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Presidenza del Consiglio dei Ministri: Indicazioni applicative della legge anticorruzione nella Pubblica Amministrazione

Dettagli

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Presidenza del Consiglio dei Ministri
Circ. 25-1-2013 n. 1
Legge n. 190 del 2012 - Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica Amministrazione.
Emanata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della funzione pubblica, Servizio studi e consulenza trattamento del personale.
Circ. 25 gennaio 2013, n. 1 (1).
Legge n. 190 del 2012 - Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica Amministrazione.
(1) Emanata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della funzione pubblica, Servizio studi e consulenza trattamento del personale.
 

Alle
pubbliche Amministrazioni di cui all'art. 1, c. 2, del D.Lgs. n. 165 del 2001



 
1. Premessa
Sulla Gazzetta ufficiale n. 265 del 13 novembre 2012 è stata pubblicata la legge 6 novembre 2012, n. 190, "Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica Amministrazione". La legge è entrata in vigore il 28 novembre 2012.
Con l'intervento normativo sono stati introdotti numerosi strumenti per la prevenzione e la repressione del fenomeno corruttivo e sono stati individuati i soggetti preposti ad adottare iniziative in materia.
Per quanto riguarda i soggetti istituzionali titolari di competenze nel settore, si segnala in particolare che l'art. 1, comma 2, della legge ha individuato nella Commissione Indipendente per la Valutazione, la Trasparenza e l'Integrità delle Amministrazioni pubbliche/CIVIT l'Autorità nazionale anticorruzione, cui sono stati affidati le funzioni e i compiti elencati nel medesimo comma nelle lettere da a) a g) e accordati poteri ispettivi secondo quanto previsto nel successivo comma 3. La recente legge 17 dicembre 2012, n. 221, di conversione del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, ha poi rafforzato l'Autorità prevedendo che alla Commissione è preposto un presidente, nominato su proposta del Ministro per la pubblica Amministrazione e la semplificazione, del Ministro della giustizia e del Ministro dell'interno, tra persone di notoria indipendenza che hanno avuto esperienza in materia di contrasto alla corruzione e persecuzione degli illeciti nella pubblica Amministrazione. La stessa legge ha poi previsto la possibilità per la Commissione di avvalersi della Guardia di finanza e dell'Ispettorato della funzione pubblica al fine di svolgere indagini e accertamenti.
Il comma 4 del predetto art. 1 attribuisce un rilevante ruolo in materia anche al Dipartimento della funzione pubblica. I compiti e le funzioni spettanti al Dipartimento sono specificati nelle lett. da a) ad e) del medesimo comma e sono svolti secondo linee di indirizzo adottate da un Comitato interministeriale istituito e disciplinato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Il Dipartimento svolge principalmente un ruolo propositivo e di coordinamento «dell'attuazione delle strategie di prevenzione e contrasto della corruzione e dell'illegalità nella pubblica Amministrazione elaborate a livello nazionale ed internazionale» e predispone il Piano Nazionale Anticorruzione, P.N.A., che viene trasmesso ed approvato dalla CIVIT
In base alla nuova legge, le strategie di prevenzione e contrasto della corruzione derivano dall'azione sinergica di tre soggetti:
- il Comitato interministeriale, che ha il compito di fornire indirizzi attraverso l'elaborazione delle linee guida;
- il Dipartimento della funzione pubblica, che opera come soggetto promotore delle strategie di prevenzione e come coordinatore della loro attuazione;
- la CIVIT, che, in qualità di autorità nazionale anticorruzione, svolge funzioni di raccordo con le altre autorità ed esercita poteri di vigilanza e controllo per la verifica dell'efficacia delle misure di prevenzione adottate dalle Amministrazioni nonché sul rispetto della normativa in materia di trasparenza.
Il contesto nel quale le iniziative e le strategie sono adottate è quello disegnato dalle norme nazionali ed internazionali in materia. In questa sede si segnala, in particolare, la Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dall'Assemblea generale dell'O.N.U. il 31 ottobre 2003 con risoluzione n. 58/4, firmata dallo Stato italiano il 9 dicembre 2003, e ratificata con legge 3 agosto 2009, n. 116.
Questa Convenzione prevede che ciascuno Stato debba elaborare e applicare delle politiche di prevenzione della corruzione efficaci e coordinate, adoperarsi al fine di attuare e promuovere efficaci pratiche di prevenzione, vagliarne periodicamente l'adeguatezza e collaborare con gli altri Stati e con le organizzazioni regionali ed internazionali per la promozione e messa a punto delle misure (art. 5). La medesima Convenzione prevede poi che ciascuno Stato debba individuare uno o più organi, a seconda delle necessità, incaricati di prevenire la corruzione e, se necessario, la supervisione ed il coordinamento di tale applicazione e l'accrescimento e la diffusione delle relative conoscenze (art. 6).
Grande rilievo assumono anche le misure contenute nelle linee guida e nelle convenzioni che l'OECD, il Consiglio d'Europa con il GR.E.C.O. (Groupe d'États Contre la Corruption) e l'Unione europea riservano alla materia e che vanno nella medesima direzione indicata dall'O.N.U.: implementare la capacità degli Stati membri nella lotta alla corruzione, monitorando la loro conformità agli standard anticorruzione ed individuando le carenze nelle politiche nazionali.
Si segnala che a breve sarà pubblicato il rapporto dell'OECD sulla situazione dell'Italia in materia di prevenzione della corruzione (Reinforcing Public Sector Integrity and Restoring Trust for Sustainable Economic Growth). In questo contesto, è stata particolarmente apprezzata l'avvenuta approvazione della legge ed è stata evidenziata la cruciale importanza della sua implementazione amministrativa.
La presente circolare ha l'obiettivo di fornire informazioni e prime indicazioni alle Amministrazioni con particolare riferimento alla figura del responsabile della prevenzione della corruzione. Ulteriori indicazioni sulle novità normative saranno fornite con successive circolari.
Si rende noto che è stato appena adottato il decreto di costituzione del Comitato interministeriale (D.P.C.M. 16 gennaio 2013), il quale è presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri e composto dal Ministro della giustizia, dal Ministro dell'interno e dal Ministro per la pubblica Amministrazione e la semplificazione. Come visto, questo Comitato ha il compito di elaborare gli indirizzi che serviranno anche per l'elaborazione del P.N.A.
Il Piano, che sarà predisposto dal Dipartimento della funzione pubblica e sottoposto all'approvazione della CIVIT sulla base delle linee guida del Comitato, conterrà anche alcune indicazioni per l'elaborazione dei piani triennali di prevenzione da parte delle Amministrazioni, la cui adozione è prevista dall'art. 1, comma 8, della legge. Tale disposizione stabilisce che l'organo di indirizzo politico, su proposta del responsabile, entro il 31 gennaio di ogni anno, adotta il piano triennale di prevenzione della corruzione, curandone la trasmissione al Dipartimento della funzione pubblica. In fase di prima applicazione, il termine è stato fissato al 31 marzo 2013 (l'art. 34-bis, comma 4, D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221).
Nelle more della definizione dei predetti documenti da elaborare a livello nazionale (linee guida, P.N.A.), si ritiene importante segnalare la necessità da parte delle Amministrazioni di procedere alla tempestiva nomina del responsabile della prevenzione, soggetto incaricato dalla legge di proporre il piano per la prevenzione e di monitorarne l'applicazione.
Per quanto riguarda il campo di azione della legge e delle iniziative di competenza del Dipartimento della funzione pubblica, la legge non contiene una definizione della "corruzione", che viene quindi data per presupposta. In questo contesto, il concetto di corruzione deve essere inteso in senso lato, come comprensivo delle varie situazioni in cui, nel corso dell'attività amministrativa, si riscontri l'abuso da parte di un soggetto del potere a lui affidato al fine di ottenere vantaggi privati. Le situazioni rilevanti sono quindi evidentemente più ampie della fattispecie penalistica, che, come noto, è disciplinata negli artt. 318, 319 e 319-ter, c.p., e sono tali da comprendere non solo l'intera gamma dei delitti contro la pubblica Amministrazione disciplinati nel Titolo II, Capo I, del codice penale, ma anche le situazioni in cui - a prescindere dalla rilevanza penale - venga in evidenza un malfunzionamento dell'Amministrazione a causa dell'uso a fini privati delle funzioni attribuite.
Per quanto concerne le Amministrazioni destinatarie delle norme contenute nella legge, le prescrizioni di cui ai commi da 1 a 57 dell'art. 1 si rivolgono a tutte le pubbliche Amministrazioni previste dall'art. 1, comma 2, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, come chiarito espressamente dal comma 59 dell'art. 1 della legge, il quale precisa che le disposizioni di prevenzione della corruzione sono attuazione diretta del principio di imparzialità di cui all'art. 97 della Costituzione. Pertanto, il campo di applicazione comprende anche le Regioni e gli Enti locali e per queste ultime rimane fermo quanto stabilito dal successivo comma 60: «Entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, attraverso intese in sede di Conferenza unificata di cui all'art. 8, comma 1, del D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281, si definiscono gli adempimenti, con l'indicazione dei relativi termini, delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano e degli enti locali, nonché degli enti pubblici e dei soggetti di diritto privato sottoposti al loro controllo, volti alla piena e sollecita attuazione delle disposizioni della presente legge, (omissis)». Quindi, in sede di Conferenza unificata saranno valutate le eventuali misure di flessibilità, compresa l'indicazione dei termini per gli adempimenti, per le autonomie territoriali, finalizzate soprattutto a tener conto delle specificità organizzative delle diverse realtà amministrative.
 
2. Il responsabile della prevenzione della corruzione
L' art. 1, comma 7, della legge prevede la nomina nell'ambito delle pubbliche Amministrazioni del responsabile della prevenzione della corruzione. La norma stabilisce che «l'organo di indirizzo politico individua, di norma tra i dirigenti amministrativi di ruolo di prima fascia in servizio, il responsabile della prevenzione della corruzione. Negli enti locali, il responsabile della prevenzione della corruzione è individuato, "di norma", nel segretario, salva diversa e motivata determinazione».
Come si desume dal tenore della disposizione, la legge pone una regola generale esprimendo un criterio di preferenza, ma non contiene una regola rigida, ammettendo con l'espressione "di norma" una certa flessibilità che consente di scegliere motivate soluzioni gestionali differenziate, giustificate dalle specificità organizzative.
La designazione dei responsabili della prevenzione deve essere comunicata alla CIVIT, che ha dedicato un'apposita sezione del sito alla raccolta dei relativi dati.


2.1. I termini e la competenza per la designazione, i requisiti, la durata e il trattamento dell'incarico
La legge non prevede un termine per la nomina e, pertanto, le Amministrazioni debbono provvedere tempestivamente.
Il provvedimento di nomina è di competenza dell'organo di indirizzo politico e, quindi, per i Ministeri deve essere adottato dal Ministro, per gli altri enti è invece di spettanza dell'organo con competenza di indirizzo e controllo.
La scelta deve ricadere preferibilmente su dirigenti iscritti alla prima fascia del ruolo dell'Amministrazione che effettua la nomina. Nelle Amministrazioni il cui ordinamento non prevede un'articolazione del ruolo in fasce, la scelta, prioritariamente, deve ricadere su un dirigente appartenente al ruolo, che sia titolare di incarico di ufficio di livello dirigenziale generale ovvero articolato al suo interno in strutture organizzative dirigenziali di secondo livello.
In proposito, considerato il ruolo e le responsabilità che la legge attribuisce al responsabile della prevenzione, è importante che la scelta ricada su un dirigente che si trovi in una posizione di relativa stabilità, per evitare che la necessità di intraprendere iniziative penetranti nei confronti dell'organizzazione amministrativa possa essere compromessa anche solo potenzialmente dalla situazione di precarietà dell'incarico. Pertanto, l'affidamento dell'incarico a dirigenti titolari ex art. 19, commi 5-bis e 6, del D.Lgs. n. 165 del 2001 andrebbe operato solo in ipotesi eccezionali, previa adeguata motivazione. È in ogni caso da escludere la nomina di dirigenti inseriti nell'ufficio di diretta collaborazione per la particolarità del vincolo fiduciario che li lega all'autorità di indirizzo politico e all'Amministrazione.
Inoltre, sempre tenendo presente la predetta necessità, che presuppone la disponibilità di risorse sufficienti per l'organizzazione dell'attività e per la gestione dei rapporti, sarebbe opportuno che la scelta ricadesse su dirigenti titolari di ufficio, evitando la designazione di dirigenti con incarico di studio e consulenza.
Da quanto detto, considerati i vincoli legali esistenti in materia di dotazioni organiche (art. 2, in particolare comma 10-bis, del D.L. 6 luglio 2012, n. 95, convertito in legge 7 agosto 2012, n. 135) l'incarico di responsabile della prevenzione pare naturalmente configurarsi come incarico aggiuntivo a dirigente già titolare di incarico dirigenziale di livello generale. Resta fermo che l'Amministrazione, nell'ambito del proprio ordinamento e nei limiti dei predetti vincoli relativi alle dotazioni organiche, potrebbe anche decidere di dedicare un apposito ufficio allo svolgimento della funzione.
Come detto, la norma non pone una prescrizione inderogabile circa i destinatari e le modalità della nomina e, pertanto, nell'ambito di ciascuna Amministrazione potrà/dovrà essere compiuta una valutazione in proposito sulla base delle specificità organizzative, anche alla luce degli strumenti per la gestione in comune delle attività offerti dalla vigente normativa (art. 15, legge 7 agosto 1990, n. 241). Nel compiere la valutazione occorre comunque tener presente che - come si vedrà di seguito - la legge collega all'inadeguato adempimento delle funzioni l'applicazione delle sanzioni conseguenti a responsabilità dirigenziale e responsabilità disciplinare e, pertanto, pare da escludere a priori la possibilità che l'incarico sia svolto da quei dipendenti o soggetti che per il tipo di rapporto di cui sono titolari non possono rispondere a questo titolo.
Come visto, la norma prevede che la designazione sia compiuta dall'autorità politica; non è previsto che alla nomina debba seguire una modifica o un'integrazione dell'atto di conferimento dell'incarico dirigenziale e del contratto. Tale modifica potrà essere valutata nell'ambito di ciascuna Amministrazione a seconda della situazione concreta e degli accordi tra le parti.
La scelta deve ricadere su dirigente che non sia stato destinatario di provvedimenti giudiziali di condanna, né di provvedimenti disciplinari e che abbia dato dimostrazione nel tempo di comportamento integerrimo. Inoltre, nell'effettuare la scelta occorre tener conto dell'esistenza di situazioni di conflitto di interesse, evitando, per quanto possibile, la designazione di dirigenti incaricati di quei settori che sono considerati tradizionalmente più esposti al rischio della corruzione, come l'ufficio contratti o quello preposto alla gestione del patrimonio. Occorre riflettere attentamente sull'opportunità che venga nominato responsabile della prevenzione il dirigente responsabile dell'Ufficio Procedimenti Disciplinari, situazione che parrebbe realizzare un conflitto di interesse e quindi un'incompatibilità. Infatti, la funzione del responsabile di cui alla legge n. 190 del 2012 ha carattere squisitamente preventivo, a differenza della funzione dell'U.P.D., il quale, come noto, ha competenza in ordine all'accertamento dell'illecito disciplinare e all'irrogazione delle conseguenti sanzioni. La sovrapposizione tra le due figure può comportare il rischio dello svolgimento inefficiente delle funzioni, in quanto il responsabile ex lege n. 190/2012 non deve essere visto dai colleghi e collaboratori come un "persecutore" ed i rapporti debbono essere improntati alla massima collaborazione. Inoltre, la notevole mole di informazioni che pervengono al responsabile ai fini della prevenzione della corruzione necessita di una valutazione "filtro" per la verifica di rilevanza disciplinare dei fatti e questa valutazione rischia di essere compromessa nel caso in cui le due funzioni siano coincidenti.
In presenza di più aspiranti all'incarico, ai sensi dell'art. 19, comma 1-bis, del D.Lgs. n. 165 del 2001, l'Amministrazione acquisisce le disponibilità e le valuta.
Al fine di consentire nel miglior modo l'esercizio della funzione, nell'affidamento della responsabilità, per quanto possibile, è opportuno seguire un criterio di rotazione/alternanza tra più dirigenti.
La legge non individua la durata dell'incarico; considerato il suo predetto carattere aggiuntivo, la durata della designazione è pari a quella di durata dell'incarico dirigenziale a cui la nomina accede.
I rilevanti compiti e funzioni e la consistente responsabilità di cui il responsabile della prevenzione è titolare potranno essere remunerati, a seguito di valutazione positiva dell'attività, nell'ambito delle norme legislative e contrattuali vigenti, attraverso il riconoscimento dei risultati conseguiti (in base alle risorse disponibili del fondo) mediante la retribuzione di risultato.
Per quanto riguarda gli enti locali, il criterio di designazione è indicato direttamente dalla legge, la quale prevede che il responsabile «è individuato, di norma, nel segretario comunale, salvo diversa e motivata determinazione». La ratio di questa scelta è stata quella di considerare la funzione di responsabile della prevenzione come "naturalmente integrativa" della competenza generale spettante per legge al segretario, che, secondo l'art. 97 del D.Lgs. n. 267 del 2000, «svolge compiti di collaborazione e funzioni di assistenza giuridico-amministrativa nei confronti degli organi dell'ente in ordine alla conformità dell'azione amministrativa alle leggi, allo statuto ed ai regolamenti».
L'Amministrazione deve assicurare lo svolgimento di adeguati percorsi formativi e di aggiornamento anche dopo la nomina.


2.2. La possibilità di designare referenti per le diverse articolazioni dell'Amministrazione
Le legge prevede la nomina di un responsabile; infatti, l'intento del legislatore è stato quello di concentrare in un unico soggetto le iniziative e le responsabilità per il funzionamento dell'intero meccanismo della prevenzione. Dovendo contemperare questo intento con il carattere complesso dell'organizzazione amministrativa, tenendo conto anche dell'articolazione per centri di responsabilità, può essere valutata l'individuazione di referenti per la corruzione che operano nelle strutture dipartimentali o territoriali. Questi potrebbero agire anche su richiesta del responsabile, il quale rimane comunque il riferimento per l'implementazione dell'intera politica di prevenzione nell'ambito dell'Amministrazione e per le eventuali responsabilità che ne dovessero derivare. Le modalità di raccordo e di coordinamento tra il responsabile della prevenzione e i referenti potranno essere inserite nel piano triennale di prevenzione in modo da creare un meccanismo di comunicazione/informazione, input/output per l'esercizio della funzione.
Si ritiene invece da escludere la possibilità di nomina di più di un responsabile nell'ambito della stessa Amministrazione, poiché ciò comporterebbe una frammentazione della funzione ed una diluizione della responsabilità e non sarebbe funzionale all'elaborazione della proposta di piano, che viene configurato dalla legge come documento unitario e onnicomprensivo.


2.3. Le risorse a disposizione del responsabile
Considerato il delicato compito organizzativo e di raccordo che deve essere svolto dal responsabile della prevenzione, le Amministrazioni devono assicurargli un adeguato supporto, mediante assegnazione di appropriate risorse umane, strumentali e finanziarie, nei limiti della disponibilità di bilancio. L'appropriatezza va intesa non solo dal punto di vista quantitativo, ma anche qualitativo, dovendo assicurare la presenza di elevate professionalità, che dovranno peraltro essere destinatarie di specifica formazione.
Qualora nell'Amministrazione si manifestasse la necessità o si ravvisasse l'opportunità di nominare un dirigente titolare di incarico ai sensi dell'art. 19, comma 10, del D.Lgs. n. 165 del 2001, sarebbe comunque necessario che mediante la direttiva annuale sull'azione amministrativa o altro atto idoneo venissero individuate le risorse che possono essere utilizzate per lo svolgimento dell'incarico.


2.4. Le funzioni ed i compiti del responsabile della prevenzione, la responsabilità
La legge ha riposto notevole fiducia nella figura del responsabile, considerandolo come il soggetto in grado di "far girare il meccanismo" della prevenzione nell'ambito dell'Amministrazione.
Infatti, le norme prevedono che il responsabile debba:
- elaborare la proposta di piano della prevenzione, che deve essere adottato dall'organo di indirizzo politico di ciascuna Amministrazione (art. 1, comma 8,); i contenuti del piano, che caratterizzano anche l'oggetto dell'attività del responsabile, sono distintamente indicati nel comma 9 dell'art. 1;
- definire procedure appropriate per selezionare e formare i dipendenti destinati ad operare in settori particolarmente esposti alla corruzione (art. 1, comma 8);
- verificare l'efficace attuazione del piano e la sua idoneità (art. 1, comma 10, lett. a);
proporre modifiche al piano in caso di accertamento di significative violazioni o di mutamenti dell'organizzazione (art. 1, comma 10, lett. a);
- verificare, d'intesa con il dirigente competente, l'effettiva rotazione degli incarichi negli uffici preposti allo svolgimento delle attività nel cui ambito è più elevato il rischio che siano commessi reati di corruzione (art. 1, comma 10, lett. b);
- individuare il personale da inserire nei percorsi di formazione sui temi dell'etica e della legalità (art. 1, comma 10, lett. c).
A fronte dei compiti attribuiti, la legge prevede delle consistenti responsabilità per il caso di inadempimento.
In particolare, il comma 8 dell'art. 1 configura una responsabilità dirigenziale per il caso di mancata predisposizione del piano e di mancata adozione delle misure per la selezione e la formazione dei dipendenti, prevedendo che «La mancata predisposizione del piano e la mancata adozione delle procedure per la selezione e la formazione dei dipendenti destinati ad operare in settori particolarmente esposti alla corruzione, costituiscono elementi di valutazione della responsabilità dirigenziale». La previsione di questa responsabilità rende naturalmente necessaria la creazione del collegamento tra adempimento e obiettivi dirigenziali in sede di negoziazione degli obiettivi.
Il comma 12 del medesimo art. 1 prevede inoltre una più generale forma di responsabilità dirigenziale, disciplinare e amministrativa che si realizza in caso di condanna in via definitiva all'interno dell'Amministrazione per un reato di corruzione, a meno che il responsabile non provi le circostanze di cui alle lett. a) e b) del predetto comma. La disposizione in particolare stabilisce che «In caso di commissione, all'interno dell'Amministrazione, di un reato di corruzione accertato con sentenza passata in giudicato, il responsabile individuato ai sensi del comma 7 del presente articolo risponde ai sensi dell'art. 21 del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, nonché sul piano disciplinare, oltre che per il danno erariale e all'immagine della pubblica Amministrazione, salvo che provi tutte le seguenti circostanze:
a) di avere predisposto, prima della commissione del fatto, il piano di cui al comma 5 e di aver osservato le prescrizioni di cui ai commi 9 e 10 del presente articolo;
b) di aver vigilato sul funzionamento e sull'osservanza del piano.».
Secondo quanto previsto poi dal successivo comma 13, «La sanzione disciplinare a carico del responsabile individuato ai sensi del comma 7 non può essere inferiore alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da un minimo di un mese ad un massimo di sei mesi».
Il comma 14 disciplina poi un'ulteriore fattispecie di illecito per responsabilità dirigenziale ai sensi dell'art. 21 che sussiste «in caso di ripetute violazioni del piano», nonché, in presenza delle medesime circostanze, una fattispecie di illecito disciplinare "per omesso controllo".


2.5. Il raccordo tra il responsabile della prevenzione e gli altri organi e figure presenti nell'Amministrazione
Lo svolgimento del ruolo di impulso che la legge affida al responsabile della prevenzione richiede che:
- l'organizzazione amministrativa sia resa trasparente, con evidenza delle responsabilità per procedimento, processo e prodotto;
- le unità organizzative siano, oltre che coordinate tra loro, rispondenti all'input ricevuto.
Per quanto riguarda l'attuazione della trasparenza, l'art. 1, comma 9, lett. f), della legge stabilisce che nell'ambito del piano di prevenzione della corruzione siano individuati «specifici obblighi di trasparenza ulteriori rispetto a quelli previsti da disposizioni di legge». Questa previsione presuppone un collegamento tra il piano di prevenzione e il programma triennale per la trasparenza, che le Amministrazioni debbono adottare ai sensi dell'art. 11 del D.Lgs. n. 150 del 2009. Considerato che la trasparenza realizza già di per sé una misura di prevenzione poiché consente il controllo da parte degli utenti dello svolgimento dell'attività amministrativa, il programma per la trasparenza deve essere coordinato con il piano per la prevenzione della corruzione in modo da assicurare un'azione sinergica ed osmotica tra le misure e garantire la coincidenza tra i periodi di riferimento.
Ciò detto, il collegamento tra le attività non può non riversarsi anche sul collegamento/coordinamento tra le figure deputate a svolgerle. Come noto, la CIVIT ha demandato a ciascuna Amministrazione il compito di designare il responsabile della trasparenza (delibera n. 105 del 2010, par. 4.1.4.). In particolare, si tratta del dirigente «che sia il referente non solo del procedimento di formazione, adozione e attuazione del programma, ma dell'intero processo di realizzazione di tutte le iniziative volte, nel loro complesso, a garantire un adeguato livello di trasparenza, nonché la legalità e lo sviluppo della cultura dell'integrità» (cit.).
È necessario quindi che si stabilisca un raccordo in termini organizzativi tra i due responsabili, fermi restando i compiti, le funzioni e le responsabilità del responsabile per la prevenzione e - in presenza dei requisiti - la possibilità di optare per la concentrazione delle responsabilità in capo ad un unico dirigente, ove ciò sia ritenuto più efficiente.
Peraltro, per quanto riguarda il rapporto tra prevenzione della corruzione e attuazione della trasparenza è necessario segnalare che nella seduta del 22 gennaio 2013 del Consiglio dei ministri è stato approvato in via preliminare lo schema di decreto legislativo recante "Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche Amministrazioni", che contiene anche norme in materia di raccordo tra il piano di prevenzione della corruzione e il programma triennale della trasparenza e le figure dei due responsabili. In tale decreto, in particolare, si prevede che il programma triennale rappresenta una sezione del piano per la prevenzione e che, di norma, le figure dei responsabili sono accorpate in un unico soggetto.
Per quanto riguarda il raccordo tra le unità organizzative, nell'ambito di ciascuna Amministrazione il vertice amministrativo ovvero il dirigente preposto alla direzione delle risorse umane e strumentali dovrà impartire indirizzi ed istruzioni affinchè sia assicurato che tutte le unità organizzative forniscano il loro apporto collaborativo al responsabile della prevenzione. Per assicurare un certo grado di effettività delle istruzioni, è anche opportuno che le modalità dettagliate del raccordo vengano inserite nell'ambito del piano di prevenzione. In proposito, si rammenta anche che la legge configura un illecito disciplinare per i dipendenti che violano le prescrizioni contenute nel piano; infatti, l'art. 1, comma 14, della legge prevede che «la violazione, da parte dei dipendenti dell'Amministrazione, delle misure di prevenzione previste dal piano costituisce illecito disciplinare».
È opportuno inoltre richiamare l'attenzione sul fatto che con recenti modifiche normative è stato innovato il testo dell'art. 16 del D.Lgs. n. 165 del 2001, il quale, come noto, disciplina le funzioni dei dirigenti di livello dirigenziale generale. In particolare, con il D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150, e il D.L. 6 luglio 2012, n. 95, convertito in legge n. 135 del 2012, sono state introdotte tre lettere nell'ambito del comma 1 dell'articolo, attribuendo a tali dirigenti specifiche competenze in materia di prevenzione della corruzione. Gli attuali commi 1-bis), 1-ter) e 1-quater) prevedono che i dirigenti di ufficio dirigenziale generale: «1-bis) concorrono alla definizione di misure idonee a prevenire e contrastare i fenomeni di corruzione e a controllarne il rispetto da parte dei dipendenti dell'ufficio cui sono preposti. 1-ter) forniscono le informazioni richieste dal soggetto competente per l'individuazione delle attività nell'ambito delle quali è più elevato il rischio corruzione e formulano specifiche proposte volte alla prevenzione del rischio medesimo 1-quater) provvedono al monitoraggio delle attività nell'ambito delle quali è più elevato il rischio corruzione svolte nell'ufficio a cui sono preposti, disponendo, con provvedimento motivato, la rotazione del personale nei casi di avvio di procedimenti penali o disciplinari per condotte di natura corruttiva».
Con le nuove norme è stata quindi affiancata l'attività del responsabile della prevenzione con l'attività dei dirigenti, ai quali sono affidati poteri propositivi e di controllo e sono attribuiti obblighi di collaborazione, di monitoraggio e di azione diretta in materia di prevenzione della corruzione.
Dall'esame del quadro normativo risulta pertanto che lo sviluppo e l'applicazione delle misure di prevenzione della corruzione sono il risultato di un'azione sinergica e combinata dei singoli responsabili degli uffici e del responsabile della prevenzione, secondo un processo bottom-up in sede di formulazione delle proposte e top-down per la successiva fase di verifica ed applicazione.
Considerata la natura ed il livello dell'attività svolta, il responsabile della prevenzione riferisce al Ministro ovvero all'autorità di indirizzo politico-amministrativo.
Nel caso in cui, nello svolgimento della sua attività, egli riscontri dei fatti che possono presentare una rilevanza disciplinare deve darne tempestiva informazione al dirigente preposto all'ufficio a cui il dipendente è addetto o al dirigente sovraordinato, se trattasi di dirigente, e all'ufficio procedimenti disciplinari affinché possa essere avviata con tempestività l'azione disciplinare.
Ove riscontri dei fatti suscettibili di dar luogo a responsabilità amministrativa, deve presentare tempestiva denuncia alla competente procura della Corte dei conti per le eventuali iniziative in ordine all'accertamento del danno erariale (art. 20, D.P.R. n. 3 del 1957; art. 1, comma 3, legge n. 20 del 1994).
Ove riscontri poi dei fatti che rappresentano notizia di reato, deve presentare denuncia alla procura della Repubblica o ad un ufficiale di polizia giudiziaria con le modalità previste dalla legge (art. 331 c.p.p.) e deve darne tempestiva informazione all'Autorità nazionale anticorruzione.
 
3. Notizie dal Dipartimento
Si fa presente che per le notizie e la documentazione relative alla materia della prevenzione della corruzione è consultabile un'apposita sezione del sito del Dipartimento ("anticorruzione"). In questa sezione verranno fornite anche informazioni circa la costituzione ed i lavori del Comitato interministeriale e lo sviluppo dei lavori per l'elaborazione del Piano Nazionale Anticorruzione.


Il Ministro per la pubblica Amministrazione e la semplificazione
Filippo Patroni Griffi
 
c.p. art. 318
c.p. art. 319
c.p. art. 319-ter
D.L. 6 luglio 2012, n. 95, art. 2
D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, art. 34-bis
D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 1
D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 16
D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 19
D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150, art. 11
L. 3 agosto 2009, n. 116, art. 5
L. 3 agosto 2009, n. 116, art. 6
L. 6 novembre 2012, n. 190, art. 1

   

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