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Personale in esubero e prossimo al diritto al percepimento della pensione nell'ente poste italiane, la Cassazione come sentenzia?

Dettagli

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO

Sentenza 16.7.2012 n. 12141

                           

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:                           
Dott. ROSELLI    Federico                           -  Presidente   -
Dott. BANDINI    Gianfranco                         -  Consigliere  -
Dott. NAPOLETANO Giuseppe                           -  Consigliere  -
Dott. BRONZINI   Giuseppe                           -  Consigliere  -
Dott. ARIENZO    Rosa                          -  rel. Consigliere  -

ha pronunciato la seguente: sentenza sul ricorso proposto da:

POSTE   ITALIANE - ricorrente -

contro

ff (OMISSIS); - intimato -

avverso  la  sentenza  n. 6702/2007 della CORTE  D'APPELLO  di  ROMA, depositata il 20/10/2009 R.G.N. 1093/2005;
udita  la  relazione  della causa svolta nella pubblica  udienza  del 06/06/2012 dal Consigliere Dott. ROSA ARIENZO;
udito l'Avvocato ZUCCHINALI PAOLO per delega FIORILLO LUIGI;
udito l'Avvocato RIZZO CLAUDIO;
udito  il  P.M.  in persona del Sostituto Procuratore Generale  Dott. SERVELLO  Gianfranco  che  ha concluso per  il  rigetto  del  ricorso
principale, assorbito il ricorso incidentale.
                

Fatto



Con sentenza del 20.10.2009, la Corte di Appello di Roma respingeva l'appello proposto dalla Società  Poste Italiane p. a. avverso la decisione di primo grado, che aveva accolto la domanda di (Lpd), intesa ad ottenere la declaratoria di illegittimità  del licenziamento irrogatogli con decorrenza 31.12.2001.
La Corte del merito riteneva che il requisito della maturazione del diritto a pensione prescelto dalle parti sociali nell'accordo dell'ottobre 2001 non potesse prescindere dall'effettiva configurabilità  di posti di lavoro in esubero) che nello specifico la nota di avvio della procedura dovesse ritenersi carente, con riferimento all'obbligo di cui alla L. 23 luglio 1991, n. 223, art. 4, comma 3, della indicazione della collocazione aziendale e dei profili professionali dei lavoratori coinvolti nella procedura e che tale carenza pregiudicasse l'effettiva possibilità  di gestione dei sindacati in ordine alla programmata riduzione del personale e di controllo sulle corrette modalità  di esercizio del recesso, senza possibilità  di sanatoria per effetto dell'intervenuto accordo sindacale. Rilevava, poi, il giudice del gravame che il criterio concordato della vicinanza al pensionamento si limitava ad individuare una categoria di personale eccedentario indipendentemente dalla preventiva definizione della collocazione aziendale degli esuberi, in tal modo coinvolgendosi nella programmata riduzione anche posizioni di lavoro per settori in cui non si registravano esuberi di dipendenti. Riteneva, pertanto, l'illegittimità  del criterio dell'anzianità  contributiva svincolato dalle ragioni tecnico produttive e richiamava sentenza della S.C. n. 21300/2006 che sottolineava il richiamo, nella L. 23 luglio 1991, n. 223, art. 5, prima parte, ad esigenze tecnico produttive ed organizzative per la delimitazione dell'ambito di selezione del personale e nella seconda parte come criterio di scelta.
Per la cassazione di tale decisione ricorre la Società  con quattro motivi, illustrati con memoria ai sensi dell'art. 378 c.p.c..
Resiste, con controricorso, il (Lpd), che propone ricorso incidentale, articolato su otto motivi, per il caso di accoglimento del ricorso principale.



Diritto



Va, preliminarmente, disposta la riunione del ricorso principale e di quello incidentale, trattandosi di impugnazioni avverso la medesima sentenza (art. 335 c.p.c.).
Con il primo motivo, la Società  denunzia violazione e falsa applicazione della L. 23 luglio 1991, n. 223, art. 4, comma 3, con riguardo alla pretesa incompletezza della comunicazione di avvio della procedura prevista dal menzionato articolo, rilevando che nella specie la contrattazione collettiva non prevede profili professionali e che pertanto la indicazione aziendale delle qualifiche e delle Aree Professionali poteva ritenersi pienamente satisfattiva: che non vi era stata, poi, alcuna considerazione dei pretesi vizi procedurali che avessero inciso sulla capacita  del sindacato di condurre l'esame congiunto e che peraltro l'accordo sindacale era idoneo a superare ogni rilievo afferente alla regolarità  delle comunicazioni.
Richiama pronunzia di questa Corte che esclude la necessita  di indicazione, nella nota di avvio della procedura, di uffici o di reparti con eccedenze, attesa la coincidenza della collocazione dei dipendenti da licenziare con l'intero complesso aziendale ed essendo imposta solo la ripartizione delle eccedenze per categorie professionali, nonché per aree del territorio nazionale, anche in vista di una nuova distribuzione geografica del personale e di una riorganizzazione del lavoro. Con specifico quesito, formulato all'esito della parte argomentativa, domanda se, tenuto conto del raggiungimento dell'accordo tra le parti, l'onere di cui alla L. 23 luglio 1991, n. 223, art. 4, comma 3, possa ritenersi soddisfatto con l'indicazione del numero di dipendenti in esubero suddivisi per regione e per aree di inquadramento.
Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione della L. 23 luglio 1991, n. 223, art. 5, con riguardo alla determinazione dell'ambito di applicazione dei criteri di scelta dei lavoratori da collocare in mobilità  ed alla individuazione dei settori aziendali interessati dalla procedura di cui alla L. 23 luglio 1991, n. 223, art. 4, evidenziando che l'esigenza di riduzione del personale si riflette in tutto il contesto nazionale con riferimento a tutte le posizioni lavorative e non limitatamente ai soli settori individuati come eccedentari. Osserva che criterio di scelta della pensionabilità  si sostanzia nel considerare esuberanti, anche in parziale difformità  dall'individuazione sulla base delle sole esigenze tecniche e produttive, i lavoratori in possesso dei requisiti pensionistici e che, se il criterio di scelta della prossimità  alla pensione fosse applicato nei sensi ritenuti nella sentenza di appello, il numero degli stessi sarebbe considerevolmente inferiore a quello necessitato e preventivato. Domanda se i soggetti da porre in mobilità  debbano essere individuati nell'ambito di settori o reparti nei quali si siano verificate situazioni di eccedenza o se é possibile l'applicazione dell'accordo nell'ambito dell'intero complesso aziendale.
Con il terzo motivo, si duole della insufficiente o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, con riguardo alla determinazione dell'ambito dei criteri di scelta dei lavoratori da collocare in mobilità  ed alla individuazione dei settori aziendali interessati dalla procedura di cui alla L. 23 luglio 1991, n. 223, art. 4, domandando se, avuto riguardo al fatto che nell'accordo di definizione della procedura ex L. n. 223 del 1991 le parti hanno convenuto la licenzi abilità  di tutto il personale in possesso dei requisiti pensionistici, è necessario che l'applicazione del criterio predetto, in fase di attuazione dei recessi, tenga conto di un necessario nesso eziologico tra le esigenze tecnico produttive e la scelta del personale e che quindi i soggetti da porre in mobilità  siano individuati nell'ambito di settori o reparti in relazione ai quali siano state prospettate e riscontrate situazioni di eccedenza o è possibile l'applicazione dell'accordo nell'ambito dell'intero complesso aziendale.
Infine, con il quarto motivo, deduce la insufficienza o contraddittorietà  della motivazione su un punto decisivo della controversia, con riferimento alla determinazione dell'ambito di applicazione dei criteri di scelta dei lavoratori da collocare in mobilità  ed alla individuazione dei settori aziendali interessati dalla procedura di cui alla L. 23 luglio 1991, n. 223, art. 4.
Evidenzia che era stato previsto il passaggio dal controllo giurisdizionale ex post, della legittimità  dei recessi sotto il profilo del rispetto dell'iter procedurale, a quello sindacale in relazione alla iniziativa imprenditoriale, devoluto ex ante alle stesse organizzazioni sindacali, e pone quesito con il quale domanda se il licenziamento collettivo costituisca istituto autonomo caratterizzato esclusivamente dalle dimensioni occupazionali del datore di lavoro, dal numero dei licenziamenti e dell'arco temporale in cui sono effettuati e sul quale il controllo è demandato ex ante al confronto con le 00.SS., restando il sindacato giurisdizionale ex post ristretto alla sola correttezza procedurale dell'operazione.
Preliminare all'esame dei suddetti motivi è l'accertamento dell'ambito della impugnativa, così sintetizzata, rispetto alle varie argomentazioni adottate dalla impugnata pronuncia a sostegno del decisum. Va, in proposito, rilevato che la prima osservazione operata dalla Corte territoriale a fondamento della decisione - come accennato nella esposizione della vicenda processuale - si incentra sulla considerazione che il requisito della maturazione del diritto alla pensione (di anzianità  o di vecchiaia) - prescelto dalle parti sociali nell'accordo dell'ottobre 2001 - non poteva prescindere dall'esistenza di posti di lavoro in esubero, dovendosi al riguardo condividere la soluzione seguita dal Tribunale. Punto di partenza per una corretta soluzione della questione prospettata in giudizio è costituito - secondo il Giudice d'appello - dal rilievo che gli esuberi, pur complessivamente indicati in 9.000 unità  su tutto il territorio nazionale, erano stati specificamente ripartiti regione per regione con indicazione, per ciascuna area territoriale, delle unità  eccedenti in relazione alle varie categorie. La persistenza dell'esubero nei termini di cui all'originaria rappresentazione su base regionale costituiva - sempre ad avviso della Corte di merito - il presupposto occorrente per potere procedere legittimamente alla risoluzione dei singoli rapporti di lavoro; cioè in quanto non si sarebbe potuto ritenere rispettata la procedura con la risoluzione del rapporto di lavoro del personale selezionato in base al solo requisito del possesso del diritto a pensione nei termini numerici delle unità  originariamente indicate in esubero nel caso in cui tale esubero fosse venuto meno nel corso della procedura di consultazione sindacale e comunque prima dell'intimazione del licenziamento dell'attuale appellante. Pertanto, poiché alla data dell'accordo dell'ottobre 2001 era stata registrata una carenza e non già  una eccedenza di personale in qualifica Q1 nella regione Campania, illegittimo era da considerarsi l'impugnato licenziamento. Tale iter motivazionale, svolto dalla Corte d'appello, in via preliminare rispetto agli ulteriori argomenti a sostegno della decisione, e dotato di una autonoma ratio decidendi, non risulta impugnato con il proposto ricorso rivolto essenzialmente a contestare, con le sopra riportate censure, la ritenuta incompletezza della comunicazione di avvio della procedura prevista dalla L. n. 223 del 1991, art. 4, comma 3, e la rilevanza, ai fini della scelta del personale da porre in mobilità , delle situazioni di eccedenza, senza però mai fare riferimento alla più specifica situazione, ritenuta dirimente dalla Corte d'appello, consistente nella "carenza ... di personale di qualifica Q1 nella Regione Campania" (per un caso analogo, sovrapponibile alla fattispecie esaminata, v. Cass. n. 5885/2011).
Sotto questo profilo il ricorso principale risulta inammissibile ed ogni altra censura deve ritenersi assorbita. Il ricorso principale va, pertanto, dichiarata inammissibile, con conseguente assorbimento del ricorso incidentale condizionato.
Le spese di lite, determinate in dispositivo, seguono la soccombenza della Società .

 

P.Q.M.



La Corte riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale, assorbito l'incidentale; condanna la Società  al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 40,00 per esborsi, Euro 3.000,00 per onorari, oltre spese generali, I.V.A. e C.P.A..
così deciso in Roma, il 6 giugno 2012.
Depositato in Cancelleria il 16 luglio 2012

   

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