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Carabinieri - Danno all'immagine - ..pagamento in solido, in favore dell'Arma dei Carabinieri, della somma di Euro 1.400,00..

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C. Conti Trentino-Alto Adige Se(Lpd) giurisdi(Lpd), Sent., 21-09-2012, n. 46
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
Con atto di citazione depositato in data 19 novembre 2010, l'attore aveva contestato ai convenuti di avere provocato al Ministero della Difesa un danno erariale complessivamente determinato in via equitativa - nella triplice componente del danno patrimoniale diretto, del danno all'immagine e del danno da disservizio - nella misura di Euro 10.000,00, e comunque non inferiore alla somma di Euro 1.400,00.
L'attore aveva mutuato gli elementi fattuali a fondamento dell'azione di responsabilità dalla vicenda penale che ha visto coinvolti i due militari, e che è esitata nel primo grado di giudizio con una condanna del solo maresciallo (Lpd) (sentenza n. 353/08, depositata il 23/5/2008, del Tribunale Penale di Trento) alla pena di anni uno e mesi due di reclusione, interamente estinta per indulto, per il delitto di cui agli artt. 81, 361 (con imputazione originaria derubricata da quella di cui all'art. 328 c.p.) e 476 c.p.. In secondo grado (sentenza n. 98/09 del 25/3/2009 della Corte d'Appello di Trento) entrambi gli imputati sono stati condannati, in concorso, per i reati di cui agli artt. 110, 81, 314, 476 c.p. riuniti dal vincolo di continuazione, alla pena di anni due e mesi due di reclusione, e la pena inflitta in primo grado al maresciallo (Lpd) è stata rideterminata nella misura di mesi dieci di reclusione; le pene sono state interamente condonate, e ad entrambi gli imputati è stata applicata la pena accessoria della interdizione dai pubblici uffici per un anno.
Il fatto che ha determinato, in sede di appello, la condanna penale in concorso degli imputati - odierni convenuti - è stato commesso "in (Lpd) di (Lpd), fino al 30 agosto 2001": in particolare, risulta che, avendo essi la disponibilità della somma di Lire 1.400.000 smarrita da persona non identificata e consegnata da una turista presso il comando, si impossessavano della somma di Lire 1.260.000 mediante un falso verbale di restituzione a persona poi risultata inesistente; i fatti che hanno determinato la condanna del solo maresciallo (Lpd) per il reato di cui agli artt. 81, 361 e 476 c.p. stati commessi "in (Lpd) di (Lpd), fino al 3 febbraio 2002", e consistono nell'avere egli distrutto due denunce di furto presentate il 2 febbraio 2002 da due distinti soggetti.
Il Pubblico Ministero, riportando testualmente i capi di imputazione attinenti all'esercizio dell'azione penale - riguardanti inoltre la distinta fattispecie p. e p. dagli artt. 81, 110 e 326 c.p. a carico del solo maresciallo (Lpd), per la quale lo stesso è stato assolto in entrambi i gradi di giudizio - aveva desunto dalle prove escusse in quel giudizio la sussistenza della responsabilità amministrativa degli odierni convenuti per il danno patrimoniale diretto, il danno all'immagine ed il danno da disservizio.
Il maresciallo (Lpd) si è costituito con il patrocinio dell'avv. (Lpd) (Lpd), rilevando preliminarmente che nelle more del presente giudizio è intervenuto il giudicato penale, poiché la Corte di Cassazione, con sentenza in data 5 maggio 2011, avrebbe dichiarato inammissibili i ricorsi degli imputati, non consentendo così di contraddire l'assunto circa l'accertamento di sussistenza del fatto; ha altresì contestato i presupposti della responsabilità amministrativa, ed in particolare quello oggettivo del danno, evidenziando:
1) l'insussistenza di un danno patrimoniale diretto e/o l'eccessività della quantificazione prospettata;
2) l'insussistenza di un danno da disservizio, poiché meramente presunto ed indimostrato, ne' risultante dagli atti, per cui l'attore non avrebbe assolto, sul punto, l'onere probatorio che gli incombe;
3) l'insussistenza di un danno all'immagine e/o l'eccessività della quantificazione prospettata, poiché:
a) i fatti contestati non hanno prodotto il clamore della stampa prospettato dall'attore, se non in fase iniziale, mentre maggior risalto sarebbe stato attribuito alla notizia dell'assoluzione in primo grado, e la successiva condanna in appello sarebbe caduta nel dimenticatoio mediatico;
b) gli stessi parametri utilizzati in citazione potrebbero essere utilizzati per dimostrare l'inesistenza del danno, poiché i fatti sono lontani nel tempo e i convenuti ne avrebbero già subito le conseguenze, sicchè una eventuale condanna dovrebbe essere contenuta in termini minimali e simbolici.
Chiedendo in via istruttoria l'acquisizione dell'intero fascicolo del procedimento penale, il convenuto ha concluso eccependo formalmente il decorso del termine prescrizionale con riferimento alla agevole individuazione dei fatti oggetto del giudizio ed alla comunicazione che la Procura della Repubblica di Trento ne deve avere dato per legge a quella contabile; nel merito, ha domandato il rigetto della domanda risarcitoria in quanto infondata in fatto e in diritto; in subordine, ha chiesto l'assoluzione per insussistenza del danno, e comunque il ridimensionamento dell'importo risarcibile in misura non superiore ad Euro 700, con vittoria di spese.
L'appuntato (Lpd) si è costituito con il patrocinio dell'avv. (Lpd) (Lpd), eccependo innanzitutto:
1) l'infondatezza della pretesa attorea:
a) poiché l'art. 17 comma 30 ter del D.L. n. 78/09, conv. con L. n. 102/09 ammetterebbe l'azione risarcitoria per danno all'immagine solo nel caso in cui sia intervenuta una sentenza irrevocabile di condanna per i delitti contro la Pubblica Amministrazione, di cui al capo I del titolo II del codice penale;
b) l'inverosimile vicenda riguarda l'appropriazione di una somma mai reclamata dal vero proprietario;
c) la notizia ha avuto poco rilievo economico, e quindi di immagine, e la diffusione sulla stampa, peraltro ormai remota, non dipende dal convenuto, che ha già abbondantemente pagato le conseguenze dei fatti oggi contestati con la sospensione dal servizio;
2) la prescrizione del danno all'immagine:
a) per essersi prodotto nell'anno 2002 con la pubblicazione dei fatti sulla stampa, e per non essere mai stata interrotta la prescrizione dalla Procura erariale;
b) la perseguibilità dello stesso secondo la formulazione dell'art. 17 comma 30 ter del D.L. n. 78/09, che sospende la prescrizione fino alla conclusione del procedimento penale, sarebbe incompatibile con la circostanza che il danno, medio tempore, è venuto meno; al proposito, il convenuto ha rimesso al Collegio la definizione della permanenza di tale danno alla luce della citata, sopravvenuta normativa.
Il convenuto ha comunque chiesto la riduzione dell'addebito per gli irreprensibili precedenti di carriera, come documentati, con la conseguente salvaguardia dell'immagine dell'Arma e della P.A..
Concludendo, il convenuto ha eccepito preliminarmente la prescrizione del diritto al danno all'immagine, attesa la sua natura extracontrattuale e l'assenza di atti interruttivi; nel merito, ha chiesto il rigetto della domanda perché infondata in fatto e in diritto; in via subordinata, la riduzione dell'addebito in considerazione del tempo trascorso e della scarsa rilevanza della condotta.
Alla udienza del 13 luglio 2011 le parti hanno confermato le rispettive deduzioni e conclusioni; in particolare, l'attore ha rimesso al Collegio la valutazione del danno.
Con ordinanza n. 29 depositata il 27 settembre 2011, questa Sezione Giurisdizionale Regionale ha dichiarato la nullità dell'atto introduttivo del giudizio per l'indeterminatezza dei criteri e dei parametri utilizzati dall'attore per la definizione delle diverse e non specificate poste di danno contestate ai convenuti, disponendone l'obbligo di rinnovare la citazione entro novanta giorni.
La Procura erariale ha quindi riproposto la domanda introduttiva del giudizio, depositandola il 20 dicembre 2011 e riepilogando i fatti desunti dalla vicenda penale che ha visto coinvolti i due convenuti - ed esitati in una condanna, in concorso, per i reati di peculato e di falso in atto pubblico, e, a carico del solo maresciallo (Lpd) per i reati di falso soppressivo di atti, e di omessa denunzia di reato - e le ragioni della loro chiamata a risponderne in questa sede per il pregiudizio causato all'amministrazione; ha, poi, rideterminato il danno in misura di Euro 7.000,00, corrispondente alla sola componente del danno all'immagine, utilizzando come parametro di quantificazione, in via equitativa, l'ammontare della somma formalmente restituita a soggetto inesistente di L. 1.400.000, pari a circa Euro 700,00, moltiplicata per 10 volte in ragione della gravità delle condotte e per la natura dell'Istituzione danneggiata.
Il Pubblico ministero ha evidenziato la contemporanea sussistenza, nella fattispecie, del danno patrimoniale diretto all'Arma dei Carabinieri, del danno all'immagine dell'Istituzione militare e del danno da disservizio; tuttavia ha sostenuto che il danno patrimoniale diretto si presenterebbe economicamente trascurabile, in considerazione della natura istantanea delle condotte e della conseguente esiguità delle somme ripetibili, mentre il danno da disservizio, secondo un orientamento giurisprudenziale maggioritario che la Procura non ritiene comunque condivisibile, non potrebbe essere misurato con criteri equitativi. Pertanto, l'Ufficio inquirente ha ritenuto di soprassedere alla domanda risarcitoria per tali voci di danno, concentrandola invece sul danno all'immagine subito dall'Arma dei Carabinieri, ed ha, al proposito, riferito i criteri per la relativa quantificazione, desumibili dai consolidati orientamenti della giurisprudenza.
Conclusivamente, l'attore ha indicato la speciale disciplina del danno all'immagine introdotta dalla legge n. 141/09, con disposizioni che hanno superato il vaglio della Corte Costituzionale, e la problematica attinente alla c.d. "pregiudizialità penale", sulla quale ha reiterato i dubbi di legittimità, pur ritenendola superata dalla circostanza della irrevocabilità della sentenza della Corte di Appello di Trento n. 98/09, intervenuta nel corso del giudizio di responsabilità; ha, nuovamente, disatteso le controdeduzioni dei convenuti, e ne ha chiesto la condanna, in via solidale, al pagamento, in favore del Ministero della Difesa - Arma dei Carabinieri, della somma complessiva di Euro 7.000,00, oltre a rivalutazione, interessi e spese.
Con seconda memoria depositata il 24 aprile 2012, il difensore del si(Lpd) (Lpd) ha espressamente reiterato le argomentazioni difensive, la cui fondatezza ha sostenuto essere confermata dall'atto di citazione da ultimo notificato, ed ha negato l'efficacia della sentenza penale quale automatico presupposto della sussistenza di un danno "di immagine", che lo stesso art. 7 della L. 27 marzo 2009 contempla solo come "eventuale" e che quindi è rimesso prima all'onere probatorio dell'attore e poi alla valutazione del Giudice contabile; prendendo atto della rinunzia, da parte della Procura Regionale, alle domande relative al danno patrimoniale ed al danno da disservizio, ha evidenziato che l'ordine di integrazione della domanda effettuato ai sensi dell'art. 164 comma 5 c.p.c. comporta che il rinnovo opera con effetto esclusivamente "ex nunc", e che esso non è idoneo a produrre eventuali effetti interruttivi della prescrizione; che ove l'attore non ottemperi compiutamente all'obbligo di integrazione delle domanda, la nullità della citazione (in parte qua) deve essere dichiarata con sentenza, con ogni conseguenza in ordine alla pronuncia sulle spese. Concentrandosi sull'unica richiesta risarcitoria, relativa al danno all'immagine, il difensore ha riprodotto parzialmente le considerazioni difensive già svolte, soggiungendo che la presunta gravità dell'illecito in realtà non sarebbe riscontrabile nella specie, e sarebbe solo affermata ma non sostenuta nell'atto integrativo.
La lettura degli atti penali consegnerebbe un quadro controverso, nel quale i fatti si riducono ad aspetti di importanza assai ridotta, e di rilievo del tutto marginale rispetto all'attività di servizio espletata nella Stazione dei Carabinieri, mentre la gravità del danno dovrebbe essere verificata in concreto, e non potrebbe quindi agganciarsi alla generica e potenziale lesività criminosa di una determinata figura delittuosa. Nella fattispecie, inoltre, non potrebbero ravvisarsi le censurate "modalità offensive della condotta", posto che nel primo caso riguarderebbero, eventualmente, una somma smarrita che nessuno avrebbe mai reclamato, e, nel secondo caso, c.d. denunzie di smarrimento utili solo a finalità contrattuali dei denunzianti.
Il difensore ha quindi negato la qualifica di natura "apicale" attribuita dal Pubblico Ministero al suo assistito, che era soltanto il comandante di una stazione di montagna dell'Arma, ed ha riprovato l'arbitrarietà della quantificazione effettuata dalla Procura, fondata su motivazioni attinenti alla gravità delle condotte e la natura dell'Arma danneggiata, che non avrebbe, in realtà, alcun motivo per essere differenziata dalle altre Istituzioni della Repubblica; ha, infine, confermato le conclusioni già rassegnate. Con memoria depositata il 26 aprile 2012 il difensore del si(Lpd) (Lpd) ha contestato il nuovo atto di citazione a giudizio, evidenziandone la rilevanza solo nella parte in cui non è una mera riproposizione dell'atto di citazione dichiarato nullo, e prendendo atto delle considerazioni attoree circa il danno patrimoniale e quello da disservizio.
Per quanto riguarda il danno all'immagine, ha anch'egli ribadito le considerazioni difensive già espresse con memoria di costituzione, evidenziando la distanza, nel tempo, dei due episodi contestati, che hanno inoltre ricevuto modestissimo risalto dalla stampa locale, e la contraddittorietà, in sede penale, della prima sentenza di assoluzione con quella di appello, nonché il mancato riscontro, da parte della stessa stampa, degli esiti del giudizio in Cassazione.
Ha ricordato l'ottimo e documentato servizio prestato in (Lpd) di (Lpd) e a (Lpd) dal suo assistito dopo i fatti in questione, e fino all'esito del procedimento penale e del conseguente provvedimento di sospensione, peraltro recentemente annullato dal TRGA di Bolzano, evidenziando che il danno all'immagine dovrebbe configurarsi allorché si creino disagi nei confronti dei rappresentanti dell'amministrazione che si assume danneggiata, e, nel caso di specie, nella piccola realtà in cui uno di essi opera si crei una oggettiva reazione di sfiducia, il che non si è in realtà assolutamente verificato.
Ha, infine, contestato il fondamento giuridico del criterio di quantificazione del danno adottato dalla Procura in quanto effettuato alla stregua di presunzioni, smentite dalla documentazione versata in atti, mentre il relativo calcolo dovrebbe basarsi su elementi idonei a provarlo in relazione al contesto in cui il carabiniere lavorava e tuttora vive. Pertanto, il difensore ha ribadito la richiesta di rigetto della domanda attorea, in quanto infondata in fatto ed in diritto.
Alla odierna udienza l'avv. (Lpd) ha contestato la quantificazione del danno effettuata dalla Procura, sostenendo lo scarso risalto dato dalla stampa agli episodi contestati, la cui divulgazione sarebbe rimasta all'interno dell'Arma dei Carabinieri.
L'avv. (Lpd) ha ricordato la sentenza di assoluzione pronunciata nel primo grado del giudizio penale, ed ha sostenuto, richiamando le dichiarazioni agli atti, che il rapporto del suo assistito con la comunità non è stato pregiudicato dai fatti.
Il Pubblico Ministero ha ricordato le funzioni di tutori dell'ordine dei due convenuti, preposti a contrastare attività come quelle da loro stessi poste in essere, ed ha ricordato che la sentenza di condanna per i fatti in questione è divenuta irrevocabile; illustrando le ragioni per le quali la domanda attrice si è concentrata sul solo risarcimento del danno all'immagine, ha rimesso al Collegio le valutazioni conseguenti.
In sede di replica, l'avv. (Lpd) ha richiamato i contenuti della prima memoria difensiva.
Motivi della decisione
1) Come rappresentato in fatto, a seguito della riproposizione della domanda attorea la questione in esame si concentra sulla verifica della sussistenza e sulla quantificazione del danno all'immagine contestato dal Pubblico Ministero ai convenuti, e conseguente alle condotte sanzionate in sede penale con la sentenza n. 98/09 della Corte d'Appello di Trento, divenuta irrevocabile per effetto della sentenza della se(Lpd) VI della Cassazione penale n. 21351 del 5 maggio 2011.
2) A tale proposito, occorre preliminarmente esaminare l'eccezione di intervenuta prescrizione opposta dai convenuti stessi, che hanno eccepito il decorso del termine prescrizionale tra l'epoca in cui si sono svolti i fatti, risalente al 2002, ed il primo degli atti interruttivi della prescrizione, anche con riferimento alla agevole individuazione degli stessi ed alla comunicazione che la Procura della Repubblica di Trento ne deve avere dato per legge a quella contabile. Il si(Lpd) (Lpd) ha, inoltre, evidenziato che l'ordine di integrazione della domanda effettuato ai sensi dell'art. 164 comma 5 c.p.c. comporta che il rinnovo opera con effetto esclusivamente "ex nunc", e che esso non è quindi idoneo a produrre eventuali effetti interruttivi della prescrizione.
Al proposito, va ricordata la sopravvenuta disposizione dell'art. 1 del decreto legge 3 agosto 2009, n. 103, convertita con modificazioni nella legge 3 ottobre 2009 n. 141, che sostituisce i primi tre periodi dell'art. 17, comma 30-ter, del decreto legge 1 luglio 2009 n. 78, convertito con modificazioni nella legge 3 agosto 2009 n. 102, nei seguenti termini: "Le procure della Corte dei conti possono iniziare l'attività istruttoria ai fini dell'esercizio dell'azione di danno erariale a fronte di specifica e concreta notizia di danno, fatte salve le fattispecie direttamente sanzionate dalla legge. Le procure della Corte dei conti esercitano l'azione per il risarcimento del danno all'immagine nei soli casi e nei modi previsti dall'articolo 7 dalla legge 27 marzo 2001, n. 97. A tale ultimo fine, il decorso del termine di prescrizione di cui al comma 2 dell'articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, è sospeso fino alla conclusione del procedimento penale".
Detta disposizione ha inciso sul termine di prescrizione del danno all'immagine, poiché esso non può iniziare a decorrere prima della data in cui la sentenza penale di condanna è divenuta irrevocabile, il che nella specie è avvenuto per effetto della citata sentenza della Cassazione penale n. 21351 del 5 maggio 2011, addirittura intervenuta nelle more del presente giudizio: pertanto, nel caso in esame non può intendersi maturato alcun termine prescrizionale.
3) Il difensore del si(Lpd) (Lpd) ha inoltre eccepito che l'attore non ha ottemperato compiutamente all'obbligo di integrazione della domanda, e che quindi la nullità della citazione (in parte qua) deve essere dichiarata con sentenza, con ogni conseguenza in ordine alla pronuncia sulle spese.
A tale proposito, si ritiene che invece il Pubblico Ministero abbia correttamente ottemperato a quanto disposto con ordinanza n. 29 del 27 settembre 2011, con la quale questo Collegio ha disposto che egli provvedesse a rinnovare la citazione con la necessaria precisazione delle poste di danno contestate ai convenuti e dei criteri e dei parametri utilizzati per la relativa determinazione. Infatti, con l'atto integrativo depositato il 20 dicembre 2011, egli non ha disconosciuto le singole componenti della domanda originaria, depositata il 19 novembre 2010, ma ne ha anzi confermato la contemporanea sussistenza, indicando tuttavia la esiguità dell'importo risarcibile a titolo di danno patrimoniale determinato dalle condotte contestate, che esauriscono i propri effetti istantaneamente, ragione per cui non ne ha chiesto la rifusione; per quanto riguarda inoltre l'ulteriore profilo relativo al danno da disservizio, pur illustrando la configurabilità di tale voce di danno nella fattispecie, l'attore ha rappresentato le difficoltà attinenti alla relativa quantificazione, che non potrebbe essere elaborata secondo criteri equitativi, secondo un orientamento giurisprudenziale maggioritario - tra cui quello di questa stessa Sezione - che la Procura non ritiene comunque condivisibile. Pertanto, pur confermando la contemporanea sussistenza delle tre voci di danno inizialmente addebitate ai convenuti, compiutamente individuandole e comunque indicando criteri e parametri per la relativa determinazione, l'attore ha concentrato la domanda risarcitoria sulla sola componente del danno all'immagine, così dando soddisfacente esecuzione a quanto disposto con la citata ordinanza collegiale n. 29/2011.
4) Nel merito, si osserva che, riformando parzialmente la sentenza n. 353/08, depositata il 23/5/2008, del Tribunale Penale di Trento, la Corte d'Appello di Trento con sentenza n. 98/09 del 25/3/2009 ha condannato entrambi gli imputati, odierni convenuti, in concorso, per i reati di cui agli artt. 110, 81, 314, 476 c.p. riuniti dal vincolo di continuazione, per essersi impossessati della somma di Lire 1.260.000 mediante un falso verbale di restituzione a persona poi risultata inesistente; inoltre, il solo maresciallo (Lpd) è stato condannato per il reato di cui agli artt. 81, 361 e 476 c.p., per avere distrutto due denunce di furto presentate il 2 febbraio 2002 da due distinti soggetti.
La responsabilità penale dei convenuti per i fatti oggetto del presente giudizio è stata quindi definitivamente accertata con la sentenza della Corte d'Appello di Trento n. 98/09 del 25/3/2009, per gli effetti di cui agli artt. 651 e 654 c.p.p.: la pronuncia irrevocabile di condanna resa nel giudizio penale a seguito di dibattimento in ordine agli stessi fatti in discussione nel giudizio di responsabilità amministrativa ha efficacia di giudicato in quest'ultimo giudizio quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e dell'affermazione che l'imputato lo ha commesso, "venendo così preclusa al giudice contabile ogni diversa assunzione che venga a collidere con i presupposti logico-giuridici, espliciti o impliciti, le risultanze e le affermazioni conclusionali della pronuncia penale in ordine ai fatti vincolanti" (Se(Lpd) Giur. Lazio, n. 1600 del 15 novembre 2011).
5) La domanda risarcitoria per il solo danno all'immagine subito dall'Arma di Carabinieri contenuta nell'atto di citazione depositato dal Pubblico Ministero il 20 dicembre 2011, pur riportando la compiuta descrizione delle condotte contestate ad entrambi i convenuti e definitivamente accertate con la sentenza n. 98/09 della Corte di Appello di Trento, si concentra sui soli fatti da loro commessi in concorso, e puniti con la condanna per i reati di "peculato" (art. 314 c.p.) e di "falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici" (art. 476 c.p.). Infatti, pur dando atto della condanna del solo maresciallo (Lpd) anche per i reati di falso per soppressione ed omessa denuncia di reato, nel formulare la richiesta risarcitoria l'attore ha fatto riferimento ai soli fatti appropriativi posti in essere in concorso dai convenuti, sostenendo che "la natura dolosa delle condotte determina la solidarietà dell'obbligazione risarcitoria"; ha, inoltre, indicato quale parametro per la determinazione del danno all'immagine subito dall'amministrazione "l'ammontare della somma (formalmente restituita a soggetto inesistente) di L. 1.400.000, pari a circa Euro 700,00".
Pertanto, i fatti che ad avviso dell'attore hanno causato il pregiudizio all'amministrazione, del quale egli oggi chiede la rifusione, sono quelli individuati nei capi di imputazione formulati sub. a, b, f e g, riportati e sanzionati con la più volte citata sentenza n. 98/09 della Corte d'Appello di Trento, in quanto i due convenuti (a - f) "avendo la disponibilità della somma di Lire 1.400.000 smarrita da persona non identificata e consegnata presso il comando dalla signora (Lpd), si impossessavano della somma di Lire 1.260.000 mediante un falso verbale di restituzione della somma - apparentemente redatto dall'app. (Lpd)C. - al si(Lpd) (Lpd) (Lpd) nato a Lucca il 22/4/1938 (e provvedendo a consegnare alla si(Lpd)ra (Lpd) - a mezzo versamento postale effettuato (dal mar. (Lpd)) presso l'ufficio postale di (Lpd) di (Lpd) il 31/8/2001 - la somma di Lire 140.000 dovute per il ritrovamento) che è risultato persona inesistente"; e formavano (b - g) "un falso "verbale di consegna di cose rinvenute" apparentemente redatto in (Lpd) di (Lpd) il 30/8/2001 a cura del verbalizzante app. (Lpd)C. e vistato dal comandante (Lpd) A.(Lpd), nel quale si affermava, contrariamente al vero, che si era provveduto alla restituzione della somma smarrita al si(Lpd) (Lpd) (Lpd) nato a --- (...), risultando l'atto non veritiero in quanto (Lpd) (Lpd) è risultato persona non esistente ed altrettanto inesistente è risultato l'indirizzo di "Milano piazza (...) I reati in questione sono stati commessi "in (Lpd) di (Lpd) fino al 30.8. 2001".
6) Secondo la ricordata disciplina del novellato art. 17, comma 30-ter, del decreto legge 1 luglio 2009 n. 78, convertito con modificazioni nella legge 3 agosto 2009 n. 102, evidenziata dallo stesso attore con citazione ed i cui effetti sono eccepiti a vario titolo dai convenuti, "Le procure della Corte dei conti esercitano l'azione per il risarcimento del danno all'immagine nei soli casi e nei modi previsti dall'articolo 7 della legge 27 marzo 2001, n. 97". L'art. 7 della L. n. 97/2001 a propria volta dispone che "la sentenza irrevocabile di condanna pronunciata nei confronti dei dipendenti indicati nell'articolo 3 per i delitti contro la pubblica amministrazione previsti nel capo I del titolo II del libro secondo del codice penale è comunicata al competente procuratore regionale della Corte dei conti affinché promuova entro trenta giorni l'eventuale procedimento di responsabilità per danno erariale nei confronti del condannato".
Secondo i principi enunciati della Corte costituzionale con la sentenza n. 355 del 15 dicembre 2010, la limitazione dei casi risarcibili di danno all'immagine pubblica ai soli delitti dei pubblici ufficiali contro la Pubblica Amministrazione si giustifica non per la qualità del soggetto attivo del reato e per il connesso eventuale abuso della funzione, "bensì per l'interesse tutelato dalle norme che sanzionano i suddetti delitti, ovvero l'interesse all'imparzialità ed al buon andamento dell'azione amministrativa, che nella visione della collettività sono anche elementi costitutivi della sua immagine".
Il riferito sistema normativo - che ha superato il vaglio di costituzionalità poiché il Giudice delle leggi, con la citata sentenza n. 355 del 15 dicembre 2010, ha dichiarato in parte inammissibili e in parte non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 17, comma 30-ter, periodi secondo, terzo e quarto del D.L. n. 78/2009 - sancisce quindi una correlazione necessaria tra azione di responsabilità per danno all'immagine e delitti contro la pubblica amministrazione; ovviamente, "l'automatismo dell'azione di responsabilità non implica automatismo della condanna, dovendo comunque accertarsi in concreto se l'illecito abbia avuto conseguenze pregiudizievoli, anche non patrimoniali, e procedere alla loro quantificazione e liquidazione" (v. questa stessa Sezione Giurisdizionale Regionale, n. 67 del 29 dicembre 2009).
Infatti, perchè una condotta possa determinare la lesione dell'immagine di un ente, deve essere oggettivamente idonea a cagionare l'effetto lesivo, ed il danno all'immagine non può derivare automaticamente dal riconoscimento della illiceità del comportamento, poiché ai fini risarcitori o riparatori la potenzialità dannosa della condotta va saggiata nei singoli casi, valutando elementi quali l'attività dell'ente, organo, ufficio dell'autore del danno ed il grado di offensività alle funzioni istituzionali dell'ente, così come la posizione funzionale dell'autore dell'illecito, che assume maggior gravità in caso di posizione di vertice; la sporadicità o la continuità o la reiterazione dei comportamenti illeciti; la necessità o meno di interventi sostitutivi o riparatori dell'attività illecitamente tenuta; la diffusione dei fatti anche tramite i mezzi di informazione, con la conseguente percezione da parte della pubblica opinione della riprovevole violazione dei doveri di correttezza istituzionale da parte di soggetti investiti di funzioni pubbliche.
7) Nel caso in esame, la condotta lesiva dell'immagine della Pubblica Amministrazione si è tradotta nel reato di peculato, sanzionato dall'art. 314 del codice penale, ricompreso nell'ambito dei delitti contro la pubblica amministrazione previsti nel capo I del titolo II del libro secondo del codice penale secondo le previsioni dell'art. 7 della L. n. 97/2001, richiamato dall'art. 17, comma 30-ter del decreto legge 1 luglio 2009 n. 78, e la cui sussistenza è stata accertata con sentenza irrevocabile di condanna a carico dei due convenuti.
Premesso che, nel caso di specie, il reato di cui all'art. 476 cod. pen. - che esula invece dall'ambito di quelli che secondo la novella legislativa determinerebbero la risarcibilità del pregiudizio all'immagine alla Pubblica Amministrazione - appare in realtà strumentale alla finalità appropriativa sanzionata dall'art. 314 cod. pen., si evidenzia l'idoneità del gravissimo episodio censurato in sede penale a ledere l'immagine dell'Arma dei Carabinieri, causandole un pregiudizio economicamente valutabile.
Il Pubblico Ministero ha indicato come parametro di quantificazione del danno l'ammontare della somma formalmente restituita a soggetto inesistente - rectius, ricevuta in custodia - di L. 1.400.000, pari a circa Euro 700,00, moltiplicata per 10 volte in ragione della gravità delle condotte e per la natura dell'Istituzione danneggiata; ha quindi indicato i criteri per la relativa quantificazione, individuandoli in "una molteplicità di circostanze, tra le quali: la gravità dell'illecito, le modalità offensive della condotta, la particolare rilevanza dell'incarico e delle attività svolte, il grado di diffusione dei fatti attraverso i mezzi di comunicazione".
L'attore ha, inoltre, affermato che la stima equitativa del pregiudizio economico per il danno all'immagine non può prescindere dalla funzione apicale esercitata dal M.llo (Lpd) nella qualità di comandante della stazione dei Carabinieri di (Lpd) di (Lpd), e dalle specifiche modalità e circostanze riscontrate nelle condotte criminose accertate in sede penale.
La difesa del M.llo (Lpd) ha negato la natura "apicale" attribuita dal Pubblico Ministero alla qualifica del suo assistito, ed ha contestato l'arbitrarietà della quantificazione effettuata dalla Procura, fondata su motivazioni attinenti alla gravità delle condotte ed alla natura dell'Arma danneggiata, che non avrebbe, a suo avviso, alcun motivo per essere differenziata dalle altre Istituzioni della Repubblica; il difensore dell'appuntato (Lpd) ha invece ricordato l'ottimo e documentato servizio prestato in (Lpd) di (Lpd) e a (Lpd) dal suo assistito, che non sarebbe stato pregiudicato dai fatti. Entrambi hanno contestato i criteri di quantificazione del danno indicati dalla Procura, ed hanno opposto che i fatti sono ormai remoti nel tempo e che ad essi è stato attribuito modestissimo risalto dalla stampa locale.
8) Al proposito, il Collegio osserva che l'offensività dei comportamenti in esame nei confronti dell'immagine dell'Istituzione di appartenenza - nella quale la collettività ripone particolare fiducia anche in considerazione della sua diffusione capillare sul territorio e della sua particolare vicinanza ai cittadini - acquista una peculiare rilevanza proprio in considerazione del fatto che i militari convenuti erano istituzionalmente preposti a contrastare condotte quali quelle da loro stessi poste in essere. In tale contesto, acquista particolare valore ai fini della quantificazione del danno all'immagine non solo la posizione "apicale" del comandante della stazione dei carabinieri di una località comunque molto frequentata da turisti, ma anche quella di un semplice appuntato quale il si(Lpd) (Lpd), poiché entrambi i convenuti rivestivano la qualifica di pubblici ufficiali investiti di peculiari doveri, che hanno platealmente disatteso infrangendo la legge penale.
Inoltre, per quanto riguarda le argomentazioni difensive dell'app. (Lpd), che ha documentato attestazioni di stima nei propri confronti per l'ottimo servizio sempre prestato, si osserva che l'episodio sanzionato penalmente, pur se isolato, a causa della sua rilevante gravità è stato comunque idoneo a determinare il danno erariale oggi contestato dall'attore.
Si evidenzia, quindi, che da tale lesione sono derivate conseguenze pregiudizievoli per l'Amministrazione, ovvero la perdita di reputazione derivante dalle condotte criminose, non solo in conseguenza della pubblicazione dei fatti a mezzo della stampa locale, ma anche all'interno della stessa Arma dei Carabinieri e per effetto dello svolgimento del procedimento penale e della sua conclusione, con la conseguente divulgazione degli stessi nell'ambito della polizia giudiziaria e dell'amministrazione della giustizia, "onde i reati contro la pubblica amministrazione, per loro natura, non possono ritenersi non conosciuti e quindi non lesivi dell'immagine dell'ente, ma - al limite - conosciuti in un ambito più o meno ristretto" (questa stessa Sezione Giurisdizionale Regionale, n. 67 del 29 dicembre 2009, citata).
Come precisato sub 2), detti fatti, pur se commessi in epoca lontana, possono essere valutati ai fini della determinazione e quantificazione delle conseguenze lesive sull'immagine dell'Amministrazione solo in seguito all'intervenuta irrevocabilità della sentenza penale di condanna per i delitti contro la pubblica amministrazione previsti nel capo I del titolo II del libro secondo del codice penale, a norma del più volte richiamato art. 17, comma 30-ter del decreto legge 1 luglio 2009 n. 78.
Tuttavia, pur utilizzando come parametro di riferimento la somma ricevuta in custodia dai due convenuti, come indicato dall'attore, il Collegio ritiene di ridimensionare, in via equitativa ex art. 1226 cod. civ., l'importo risarcitorio, in considerazione della natura isolata dell'episodio contestato e della non rilevante diffusione dei fatti; diffusione che, secondo le Sezioni Riunite di questa Corte dei conti (sent. 10/QM/2003) è parametro di liquidazione del danno all'immagine, tanto come la previsione di spese per il ripristino della stessa, nella specie non provate.
Pertanto, appare equo determinare il danno erariale in misura di Euro 1.400,00, moltiplicando solo per due (e non per dieci, come richiesto dall'attore), la somma di Lire 1.400.000 (pari a circa Euro 700,00), all'epoca affidata ai convenuti affinchè la restituissero al legittimo titolare, ed in gran parte oggetto di illegittima appropriazione.
9) Sussistono, dunque, i presupposti per affermare la responsabilità amministrativa dei convenuti per l'ingiusto pregiudizio all'immagine, di natura non patrimoniale, da loro causato all'Arma dei Carabinieri con il comportamento censurato in sede penale, il quale, benché consumatosi in modo istantaneo, ha determinato una rilevante perdita di prestigio dell'Amministrazione di appartenenza.
Le condotte illecite in esame sono state tenute nell'esercizio di funzioni pubbliche, ed in violazione dei doveri incombenti sui militari appartenenti all'Arma; inoltre, la natura intenzionale dei comportamenti sanzionati dal giudice penale attesta la sussistenza dell'elemento soggettivo doloso, ragione per cui i convenuti sono tenuti a rispondere del danno erariale causato all'Amministrazione a titolo di dolo.
La matrice dolosa delle condotte contestate, e l'equivalenza causale di esse nella determinazione del danno all'immagine arrecato all'Arma dei Carabinieri, impone quindi la condanna dei convenuti a risarcire il danno, come sopra determinato in Euro 1.400,00, in via solidale; detta somma deve essere maggiorata degli interessi e della rivalutazione monetaria come per legge fino alla presente sentenza, e degli interessi legali dalla pubblicazione della sentenza al saldo.
Le spese di giudizio, in favore dello Stato, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per il Trentino-Alto Adige con sede in Trento, definitivamente pronunciando in ordine al giudizio iscritto al n. 3704 del Registro di Segreteria, respinta ogni altra eccezione e deduzione, condanna (Lpd) e (Lpd) al pagamento in solido, in favore dell'Arma dei Carabinieri, della somma di Euro 1.400,00, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali nella misura di legge maturati fino alla data della presente sentenza.
Sulla somma sopra liquidata sono dovuti dai convenuti, come per legge, gli interessi legali in favore della predetta Arma dei Carabinieri dalla data della presente sentenza al saldo.
Condanna altresì i convenuti al pagamento in solido delle spese di giustizia in favore dello Stato, che sono liquidate in Euro 1.070,42 (Millesettanta/42).

   

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