... la destituzione dal servizio deducendo i seguenti motivi di ricorso:.. debiti senza onorarli ..

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Categoria: Sentenze - Ordinanza - Parere - Decreto
Creato Martedì, 16 Ottobre 2012 01:03
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IMPIEGO PUBBLICO
T.A.R. Piemonte Torino Sez. I, Sent., 03-10-2012, n. 1020
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
Parte ricorrente ha adito l'intestato Tar e impugnato il provvedimento con il quale le è stata comminata la destituzione dal servizio deducendo i seguenti motivi di ricorso:
1)Violazione di legge. Violazione dell'art. 19 del D.P.R. n. 737 del 1981. Carenza, insufficienza dell'istruttoria.. Contesta parte ricorrente che la condotta di aver contratto debiti senza onorarli non risulti sanzionabile con la destituzione. Contesta anche in fatto la sussistenza dell'episodio addebitatole.
2) Violazione di legge. Violazione dell'art. 1, penultimo comma, del D.P.R. n. 737 del 1981. Violazione del principio di graduazione della sanzione. Vizio di motivazione. Contesta parte ricorrente la violazione del principio di proporzionalità.
3) Violazione di legge. Violazione degli artt. 19, 20, 21 del D.P.R. n. 737 del 1981. Violazione del principio del giusto procedimento. Violazione del dovere di correttezza. Violazione del diritto di difesa e del diritto al contraddittorio. Eccesso di potere. Sviamento di potere. Violazione del principio di imparzialità. Preordinazione dell'iter procedimentale alla cancellazione dai ruoli della ricorrente. Contesta parte ricorrente la correttezza del procedimento.
4) Illegittimità per violazione di legge. Violazione dell'art. 16 terz'ultimo comma, del D.P.R. n. 737 del 1981 in combinato con l'art. 149 lett. b) e c) del D.P.R. n. 3 del 1957.Contraddittorietà ed illogicità. Vizio di motivazione.Contesta la ricorrente che i componenti del consiglio di disciplina avessero preventivamente manifestato la propria opinione.
5) Vizio di motivazione. Violazione dell'art. 1 ult. co. del D.P.R. n. 737 del 1981 e dell'art. 3 della L. n. 241 del 1990. Abuso del potere conferito. Cattivo uso del potere. Sviamento. Ingiustizia manifesta.
Si costituiva l'amministrazione resistente contestando in fatto e diritto gli assunti di cui al ricorso.
Con primo provvedimento cautelare di questo TAR n. 578/2011 l'amministrazione veniva invitata a riesaminare il provvedimento alla luce della argomentazioni di cui al ricorso. Con nuovo decreto del Capo dello Stato n. 333-D/58921 del 21.10.2011 l'amministrazione resistente nuovamente provvedeva in termini argomentati alla luce delle doglianze contenute in ricorso.
Con ricorso per motivi aggiunti parte ricorrente deduceva i seguenti motivi di ricorso avverso il nuovo provvedimento:
Illegittimità del decreto di conferma della destituzione per violazione del tenore precettivo della misura cautelare. Contraddittorietà, illogicità. Mancata instaurazione del procedimento disciplinare. Violazione degli artt. 7, 14, 16, 19 e 20 del D.P.R. n. 737 del 1981. Violazione del diritto di difesa e del diritto al contraddittorio. Contesta parte ricorrente che, all'esito del primo giudizio cautelare, l'amministrazione avrebbe dovuto integralmente rinnovare il procedimento e non redigere una nuova motivazione. Ripropone per il resto parte ricorrente le censure già dedotte con il ricorso introduttivo.
L'amministrazione resistente ha nuovamente chiesto la reiezione del ricorso.
Con ordinanza n. 54/12 la nuova istanza cautelare è stata respinta.
All'udienza del 28.6.2012 la causa è stata discussa e decisa.
Motivi della decisione
Si procede all'analisi del ricorso per motivi aggiunti (nel cui ambito sono per altro stati riproposti tutti i motivi del ricorso introduttivo) in considerazione del fatto che il provvedimento originariamente impugnato risulta superato dal decreto del 21.10.2011, adottato su impulso di questo T.A.R. in sede cautelare e appunto contestato con i motivi aggiunti di ricorso.
Con il primo motivo aggiunto di ricorso si censura l'operato dell'amministrazione sostenendo che erroneamente non sarebbe stato integralmente rinnovato il procedimento disciplinare, limitandosi ad analiticamente argomentare nel provvedimento finale, alla luce delle censure dedotte, le ragioni della immutata decisione. La doglianza è infondata; la prima ordinanza cautelare di questo Tribunale non ha affatto imposto una integrale riedizione del procedimento, limitandosi ad invitare l'amministrazione a meglio esplicitare le ragioni del proprio decidere alla luce delle censure dedotte con il ricorso introduttivo. L'amministrazione ha puntualmente provveduto in tal senso, anche chiarendo da quali risultanze documentali del procedimento riteneva evincibili i fatti posti a fondamento del proprio argomentare e della propria scelta. La censura deve essere respinta.
Con i successivi motivi aggiunti di ricorso, che riprendono il ricorso principale, si censura innanzitutto la non applicabilità della disposta sospensione alla tipologia di infrazione contestata (aver contratto debiti senza onorarli). Nel nuovo provvedimento l'amministrazione ha chiarito che la sanzione particolarmente grave è stata irrogata in considerazione del fatto che la ricorrente era sul punto recidiva specifica ed aveva già integralmente subito tutta la possibile scala di sanzioni (sino alla sospensione), sicchè la riscontrata inefficacia dissuasiva dei precedenti provvedimenti disciplinari giustificava l'inasprimento sanzionatorio.
Tale presupposto è contestato in ricorso alla luce della cronologia dei fatti.
Preliminarmente non può non evidenziarsi, come puntualmente fatto dall'amministrazione, che la ricorrente presenta un pessimo curriculum disciplinare, avendo complessivamente ricevuto 30 sanzioni disciplinari per le più disparate ragioni (negligenza in servizio, comportamento scorretto verso superiori, comportamento non consono al decoro dell'ufficio, omessa presentazione di certificati medici, ritardo nel versamento proventi contravvenzionali riscossi su strada, inottemperanza a disposizioni, irreperibilità durante congedo per malattia ecc.); per quanto in particolare concerne l'omesso pagamento di debiti la ricorrente vanta 8 episodi di recidiva specifica che hanno comportato rispettivamente il richiamo scritto, quattro volte l'applicazione della pena pecuniaria, due volte la deplorazione e una volta la sospensione. Contesta parte ricorrente che l'ultima e più grave delle sanzioni applicate, ossia la sospensione, essendo stata comminata in data 17.11.2008, non sarebbe stata idonea ad esplicare alcuna efficacia deterrente rispetto alla condotta che ha poi comportato la destituzione, poiché tale specifica condotta era stata tenuta nell'agosto 2008, e quindi antecedentemente al momento in cui le è stata comminata la sospensione.
Ritiene dunque parte ricorrente che sarebbe mancata la corretta progressione di gravità delle sanzioni, che sola giustificherebbe la definitiva applicazione della destituzione, poi ritenuta consona con il provvedimento impugnato.
Osserva innanzitutto il collegio che il curriculum disciplinare della ricorrente appare in sé talmente vario e significativo da avere di per sé, ed a prescindere dalla specifica progressività della sospensione, dimostrato la sostanziale inefficacia di qualsivoglia tipo di sanzione a ripristinare un corretto comportamento dell'interessata. Per altro non può non osservarsi che, anche volendo seguire l'argomentazione della ricorrente, la contestata condotta è stata coeva al procedimento disciplinare, terminato con la sospensione. Si evince infatti documentalmente dal provvedimento di sospensione che il procedimento aveva origini più risalenti ed era stato addirittura aperto con una contestazione di addebiti in cui si ipotizzava di applicare la destituzione; solo il consiglio provinciale di disciplina proponeva poi, nei confronti dell'interessata, la più mite sanzione della sospensione, con delibera appunto dell'agosto 2008; tenuto quindi conto dei necessari tempi del procedimento non vi è dubbio che, quando la ricorrente ha reiterato la condotta contestata, se è pur vero che la sospensione ancora non le era stata comminata, è altresì vero che la medesima si trovava sotto procedimento disciplinare per analoghi fatti e con una proposta di destituzione, situazione che evidentemente non è stata in alcun modo idonea a dissuaderla dal reiterare la condotta già più volte sanzionata.
Si ritiene quindi infondata la censura rubricata B I nei motivi aggiunti e rispettata, da parte dell'amministrazione, la gradualità e proporzionalità delle sanzioni applicate alla luce degli addebiti mossi e del complessivo curriculum disciplinare della ricorrente.
Con i motivi aggiunti di ricorso rubricati B II e BIII la ricorrente tenta una fantasiosa ricostruzione dei fatti addebitateli, non suffragata da alcun credibile elemento di prova e contrastante con tutta la documentazione in atti. E' infatti pacifico e documentale che la ricorrente ha subito una condanna civile per mancata ottemperanza a debiti, che detta condanna è passata in giudicato ed ha originato nei suoi confronti un pignoramento presso terzi, preceduto da regolare atto di precetto (cfr. doc. 2 p. resistente); la sentenza di condanna di primo grado non è stata appellata. Risulta dal provvedimento da ultimo impugnato, né sul punto la ricorrente formula alcun tipo di censura o contestazione, che il giudizio di primo grado che ha portato alla sua condanna in contumacia ha visto la ricorrente sottrarsi alla partecipazione all'udienza con fax in cui chiedeva il rinvio d'udienza allegando presunti motivi di servizio in (Lpd), giustificazione risultata poi falsa; ne risulta che deliberatamente la ricorrente già in quella sede si è sottratta al contraddittorio e ad una utile difesa . E' ugualmente pacifico e documentale che la ricorrente, nel corso del tormentato iter del procedimento disciplinare, ha sostenuto di aver dato comunque mandato al proprio difensore per proporre opposizione all'esecuzione e contestare la validità della notificazione della sentenza di condanna, chiedendo inizialmente una proroga dei termini del procedimento. Pur essendo tale proroga inizialmente stata negata, la ricorrente ha successivamente ed effettivamente ottenuto, per la medesima ragione e per consentirle il pieno esercizio dei diritti di difesa, un parziale annullamento degli atti del procedimento disciplinare e un supplemento istruttorio proprio finalizzato ad attendere l'esito dell'asserita proposta opposizione all'esecuzione. E' infine pacifico che nessuna opposizione in tal senso è stata effettivamente proposta (risulta del tutto irrilevante, se non aggravante rispetto alla complessiva configurazione delle condotte, il fatto che, nel corso del procedimento disciplinare, sia stato esibito, su iniziativa del difensore della ricorrente, un "atto di opposizione" come tale confezionato là dove nessun procedimento di tale genere è poi stato effettivamente instaurato). Ne è conseguito l'inesorabile decorso del procedimento esecutivo, l'inutilità della sospensione del procedimento disciplinare e l'ennesima conferma di responsabilità in capo all'interessata. Infine, a fronte della inequivoca e documentale posizione della ricorrente, anche nel presente giudizio, la medesima nulla allega di sostanziale. Né è evidentemente opponibile all'amministrazione qualsivoglia presunta incomprensione con il difensore (almeno poco credibile considerato che, proprio nel corso del procedimento disciplinare, la ricorrente aveva ottenuto sostanzialmente di "bloccare" l'iter del procedimento, su iniziativa di un difensore, e considerato altresì l'evidente e diretto interesse della medesima ad assicurarsi che l'attività difensiva in suo nome e conto fosse regolarmente portata a termine ), posto che la situazione addebitata non poteva essere messa in discussione dell'amministrazione (debitore terzo pignorato) a fronte delle inequivoche risultanze documentali e dei plurimi provvedimenti definitivi rispetto ai quali emergeva al più l' inerzia dell'interessata, se non addirittura, come avvenuto per l'udienza di primo grado nel giudizio di condanna, lo scorretto tentativo di sottrarsi alla sedi e procedure competenti.
Sono dunque palesemente infondati i motivi aggiunti di ricorso rubricati sub. B II e B III.
Con il motivo di ricorso sub. B IV la ricorrente reitera doglianze, già espresse nel corso del procedimento, avverso la posizione di terzietà del primo funzionario istruttore del procedimento disciplinare. Tale posizione risulta tuttavia irrilevante alla luce del fatto che detto funzionario è stato sostituito, l'istruttoria è stata integrata, proprio in ragione dei fatti addotti dalla ricorrente a proprio favore ed esposti nell'ambito dei precedenti motivi di ricorso,fatti di cui per altro già si è analizzata la palese inconsistenza. La ricorrente allega che scorrettamente detto funzionario avrebbe sviluppato nei suoi confronti una anomala simpatia; se ne dovrebbe desumere, a seguire il ragionamento dell'interessata, che al limite il funzionario istruttore avrebbe dovuto essere influenzato a suo favore; resta ferma l'irrilevanza della sua posizione a fronte dell'intervenuta sostituzione.
La ricorrente sostiene infine apoditticamente che il Consiglio di disciplina avesse "già deciso" (e come tali i suoi componenti scontassero tutti una incompatibilità), per altro ignorando la circostanza che, proprio in seguito ad una serie di ricusazioni dalla medesima proposte, parte degli originari componenti del consiglio di disciplina, oltre al funzionario istruttore, sono stati sostituiti. Quanto ai restanti insiste particolarmente in ricorso parte ricorrente sulla tesi che il presidente del consiglio di disciplina avesse anticipato il giudizio. L'assunto risulta basato su una mera asserzione della ricorrente interessata, le cui complessive credibilità e coerenza di condotta non sono tuttavia avvalorate proprio dai fatti che hanno caratterizzato la vicenda e dalla condotta nel corso del procedimento. Né, dal tenore dei messaggi telefonici del primo funzionario istruttore prodotti dalla ricorrente, si evince che il presidente del consiglio di disciplina si fosse anticipatamente espresso in un senso o in un altro, potendosi al limite evincere delle previsioni personali sulla scorta di mero buon senso; per altro, essendo i messaggi necessariamente parte di un complessivo contesto (del quale la ricorrente omette del tutto di produrre le dichiarazioni dalla medesima provenienti, che non hanno comunque evidentemente stroncato la conversazione, inducendo per contro ulteriori risposte), la riproduzione monca non consente alcuna valutazione del complessivo e reale significato degli stessi.
Con il motivo aggiunto sub V la ricorrente ripropone le contestazioni in fatto riferite alla posizione del primo funzionario istruttore, pacificamente sostituito, e del componente del primo consiglio di disciplina dott. (Lpd), anch'egli pacificamente sostituito dalla dott.ssa (Lpd) nell'ultima deliberazione, sicchè le contestazioni, prima che infondate, si appalesano irrilevanti.
La censura deve essere respinta.
Con il VI motivo aggiunto di ricorso la ricorrente censura il decreto n. 333-D/58921 per difetto di motivazione; dalla mera lettura dell'articolatissima motivazione, puntuale su ognuna delle doglianze di cui al ricorso, si evince l'inconsistenza dell'assunto.
Il ricorso per motivi aggiunti deve dunque essere complessivamente respinto, ferma l'improcedibilità del ricorso introduttivo, considerato che l'originario decreto impugnato è stato integralmente sostituito e rinnovato dal decreto n. 333-D/58921.
Tenuto conto del fatto che la ricorrente ha perso l'impiego sussistono giusti motivi per compensare le spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,
respinge il ricorso;
compensa le spese di lite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.