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Dipendente della Polizia di Stato - Richiesta di trasferimento per contrazione di matrimonio con un maresciallo dell'Arma trasferito d'autorità ad altra sede

Dettagli

d " Il coniuge convivente del personale militare di cui al comma 1 che sia impiegato di ruolo in una amministrazione statale ha diritto, all'atto del trasferimento o dell'elezione di domicilio nel territorio nazionale, ad essere impiegato, in ruolo normale, in soprannumero e per comando, presso le rispettive amministrazioni site nella sede di servizio del coniuge, o, in mancanza, nella sede più vicina")




T.A.R. Lazio (Lpd) Sez. I ter, Sent., 05-11-2012, n. 9028
Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
Che la ricorrente, già in servizio presso la Polfer di (Lpd), ha chiesto, alla propria amministrazione:
- in data 29.3.2000: di essere trasferita per le sedi di (Lpd) o (Lpd) o (Lpd) in quanto prossima a contrarre matrimonio con un m.llo dell'Arma dei CC in servizio a (Lpd);
- in data 22.10.2001 (dopo essersi sposata il 4.8.2001): di essere trasferita presso la sede di (Lpd);
- in data 12.9.2006: di essere trasferita presso la sede di (Lpd) in quanto il proprio coniuge era stato trasferito "d'autorità", il 6.9.2006, presso il Comando Compagnia di CC di (Lpd) (Lpd): domanda, dunque, da ritenersi azionata ai sensi della norma dell'art.1 c.5 della L. n. 100 del 1987 (che recita " Il coniuge convivente del personale militare di cui al comma 1 che sia impiegato di ruolo in una amministrazione statale ha diritto, all'atto del trasferimento o dell'elezione di domicilio nel territorio nazionale, ad essere impiegato, in ruolo normale, in soprannumero e per comando, presso le rispettive amministrazioni site nella sede di servizio del coniuge, o, in mancanza, nella sede più vicina") i cui effetti sono stati estesi anche nei confronti del coniuge convivente di personale appartenente alla Polizia di Stato dall'art. 10 c.2 del D.L. n. 325 del 1987 convertito nella L. n. 402 del 1987 e sostanzialmente confermati dall'art.17 della L. n. 266 del 1999 (oggi parzialmente modificato dal D.Lgs. n. 66 del 2010 art. 2268);
- in data 18.4.2007: di essere trasferita presso la sede di (Lpd), previo riesame, da parte della p.a., della ministeriale in data 06.12.2006: nota quest'ultima con cui l'Amministrazione aveva replicato all'istanza del 12.9.2006 limitandosi a rappresentare all'interessata che la sua aspirazione ad essere assegnata a (Lpd) era stata già annotata agli atti dell'Ufficio;
- in data 28.10.2008: di essere trasferita ( in base non alla L. n. 100 del 1987 ma alla disciplina interna alla P.S. data dal D.P.R. n. 335 del 1982: istanza respinta con nota del 02.12.2008);
Che, con ministeriale del 9.5.2007, l'Amministrazione ha respinto l'istanza della dipendente del 18.4.2007, limitandosi a partecipare alla stessa che "non ricorrono i presupposti per poter applicare la normativa invocata" senza ulteriori specificazioni;
Che avverso detta ministeriale del 9.5.2007 la ricorrente si è gravata con l'atto introduttivo dell'odierno giudizio deducendo:
- la violazione dell'art.10 bis della L. n. 241 del 1990 non essendo stati previamente comunicati all'interessata i motivi ostativi all'accoglimento della domanda ex art.1 c.5 L. n. 100 del 1987;
- il difetto di motivazione non risultando decifrabili, dal contenuto dell'atto gravato, le ragioni che ne hanno determinata l'adozione;
- la violazione dell'art.1 c.5 della L. n. 100 del 1987 e dell'art.17 della L. n. 266 del 1999, essendo la ricorrente in possesso dei requisiti (convivenza ed appartenenza ad amministrazione statale) prescritti da dette disposizioni quali presupposti per l'esercizio del diritto dalle stesse disciplinato;
Che l'amministrazione, per il tramite del Pubblico Patrocinio, si è costituita in giudizio:
- eccependo, in rito, la sopravvenuta cessazione della materia del contendere; e ciò in quanto la dipendente, in adesione della sua originaria istanza del 2000 ( e cioè della prima domanda di trasferimento, azionata non ai sensi della L. n. 100 del 1987 quando l'interessata era ancora nubile), è stata trasferita alla Questura di (Lpd) il 16.4.2007 con provvedimento mai avversato; e:
- deducendo nel merito, che è mancato nella fattispecie ( essendo diverse e notevolmente distanti tra loro le sedi ove i coniugi prestano servizio: la ricorrente in (Lpd) ed il consorte in (Lpd)) il requisito della convivenza: requisito non surrogato dalla comune residenza anagrafica dei coniugi. Accede a tanto che il provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello adottato con conseguente applicazione al caso di cui trattasi dell'art. 21 octies della L. n. 241 del 1990;
Considerato in diritto:
Che sulla costituzionalità dell'art.17 della L. n. 266 del 1999 si è già pronunciato il Giudice delle Leggi (ved. C.C.le, sent. n.183/2008) affermando che " La finalità dell'istituto del ricongiungimento del coniuge di militare trasferito, previsto dalla disposizione impugnata, è di tener conto contemporaneamente di due diverse esigenze: da un lato, quella del buon andamento dell'amministrazione militare, la quale richiede un regime di più accentuata mobilità del rispettivo personale, per cui è previsto un "trasferimento d'autorità"; dall'altro lato, l'esigenza di tutela dell'unità familiare che, in mancanza di tale istituto, per il militare e la sua famiglia risulterebbe compromessa, proprio a causa del particolare regime di mobilità che ne connota lo status. Il ricongiungimento è, dunque, diretto a rendere effettivo il diritto all'unità della famiglia, che, come questa Corte ha riconosciuto, si esprime nella garanzia della convivenza del nucleo familiare e costituisce espressione di un diritto fondamentale della persona umana. Tale valore costituzionale può giustificare una parziale compressione delle esigenze di alcune amministrazioni (nella specie, quelle di volta in volta tenute a concedere il comando o distacco di propri dipendenti per consentirne il ricongiungimento con il coniuge), purché nell'ambito di un ragionevole bilanciamento dei diversi valori contrapposti, operato dal legislatore";
Che, e a prescindere da ogni concreto apprezzamento sulla sussistenza, o meno, nel caso di specie, dei requisiti prescritti dall'art.17 della L. n. 266 del 1999, la motivazione (postuma rispetto all'adozione dell'atto avversato) addotta dall'amministrazione per sostenere la carenza del requisito della convivenza coniugale non appare condivisibile, atteso che può dirsi "non convivente" il coniuge separato di fatto o legalmente dal consorte, mentre, per converso, la convivenza coniugale non può dirsi certamente interrotta od insussistente per il fatto che due coniugi, in costanza di matrimonio e genitori di figlio minore, siano costretti a svolgere la rispettiva attività lavorativa in città diverse, atteso che detta ultima circostanza non fa venir meno, certamente, l'elemento dell'unità dei coniugi e della famiglia da costoro costituita;
Che, conseguentemente, dovendosi escludere che l'Amministrazione fosse vincolata a dare all'atto gravato i contenuti sopra indicati, l'art.21 octies, evocato dalla resistente, non sana la violazione ex art.10 bis della legge sul procedimento amministrativo da cui l'atto impugnato appare viziato;
Che com'è noto la ratio del c.d. "preavviso di rigetto" risiede nell'esigenza di instaurare un vero e proprio contraddittorio endoprocedimentale, in cui il privato è posto in condizione di addurre gli elementi che arricchiscano il patrimonio conoscitivo dell'Amministrazione e chiariscano tutte le circostanze ritenute utili al conseguimento del risultato finale, senza essere costretto ad adire immediatamente le vie giurisdizionali; pertanto, in quanto norma di garanzia partecipativa, la stessa impone la rigorosa indicazione di tutti i profili motivazionali che dovrebbero suffragare il provvedimento finale negativo, onde permettere al richiedente la presentazione delle osservazioni e la produzione dei documenti riferibili alla totalità degli aspetti che l'Amministrazione considera ostativi al rilascio del provvedimento invocato. Nella fattispecie, al contrario, l'Autorità procedente si è limitata a comunicare alla ricorrente che "non ricorrono i presupposti per poter applicare la normativa invocata", e ciò ha evidentemente impedito all'interessata di controdedurre in modo compiuto e consapevole rispetto a conclusioni di cui ignorava concretamente le ragioni;
Che, contrariamente all'avviso della resistente Amministrazione, il trasferimento della ricorrente presso la Questura di (Lpd) non ha generato, pur se non gravato dalla stessa, alcun interesse a desistere dalla coltivazione del gravame posto che detto trasferimento asseconda - come dalla stessa resistente affermato - l'istanza azionata dalla dipendente nell'anno 2000 quando non era ancora coniugata: istanza seguita dalle successive in premessa richiamate finalizzate alla specifica applicazione della normativa (L. n. 100 del 1987 e L. n. 266 del 1999) in premessa richiamata;
Che, per quanto sopra, va rilevata la fondatezza della doglianza relativa alla violazione dell'art. 10-bis della L. n. 241 del 1990 e, assorbite le restanti questioni per il carattere necessariamente assorbente di simile censura rispetto alle altre, l'illegittimità del provvedimento impugnato;
Che le spese di lite seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo;
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter) accoglie, come da motivazione il ricorso in epigrafe e, per l'effetto, annulla il provvedimento con lo stesso avversato.
Condanna la resistente amministrazione al pagamento delle spese di lite che liquida in Euro2000,00 a beneficio della parte ricorrente.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

   

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