposizione delle SS.LL. un corredo di solidi elementi sulla cui base fondare le conseguenti determinazioni, in particolare quelle di tenore interdittivo.

È comunque opportuno che, attraverso la preventiva acquisizione dei provvedimenti giudiziari, venga sempre verificata la riconducibilità dei fatti in essi evocati a contesti di criminalità organizzata o comunque significativi di atteggiamenti di contiguità con quest’ultima. Ciò anche al fine di evitare possibili censure che potrebbero essere mosse, laddove i provvedimenti adottati dalle SS.LL. formassero oggetto di impugnazioni innanzi ai Giudici Amministrativi.

Analoghe considerazioni circa la necessità della puntuale verifica dei singoli elementi costitutivi delle cc.dd. "situazioni spia", intese quali segnali di contiguità con la criminalità organizzata, valgono anche per la nuova fattispecie di situazione indiziante introdotta dalla lett. f) dell'art. 84, comma 4 del Codice che prende in considerazione i mutamenti nella composizione della governance societaria.

Hanno, invece, una valenza indiziante più attenuata le situazioni elencate al già citato art. 91, comma 6, del Codice, che nel nuovo regime della documentazione antimafia assolve al ruolo di norma di chiusura.

La disposizione, infatti, richiede espressamente che il carattere agevolativo delle organizzazioni di stampo mafioso di reati (oggetto di condanne non definitive) e delle violazioni degli obblighi di tracciabilità finanziaria, commesse con la condizione della reiterazione, deve essere desunto alla luce degli altri concreti elementi emersi in corso di istruttoria.

In tal modo, la norma sembra postulare la necessità che l'ipotesi di contiguità mafiosa debba essere corroborata e completata anche dagli esiti delle verifiche disposte dal Prefetto, giusta quanto stabilito dal ricordato art. 84, comma 4, del Codice e, in particolare, agli accertamenti di cui alle lett. d) ed e).

Infine, il Codice mantiene ferma la situazione secondo cui il Prefetto può desumere l'esistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa anche da situazioni diverse da quelle tipizzate, che siano state acclarate attraverso le verifiche effettuate esercitando i poteri ex D.L. n. 629/1982 delegati dal Sig. Ministro, ovvero gli accessi in cantiere effettuati dal Gruppo Interforze ex D.M. 14 marzo 2003, ai sensi dell'art. 93 dello stesso Codice.

Sono queste le ipotesi in cui sono più ampi i margini della discrezionalità del Prefetto, il quale può dare rilevanza in chiave preventiva anche a situazioni che non abbiano o non abbiano ancora una rilevanza penale e per questo motivo non siano ancora giunte all'attenzione del Giudice penale o ritenute idonee a fondare la richiesta di applicazione delle misure di prevenzione.

Si richiama, quindi l'attenzione sulla necessità che in tutti i casi menzionati ma, in particolare, nelle fattispecie ove maggiore è la discrezionalità rimessa al Prefetto, l'iter valutativo compiuto sia supportato da elementi esatti, concreti e oggettivamente significativi, dei quali occorrerà dare adeguato conto in sede di motivazione, al fine di superare l'eventuale sindacato del Giudice Amministrativo.

 

4. La soppressione delle c.d. "informazioni atipiche" e il potere di segnalazione ex art. 1-septies del D.L. n. 629/1982

Un'altra importante novità riguarda le cc.dd. informazioni atipiche, che nel previgente regime trovavano il proprio fondamento nell'art. 10, comma 9, del D.P.R. n. 252/1998, che "importava" nel sistema della documentazione antimafia l'art. 1-septies del D.L. n. 629/1982.

Per effetto di tale disposizione era possibile concludere il procedimento di rilascio delle informazioni antimafia con un provvedimento che, mentre attestava l'assenza di accertate ostatività, segnalava le evenienze dubbie riscontrate all'Amministrazione interessata, onde consentirle di valutare l'incidenza circa l'opportunità di instaurare o proseguire il rapporto contrattuale o amministrativo.

Con l'entrata in vigore del Codice questa opzione viene meno, per cui il procedimento dovrà necessariamente concludersi con l'emissione di un'informazione antimafia di tenore liberatorio ovvero interdittivo.

Permane nell'ordinamento l'art. 1-septies del D.L. 6 settembre 1982, n. 629, convertito con modificazioni, dalla legge 12 ottobre 1982, n. 726, che il decreto legislativo "correttivo" ha sottratto all'abrogazione cui era destinata nell'originaria stesura dell'art. 120 del Codice.

Tale disposizione consente alle SS.LL., in virtù della delega conferita con D.M. 1 gennaio 1993, di comunicare alle Amministrazioni competenti eventuali situazioni suscettibili di rilievo ai fini del mantenimento dei requisiti morali richiesti per il rilascio di concessioni, autorizzazioni o altri analoghi provvedimenti di natura ampliativa, nella declinazione assunta da tale categoria nel tempo.

Su questo punto si richiama l'attenzione delle SS.LL. sulle Linee Guida adottate in proposito dal Comitato per l'Alta Sorveglianza sulle Grandi Opere (CCASGO) nella seduta del 19 dicembre 2012, pubblicate nella Gazz. Uff. n. 17 dello scorso 21 gennaio e consultabili anche sul sito internet di questo Ministero (2).

In particolare, le suddette Linee Guida - indirizzate alle Prefetture che svolgono i controlli antimafia sulle opere comprese nel Piano Infrastrutture Strategiche (PIS) e sugli altri contesti cui si applicano gli atti indirizzi del CCASGO - sottolineano come il procedimento di rilascio della documentazione antimafia possa costituire uno dei possibili contesti dell'attività del Prefetto da cui emergono situazioni che meritano di essere portate all'attenzione di altre Amministrazioni, al fine di consentire loro di verificare la permanenza dei titoli morali necessari allo svolgimento di alcune attività economiche.

In un'ottica di garanzia dell'unitarietà dell'azione di questa Amministrazione, si ritiene che gli articolati indirizzi interpretativi ed operativi formulati dal CCASGO traccino una linea di condotta a validità generale, cui potranno quindi ispirarsi anche le SS.LL. allorquando riscontrino situazioni quali sopra descritte.

(2) Trattasi del Comunicato 19 dicembre 2012 , pubblicato nella Gazz. Uff. 21 gennaio 2013, n. 17.

 

5. Il procedimento di rilascio della documentazione antimafia

Il Codice prefigura un sistema di rilascio della documentazione antimafia imperniato sulla Banca Dati Nazionale Unica della Documentazione Antimafia capace, in assenza di controindicazioni, di restituire in tempo reale all'Amministrazione richiedente il provvedimento richiesto.

Proprio la previsione di questa nuova modalità di rilascio ha portato a eliminare la possibilità di acquisire la comunicazione antimafia nella forma dei certificati camerali, muniti dell'apposita dicitura.

Premesso che sono in corso iniziative per accelerare la realizzazione della Banca dati, si richiama l'attenzione sull'art. 99, comma 2-bis, del Codice, frutto di un'integrazione introdotta dal ripetuto decreto legislativo "correttivo" D.Lgs. n. 218/2012.

Tale disposizione precisa che, fino all'attivazione di questo nuovo sistema informativo, la documentazione antimafia è rilasciata unicamente dalle Prefetture attraverso il CED Interforze ex art. 8 della legge 1 aprile 1981, n. 121, nonché gli altri collegamenti telematici, attivati sotto il vigore del previgente D.P.R. n. 252/1998 con le Camere di Commercio (c.d. sistema SICEANT).

In questa fase di transizione, dunque, gli appena evocati sistemi informativi sono destinati ad assumere il ruolo di temporaneo succedaneo della Banca dati insieme, ovviamente, al patrimonio di notizie esistenti agli atti d'ufficio delle Prefetture. Patrimonio che, in effetti, confluirà nella medesima Banca dati secondo i termini che saranno stabiliti dall'emanando regolamento di attuazione.

Ciò implica che, fino all'attivazione della nuova piattaforma informatica le Amministrazioni richiedenti dovranno richiedere la documentazione antimafia direttamente alle Prefetture competenti ai sensi degli artt. 87, commi 1 e 2, e 90, commi 1 e 2 del Codice.

Queste ultime provvederanno quindi a verificare - tramite i menzionati CED e, ove attivato, SICEANT, nonché i propri atti d'ufficio - la sussistenza o meno delle situazioni controindicanti prescritte dalle pertinenti disposizioni del Codice stesso.

Ai fini del rilascio delle informazioni antimafia andrà anche verificato se da queste attività di consultazione emergano situazioni che, secondo un prudente apprezzamento, appaiono suscettibili, anche a seguito di ulteriori accertamenti, di assumere un carattere sintomatico di possibili tentativi di infiltrazione mafiosa.

Laddove non emerga la sussistenza delle situazioni suddette, le SS.LL. potranno fare luogo, senza alcun altro adempimento, al rilascio della documentazione antimafia richiesta, secondo i tempi del procedimento stabiliti dagli artt. 88 e 92 del Codice, cui fa rinvio l'art. 99, comma 2-bis, del Codice stesso (45 giorni decorrenti dalla richiesta).

Diversamente, dovrà farsi luogo alla fase di accertamento prevista dagli artt. 88, comma 2, per le comunicazioni antimafia, e 92, comma 2, per le informazioni antimafia (ulteriori 30 giorni, previa comunicazione della particolare complessità degli accertamenti all'amministrazione interessata).

In proposito, si richiama l'attenzione sulla novità introdotta dal decreto "correttivo" in esame che prescrive la necessità di svolgere sempre questa fase di accertamento nei confronti di soggetti "non censiti", cioè dei soggetti che non risultano essere mai stati sottoposti ad un preventivo screening antimafia, giusta anche le risultanze esistenti agli atti d'archivio delle Prefetture.

Come si è detto, a partire da questa fase ancora di transizione, la documentazione antimafia viene dunque ad essere rilasciata sulla base delle risultanze in atti (informatici o cartacei).

Questo però non esonera dall’avviare iniziative volte a tenere costantemente aggiornate tali risultanze. Difatti, l'art. 92, comma 4, del Codice, nel prevedere la possibilità di adottare provvedimenti interdittivi sulla base di elementi acquisiti successivamente al rilascio della documentazione antimafia liberatoria, sembra prefigurare proprio un sistema nel quale l'accertamento antimafia assume un carattere dinamico, non necessariamente vincolato all'attivazione del procedimento amministrativo.

Nell'ottica, quindi, di garantire una piena efficacia del nuovo sistema ed evitare flessioni del livello dei controlli, si raccomanda la viva opportunità di attuare un costante aggiornamento delle evidenze raccolte.

In particolare, lo svolgimento di una simile attività appare quanto mai utile nei riguardi delle imprese che nei dodici mesi precedenti dall'ultimo rilascio non abbiano formato oggetto delle verifiche nelle forme delineate dall'art. 84, comma 4, lett. d) ed e).

Tale azione di aggiornamento andrà avviata d'ufficio e potrà comunque giovarsi delle eventuali segnalazioni provenienti dalle Forze di polizia o dall'Autorità Giudiziaria.

In ogni caso, essa non condizionerà il corso dei procedimenti avviati o da avviare.

Questi ultimi, infatti, si svolgeranno secondo l'iter normale sopra descritto, a meno che gli esiti (anche parziali) via via acquisiti non evidenzino situazioni rientranti nel catalogo di cui all'art. 84, comma 4, del Codice.

In una simile ipotesi, è evidente che il rilascio del provvedimento richiesto non potrà essere effettuato sulla sola base della consultazione del CED Interforze e del SICEANT, ma dovrà inevitabilmente giovarsi della conclusione delle verifiche disposte secondo quanto previsto dall'art. 92, commi 2 e 3, del Codice.

Si attira, infine, l'attenzione sull'art. 91 del Codice, che al nuovo comma 7-bis, stabilisce che le informazioni antimafia interdittive devono essere trasmesse sempre (e non solo quando conseguono ad un'iniziativa di accesso in cantiere) ad un'ampia platea di destinatari istituzionali.

La disposizione ricomprende tra questi ultimi anche la Direzione Nazionale Antimafia e le altre Autorità (Giudiziarie ed Amministrative), titolari del potere di proposta (per l'applicazione di misure di prevenzione, con ciò rimarcando lo stretto legame che è destinato ad intercorrere tra il sistema di prevenzione amministrativa e di prevenzione giudiziaria nel contrasto alla criminalità organizzata.

 

6. Tempi del procedimento

Il Codice ridefinisce i termini del procedimento di rilascio della documentazione antimafia.

Va preliminarmente chiarito che le previsioni dell'art. 88, comma 1, e 92, comma 1, secondo cui il rilascio delle comunicazioni e informazioni antimafia deve avvenire immediatamente si riferiscono all'ipotesi in cui la più volte ricordata Banca dati sarà stata attivata e divenuta operativa.

Esse, quindi, non paiono suscettibili di applicazione in questa fase ancora transitoria, in cui le Prefetture ricevono per vie più tradizionali le istanze di rilascio provenienti dalle Amministrazioni interessate e devono quindi espletare i consueti adempimenti necessari a processarle.

Del resto, l'art. 99, comma 2-bis, del Codice, che disciplina proprio tale momento di transizione, non fa menzione di una modalità di rilascio immediato, ma richiama l'applicabilità dei termini del procedimento stabiliti dai citati artt. 88 e 92, termini che si rinvengono, rispettivamente, nei commi 4 e 2.

Si ricorda, quindi, che, per effetto delle nuove norme il tempo consentito per gli accertamenti del Prefetto e l'adozione del provvedimento finale è di 45 giorni, prorogabili, nei casi di verifiche di particolare complessità, di altri 30. Della necessità di avvalersi della proroga deve essere informata l'Amministrazione richiedente la documentazione antimafia.

Si annota, infine, che, anche sotto il vigore del Codice, appare valida la ricostruzione della giurisprudenza amministrativa, secondo la quale il termine per il rilascio delle informazioni antimafia deve considerarsi come ordinatorio. Questo perché lo stesso Codice mantiene ferma la disposizione per effetto della quale, decorsi quarantacinque giorni dalla presentazione della richiesta del provvedimento (quindici nei casi di urgenza), le Amministrazioni interessate sono tenute a procedere alla stipula del contratto o alla concessione del provvedimento richiesto (art. 92, comma 3, del Codice).

Resta comunque fermo l'obbligo, derivante dalle norme generali sull'azione amministrativa, di concludere i procedimenti avviati con un provvedimento espresso, anche se l'istruttoria si è prolungata oltre i termini ordinari.

 

7. Aspetti di diritto intertemporale

Si reputa necessario, in assenza di disposizioni in tal senso, fornire alcune indicazioni in merito alla disciplina regolatrice dei procedimenti in corso al momento dell'entrata in vigore delle norme dettate dal Codice antimafia (13 febbraio 2013).

In proposito, per pacifica giurisprudenza, in caso di successione di leggi nel tempo, ove manchi una statuizione particolare, al procedimento amministrativo si applica il principio "tempus regit actum". Com'è noto, dall'applicazione di tale principio - che trova il suo riconoscimento nell'ordinamento in virtù dell'art. 11 delle Disposizioni sulla legge in generale che statuisce come la legge disponga solamente per l'avvenire - discende che la legittimità di un provvedimento va verificata alla stregua delle norme vigenti al momento della sua adozione (cfr. Consiglio di Stato Sez. IV, 15 settembre 2011, n. 5154 e 28 dicembre 2011, n. 6878; TAR Lazio - Roma, Sez. II, 6 marzo 2012, n. 2249 e TAR Sardegna - Cagliari, Sez. I, 3 dicembre 2012, n. 1087).

Tenuto conto, peraltro, che il procedimento amministrativo si articola in diverse fasi (dell'iniziativa, istruttoria, costitutiva ed integrativa dell'efficacia), tale principio va coniugato con l'esigenza di far salvi gli effetti delle singole fasi già concluse (Cons. Stato Sez. IV, Sent., 22 gennaio 2013, n. 359).

Alla luce di quanto sopra, pertanto, con particolare riferimento alla fase dell'istruttoria, si forniscono le seguenti indicazioni in relazione agli scenari di seguito ipotizzati:

a) se è stata presentata l'istanza ma, alla data di entrata in vigore del Codice, l'istruttoria non è ancora stata avviata la Prefettura provvederà ad istruire la richiesta secondo la disciplina dettata dal Codice;

b) se l'istruttoria è stata avviata ma, alla data di entrata in vigore del Codice, non è stata ancora completata gli atti istruttori compiuti restano validi ma la Prefettura procederà alla loro integrazione tenuto conto dell'ampliamento oggettivo e soggettivo delle verifiche disposto dal Codice;

c) se l'istruttoria è stata completata prima della data di entrata in vigore del Codice, ossia sono stati acquisiti tutti gli elementi richiesti e gli esiti degli accertamenti disposti, non sarà necessario effettuare alcuna integrazione di istruttoria poiché la serie procedimentale si è conclusa. Pertanto, il Prefetto potrà determinarsi sulla base delle risultanze emerse e adottare il provvedimento. In ogni caso, laddove il provvedimento sia adottato successivamente all'entrata in vigore del Codice, al fine di evitare eventuali contenziosi, sarà opportuno dare evidenza, nel corpo del provvedimento, della circostanza che la fase istruttoria si è conclusa prima del 13 febbraio p.v.

Infine, si ritiene utile svolgere qualche considerazione con riferimento a quali effetti riconnettere alle informazioni "atipiche" in relazione alle quali le stazioni appaltanti non abbiano assunto alcuna determinazione in vista della loro soppressione a seguito dell'entrata in vigore del Codice.

L'obbligo di valutare discrezionalmente le circostanze segnalate con le informazioni "atipiche" dispiega ovviamente i propri effetti fino alla data di entrata in vigore del Codice.

Dopo l'entrata in vigore del Codice, le informazioni "atipiche" avranno, quindi, solo l'efficacia di attestare l'assenza delle situazioni automaticamente ostative di cui all'art. 67 del Codice e di accertati tentativi di infiltrazione mafiosa e, come tali, saranno utilizzabili nell'ambito del procedimento amministrativo per cui sono state richieste.

Resta fermo che le situazioni acclarate con le informazioni "atipiche" - ove rientranti nell'antologia delineata dai ripetuti artt. 84, comma 4, e 91, comma 6 - potranno essere tenute in considerazione dalle Prefetture come elemento in presenza del quale il rilascio della documentazione antimafia non potrà avvenire sulla sola base della consultazione del CED Interforze e, ove attivato, del SICEANT, richiedendosi lo svolgimento degli ulteriori accertamenti stabiliti dagli artt. 88, comma 2, e 91, comma 2, del Codice.

Da ultimo, si osserva che le presenti disposizioni trovano applicazione per ogni tipo di procedura di accertamento antimafia attivato anche in attuazione di impegni protocollari, sottoscritti dalle SS.LL. con riguardo a progettualità ed esigenze specifiche quali, in particolare, risultano essere quelli afferenti alle progettualità o alle esigenze disciplinati dalle Linee Guida del CCASGO.

Si confida nella consueta collaborazione delle SS.LL. ai fini dell'applicazione delle indicazioni sopra riportate segnalando che, nell'ambito del progetto formativo in materia di Anticorruzione e Antimafia avviato lo scorso anno presso la SSAI, sono state programmate - già dal prossimo mese di marzo - due ulteriori edizioni in occasione delle quali una particolare attenzione sarà riservata alle modifiche ed alle eventuali questioni connesse all'entrata in vigore del Codice Antimafia, come emendato dal decreto "correttivo" in oggetto.


Il Capo di gabinetto

Procaccini

 

D.Lgs. 15 novembre 2012, n. 218
L. 13 agosto 2010, n. 136, art. 1
L. 13 agosto 2010, n. 136, art. 2
D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159, art. 119
D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159, art. 84
D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159, art. 91
D.L. 6 settembre 1982, n. 629, art. 1-septies
Comunicato 19 dicembre 2012

   

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