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..commissario aggiunto di polizia locale, impugna la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio per sei mesi ..

Dettagli

  

Trib. Milano Sez. lavoro, Sent., 05-09-2012
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
Il presente giudizio di impugnazione di sanzione disciplinare è stato preceduto da una fase cautelare nella quale le parti dichiaravano che la sanzione disciplinare era stata sospesa ai sensi dell'art. 150 del regolamento di organizzazione degli Uffici e del personale del Comune di (Lpd). La fase cautelare veniva quindi dichiarata estinta per cessazione della materia del contendere.
Nel merito, il ricorrente, commissario aggiunto di polizia locale, impugna la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio per sei mesi disposta con determinazione dirigenziale n. 22 del 29 luglio 2011 e notificata il 23 agosto 2011 "per non essersi, intenzionalmente, doverosamente astenuto, dalla vicenda di cui al procedimento disciplinare, da decisioni e attività in merito a fatti che comunque coinvolgevano un suo specifico interesse personale essendo stati messi in discussione, a torto o a ragione, in quei fatti, i suoi comportamenti di operatore di polizia quale responsabile dell'operazione del 12 marzo 2011, citati in premessa e per non aver lasciato ad altri. In base alle disposizioni disciplinari vigenti, le decisioni in merito e la conseguente attività".
Per chiarezza occorre riassumere la vicenda a base della sanzione disciplinare lasciando in risalto solo i fatti, epurati dalle farciture ideologiche con cui sono stati descritti dalle parti.
Il 12 marzo veniva effettuato un controllo sull'area mercatale di Piazza (...), di un cittadino extracomunitario intento a vendere merci senza alcuna autorizzazione e in violazione delle leggi sul diritto di autore.
Secondo il ricorrente tale soggetto tentava prima di evadere il controllo, e poi l'arresto in flagranza, con grave rischio per l'incolumità del personale di polizia e delle persone presenti in loco al punto che si rendeva necessario l'intervento di altro personale di polizia locale e dei carabinieri. L'arresto poi veniva convalidato e il soggetto condannato con giudizio direttissi(Lpd)
Il 28 marzo, durante il Consiglio Comunale, il consigliere comunale (Lpd)(Lpd) dichiarava di essere a conoscenza di più fatti, commessi da un agente di Polizia Municipale, messi in danno di cittadini senza il rispetto di regole e leggi, e si definiva esterrefatto per i comportamenti dell'agente.
Il settore di PG, nella persona del commissario aggiunto (Lpd)(Lpd) (anch'egli presente alle operazioni del 12 marzo), informato da altro agente di polizia locale presente nell'aula del Consiglio Comunale delle dichiarazioni del consigliere (Lpd), secondo la versione del ricorrente si attivava per verificare se tali critiche si riferissero all'operazione del 12 marzo, recandosi in Consiglio per acquisire elementi utili alle indagini e ottenendo dal consigliere (Lpd) un netto e immotivato rifiuto di fornire informazioni.
Secondo la versione del convenuto il (Lpd) avrebbe approcciato il Consigliere (Lpd), alla presenza dell'allora dirigente comunale dr. (Lpd)(Lpd), comunicandogli di ritenere le dichiarazioni appena fatte in consiglio lesive per gli operatori che avevano condotto l'operazione e che sarebbe stato chiesto alla polizia locale di verificare il contenuto di dette dichiarazioni per poi eventualmente procedere di conseguenza.
Ciò, a detta del ricorrente, rendeva necessarie attività di indagine per accertare la veridicità e la consistenza dei fatti segnalati, di portata "devastante" per l'immagine dell'Amministrazione Comunale, tanto nel caso fossero confermati quanto se, al contrario, fossero frutto di un malinteso o peggio notizie non veritiere e diffuse ad arte ...
Con atto del 29.3.2011 l'ufficio di PG inviava una nota al Sindaco, al Presidente del Consiglio Comunale, al Comandante della Polizia locale e alla Tenenza c.c. con cui chiedeva copia delle registrazioni e dei verbali del Consiglio Comunale.
Dopo l'invio di una nota di sollecito datata 18.4.11 il verbale veniva inviato in data 19.4.11.
Sostiene il ricorrente che, nell'impossibilità di accertare dal verbale se le accuse del consigliere (Lpd) fossero riferibili all'operazione del 12 marzo e a quale agente di Polizia municipale, unitamente all'UPG (Lpd) e al Dirigente di Polizia Locale concordava l'iter procedurale per l'escussione della persona informata sui fatti (il consigliere (Lpd)) e convenivano in prima battuta di effettuare un invito telefonico da parte del Dirigente presso gli uffici del Comando di Polizia Locale.
Qualora tale tentativo non avesse ottenuto effetto si sarebbe provveduto alla notifica di un idoneo invito a presentarsi ai sensi dell'art. 650 c.p.
A distanza di una settimana il Comandante riferiva di non essere riuscito a contattare il consigliere, né pervenivano formali note di incompatibilità tra il ricorrente e l'attività da lui svolta.
Con e-mail del 28 aprile il ricorrente avvisava il proprio Dirigente (Lpd) che avrebbe provveduto alla notifica dell'avviso ex art. 650 c.p. il giorno successivo.
Il 29 aprile il ricorrente, accompagnato da un agente di polizia locale si presentava al domicilio del Consigliere (Lpd) e gli notificava un provvedimento con il quale lo invitava a presentarsi presso di lui in caserma, ovvero presso il collega (Lpd) in relazione alle comunicazioni effettuate durante il Consiglio Comunale del 28 marzo.
In una riunione tenutasi il 3 maggio nell'ufficio del dott. (Lpd), Direttore Generale, il consigliere (Lpd) precisava, secondo la ricostruzione del ricorrente, per la prima volta, di aver inteso riferirsi al ricorrente come autore dei fatti illeciti. Da tale data il ricorrente si asteneva da ogni attività di indagine consegnando il fascicolo al proprio Dirigente dr. (Lpd) e chiedendo di essere assegnato ad altro settore.
Nella ricostruzione del Comune, il consigliere (Lpd) in data 6 maggio si recava presso la caserma della Polizia locale dove veniva interrogato dal commissario aggiunto (Lpd) alla presenza del comandante Dr. (Lpd)
In data 16 maggio il dr. (Lpd) protocollava la propria relazione datata 12 maggio nella quale dava atto che nessun comportamento contrario ai doveri dei pubblici dipendenti era stato da lui rilevato ammettendo di aver appreso e condiviso ogni attività condotta dai suoi UPG.
Ciò nonostante il giorno successivo il dr. (Lpd) avviava procedimento disciplinare a carico del ricorrente, del (Lpd) (Lpd) e del (Lpd) (Lpd) per violazione dell'art. 23 CCNL 6 luglio 1995, co. 3, lett. p), oggi punto r) del codice di disciplina dei pubblici dipendenti.
Secondo la prospettazione di parte ricorrente, il direttore generale avocava a sé in modo illegittimo, una generale competenza a valutare le condotte del personale della polizia locale, senza il parere del dirigente della Polizia Locale e sulla sola base delle parole pronunciate dal Consigliere (Lpd) in data 3 maggio, previa acquisizione di copia autentica dell'invito a comparire notificato al Consigliere Comunale, con la relata di notifica, di copia autentica del verbale degli agenti intervenuti il 12 marzo, e di relazione di servizio del comandante.
In data 17 maggio veniva predisposta la contestazione disciplinare, notificata il giorno successivo.
In data 15 giugno il ricorrente presentava una memoria difensiva nella quale dichiarava di aver agito di concerto con il suo superiore.
All'esito delle indagini effettuate, il Comune riteneva che nonostante il comandante avesse avocato a sé le indagini, era stato sostanzialmente esautorato dal ricorrente che, a sua insaputa, aveva adottato il provvedimento del 29 aprile notificandolo personalmente al consigliere (Lpd)
Motivi della decisione
In ordine alle dichiarazioni rilasciate dal Consigliere (Lpd):
Il verbale della seduta consiliare è stato prodotto per estratto unicamente dal ricorrente sub doc. 1) e, per quanto ci riguarda, consta di un intervento di poche righe che si riportano: "L'altra cosa che volevo ... comunicare al Consiglio Comunale, comunicare ma ... fare anche una pausa riflessiva su alcuni episodi spiacevoli assurti anche alle cronache nella persona di un agente di Polizia Municipale, lo ho qui ... 7 punti per i quali io francamente, con questo agire di questo agente di Polizia Locale, parrebbe che a (Lpd) sia tornata a uno stato non di diritto ma a uno stato diciamo di ... di ben altro ... di ben altro stampo, lo chiedo, ma ... allegherò tutto quello che ho recepito sull'agire di questo agente di Polizia Locale, perché sono veramente ...ma veramente esterrefatto. Esterrefatto. Non siamo ancora in un regime totalitario ... quindi ... rispetto per tutti, rispetto per i cittadini, rispetto per la polizia locale, ma rispetto delle regole e delle leggi".
Come si può notare in tale intervento il tono è più politico che tecnico e non vi è alcun accenno né alle operazioni del 12 marzo, né riferimento ad un particolare agente di Polizia Locale, considerato anche il fatto che gli agenti coinvolti nell'operazione del 12 marzo erano più d'uno, né a specifiche condotte di reato commesse dagli agenti.
Lette tali dichiarazioni con uno sguardo terzo, l'unico accenno che potrebbe aver fatto pensare all'intervento del 12 marzo, e cioè 16 giorni prima, è il richiamo alle notizie di cronaca, ma nessun documento prodotto può indurre a simili conclusioni.
Tuttavia si deve ritenere che il Comando non abbia avuto dubbi a proposito della riferibilità dei fatti riferiti all'operazione del 12 marzo, come si desume dal doc. n. 3 di parte ricorrente in cui si legge: "in relazione alla seduta del Consiglio Comunale del 28.03.2011 e in riferimento a fatti che il 12.03.2011 hanno visto coinvolto personale della Polizia Locale si chiede di volere disporre, ognuno per quanto di propria competenza, la conservazione di qualsiasi forma di documentazione, sia essa video, audio che scritta, del contenuto di tale riunione ...
I fatti attribuiti ad alcuni operatori di Polizia Locale sono di una gravità tale per la quale è indispensabile che venga fatta chiarezza, sia al fine di fugare ogni dubbio sulla correttezza dell'operato della Polizia locale, sia al fine dei perseguire condotte gratuitamente diffamatorie - calunniose nei confronti dei pubblici ufficiali intervenuti".
Il documento è sottoscritto dal ricorrente, dal commissario aggiunto (Lpd) e dall'agente (Lpd), dunque proprio da tutti quelli
- che avevano preso parte all'operazione del 12 marzo, che erano potenzialmente coinvolti dalle dichiarazioni del Consigliere (Lpd),
- che ai sensi dell'art. 23 co. 3, lett. r) del CCNL avrebbero dovuto astenersi dal partecipare all'adozione di decisioni o ad attività che possano coinvolgere direttamente o indirettamente interessi finanziari o non finanziari propri o dei suoi parenti...
- che sono stati oggetto di procedura disciplinare conclusasi poi con il riconoscimento delle responsabilità contestate unicamente in capo al ricorrente.
Il fatto che il documento non fosse stato sottoscritto dal comandante è stato spiegato da questi all'udienza del 31 maggio 2012 nella quale riferiva: le indagini sulle dichiarazioni del consigliere (Lpd) sono state avviate il giorno successivo dalla sezione di Polizia Giudiziaria di cui il ricorrente era il responsabile. In quel periodo e per 10 giorni sono stato assente per malattia.
Inoltre, sia in tale dichiarazione, come nella successiva nota di sollecito di deposito dei verbali a firma del ricorrente, il riferimento a reati commessi da pubblici ufficiali appare frutto della interpretazione del ricorrente.
Tuttavia la contestazione disciplinare fa riferimento a una più grave esautorazione del Comandante (Lpd) da parte del ricorrente che avrebbe giustificato l'avocazione della procedura disciplinare in capo al Direttore Generale.
Alla citata udienza del 31 maggio il comandante (Lpd) ha confermato la versione del ricorrente sulla condivisione della decisione di convocare il consigliere (Lpd)
"Sul modo ci eravamo sentiti in dovere morale di chiedere in maniera informale al consigliere di rendersi disponibile ad essere sentito, senza ricorrere nella immediatezza a un invito formale.
Dopo una settimana, non essendo riuscito io a sentire o incontrare il consigliere, fu deciso di notificargli un invito formale.
L'invito formale è stato preparato dalla sezione in persona del ricorrente, il quale me ne diede comunicazione via e mail, di cui ho preso visione il giorno successivo, dopo la notifica".
Per concludere, si deve ritenere che il ricorrente abbia violato l'art. 23 CCNL 6 luglio 1995
- Non anteponendo il rispetto della legge e l'interesse pubblico agli interessi privati propri e altrui;
- Utilizzando anche a fini privati le informazioni di cui disponeva per ragioni d'ufficio,
- Non astenendosi dal partecipare all'adozione di decisioni o attività che potessero coinvolgere interessi propri.
La gravità delle violazioni emerge dal numero di azioni e dal numero dei dipendenti coinvolti nell'indagine, oltre che dal grado del ricorrente, tuttavia considerato che gli altri soggetti coinvolti nell'indagine disciplinare sono stati tutti assolti e non risultando precedenti disciplinari a carico del ricorrente, si ritiene equo riproporzionare la sanzione nella misura di due mesi.
Le spese di lite, in considerazione dell'accertamento della responsabilità disciplinare del ricorrente e del fatto che costui abbia ingiustificatamente respinto un ridimensionamento della sanzione, così come offerto in via transattiva, vanno poste integralmente a carico del ricorrente, nella misura di cui al dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale di Milano, in composizione monocratica, in funzione di giudice del lavoro, definitivamente pronunciando, dichiara la sanzione comminata sproporzionata rispetto ai fatti contestati e la riduce a due mesi di sospensione.
Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida in Euro 1.000,00.

   

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