Danno erariale:..permessi gli sono stati rilasciati dall'Amministrazione datrice di lavoro nella qualità di Segretario regionale per la Polizia di Stato dell'Organizzazione sindacale e non quale Segretario regionale della stessa Organizzazione..

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Categoria: Sentenze - Ordinanza - Parere - Decreto
Creato Lunedì, 12 Novembre 2012 01:57
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C. Conti Umbria Sez. giurisdiz., Sent., 10-09-2012, n. 96
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
Con atto di citazione emesso in data 30 novembre 2011, introduttivo del giudizio iscritto al n. 11885 del registro di Segreteria di questa Sezione giurisdizionale regionale, la Procura regionale ha convenuto il sovrintendete della Polizia di Stato (Lpd), come in epigrafe identificato, per sentirlo condannare, in favore del Ministero dell'interno, al pagamento della somma di Euro 34.213,72, debitamente da rivalutare, ed alle spese di giudizio in favore dello Stato, per aver causato un danno erariale di tale importo.
Secondo l'attrice:
- il danno è costituito dalla retribuzione che il (Lpd) ha percepita, tra il dicembre 2009 ed il giugno 2011, in concomitanza con la fruizione di permessi per "distacco sindacale", illegittima per l'acquisita carica, da parte del convenuto, di Segretario regionale di un'Organizzazione e non più solo di Segretario regionale della medesima Organizzazione per la sola Polizia di Stato;
- l'antidoverosità della condotta è rintracciabile nello scostamento dai limiti dettati in materia dagli articoli 82 ed 83 della legge 1 aprile 1981, n. 121, con riferimento al personale appartenente alla Polizia di Stato;
- l'elemento psicologico è qualificabile come doloso, per la consapevolezza nel (Lpd) - in ragione proprio della carica rivestita - dell'insussistenza del diritto ai permessi retribuiti nella qualità acquisita.
Il convenuto s'è costituito con memoria depositata il 18 maggio 2012, ove ha evidenziato:
- che i permessi gli sono stati rilasciati dall'Amministrazione datrice di lavoro nella qualità di Segretario regionale per la Polizia di Stato dell'Organizzazione sindacale e non quale Segretario regionale della stessa Organizzazione;
- che la citazione è affetta da nullità, per mancata indicazione delle specifiche violazioni dei doveri d'ufficio sulle quali essa si fonda;
- che l'eventuale violazione delle disposizioni recate dalla legge n. 121 del 1981, indicate dalla Procura, non determina di per sé il danno contestato;
- che la Procura non ha provato l'affermazione in base alla quale la "gran parte" del suo impegno sindacale è stato indirizzato alla carica più prestigiosa e impegnativa, cioè quella di Segretario regionale dell'Organizzazione;
- che, al contrario, le attività connesse alla carica in questione sono state da lui svolte fuori dall'orario lavorativo;
- che la documentazione depositata in allegato all'atto difensivo rende facilmente riscontrabile che le attività svolte utilizzando i permessi sono state svolte nell'esclusivo interesse degli appartenenti alla Polizia di Stato.
Ha concluso, pertanto, chiedendo alla Corte di accertare e dichiarare la carenza di concrete circostanze oggetto di effettiva contestazione, con ogni conseguente carenza della causa petendi dell'azione e, per l'effetto, dichiarare la nullità e/o inammissibilità della citazione, ovvero, in subordine, dichiarare la domanda infondata e da respingere, con vittoria di spese, diritti e onorari di giudizio.
All'udienza pubblica odierna, per la discussione, il patrono del convenuto ha assunto che la ricostruzione del fatto operata in citazione è diversa rispetto all'originaria prospettazione. L'onere della prova incombe a chi agisce e la Procura non ha provato i fatti sui quali fonda l'ipotesi di responsabilità. È dimostrato, invece, che nelle giornate alle quali l'attrice ha riferito una rappresentanza "politica", il (Lpd) non era in permesso sindacale.
Il rappresentante del Pubblico ministero, da parte sua, confermata la citazione e precisato di non avere informazioni in ordine a procedimenti disciplinari avviati nei confronti del (Lpd) da parte dell'Amministrazione datrice di lavoro, ha ribadito che la condotta antidoverosa si evince dal rapporto di proporzionalità tra le due cariche sindacali ricoperte dal convenuto con riferimento al tempo messo a disposizione, non essendo plausibile che la Procura possa fornire una puntuale dimostrazione di ogni singola attività con riferimento a tutto il periodo preso in considerazione.
Motivi della decisione
La questione all'esame del Collegio concerne un'ipotesi di danno erariale, dell'ammontare di Euro 34.213,72, arrecato dal sovrintendente della Polizia di Stato (Lpd) all'Amministrazione datrice di lavoro, per retribuzione indebitamente percepita in concomitanza con la fruizione di permessi di "distacco sindacale" per lo svolgimento dell'attività di Segretario regionale di un'Organizzazione e non meramente di rappresentante della stessa Organizzazione per la sola Polizia di Stato.
Preliminarmente il Collegio ritiene di dover disattendere l'eccezione di nullità dell'atto di citazione sollevata dal convenuto.
In tema più volte la giurisprudenza di questa Sezione ha chiarito (si veda, per la completezza di trattazione dell'argomento, la sentenza n. 11 del 23 settembre 2008/24 febbraio 2009) che gli atti di citazione in materia di responsabilità amministrativa patrimoniale sono "nulli quando non siano sottoscritti o quando siavi assoluta incertezza sull'oggetto della domanda", secondo l'articolo 3 del regio decreto n. 13 agosto 1933, n. 1038, con il quale è stato approvato il regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei conti. Con riferimento all'atto introduttivo del presente giudizio non risulta verificata alcuna delle condizioni poste dalla legge, poiché non c'è alcun difetto di sottoscrizione dell'atto introduttivo del giudizio e la domanda processuale è stata esaustivamente prospettata nei confronti del convenuto, in guisa tale da porlo nella condizione di ampiamente esercitare il proprio diritto di difesa;
Venendo, così, al merito della controversia, il Collegio considera che la tesi della Procura si fonda, essenzialmente, sull'antidoverosità della condotta del convenuto, ritenuta realizzata in violazione di quanto disposto dagli articoli 82 ed 83 della legge 1 aprile 1981, n. 121, recante "Nuovo ordinamento dell'Amministrazione della pubblica sicurezza".
Le disposizioni richiamate prevedono quanto segue:
"Articolo 82 - (Diritti sindacali)
Gli appartenenti alla Polizia di Stato hanno diritto di associarsi in sindacati.
Essi non possono iscriversi a sindacati diversi da quelli del personale di polizia né assumere la rappresentanza di altri lavoratori.
Gli appartenenti alla Polizia di Stato, fuori dell'orario di servizio, possono tenere riunioni anche in divisa:
a) in locali di pertinenza dell'amministrazione, messi a disposizione dalla stessa, che fissa le modalità d'uso;
b) in luoghi aperti al pubblico.
Possono tenersi riunioni durante l'orario di servizio nei limiti di dieci ore annue. I dirigenti della Polizia di Stato hanno facoltà di fissare speciali modalità di tempo e di luogo per il loro svolgimento.
Articolo 83 - (Sindacati della Polizia di Stato)
I sindacati del personale della Polizia di Stato sono formati, diretti e rappresentati da appartenenti alla Polizia di Stato, in attività di servizio o comunque assoggettabili ad obblighi di servizio, e ne tutelano gli interessi, senza interferire nella direzione dei servizi o nei compiti operativi.
Essi non possono aderire, affiliarsi o avere relazioni di carattere organizzativo con altre associazioni sindacali".
Il rappresentante del Pubblico Ministero, peraltro, appositamente interpellato al dibattimento sul punto, non ha potuto chiarire se l'Amministrazione datrice di lavoro del (Lpd) abbia avviato alcun procedimento disciplinare nei sui confronti, per presunta violazione degli obblighi stabiliti dalle norme testé riepilogate.
In sostanza, e per riassumere, è evidente che la contestazione della Procura si basa sul danno erariale che sarebbe stato provocato dal (Lpd) per l'assunzione - asseritamente illegittima - dell'incarico di Segretario generale di un'organizzazione sindacale con competenza eccedente il comparto della Polizia di Stato. A riguardo il Collegio rileva che, effettivamente, sussistono seri dubbi sulla legittimità dell'accettazione della richiamata carica, situazione critica che avrebbe potuto assumere rilievo in uno specifico procedimento disciplinare, che allo stato non risulta neppure attivato. Tuttavia la mera illegittimità (rectius: antidoverosità) del comportamento non attualizza automaticamente un danno erariale, Ovvero, per esser più chiari, la mera antidoverosità non costituisce prova del danno e, tanto meno, non esime la Procura dal doverlo dimostrare in modo compiuto e corretto secondo le regole di procedura.
Il Collegio ritiene, infatti, che ogni più approfondita indagine in ordine alla conformità o meno della condotta del (Lpd) agli obblighi impostigli dalla legge in qualità di appartenente alla Polizia di Stato divenga - in questa sede - recessivo rispetto alla preventiva, positiva verifica della sopportazione di un pregiudizio patrimoniale da parte della presunta danneggiata.
In altri termini, essendo elementi costitutivi imprescindibili della responsabilità amministrativa patrimoniale il danno ingiusto, concreto ed attuale, causato da un soggetto in rapporto di servizio con l'Amministrazione danneggiata mediante una condotta antidoverosa improntata a dolo o colpa grave, incombe al Giudice la verifica, in via preliminare, della sussistenza del primo di siffatti elementi, gli altri essendone in qualche modo subordinati e, casomai, rilevanti ad altri fini (ad esempio: quello della responsabilità disciplinare), ma divenendo irrilevanti in relazione alla responsabilità "patrimoniale" oggetto della giurisdizione della Corte dei conti.
Orbene, nel caso del (Lpd), ci si imbatte in una fattispecie nella quale l'attrice ha improntato la citazione su una valutazione presuntiva. Ha assunto, cioè, che, nel periodo (dicembre 2009/giugno 2011) durante il quale la responsabilità sindacale del convenuto s'è estesa non più solamente all'incarico di Segretario regionale per la Polizia di Stato, ma di Segretario regionale dell'Organizzazione sindacale in generale, le maggiori incombenze conseguenti all'assunzione di tale ultimo incarico debbano avere avuto una maggiore incidenza sul tempo dedicato all'espletamento in posizione di "distacco sindacale". Illegittima essendo - in tesi - l'assunzione di tale incarico generale, il tempo sottratto deve ritenersi illegittimamente retribuito (rectius: la retribuzione deve intendersi illegittimamente percepita), con conseguente produzione del danno patrimoniale per il quale c'è causa. Al dibattimento, peraltro, il rappresentante del Pubblico ministero ha ribadito l'impostazione presuntiva della citazione, affermando non potersi pretendere dalla Procura una dimostrazione puntuale relativa a tutte le singole attività svolte dal (Lpd).
Il convenuto, a sua volta, chiarito di aver svolte le attività di Segretario regionale dell'Organizzazione sindacale fuori dell'orario di lavoro, ha depositata documentazione tendente a dimostrare che i permessi fruiti avevano stretto riscontro con attività relative all'esclusivo interesse del personale della Polizia di Stato, essendo al contempo egli comunque Segretario regionale della medesima Organizzazione per la stessa Polizia di Stato.
Il Collegio ritiene che la domanda giudiziale della Procura sia infondata e debba essere respinta.
Il pregiudizio patrimoniale a discapito dell'Amministrazione della Pubblica sicurezza, per il risarcimento del quale la Procura regionale ha agito risulta, infatti, non provato.
Considera il Collegio che non del tutto insensata è l'argomentazione svolta dal rappresentante del Pubblico ministero al dibattimento circa l'impossibilità - per la Procura - di fornire una prova sistematica e puntuale di ogni singola circostanza nella quale il convenuto, in presunta violazione di legge, abbia fruito illegittimamente di permesso per "distacco sindacale", così percependo la retribuzione altrettanto illegittimamente.
Tuttavia, in fattispecie, la citazione si fonda tutta, integralmente, su una valutazione di tipo probabilistico, basandosi sull'assunto che l'incarico più prestigioso che il (Lpd) ha ricoperto nel periodo dicembre 2009/giugno 2011 fosse assiomaticamente più impegnativo e, pertanto, implicasse che il tempo trascorso in posizione di distacco sindacale sia stato dedicato allo svolgimento delle incombenze ad esso connesse, non a quelle collegate al concomitante incarico di rappresentante della medesima Organizzazione per la Polizia di Stato, alle quali il sovrintendente poteva legittimamente attendere, a tenore delle disposizioni che regolano le attività sindacali del personale della Pubblica sicurezza.
In citazione, però, la Procura non ha provata neppure una delle circostanza nelle quali l'illegittimo impiego del tempo retribuito sia stato distolto ad attività consentite, per svolgerne altre, in violazione di legge.
Al contrario, il convenuto - a corredo della comparsa difensiva - ha depositata documentazione che, pure a tener conto della possibile parzialità che ne ha ispirata la produzione, tende a dimostrare l'infondatezza delle assunzioni dell'attrice.
Nel contesto così delineato il Collegio deve pronunciarsi considerando che il giudizio per responsabilità amministrativa patrimoniale dinanzi alla Corte dei conti è improntato, in prevalenza, alle categorie del giudizio civile, sia per motivi strutturali relativi all'intrinseco oggetto delle pronunzie richieste, sia in dipendenza del rinvio dinamico contenuto nell'articolo 26 del regolamento di procedura approvato con regio decreto n. 13 agosto 1933, n. 1038.
Trova, così, applicazione a questa tipologia di giudizio l'articolo 116 c.p.c., in base al quale "il giudice deve valutare le prove secondo il suo prudente apprezzamento, salvo che la legge disponga altrimenti. Il giudice può desumere argomenti di prova dalle risposte che le pari gli danno a norma dell'articolo seguente, dal loro rifiuto ingiustificato a consentire le ispezioni che egli ha ordinate e, in generale, dal contegno delle parti stesse nel processo".
Ai fini dell'applicazione di tale disposizione la Suprema Corte ha avuto modo di chiarire che "spetta al giudice di merito, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento" (sent. 15 luglio 2009, n. 16499), anche al fine di affermarne la sufficienza per la decisione (SS.UU., 14 dicembre 1999, n. 898), non incontrando altro limite che "quello di indicare le ragioni del proprio convincimento" (sent. 24 maggio 2006, n. 12362), non essendo censurabile "l'operato del giudice di merito che, adeguatamente motivando, fondi il proprio convincimento su un unico elemento di valutazione degli elementi già acquisiti al processo" (sent. 26 marzo 1997, n. 2700).
In una fattispecie quale quella oggetto della presente controversia, inoltre, adeguato corollario alla disposizione del rito comune testé riepilogata è costituito da quella recata dal primo comma dell'articolo 2729 c.c., in forza del quale "Le presunzioni non stabilite dalla legge sono lasciate alla prudenza del giudice, il quale non deve ammettere che presunzioni gravi, precise e concordanti". Anche di tale disposizione la Suprema Corte ha avuto modo di precisare i confini applicativi, affermando - tra l'altro - che "l'esistenza di una presunzione sulla quale sia possibile fondare la decisione di una causa può validamente desumersi in presenza di una pluralità di elementi di valutazione gravi, precisi e concordanti, nei quali il requisito della gravità è ravvisabile per il grado di convincimento che ciascuno di essi è idoneo a produrre a fronte di un fatto ignoto, la cui esistenza deve poter essere dimostrata in termini di ragionevole certezza, il requisito della precisione impone che i fatti noti e l'iter logico del ragionamento probabilistico (siano) ben determinati nella loro realtà storica ed il requisito unificante della concordanza richiede che il fatto ignoto sia di regola desunto da una pluralità di fatti gravi e precisi univocamente convergenti nella dimostrazione della sua sussistenza, mentre la sommatoria di una serie di dati in sé insignificanti e privi di precisione e gravità non può assumere rilevanza alcuna" (così, tra le moltissime, la Sez. II, 24 febbraio 2004, n. 646).
È alla luce delle indicazioni interpretative testé riassunte che il Collegio deve, dunque, verificare se gli elementi offerti dalla Procura regionale siano idonei a sostenere, sul piano probatorio, l'assunto contenuto in citazione.
Nel materiale depositato in allegato all'atto introduttivo del giudizio si rinvengono:
a) comunicati sindacali sottoscritti da un Segretario regionale per la Polizia di Stato diverso dal (Lpd) (punti 7.10 e ss., 9.1. e 9.2 della nota deposito atti);
b) un articolo di stampa (punto 9.3 della nota deposito atti) che concerne dichiarazioni rese dal (Lpd) nella qualità di Segretario regionale della Polizia di Stato per l'Organizzazione sindacale d'appartenenza;
c) vari articoli di stampa (ad esempio quelli di cui ai punti 7.16, 9.4 e ss., o 9.15 della nota deposito atti) che raccolgono dichiarazioni del (Lpd) in qualità di Segretario regionale generale dell'Organizzazione sindacale rappresentata;
d) articoli di stampa concernenti l'esito di riunioni sindacali nelle quali sono stati trattati argomenti non inerenti all'attività della Polizia di Stato (punti 9.8, 9.11 e 9,13, 9.18 della nota deposito atti).
L'esame di tale materiale induce alle seguenti considerazioni:
- quanto ai comunicati di cui sotto il punto a), essi attestano, al più, che altri, non il (Lpd), s'è occupato dell'attività sindacale della Polizia di Stato in Umbria, ma ciò non dimostra che il convenuto abbia sottratto tempo retribuito per attività che non avrebbe potuto (in tesi) legittimamente svolgere;
- quanto all'articolo di cui sub b), esso pertiene ad attività sindacale inerente alla Polizia di Stato e, dunque, consentita al convenuto;
- quanto agli articoli di cui sub c), trattandosi di dichiarazioni rilasciate dal (Lpd) (su tematiche del mondo del lavoro non inerenti all'attività della Polizia di Stato) e raccolte dagli Organi d'informazione, essi mostrano certamente che egli rappresentava, nella Regione, l'Organizzazione sindacale in generale, non solamente per la Polizia di Stato, ma la questione non è controversa, né negata. Ciò non implica, però, che egli, per occuparsi delle tematiche e delle vicende sulle quali s'è espresso, abbia sottratto tempo retribuito dalla datrice di lavoro per svolgere attività non consentite. Dunque, ancora, sarebbe - semmai - provata la condotta antidoverosa, non il danno;
- quanto, infine, agli articoli di cui sub d), essi inducono a ritenere accertato che il convenuto abbia svolto attività sindacale generale - non limitata alla Polizia di Stato - nelle tre occasioni ivi riepilogate.
Queste ultime occasioni avrebbero potuto assumere rilevanza ai fini che qui interessano (sebbene non in guisa tale da determinare una domanda risarcitoria della misura indicata in citazione, stante la loro episodicità) ove l'attrice avesse provato che, per partecipare alle riunioni (o tavoli di trattativa o di composizione di conflitti tra datori e lavoratori), egli si trovasse, in quelle precise circostanze, nella posizione di distacco sindacale retribuito, anche perché il (Lpd) ha negato tale evenienza, non solamente a mezzo del suo patrono al dibattimento, ma già nelle deduzioni depositate alla Procura il 9 agosto 2011 e confermate in occasione dell'audizione personale avvenuta il 19 settembre 2011.
Nella circostanza il convenuto aveva rappresentato di aver svolto l'incarico di Segretario regionale dell'Organizzazione sindacale d'appartenenza senza "sottrazione né di tempo né di disponibilità al servizio", nelle "limitate ipotesi" nelle quali è stata necessaria la sua presenza fisica, svolgendo l'incarico "nel tempo libero ed al di fuori dell'orario lavorativo o addirittura durante i frequenti periodi di congedo ordinario fruiti quasi mensilmente".
Dunque - sebbene limitatamente ad ipotesi connotate dall'esigenza di valutare plurime condotte riconducibili ad un'unica ipotesi di danno, possa ritenersi sostenibile l'affermazione della Requirente in base alla quale è impensabile una verifica puntuale di ogni singola vicenda ritenuta produttiva del pregiudizio patrimoniale per il quale si chieda, poi, il risarcimento - il Collegio deve considerare che la Procura non s'è data carico, dianzi di emettere l'atto introduttivo del giudizio, di effettuare, proprio per quelle ipotesi "limitate" delle quali s'è detto e che sono, in sostanza, riconducibili alle occasioni richiamate sub d), una verifica che potesse confermare o smentire le deduzioni del (Lpd) sul punto.
Conseguentemente, il Collegio ritiene che, in fattispecie, difetti l'indicazione di quelle presunzioni gravi, precise e concordanti che possano far affermare per certo un fatto ignoto.
Né la Procura ha offerto presunzioni concordanti e coerenti, almeno sufficienti a pervenire all'an del danno, lasciando spazi per una sua quantificazione in via equitativa. Il quadro probatorio offerto è evidentemente troppo aspecifico per essere idoneo a dimostrare che, pur ammettendo l'antidoverosità del comportamento, ci sia stata comunque una deviazione in qualche misura dell'impegno sindacale proprio del comparto d'appartenenza, deviazione che possa far ritenere in tutto o in parte non assolti gli obblighi di segretario regionale del sindacato della Polizia.
Il difetto della prova del danno per il risarcimento del quale c'è controversia determina, così, che la citazione debba essere respinta, non essendone stato adeguatamente sostenuto il fondamento.
La reiezione nel merito della domanda attrice esonera il Collegio dall'emettere alcuna pronuncia sulle spese di giudizio, attesa la natura di parte solo in senso formale che connota la Procura.
Deve essere, invece, affermato il diritto del convenuto al rimborso delle spese legali che il Collegio ritiene, in applicazione dell'articolo 3 della legge n. 639 del 1996, come interpretato dall'articolo 10 bis, comma 10, della legge n. 248 del 2005, di determinare, forfetariamente, nella misura indicata in dispositivo, che tiene conto del valore e della complessità della causa, nonché del numero delle udienze necessario a definirla.
P.Q.M.
La Corte dei Conti sezione giurisdizionale regionale per l'Umbria definitivamente pronunciando nel giudizio per responsabilità amministrativa patrimoniale iscritto al n. 11885 del registro di Segreteria, instaurato con la citazione emessa dalla Procura regionale della Corte dei conti per l'Umbria in data 20 dicembre 2011.
Respinge la domanda attrice, formulata nei confronti di (Lpd), c.f.: (...) nato il (...) e, per l'effetto, proscioglie il convenuto, come in epigrafe identificato, da ogni addebito per i fatti ivi dedotti.
Non è luogo a pronuncia sulle spese di giudizio.
Liquida forfetariamente, per il rimborso a suo favore, diritti e onorari spettanti al difensore nella misura di Euro 2.000,00 (euro duemila/00), oltre IVA e Cap.