Blog Lpd Notizie flash dall'Italia e dal mondo. Oltre 100.000 notizie di libera consultazione.  

 

 Leggi, Decreti, Circolari, sentenze e tanto altro di libera consultazione e scaricabili

d

 

   

frascan web solutions

   

Area Riservata  

   

unidata

   

Pagine Facebook  

d Clicca qui

Sostituisce la piattaforma Google + che dal 2 aprile 2019 non sarà più visibile

 

   

Forme di collaborazione con il portale  

 

 

   

Modalità per consultare e/o ricevere soltanto il documento che interessa  

 

d

Per consultare e/o ricevere soltanto la notizia che interessa e per cui occorre la registrazione inquadra il QRCode ed effettua una donazione a piacere.
Per sapere come ricevere poi il documento  CLICCA QUI

 

 

   

Procedimento disciplinare..Condanna il Ministero intimato alla restituzione nei confronti del ricorrente..

Dettagli

d 


T.A.R. Sicilia (Lpd) Sez. III, Sent., 16-01-2013, n. 43
Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
I. Il ricorrente è agente di Polizia di Stato in servizio presso la Questura di (Lpd).
In data 5 marzo 1992, il Questore di (Lpd) instaurava un procedimento disciplinare a suo carico per l'irrogazione della sanzione della sospensione dal servizio.
L'11 aprile 1992, il ricorrente presentava le proprie giustificazioni.
Il successivo 6 maggio gli veniva notificato un primo decreto del Ministro dell'Interno, con il quale gli veniva inflitta la sanzione della sospensione cautelare dal servizio per motivi disciplinari.
In data 8 settembre 1992 gli veniva notificato analogo provvedimento giustificato dalla pendenza, nei suoi confronti, di un procedimento penale, conclusosi, poi, con sentenza di assoluzione "perché il fatto non costituisce reato".
Frattanto, il 21 gennaio 1994, il ricorrente riceveva una lettera della Questura di (Lpd), con la quale veniva informato che a suo carico era stato instaurato, in data 15 gennaio 1994, un altro procedimento disciplinare per gli stessi fatti già contestati, che si concludeva con il Decreto del Capo della Polizia del 1 agosto 1994, prot. n. 333-D/72216, notificato il 10 ottobre 1994, con il quale gli veniva inflitta la sanzione disciplinare della pena pecuniaria nella misura minima di 1/30 di una mensilità dello stipendio e degli altri assegni a carattere fisso e continuativo.
Con ricorso notificato l'1.12.1994 e depositato il 27.12.1994, il ricorrente ha impugnato detto ultimo provvedimento, e gli atti ad esso connessi, affidandosi alle seguenti censure:
1) Eccesso di potere per violazione di legge in riferimento agli articoli 11 D.P.R. n. 737 del 1981 e 120 D.P.R. n. 3 del 1957 - Illegittimità manifesta del secondo procedimento disciplinare.
Il procedimento conclusosi con il provvedimento impugnato sarebbe illegittimo, in quanto rinnovazione, vietata dalle norme calendate, di una procedura avviata con l'azione disciplinare del 5.3.1992, non conclusa nei termini di legge e, quindi, estinta.
2) Violazione dell'art. 103 D.P.R. n. 3 del 1957 e dell'art. 19 D.P.R. n. 737 del 1981.
3) Violazione degli artt. 113 e 120 D.P.R. n. 3 del 1957 - Violazione degli artt. 19 e 20 D.P.R. n. 737 del 1981.
4) Eccesso di potere per carenza di motivazione.
5) Sopravvenuta assoluzione con sentenza del Tribunale di (Lpd) del 4.11.1993.
6) Illegittimità derivata - Violazione degli artt. 19 D.P.R. n. 737 del 1981 e 120 3/57 - Eccesso di potere per difetto di presupposto - Eccesso di potere per contraddittorietà, perplessità e ingiustizia manifesta.
7) Violazione degli artt. 21 D.P.R. n. 737 del 1981 - Violazione dei principi generali in materia di procedimento disciplinare nel pubblico impiego (art. 114, 3 comma, D.P.R. n. 3 del 1957) - Eccesso di potere per carenza assoluta di motivazione, difetto di istruttoria, travisamento dei fatti, carenza di presupposti e ingiustizia manifesta.
8) Violazione dell'art. 21, 4 comma, D.P.R. n. 737 del 1981.
9) Obbligo di restituzione delle somme trattenute in esecuzione del provvedimento impugnato - Richiesta di interessi e rivalutazione.
Dalla declaratoria della illegittimità del provvedimento impugnato deriverebbe in capo all'Amministrazione l'obbligo di restituire le somme conseguentemente trattenute, oltre interessi e rivalutazione.
Costituitesi, le Amministrazioni intimate hanno concluso per l'infondatezza del ricorso.
Con Ordinanza Presidenziale Istruttoria n. 1949/12 del 21.4.2012, é stato ordinato all'Amministrazione di versare in atti copia di tutti i provvedimenti richiamati nel decreto impugnato o allo stesso sottostanti e comunque connessi.
Il Ministero dell'Interno ha ottemperato con nota depositata il 18.6.2012.
Alla Pubblica Udienza del 21.11.2012, la causa è stata trattenuta per la decisione.
II. Il ricorso è fondato per l'assorbente motivo dedotto con la prima censura.
L'Amministrazione, in sede di adempimento istruttorio, ha confermato che vi è stato l'avvio di un primo procedimento disciplinare con nota del Questore di (Lpd) pro tempore risalente al 7.3.1992.
Il ricorrente ha versato in atti la riservata amministrativa prot. n. 10715/Pers/1.2.8. del 28.3.1992 del Funzionario Istruttore nominato con detta nota di avvio del procedimento, con la quale, in maniera non equivoca, ai sensi degli artt. 18 e 19 D.P.R. n. 737 del 1981, sono stati contestati i fatti che hanno determinato l'emanazione del provvedimento impugnato.
Su detta procedura, l'Amministrazione, sempre in sede di adempimento istruttorio, ha dichiarato di non essere in "grado di controdedurre a quanto esposto dal ricorrente, in quanto, agli atti del fascicolo personale del dipendente, nulla risulta in merito al riferito primo procedimento disciplinare, fatta eccezione per la nota, in data 7.3.1992 . . .".
Deriva, quindi, che la procedura è stata certamente iniziata, senza che nessun successivo ulteriore atto sia stato emanato, se non dopo il secondo avvio del procedimento disciplinare, risalente al gennaio 1994, come, per altro, confermato dall'Amministrazione, che, a pagina quattro della relazione illustrativa depositata in sede istruttoria, ha chiarito che quest'ultimo è l'unico risultante agli atti.
Ciò posto, è bene precisare che l'avvio del procedimento disciplinare del 28.3.1992 chiarisce che per i fatti addebitati, in data 20.2.1992, il ricorrente "è stato oggetto di invito per la presentazione di persona sottoposta ad indagini (art. 375 c.p.p.); tuttavia il procedimento è stato iniziato, senza per altro essere concluso".
Occorre, a questo punto, stabilire se l'azione disciplinare, in pendenza di procedimento penale, sia stata avviata correttamente.
Come chiarito dal Giudice di seconde cure (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 4 luglio 2011, n. 3963), "sulla questione se il procedimento disciplinare non possa essere iniziato o, se iniziato, vada sospeso, solo dopo l'esercizio dell'azione penale, o anche in pendenza delle indagini preliminari, si è pronunciata l'adunanza plenaria del Consiglio di Stato (A.P n. 1 del 29 gennaio 2009), che ha interpretato l'art. 11 del D.P.R. n. 737 del 1981 in combinato disposto con l'art. 117 del t.u. n. 3 del 1957, concludendo che il dovere dell'Amministrazione di non dare inizio al procedimento disciplinare o di sospendere il procedimento già avviato sorge solo nel momento in cui viene esercitata l'azione penale (con gli atti tipizzati dal vigente c.p.p. cui segue l'assunzione della qualità di imputato), anche quando i fatti suscettibili in astratto di costituire un reato sono stati rilevati e denunciati all'autorità giudiziaria ad iniziativa della stessa amministrazione di appartenenza dell'inquisito.
"L'esercizio dell'azione penale si realizza, quindi, ai sensi degli artt. 60 e 405 del c.p.p., con la richiesta del pubblico ministero del rinvio a giudizio a norma dell'art. 406 o con gli altri atti con il quali si formula richiesta al giudice di decidere sulla pretesa punitiva".
Ed invero, l'art. 11 del D.P.R. 25 ottobre 1981, n. 737, concernente "sanzioni disciplinari per il personale di pubblica sicurezza e regolamentazione dei relativi procedimenti", stabilisce che quando un appartenente ai ruoli dell'amministrazione della pubblica sicurezza (della Polizia di Stato) "viene sottoposto, per gli stessi fatti, a procedimento disciplinare ed a procedimento penale, il procedimento disciplinare deve essere sospeso fino alla definizione del procedimento penale con sentenza passata in giudicato".
Dunque, posto che al 28.3.1992, per come si evince dal provvedimento adottato in quella data, il ricorrente non era stato ancora rinviato a giudizio (e, quindi, non era stata esercitata l'azione penale), il procedimento disciplinare è stato correttamente avviato. Lo stesso avrebbe dovuto essere sospeso solo in presenza di rinvio a giudizio, altrimenti avrebbe dovuto concludersi, ai sensi dell'invocato art. 120 D.P.R. n. 3 del 1957, in assenza di ulteriori atti istruttori, entro novanta giorni.
La norma, infatti, così stabilisce:
"Estinzione del procedimento.
Il procedimento disciplinare si estingue quando siano decorsi novanta giorni dall'ultimo atto senza che nessun ulteriore atto sia stato compiuto.
Il procedimento disciplinare estinto non può essere rinnovato.
L'estinzione determina, altresì, la revoca della sospensione cautelare e dell'esclusione dagli esami e dagli scrutini con gli effetti previsti dagli artt. 94, 95 e 97.
Nello stato matricolare dell'impiegato non deve essere fatta menzione del procedimento disciplinare estinto".
Essendo decorso il detto termine senza che sia intervenuta né la sospensione del procedimento, né un atto utile a interromperlo, né, infine, la sua conclusione, lo stesso, come sostenuto in ricorso, si è estinto.
Consegue, secondo il chiaro tenore della norma appena richiamata, l'impossibilità di rinnovazione e, quindi, l'illegittimità di tutto il procedimento azionato nel 1994, allorquando l'Amministrazione ha avuto contezza delle decisone penale di assoluzione.
Conclusivamente, come premesso, il ricorso è fondato e come tale accolto, con il conseguente annullamento dell'atto impugnato.
III. Deriva, altresì, il diritto del ricorrente alla restituzione delle somme trattenute, quali conseguenza diretta della sanzione irrogata, oltre interessi e rivalutazione dal dì della illegittima trattenuta e sino al soddisfo.
I richiesti accessori del credito principale, in considerazione di quanto previsto dall'art. 22, comma 36, L. 23 dicembre 1994, n. 724, sono dovuti, anche cumulativamente, trattandosi di credito sorto anteriormente al 1 gennaio 1995, secondo i principi, riconosciuti come validi dall'unanime Giurisprudenza (cfr, da ultimo, T.A.R. Napoli, sez. V, 17 settembre 2012, n. 3884; T.A.R. Lazio, sez. I, 8 maggio 2012, n. 4113), dettati dall'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con la decisione n. 3 del 15 giugno 1998 e ribaditi dalla medesima Adunanza Plenaria con sentenza del 13.10.2011, n. 18.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di (Lpd) (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, annulla gli atti impugnati.
Condanna il Ministero intimato alla restituzione nei confronti del ricorrente della somma illegittimamente trattenuta, oltre interessi e rivalutazione.
Condanna il Ministero intimato al pagamento, in favore del ricorrente, delle spese del giudizio, che liquida in complessivi Euro millecinquecento/00, oltre spese generali, I.V.A., C.P.A.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

   

Lpd - documenti sfogliabili  

        Solo consultazione.  Non è possibile richiedere l'invio del Pdf.  

 

   
© LPD - Laboratorio di Polizia Democratica