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Guardia di Finanza: "perdita del grado" per rimozione, motivata con il "forte disvalore assoluto" di comportamenti disciplinari

Dettagli

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FORZE ARMATE   -   GUARDIA DI FINANZA   -   IMPIEGO PUBBLICO
Cons. Stato Sez. IV, Sent., 07-11-2012, n. 5670
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
Con il presente gravame l'appellante, graduato della Guardia di Finanza, impugna la sentenza con cui è stato respinto il suo ricorso avverso la sanzione del 23 febbraio 2011, di "perdita del grado" per rimozione, motivata con il "forte disvalore assoluto" di comportamenti disciplinari che, violando il giuramento, giustificavano la rimozione ai sensi dell'art. 40 n.6 della L. n. 833 del 1961.
L'appellante, appuntato scelto della Guardia di Finanza in forza presso la Compagnia di (Lpd):
-- il 19 marzo 2010 stato rinviato a giudizio per rispondere del reato di cui all'art. 317 (Lpd)p., perché "abusando della qualità di appuntato della G.d.F. e compiendo atti contrari ai doveri di ufficio, dapprima minacciando (Lpd) che, qualora non avesse versato la somma di lire tre milioni, non avrebbe ottenuto la licenza per trasferire la licenza dal bar tabaccheria di (Lpd) (Lpd) di cui era titolare la madre (Lpd) dalla p.za (Lpd) alla via (Lpd) del citato Comune, costringeva la (Lpd) a consegnargli due cesti natalizi del valore di lire cinquecentomila ciascuno nel dicembre 2000 e lire due milioni tra il settembre e il novembre 2001, nonché in seguito minacciando la (Lpd) che, se non avesse versato l'ulteriore somma di lire un milione avrebbe perso la licenza..., costringeva la donna a versargli l'ulteriore somma richiesta fra il dicembre 2001 e il marzo 2002, in (Lpd) (Lpd), tra il dicembre 2000 e il marzo 2002";
-- il Tribunale di Bergamo 14 dicembre 2009, con sentenza divenuta irrevocabile, aveva invece riqualificato il fatto storico, in senso più favorevole all'imputato, come truffa aggravata ai sensi degli artt. 640 e 62 n.4 (Lpd)p. e, in conseguenza, aveva dichiarato la prescrizione.
L'appellante (cfr. ricorso p. 13) ricorda altresì che all'epoca dei fatti a causa di un'altra precedente vicenda penale, del 2002, era già stato distolto dalle mansioni operative ed assegnato ai servizi di caserma, per cui la sua censurata condotta in tale ambito avrebbe assunto un rilievo ancora minore, dato che esso non presentava opportunità di strumentalizzare le tipiche funzioni del Corpo.
L'appello è affidato alla deduzione dell'error in giudicando sotto due rubriche di gravame relative rispettivamente alla violazione degli articoli 97 e 120 del D.P.R. n. 3 del 1957; dell'articolo 9 della L. n. 19 del 1990; dell'articolo 40 della L. n. 833 del 1961; dei principi di cui all'articolo 97 Cost.; dell'art. 3 della L. n. 241 del 1990; nonché eccesso di potere per difetto di presupposto, di istruttoria, di motivazione, irragionevolezza, sviamento; violazione dei termini perentori di legge e delle garanzie partecipative.
L'amministrazione si è formalmente costituita in giudizio e, con memoria, ha sottolineato l'assenza di profili nuovi rispetto alle censure di primo grado concludendo comunque per l'infondatezza dell'appello.
Con ordinanza n. 928 del 6 marzo 2012 la Sezione ha respinto l'istanza di sospensione cautelare della sentenza.
Chiamata all'udienza pubblica, uditi i patrocinatori delle parti, la causa è stata ritenuta in decisione.
Motivi della decisione
___ 1.par.. Con il primo motivo l'appellante assume l'erroneità della sentenza la quale avrebbe affermato che, nel caso di specie, non poteva farsi applicarsi i principi della sentenza della Corte Costituzionale n. 104/1991 in quanto concernerebbe solo la differente ipotesi delle sentenze di condanna.
Per l'appellante invece, i principi di cui alle sentenze n. 145/1976, n.264/1990 e n. 101/1991 della Consulta avrebbero statuito in via generale l'illegittimità della mancanza dei termini nel procedimento disciplinare per i militari, ed inconseguenza invoca l'articolo 9 della L. 7 febbraio 1990, n. 19 per cui il procedimento avrebbe dovuto iniziare entro 180 giorni dalla data in cui l'amministrazione ha avuto notizia dalla sentenza irrevocabile di condanna; avrebbe dovuto essere concluso nei successivi 90 giorni"; e comunque non avrebbe potuto superare un totale di 270 gg. .
La ratio della norma sarebbe nel senso che essendo infatti risultanti già accertati in sede penale non vi sarebbe la necessità di definire oltremodo la posizione del militare.
Nel caso di specie erano trascorsi 331 giorni dalla data del 29 marzo 2010 di acquisizione della sentenza irrevocabile.
Di qui l'illegittimità della sanzione irrigata il 23 febbraio 2011, per il superamento del prescritto termine dei 270 giorni.
Sotto altro profilo l'appellante sottolinea che la sentenza di proscioglimento il Tribunale di Bergamo per intervenuta prescrizione del delitto non avrebbe potuto essere disciplinato diversamente dalla "sentenza penale di condanna".
L'amministrazione sarebbe chiamata ad un autonomo accertamento al fine di verificare la sanzionabilità solo in caso di condotta "potenzialmente grave" ma non costituente reato ovvero di sentenza ampiamente assolutoria. In un caso identico si sarebbe infatti stato affermato che la sentenza penale dichiarativa della prescrizione, qualora contenga accertamento dei fatti a carico dell'imputato in sede disciplinare, consentirebbe di ricevere una regolamentazione identica a quella di condanna (cfr. Consiglio di Stato n. 2942/2011).
Tale interpretazione sarebbe confermata anche dal nuovo codice dell'ordinamento militare di cui al D.Lgs. n. 66 del 2010, che prevede due sole categorie di sanzioni disciplinari: -- quelle di cui all'articolo 1392, attivate a seguito di giudizio penale a prescindere dall'intervento di una sentenza di condanna; -- quelle conseguente a gravi fatti disciplinari.
L'assunto è complessivamente infondato.
Deve preliminarmente annotarsi che, ratio temporis, il presente caso è fuori dall'applicazione della disciplina del Codice Militare per cui il suo richiamo da parte dell'appellante appare del tutto inconferente nella specie.
Ciò posto, in assenza di una sentenza di condanna deve escludersi che potesse essere applicato lo speciale termine di 90 giorni posto dell'art. 9 comma 2 L. 7 febbraio 1990 n. 19, in quanto il procedimento disciplinare doveva seguire la disciplina generale prevista dal T.U. 10 gennaio 1957 n. 3 (cfr. Consiglio Stato A. Plen., 26 giugno 2000, n. 159; Consiglio Stato, sez. IV, 07 luglio 2009, n. 4359; idem 3 maggio 2011 n. 2643; idem 17 maggio 2012 n. 2849).
Come la Sezione in passato ha già avuto modo di sottolineare argomentando ex art. 97 t.u. n. 3 del 1957 ed ex art. 7 D.Lgs. n. 449 del 1992, in presenza di una sentenza di assoluzione (compresi i casi in cui il fatto non costituisce reato) l'Amministrazione conserva il suo potere di autonoma valutazione dei fatti disciplinarmente rilevanti, in quanto l'illiceità penale e quella disciplinare orbitano su piani assolutamente differenti (cfr. Consiglio Stato, sez. IV, 07 luglio 2009, n. 4359; idem 3 maggio 2011 n. 2643).
Ciò perché, non essendovi un accertamento penale definitivo, l'amministrazione al fine di valutare comportamenti rilevanti ai fini disciplinari, può, e deve, effettuare autonomi accertamenti e specifiche valutazioni dei fatti e delle relative implicazioni (cfr. Consiglio Stato, sez. V, 25 gennaio 2002 , n. 413; Consiglio Stato, sez. V, 25 gennaio 2002, n. 413). Resta naturalmente fermo il solo limite dell'immutabilità dell'accertamento dei fatti nella loro materialità operato in sede penale.
In sostanza è inibito alla P.A. ricostruire storicamente l'episodio posto a fondamento dell'incolpazione in modo diverso da quello risultante dalla sentenza penale di proscioglimento, nondimeno la stessa ha comunque la libertà di valutare i medesimi accadimenti nell'ambito del procedimento disciplinare.
L'area dell'illecito penale è infatti notoriamente più ristretta rispetto a quella dell'illecito disciplinare, per cui uno stesso fatto può essere giudicato penalmente lecito ed invece disciplinarmente illecito (al riguardo basta ricordare l'esempio di scuola, relativo alle ingiurie e diffamazioni ad un superiore).
In ogni caso, in sede di inchiesta disciplinare conseguente a sentenza penale di proscioglimento per prescrizione, l'amministrazione è vincolata al rispetto:
-- per l'inizio del procedimento: dei 180 giorni di cui all'art. 97, III co. del T.U. 10 gennaio 1957 n.3 decorrenti dalla data in cui l'amministrazione ha ricevuto la formale comunicazione della sentenza irrevocabile di assoluzione;
-- per la sua conclusione: dei termini di cui all'art. 120 comma 1, D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3.
Tali disposizioni, in ogni caso, non prevedono un termine massimo complessivo di durata del procedimento, ma si limitano a imporre da usb lato un termine iniziale per la contestazione e,dall'altro, che fra atto ed atto non decorrano più di novanta giorni.
Nel caso in esame del tutto esatta è la ricostruzione giuridica e temporale della vicenda operata dal TAR in quanto:
- la sentenza è stata acquisita dall'amministrazione il 29 marzo 2010, data della nota di trasmissione di copia di essa, circa dieci giorni dopo l'irrevocabilità;
- il 9 settembre 2010, dopo centosessantaquattro giorni dalla detta conoscenza, l'amministrazione ha contestato a R. il suddetto fatto storico come illecito disciplinare;
- il 15 novembre 2010, dopo sessantasette giorni dopo la contestazione, è stata formata la Commissione disciplinare;
- il 15 dicembre 2010, dopo trenta giorni la nomina, la Commissione si è pronunciata;
- che il 23 febbraio 2010, dopo settanta giorni dopo la pronuncia della Commissione, è intervenuto il provvedimento di cui in epigrafe.
Il procedimento è stato qui ritualmente concluso in quanto l'Amministrazione ha più volte interrotto il termine dei 90 gg. di cui all'art. 120 del cit. T.U. n. 3/1957. Di qui la correttezza sul punto della decisione gravata.
Il motivo va dunque respinto.
___2.par.. Con il secondo motivo l'appellante contesta che il TAR non avrebbe apprezzato la censura concernente l'illegittimità del provvedimento di rimozione impugnato in primo grado il quale: -- avrebbe richiamato in maniera "generica ed esasperante" alcune precedenti trasgressioni; -- sarebbe stato irragionevole con riferimento ai comportamenti concretamente contestati al ricorrente; -- sarebbe stato sproporzionato e non avrebbe tenuto conto della crescita morale ed etica (per l'attività di volontariato svolta per un decennio); e del rendimento professionale che l'aveva portato alla promozione.
Inoltre sarebbe stato inverosimile il riferimento al nocumento all'immagine al prestigio dell'amministrazione, dato che la stampa non aveva riportato alcuna notizia e comunque il militare dal 2002 sarebbe stato assegnato a servizi di caserma e di vigilanza. L'amministrazione in casi analoghi (truffa militare pluriaggravata) si sarebbe comunque limitata alla sospensione dal servizio del colpevole.
Infine nella sentenza del Tribunale di Bergamo sarebbe emerso che: -- non si sarebbe mai rivelato il "lucro privato"; -- la persona offesa che lo accusava non sarebbe apparsa un "teste attendibile" e comunque sarebbe stata obbligata dagli operatori di polizia a firmare la dichiarazione accusatoria; -- non sarebbero mai risultate le asserite minacce di cui all'accusa né dalle intercettazioni telefoniche e né in dibattimento;-- tutti i suoi testimoni lo avevano definito una persona "affidabile e disponibile".
L'assunto va completamente disatteso.
La punibilità di un comportamento disciplinarmente rilevante è infatti finalizzata alla migliore tutela dell'interesse pubblico alla legalità, all'imparzialità e al buon andamento degli uffici pubblici, secondo i principi sanciti dall'art. 97 Cost. (cfr. Consiglio Stato, sez. IV, 07 luglio 2009, n. 4359; idem 3 maggio 2011 n. 2643; idem 17 maggio 2012 n. 2849).
Come è noto (cfr. Consiglio di Stato, Sezione IV , 30/11/2010 n. 8350), la valutazione dei fatti e della loro gravità (così come la misura delle relative sanzioni) costituiscono valutazione di merito ampiamente discrezionale che è sindacabile sul piano della legittimità unicamente nell'ipotesi di macroscopici vizi logici, o travisamenti dei fatti, qui comunque non sussistenti.
Ciò premesso, il provvedimento di rimozione è affidato ad un'obiettiva valutazione dei comportamenti del militare i quali, ancorché fossero stati ritenuti non punibili sul piano della legge penale per prescrizione, assumevano il requisito della "rilevante gravità" sotto il profilo disciplinare per la loro intima connessione con le funzioni esercitate dalla Guardia di Finanza.
Del tutto inconsistente appare infatti il riferimento all'alto profilo etico e morale dell'appellante. Come risulta anche da un altro contenzioso n. 6596/2011 (introitato dalla Sezione per la decisione in pari data), in precedenza l'appellante era stato condannato in primo grado (e poi prosciolto ancora una volta per prescrizione) per il reato di millantato credito ex art. 346 del (Lpd)p.p. per aver indotto, in concorso con un altro collega, un imprenditore a versargli del danaro con la promessa di notizie sugli accertamenti fiscali presso la sua cava e per influire sull'esito relativo.
In ogni caso, contrariamente a quanto vorrebbe l'appellante, la condotta per cui è stata poi irrogata la destituzione costituisce un comportamento reiterato e continuato di notevole gravità che, al di là di ogni retorica in materia, testimoniava l'assenza in capo all'appellante di quel senso morale, dell'onore e della legalità che sono le qualità umane e professionali indispensabili per un Finanziere.
In tale quadro appare quindi corretto il fondamento logico della sanzione irrogata per cui gli addebiti qui addotti, non solo avevano compromesso gravemente la pubblica funzione di prevenzione e di repressione dei reati, ma erano idonei a generare un notevole sconcerto nell'opinione pubblica ed a minare la credibilità stessa delle Istituzioni.
___ 3.par.. L'appello è in conclusione infondato.
La sentenza impugnata, ed il provvedimento impugnato in prime cure meritano dunque integrale conferma.
Le spese tuttavia, per evidenti e speciali ragioni di socialità, possono essere compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando:
___1. respinge l'appello, come in epigrafe proposto.
___ 2. Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

   

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