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Guardia di Finanza... materia di sospensione condizionale della pena e destituzione dei pubblici dipendenti. ...

Dettagli

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GUARDIA DI FINANZA   -   IMPIEGO PUBBLICO
Cons. Stato Sez. IV, Sent., 18-09-2012, n. 4952
Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1.1. Nei confronti dell'Appuntato Scelto della Guardia di Finanza (Lpd) è stato a suo tempo instaurato dalla Procura della Repubblica dì (Lpd) il procedimento penale n. 19718/01 R.G.N.R. in relazione: a) al reato previsto e punito dagli artt. 81 cpv., 317, 56 - 317 cod. pen. (concussione e tentata concussione con l'aggravante della continuazione), perchè, a titolo personale, abusando della sua qualità e dei poteri di Appuntato della Guardia di Finanza induceva l'impiegata di un'agenzia di pratiche auto a consegnargli, a titolo di prestito, una somma di denaro mai restituita, nonché di averle successivamente richiesto un'ulteriore dazione, paventandole il rischio di una verifica fiscale; b) ai reati previsti e puniti dagli artt. 110, 319 e art. 321 cod. pen. (concorso nei reati di corruzione per atto contrario ai doveri d'ufficio), perchè, unitamente ad altri coimputati, si faceva consegnare somme di denaro al fine di fornire notizie su accertamenti fiscali in corso nei confronti di una società, nonché di intervenire sull'esito degli stessi; c) al reato previsto e punito dagli artt. 110 e 326 cod. pen. (concorso in rivelazione di segreti d'ufficio), perchè, in concorso con altri coimputati e nella rivestita qualifica di Appuntato del Corpo, rivelava al legale rappresentante di una società notizie destinate a rimanere segrete concernenti gli accertamenti in corso da parte delle Guardia di Finanza nei confronti della medesima impresa.
In relazione a tale vicenda giudiziaria, in data 2 maggio 2006 il Pubblico Ministero titolare dell'indagine ha chiesto il rinvio a giudizio del (Lpd).
1.2. A seguito dell'intervenuto esercizio dell'azione penale, l'Amministrazione ha avviato nei confronti del medesimo (Lpd) il procedimento finalizzato alla valutazione della sussistenza dei presupposti per la sua sospensione cautelativa dal servizio, in effetti poi disposta dal Comandante in Seconda del Corpo della Guardia di Finanza con proprio Provv. 12 gennaio 2007 con decorrenza dal giorno successivo.
1.3. Tale provvedimento è stato notificato al (Lpd) in data 22 febbraio 2007, e avverso lo stesso, nonché avverso i presupposti atti endoprocedimentali (segnatamente costituiti, tra l'altro, dalle proposte di adozione del provvedimento della sospensione precauzionale dal servizio dd. 20 dicembre 2006 a firma del Comandante regionale per la (Lpd) della Guardia di Finanza e dd. 27 dicembre 2006 a firma del Comandante interregionale per l'Italia Nord Occidentale del medesimo Corpo) e avverso ogni altro atto connesso presupposto e conseguente, l'interessato ha proposto ricorso sub R.G. 484 del 2007 innanzi al T.A.R. per la (Lpd), Sede di (Lpd), deducendo al riguardo: 1) violazione, falsa ed errata applicazione dell'articolo 14 della L. 3 agosto 1961, n. 833, recante disposizioni sullo stato giuridico dei vicebrigadieri e dei militari di truppa della Guardia di Finanza, violazione degli artt. 2 e 4 della L. 7 agosto 1990, n. 241 e dei principi generali in materia di procedimento amministrativo, nonché violazione del D.M. 19 ottobre 1994, n. 678, recante il regolamento di attuazione dei predetti artt. 2 e 4 della L. n. 241 del 1990 relativamente ai procedimenti di competenza di organi dell'Amministrazione delle Finanze, ivi compreso il Corpo della Guardia di Finanza; 2) violazione, falsa ed errata applicazione sotto diverso profilo degli anzidetti artt. 2 e 4 della L. n. 241 del 1990, dei principi generali in materia di procedimento amministrativo e dell'anzidetto D.M. 678 del 1994, nonché eccesso di potere per violazione, falsa ed errata applicazione delle circolari n. 380000/109/4 del 24 novembre 2004 e n. 9000/104/4 dell'11 aprile 2002 del Comando Generale della Guardia di Finanza, per carenza assoluta di motivazione, per errata rappresentazione e/o difetto dei presupposti di fatto e per illogicità manifesta, e - ancora - per eccessiva sproporzione della misura rispetto alla gravità dei fatti contestati nel rispetto dei generali principi comunitari in materia; 3) violazione falsa ed errata applicazione dell'art. 40 della predetta L. n. 833 del 1961 e dell'art. 9 della L. 7 febbraio 1990, n. 19, a sua volta recante disposizioni in materia di sospensione condizionale della pena e destituzione dei pubblici dipendenti.
d) violazione, falsa ed errata applicazione dell'art. 1 della L. n. 241 del 1990 e dei principi generali in materia di procedimento amministrativo, nonché dell'allora vigente (Lpd)R. 18 luglio 1986, n. 545, recante il regolamento di disciplina militare ed eccesso di potere per sviamento della causa.
Il (Lpd) ha pure chiesto il risarcimento dei danni asseritamente a lui derivati dagli atti impugnati.
1.4. In tale primo grado di giudizio si è costituito il Ministero dell'Economia e delle Finanze, concludendo per la reiezione del ricorso.
1.5. Con ordinanza n. 728 dd. 27 settembre 2007, ampiamente argomentata, l'adito T.A.R. ha respinto la domanda di sospensione cautelare degli atti impugnati, avanzata dal (Lpd), rilevando testualmente "che al ricorrente, graduato della Guardia di Finanza, sono contestati fatti di reato di concussione e corruzione (cfr. i capi di imputazione, riportati da ultimo a p. 4 delle relazione
dell'Amministrazione depositata il 24 luglio 2007), nel primo caso per avere egli avvicinato la titolare di una agenzia di pratiche automobilistiche, dalla quale si sarebbe fatto consegnare denaro adombrando la necessità di evitare in tal modo una verifica fiscale, e nel secondo caso per essersi fatti consegnare denaro da un imprenditore per fornirgli notizie sul controllo fiscale a suo carico e per influire sull'esito relativo; che i fatti appaiono solidamente dimostrati, per lo meno in termini di gravi indizi di colpevolezza, risultando il primo dal verbale s.i.t. della persona offesa raccolto dal P.M. procedente (v. copia penultimo allegato alla relazione citata), il secondo da intercettazioni telefoniche assolutamente esplicite nei termini adoperati e suscettibili come tali di essere inserite nel fascicolo del dibattimento penale quali piene prove (cfr. il riassunto della vicenda, con la trascrizione delle chiamate, a p. 2 dell'informativa di p.g. 15 aprile 2004, allegata alla rel. citata); che si tratta di fatti di estrema gravità, commessi proprio da coloro i quali dovrebbero reprimere nel modo più severo l'evasione fiscale e quindi porsi di fronte ai cittadini quali esempio di condotta corretta sotto tale profilo; come tali essi sono suscettibili di menomare in modo serio l'immagine pubblica del Corpo di appartenenza, nonché di influire in modo negativo sul morale dei commilitoni che agiscono invece in modo conforme a legge. Si osserva che non assume rilievo l'essere il ricorrente adibito o no a servizi che comportano contatto con il pubblico, dato che lo stesso, negli episodi descritti, ha contattato privati con i quali non aveva per ragioni di ufficio rapporto alcuno, semplicemente accreditandosi come militare del Corpo disposto a fornire illeciti servizi dietro pagamento; che nei termini suddetti, tali da far venir meno il rapporto di fiducia che deve sussistere anche nell'ambito dei semplici rapporti di lavoro privati, il provvedimento di sospensione appare corretto e congruo, trattandosi di allontanare dal servizio un soggetto la cui semplice presenza può gettare discredito sull'Amministrazione".
1.6. Con sentenza n. 3927/08 dd. 13 ottobre 2008 il Tribunale penale di (Lpd), modificando l'originario capo di imputazione sub b) (cfr. par. 1.1. della presente sentenza), ha dichiarato il (Lpd) colpevole del reato di cui all'art. 346, primo comma, e all'art. 61, n. 9, cod. pen. (millantato credito aggravato), con condanna alla pena di anni uno e mesi 10 di reclusione e di Euro 600,00.- (seicento/00) di multa, con il beneficio della sospensione condizionale della pena, assolvendolo quindi dalle residue imputazioni perché il fatto non sussiste.
1.7. A seguito di ciò, il Comandante Interregionale della Guardia di Finanza per l'Italia Nord Occidentale ha avviato nei confronti del (Lpd) un ulteriore procedimento deputato a valutare l'eventualità della conferma del provvedimento di sospensione cautelare dal servizio.
A conclusione di tale procedimento il medesimo Comandante Interregionale, dopo aver acquisito le memorie difensive del medesimo (Lpd), nonché i pareri espressi in merito dalla gerarchia intermedia, con propria Det. 6 marzo 2009, notificata in data 24 marzo 2009, ha disposto la permanenza dell'interessato nella posizione di sospeso precauzionalmente dal servizio, a titolo discrezionale.
A tale riguardo, nel provvedimento si legge - tra l'altro, e dopo un puntuale richiamo alla precedente sospensione dal servizio dd. 12 gennaio 2007 e alla sentenza di condanna in primo grado del (Lpd) per il reato di cui all'art. 346 cod. pen. - che la nuova sospensione dal servizio è stata adottata "viste le proposte formulate dal Comando Provinciale di (Lpd), con i fogli nn. 29517/P e 3446/P, datati rispettivamente 14 dicembre 2006 e 17 febbraio 2009; Comando Regionale (Lpd), con i fogli nn. 13321/P/II-D e 2609/P/II-D, datati rispettivamente 20 dicembre 2006 e 27 febbraio 2009; visti gli atti del citato procedimento amministrativo a carico del militare e vagliate anche le memorie difensive all'uopo prodotte; considerato che a seguito della suddetta sentenza il militare ha assunto lo status di imputato per il reato di cui all'art. 346, comma 1, e 61, n. 9, cod. pen. (così modificata l'originaria imputazione di cui all'art. 319 cod. pen.) da cui può derivare la perdita del grado per rimozione a seguito di eventuale procedimento disciplinare di stato; rilevato che non sono venuti meno, ma risultano solo parzialmente mutati i presupposti di fatto e di diritto sulla base dei quali è stato, a suo tempo, adottato il menzionato provvedimento di sospensione a carico del medesimo; ritenuto che, alla luce della nuova posizione processuale e dell'attuale evidenziata imputazione, allo stato permangano comunque le esigenze cautelari dell'Amministrazione specificate nel predetto provvedimento sospensivo e che si intendono qui interamente richiamate".
1.7. Il (Lpd), a sua volta, ha proposto avverso tale provvedimento motivi aggiunti di ricorso nel predetto procedimento giudiziale R.G. 484 del 2007, deducendo in proposito violazione, falsa ed errata applicazione degli artt. 14 e 40 della L. n. 833 del 1961 e degli artt. 2 e 4 della L. n. 241 del 1990, nonché eccesso di potere per carenza assoluta di motivazione, per errata rappresentazione dei presupposti di fatto e per illogicità, per violazione del principio di proporzionalità e per irragionevolezza.
Giova sin d'ora evidenziare che mediante tali motivi di ricorso il (Lpd) ha affermato - in estrema sintesi - che essendo stata tale sentenza comunque da lui appellata e che non essendo possibile alcuna reformatio in peius con riguardo all'entità della specifica condanna ex art. 346, primo comma, cod. pen. in assenza di appello del Pubblico Ministero, in ogni caso il relativo giudicato non comporterebbe ex abrupto la perdita del grado poiché la rimozione dal servizio non sarebbe per nulla certa, altresì facendo intendere che, nel caso stesso, la sospensione cautelativa dal servizio, così reiterata, finirebbe ormai col configurarsi come una vera e propria sanzione disciplinare, per di più anticipata.
1.8. Il Ministero dell'Economia e delle Finanze è intervenuto anche con riguardo a tale nuovo contraddittorio, concludendo per la reiezione pure di tale ulteriore impugnativa.
1.9. Con sentenza n.1394 dd. 29 marzo 2010 l'adito T.A.R. ha respinto l'impugnativa proposta avverso il primo provvedimento di sospensione cautelare dal servizio dd. 12 gennaio 2007, ha accolto l'impugnativa proposta avverso il secondo provvedimento di sospensione cautelare dal servizio dd. 6 marzo 2009 annullando il relativo atto e ha respinto la domanda di risarcimento del danno.
Le spese del giudizio sono state integralmente compensate tra le parti.
2.1. Il Ministero dell'Economia e delle Finanze nelle sue varie articolazioni interessate (precisate in epigrafe), propone ora appello avverso tale sentenza limitatamente al capo con il quale è stata accolta l'impugnativa avverso l'anzidetto provvedimento di sospensione cautelare dal servizio dd. 6 marzo 2009.
L'Amministrazione appellante deduce al riguardo che, diversamente da quanto affermato dal giudice di primo grado, sussistono i presupposti di fatto e di diritto - correttamente apprezzati nella specie dal Comandante Interregionale per l'Italia Nord Occidentale - per confermare la sospensione cautelare del servizio a carico del (Lpd) e che la sospensione medesima, a differenza di quanto ritenuto dallo stesso T.A.R., non si configura quale surrettizia irrogazione in via anticipata di una sanzione disciplinare.
2.2. Si è costituito nel presente grado di giudizio l'appellato (Lpd), concludendo per la reiezione del ricorso.
2.3. Con ordinanza n. 3690 dd. 29 luglio 2010 la Sezione ha accolto la domanda di sospensione cautelare della sentenza di primo grado, proposta dall'Amministrazione appellante a' sensi dell'allora vigente art. 33, terzo e quarto comma della L. 6 dicembre 1971, n. 1034, "rilevato che è controversa sospensione precauzionale dal servizio di militare imputato di peculato nonché, in esito alla sentenza penale non ancora irrevocabile che ha derubricato il reato in millantato credito aggravato, la prosecuzione disposta di tale allontanamento; considerato che non deve formare oggetto di apprezzamento la condotta del militare - accertamento proprio di altro procedimento - dovendosi ricondurre le valutazioni discrezionali sottese alla sospensione precauzionale dal servizio alla necessità di rimuovere il pregiudizio derivante dalla permanenza del militare nelle funzioni proprie, nel generale interesse tanto dell'Amministrazione quanto degli amministrati sino alla durata massima quinquennale prevista di sospensione, che nella specie non è decorsa; ritenuto che la sospensione precauzionale dal servizio è mera misura cautelare, che non riveste natura disciplinare, in quanto prescinde da qualsiasi accertamento della responsabilità dell'inquisito e non implica, quindi, alcun giudizio, neppure approssimativo e provvisorio, circa la colpevolezza dell'interessato" .
2.4. Va opportunamente rimarcato che, medio tempore, con sentenza dd. 28 maggio 2010 la Corte d'Appello di (Lpd) ha dichiarato, a' sensi dell'art. 605 cod. proc. pen., di non doversi procedere nei confronti del (Lpd) per intervenuta prescrizione del reato, rilevando in tal senso che "sulla base delle risultanze processuali non sussistono le condizioni affinché si possa pervenire ad una pronuncia assolutoria nel merito, atteso che non vi è evidenza dell'innocenza dell'imputato rispetto agli addebiti oggetto di imputazione".
3. Alla pubblica udienza del 20 marzo 2012 la causa è stata trattenuta per la decisione.
4. Preliminarmente il Collegio rileva che, nonostante la sopravvenuta applicazione della prescrizione del reato ascritto al (Lpd) da parte del giudice penale d'appello abbia presumibilmente indotto medio tempore la stessa Amministrazione a riconsiderare ulteriormente la posizione del proprio dipendente promuovendo nei suoi confronti il procedimento disciplinare conseguente alla circostanza del suo mancato proscioglimento con la formula completamente liberatoria dell'insussistenza del fatto o della mancata sua commissione da parte dell'imputato, nondimeno residua l'interesse sia dell'Amministrazione medesima, sia dello stesso appellato (Lpd), a veder definita la legittimità - o meno - del provvedimento impugnato in primo grado e concernente la riconferma a carico del predetto (Lpd) della sua sospensione cautelare dal servizio, pur avendo il Tribunale penale di (Lpd) derubricato l'originaria imputazione in una condanna per reato meno grave.
Tale interesse si fonda sulla circostanza che la legittimità degli atti amministrativi va comunque valutata al momento della loro adozione (cfr. sul punto, ex plurimis, Cons. Stato, Sez. IV, 27 ottobre 2011 n. 5758), nonché nel rilievo per cui in dipendenza del disposto rinnovo della sospensione dal servizio, il (Lpd) non ha potuto essere riammesso a prestare la propria attività lavorativa, anche con nocumento non solo per la propria posizione giuridica, ma anche per i propri diritti economici.
5.1.Tutto ciò premesso, l'appello in epigrafe è fondato.
5.2. Secondo la tesi del T.A.R., tramite il provvedimento del Comandante Interregionale per l'Italia Nord Occidentale adottato in data 6 marzo 2009 e impugnato in primo grado con gli anzidetti motivi aggiunti di ricorso sarebbe stata di fatto prorogata sine die la sospensione dal servizio nei confronti del (Lpd), essendo peraltro "indiscusso e pacifico" che non è intervenuto appello del Pubblico Ministero avverso la condanna pronunciata dal Tribunale penale di (Lpd) per il reato di cui all'art. 346, primo comma, cod. pen. (millantato credito) discendente dalla derubricazione dell'originaria imputazione di concorso in corruzione per atto contrario ai doveri d'ufficio (art. 319 cod. pen.) e, quindi, in un contesto totalmente diverso rispetto a quello delle imputazioni originariamente formulate a carico del medesimo (Lpd) e in ordine alle quali era stata legittimamente disposta la sua sospensione precauzionale dal servizio.
Il giudice di primo grado reputa, pertanto, che a fronte dell'avvenuta proposizione dell'appello da parte del solo (Lpd) avverso l'anzidetta sentenza di condanna, "potrebbe anche non trovare certo e successivo albergo una concretizzazione valutativa di profilo amministrativo ai sensi dell'art. 40, primo comma, della L. n. 833 del 1961 e perciò tale da condurre alla rimozione con perdita del grado. Infatti non è per nulla - allo stato - ipotizzabile che ciò si verifichi in termini pressoché automatici. Invero - sia pur ancora allo stato - quest'ultima sanzione è ipotizzabile ma solo se il giudice penale di appello assegnerà ai fatti-reato una definizione giuridica più grave di quella disposta in primo grado e più precisamente pur anche la stessa già assunta in sede di rinvio a giudizio (v. art. 597 cod. proc. pen.). E' invece - ancora allo stato - più ipotizzabile o comunque da prendere come riferimentodi prossima eventuale valutazione in sede amministrativa il solo dato di cui all'art. 346 cod. pen.: ciò con riguardo ad un ulteriore preventivo percorso in sede penale, salvo il tempo della prescrizione. Ma tutto ciò non condurrebbe necessariamente (previa - appunto - altrimenti necessaria adozione e conclusione di un procedimento disciplinare) ad una concretizzazione valutativa in tale ultima sede che consenta esclusivamente di rimuovere il ricorrente dal servizio e di perdere il proprio grado con riguardo a fatti che ora risultano molto meno rilevanti penalmente; a meno che, con puntuali argomentazioni che ora non si rilevano, si riesca a definire i relativi comportamenti del ricorrente come comportamenti comunque contrari alle finalità del Corpo. Ne consegue che, allo stato della vicenda, non v'è più spazio per una sospensione cautelare dal servizio poiché la stessa non può più essere disposta né in via discrezionale né in via obbligatoria. Del resto - ove si voglia ritenere che i disposti di cui all'art. 9, comma 2, della L. 7 febbraio 1990, n. 19 siano suscettibili di circolare anche nell'ordinamento di specie - resta il fatto che la detta sospensione è sine die ed è stata fatta proseguire (dura da quasi 3 anni e mezzo) senza una giustificazione temporalmente adatta e quasi anacronistica. Di talchè deve annotarsi che quest'ultima - lungi ormai dall'essere di mero carattere precauzionale rispetto a fatti risalenti al 2000 - 2001, predicata senza ulteriori alternative (trasferimento d'ufficio, di sede, aspettativa, etc) e reimposta in ragione di fatti antecedenti la sentenza penale di primo grado - si atteggia, ora, come una vera e propria sanzione disciplinare di lungo termine (art. 43); senza che sia stato dato corso ad un preventivo procedimento disciplinare; che, allo stato, non è nemmeno abbozzato, altresì incombendo una possibile prescrizione dei fatti reato. Invero, nel caso, non può affermarsi la sussistenza senza soluzione di continuità di una sospensione cautelare non sanzionatoria: soprattutto se le circostanze in atto e su descritte si mettono a confronto con i disposti di cui agli artt. 4, comma 1, e 3, comma 1,della L. 27 marzo 2001, n. 97. D'altra parte, nel caso stesso, va osservato che la rimozione è anch'essa sanzione disciplinare e solo ad essa consegue la perdita del grado e che essa stessa può seguire un procedimento disciplinare; sicché, al presente stadio della vicenda, è evidente che la sospensione in essere è sanzione comminata senza procedimento disciplinare stesso ed è stata disposta in attesa di comminare la sanzione ben più grave della rimozione: il tutto sempre per gli stessi fatti. E dunque e in conclusione il ricorso si appalesa fornito di utile spessore con riguardo al secondo provvedimento impugnato" (cfr. pag. 7 e ss. della sentenza impugnata).
4.3. E' agevole da tutto ciò rilevare che il fulcro della tesi espressa dal giudice di primo grado si identifica nell'assunto per cui, essendo stata derubricata in millantato credito (art. 346 cod. pen.) l'originaria imputazione di concorso nei reati di corruzione per atto contrario ai doveri d'ufficio (artt. 110, 319 e art. 321 cod. pen.) e non risultando che il Pubblico Ministero abbia opposto appello al riguardo, l'irrogazione nei confronti del (Lpd) della sanzione della rimozione per perdita del grado potrebbe ipotizzarsi soltanto qualora il giudice penale d'appello assegni ai fatti ascritti a reato una definizione giuridica più grave di quella affermata in primo grado, senza sottacere le non evanescenti possibilità che medio tempore la prescrizione estingua il reato medesimo, nonché - soprattutto - che i fatti predetti risulterebbero ora molto meno pesanti sotto il profilo penale, comunque ormai risalenti nel tempo e che in tale contesto - pertanto - la misura cautelare della sospensione dal servizio disposta sine die equivarrebbe nella sostanza all'irrogazione in via anticipata di una sanzione disciplinare di lungo termine.
L'insieme di tali assunti del giudice di primo grado va recisamente respinta.
In primo luogo non è per certo compito del giudice amministrativo formulare ed esternare prognosi sull'esito dei procedimenti penali, non importa se di primo o di secondo grado, oppure di cassazione, anche per quanto attiene alle valutazioni probabilistiche circa la sopravvenienza nel corso del giudizio della prescrizione con il conseguente effetto estintivo del reato a' sensi dell'art. 157 cod. pen.
Pertiene viceversa al giudice amministrativo il sindacato di legittimità circa la corretta valutazione dell'Amministrazione in ordine alla circostanza che il provvedimento di sospensione cautelare dal servizio è intrinsecamente privo di carattere sanzionatorio, possedendo ratio e presupposti ben diversi da quelli che caratterizzano l'eventualmente successivo provvedimento disciplinare, e che esso deve essere altresì adottato con valutazione discrezionale della medesima Amministrazione circa il comportamento posto in essere dal proprio dipendente: valutazione che è necessariamente condizionata da criteri di urgenza e celerità, tali da consentire la preminente esigenza di tutelare gli interessi di rilievo pubblico coinvolti e il prestigio dell'Amministrazione che può essere compromesso dalla prosecuzione dell'attività del dipendente (cfr. sul punto, ad es., Cons. Stato, Sez. IV, 19 maggio 2010 n. 3164) e che, in quanto tale, di per sé rappresenta una tipica manifestazione di potere discrezionale, il cui corretto esercizio non è - di per sé - sempre e necessariamente definito dalla maggiore o minore gravità del reato, attesa la diversa finalità della valutazione dei fatti ai fini della tutela del pubblico interesse (così, ad es., Cons. Stato, Sez. VI, 6 giugno 2008 n. 2722).
Non va tuttavia sottaciuto che l'art. 14 della L. 3 agosto 1961, n. 833 recante disposizioni sullo stato giuridico dei vicebrigadieri e dei militari di truppa della Guardia di Finanza, nell'indicare i presupposti per l'applicazione a tale personale della misura della sospensione precauzionale facoltativa, delinea una disciplina in gran parte vincolata rispetto a quella riservata ad altre categorie di pubblici dipendenti, come ad esempio i dipendenti civili dello Stato, per i quali l'art. 92 del T.U. approvato con (Lpd)R. 10 gennaio 1957, n. 33 ha previsto che la sospensione cautelare facoltativa possa essere ordinata "per gravi motivi", ossia sulla base di valutazioni ampiamente discrezionali.
Viceversa, per quanto qui rileva, la sospensione precauzionale dal servizio dell'anzidetto personale della Guardia di Finanza sottoposto a giudizio penale risulta applicabile a' sensi dell'art. 14, primo comma, della L. n. 833 del 1961 allorquando il giudizio penale sia suscettibile di concludersi con sentenza di condanna implicante la perdita del grado, ossia - a' sensi dell'art. 40 della medesima L. 833 del 1961 - nell'evenienza della condanna per delitto non colposo allorquando la condanna medesima importi l'interdizione temporanea dai pubblici uffici, oppure una delle altre pene accessorie previste dai numeri 2 e 5 del primo comma dell'art. 19 cod. pen.
Ciò peraltro non significa che una condanna in primo grado per millantato credito (art. 346 cod. pen.) sfugga all'ipotesi di una valutazione in sede disciplinare tale da parimenti comportare l'irrogazione della sanzione della rimozione per perdita del grado, posto che a' sensi dello stesso art. 40, n. 6, della L. n. 833 del 1961 la sanzione medesima è applicabile anche "per violazione del giuramento o per altri motivi disciplinari, ovvero per comportamento comunque contrario alle finalità del Corpo o alle esigenze di sicurezza dello Stato, previo giudizio di una Commissione di disciplina"rimozione per violazione del giuramento o per altri motivi disciplinari, ovvero per comportamento comunque contrario alle finalità del Corpo o alle esigenze di sicurezza dello Stato, previo giudizio di una Commissione di disciplina".
In tal senso, non va quindi sottaciuto che il comportamento tenuto dal condannato in primo grado, proprio perché ascritto dal giudicante ad un'ipotesi di millantato credito - ossia al comportamento di colui che vantando un'elevata considerazione della propria persona presso un pubblico ufficiale o presso un pubblico impiegato che presti un pubblico servizio, riceve o fa dare o fa promettere, a sé o ad altri, denaro o altra utilità, come prezzo della propria mediazione verso il pubblico ufficiale o impiegato (cfr. art. 346 cod. pen.) - risulta all'evidenza "contrario alle finalità del Corpo"
Nel caso di specie dall'esame delle motivazione della sentenza penale di primo grado il comportamento del (Lpd) risulta - oltre a ciò - quanto mai censurabile, posto che ivi si legge - tra l'altro - che la fattispecie di reato è senza dubbio ravvisabile, "non sussistendo alcun dubbio sull'illiceità della mediazione promessa dal ... (Lpd)" e dell'altro coimputato, nonché ricorrendo l'aggravante di cui all'art. 61, n. 9 cod. pen. (cfr. ivi: "l'avere commesso il fatto con abuso dei poteri, o con violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione o a un pubblico servizio"), "atteso che, sebbene la qualifica di pubblici ufficiali degli imputati non integri un elemento costitutivo del reato, la stessa ne agevolava l'esecuzione, rendendo più credibile agli occhi del privato la falsa prospettazione della capacità di influenzare le determinazioni del maresciallo ((Lpd)) (Lpd)", della Polizia tributaria di (Lpd), nelle proprie attività di verifica fiscale (cfr. pag. 21); e ciò anche se "il (Lpd), lungi dal relazionarsi con il (Lpd) nel concreto esercizio delle sue funzioni, lo poteva incontrare soltanto durante le pause dall'attività e poteva vantare quale unico titolo per chiedergli informazioni o favori la loro relazione di superficiale conoscenza" (cfr. ibidem, pag. 19).
Lo stesso giudice ha quindi concluso nel senso che "appare evidente la gravità dei comportamenti tenuti dagli imputati ...e di (Lpd), gravità ancor più accentuata dal loro inserirsi in una pratica ripetuta di trattative volte a far si indebitamente consegnare danaro dai contribuenti. Valgano, in tal senso, le conversazioni registrate attinenti le numerose "pratiche" seguite parallelamente dagli imputati ed utilizzate come stabile occasione di entrate aggiuntive rispetto a quelle legittimamente garantite dalla funzione ricoperta. Funzione che avrebbe, invece, richiesto in capo ai due militari una correttezza e limpidezza di comportamenti che rendono, per contrasto, ancora più censurabili le condotte poste in essere. Ciò posto, in assenza di un qualsiasi segno di resipiscenza, non si rinvengono motivi sui quali fondare il riconoscimento di circostanze attenuanti generiche" di cui all'art. 62-bis cod. pen.(cfr. ibidem, pag. 24).
A questo punto neppure va sottaciuto che questa stessa Sezione ha già avuto modo di affermare che ove la sentenza di primo grado, come nel caso di specie, accerti, per un verso, la minore gravità di alcuni fatti non discende automaticamente il dovere dell'Amministrazione di rispondere positivamente all'istanza di riassunzione in servizio del dipendente, "ben potendo essere opposto" al riguardo "l'efficacia non definitiva dell'accertamento penale. Più esattamente, solo nel caso in cui la sentenza di primo grado abbia accertato l'insussistenza del fatto ovvero abbia escluso che il dipendente lo abbia commesso, si configura un dovere dell'Amministrazione di rivedere il substrato motivazionale su cui si è fondata la valutazione che ha condotto alla sospensione cautelare dal servizio. A tanto si deve giungere, per vero, sulla base dell'osservazione che qualunque fatto idoneo ad arrecare pregiudizio al prestigio dell'Amministrazione e agli interessi pubblici alla cui tutela essa attende, circostanza in cui deve senz'altro essere annoverata anche la sola sottoposizione del dipendente a procedimento penale, non può non riverberarsi sulla posizione giuridica di quest'ultimo. Nè è secondario aggiungere nella specie che il dipendente è stato sottoposto a condanna dalla sentenza di primo grado, e ciè è senz'altro di per sé sufficiente a sorreggere il provvedimento di sospensione dal servizio adottato sulla base della sottoposizione a procedimento penale, a nulla rilevando la derubricazione del reato, essendo rimasti immutati i fatti contestati" (così, testualmente, Cons. Stato, Sez. IV, 5 ottobre 2006 n. 5922).
Nel caso ora in esame, oltre tutto, l'Amministrazione ha debitamente ponderato la posizione del (Lpd), aprendo non appena formalmente notiziata dall'esito del giudizio penale di primo grado, un formale procedimento di riconsiderazione della fattispecie agli effetti della permanenza - o meno - dell'interessato nella posizione di sospensione dal servizio, anche con la ben garantistica acquisizione, secondo la disciplina contemplata dalle circolari n. 9000/104/4 dell'11 aprile 2002 e n. 380000/109/4 del 24 novembre 2004 del Comando Generale della Guardia di Finanza, del contributo partecipativo dello stesso interessato (di per sé neppure reputato necessario, in linea di principio, dalla prevalente giurisprudenza: cfr. sul punto, ad es., Cons. Stato, Sez. IV, 19 maggio 2010 n. 3164) e dei propri superiori gerarchici, i quali - come ben risulta dagli atti di causa già presenti nel fascicolo di primo grado - si sono espressi al riguardo con pareri puntualmente motivati circa la perdurante sussistenza dei presupposti per mantenere nei confronti del (Lpd) la misura della sospensione cautelativa dal servizio.
Né, da ultimo, può dirsi - a differenza di quanto reputato dal giudice amministrativo di primo grado - che il provvedimento di riconferma per il (Lpd) della posizione di sospensione dal servizio si sostanzi nella surrettizia comminazione nei suoi confronti di una sanzione di status antecedente all'apertura del relativo procedimento disciplinare, posto che il termine massimo per la permanenza nella posizione di sospensione è direttamente fissato dalla legge (cfr. art. 9, comma 2, della L. 7 febbraio 1990, n. 19) con il conseguente diritto all'integrale ricostruzione della carriera e del trattamento economico a beneficio di colui che viene susseguentemente reintegrato in dipendenza dell'avvenuta sua assoluzione con formula piena in sede di giudizio penale; e neppure va sottaciuto che, nella specie - e per quanto detto innanzi, al par. 4 della presente sentenza - la sopravvenuta applicazione della prescrizione ha presumibilmente indotto l'Amministrazione appellante a riconsiderare la posizione dell'interessato, instaurando nei suoi confronti il conseguente giudizio disciplinare.
6. Per le considerazioni esposte, l'appello dell'amministrazione va accolto, anche se le spese e gli onorari dell'intero giudizio possono essere comunque integralmente compensati tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e - per l'effetto - respinge il ricorso per motivi aggiunti proposto in primo grado.
Compensa integralmente tra le parti le spese e gli onorari del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

   

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