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Guardia di finanza, Polizia di Stato, 'Arma dei carabinieri, trattamento economico di trasferimento

Dettagli



IMPIEGO PUBBLICO
Cons. Stato Sez. IV, Sent., 06-08-2012, n. 4501Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
Con sentenza 9 gennaio 2012, n. 152, il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sezione I bis, ha accolto il ricorso proposto dal signor P.S. e altri per il riconoscimento, da parte dell'Amministrazione di appartenenza, del trattamento economico di trasferimento previsto dalla L. 29 marzo 2001, n. 86.
L'Amministrazione ha interposto appello contro la sentenza, chiedendone anche la sospensione dell'efficacia.
La domanda cautelare è stata accolta dal Consiglio di Stato, Sezione IV, con ordinanza 14 aprile 2012, n. 1632, che ha fissato l'udienza di discussione nel merito al 3 luglio 2012.In tale data l'appello è stato chiamato e trattenuto in decisione.Motivi della decisione
Gli odierni appellati appartengono al Corpo della Guardia di finanza, alla Polizia di Stato, all'Arma dei carabinieri.
Sono stati trasferiti a sezioni di polizia giudiziaria della Procura della Repubblica presso diversi Tribunali.
Assumono che l'assenso da loro prestato al trasferimento non ne muterebbe la natura di trasferimento d'autorità, cosicché agiscono per ottenere il trattamento economico previsto dalle norme richiamate in narrativa.La loro pretesa è stata accolta dal Tribunale regionale, che, per distinguere il trasferimento d'autorità da quello su domanda, ha argomentato dal tipo dell'interesse (pubblico, nel primo caso; privato, nel secondo) che il movimento tenderebbe a soddisfare.Il Collegio è consapevole che, sul tema specifico, la giurisprudenza dello stesso Consiglio di Stato non è uniforme (per la spettanza dell'indennità di trasferimento, si vedano, ad. es., Sez. IV, 23 ottobre 2008, n. 5238; Id., 21 dicembre 2009, n. 8513; Id., 13 maggio 2010, n. 2928; in senso contrario, ad es., Sez. IV, 31 luglio 2008, n. 3867; Sez. VI, 21 ottobre 2009, n. 6457; Sez. VI, 28 ottobre 2009, n. 6611; Sez. VI, 28 ottobre 2009, n. 6612; Sez. IV, 10 giugno 2010, n. 3701; Cons. giust. Amm. Reg. Sic. 2 dicembre 2010, n. 1447).Re melius perpensa, il Collegio è dell'avviso di condividere la tesi proposta dall'Amministrazione.Occorre prendere le mosse dalla normativa di settore che, essendo ben nota, può essere riassunta in termini estremamente sintetici.Per la provvista delle sezioni di polizia giudiziaria, l'art. 8 delle norme di attuazione del c.p.p. prevede un doppio canale: la domanda degli interessati (comma 1); in difetto di (un numero sufficiente di) domande, l'autonoma segnalazione da parte dell'Amministrazione.
Non da oggi si è posto il quesito se la domanda formulata dall'interessato ai sensi del comma 1 escluda l'indennità prevista per il trasferimento d'autorità.A risolvere il dubbio è intervenuto il legislatore che, con l'art. 3, comma 74, della L. 24 dicembre 2003 (legge finanziaria per il 2004), ha stabilito che, ai fini in discorso, l'art. 8 L. 24 dicembre 2003 citato è da interpretare nel senso che tale domanda va considerata come domanda di trasferimento di sede.Attesa la normale efficacia retroattiva delle norme interpretative, come si autoqualifica quella ricordata, la questione avrebbe dovuto ritenersi chiusa anche per i fatti verificatisi prima dell'entrata in vigore della legge citata.
Senonché si è pure sostenuto che, alla luce di un'interpretazione costituzionalmente orientata a pena, altrimenti, della stessa illegittimità costituzionale della norma in discorso, questa andrebbe applicata solo per il futuro.Ora, come afferma la Corte costituzionale, una norma di interpretazione autentica non può dirsi costituzionalmente illegittima qualora si limiti ad assegnare alla disposizione interpretata un significato già in essa contenuto, riconoscibile come una delle possibili letture del testo originario (cfr. da ultimo sentenza 2-5 aprile 2012, n. 78, par. 12 del "considerato in diritto"; ivi riferimenti ulteriori).Con riguardo al caso di specie, la norma interpretativa intende, in definitiva, che, nella fattispecie dell'art. 8 richiamato, "domanda " voglia dire "domanda di trasferimento". Sembra davvero difficile revocare in dubbio che tale lettura rientri fra quelle che legittimamente possono farsi discendere dal testo originario.
Neppure, a fronte e a limite della retroattività della norma di interpretazione richiamata, sarebbe possibile opporre il legittimo affidamento dei consociati. Infatti, o questo è inteso in senso generale, come affidamento alla certezza dell'ordinamento giuridico (come sembra ritenere la sentenza impugnata); e allora, in senso letterale, questa tesi contraddirebbe in radice la possibilità stessa dell'esistenza di norme interpretative con efficacia retroattiva, posto che queste, per definizione, producono un mutamento retrospettivo nell'ordinamento giuridico e quindi in qualche misura alterano il quadro normativo che a esse preesisteva.Ma neppure il richiamo all'affidamento funziona con riguardo alla fattispecie in questione, dato che proprio l'esistenza di un assetto normativo equivoco e controverso - per definizione, dunque, inidoneo a dare base a qualunque affidamento - ha spinto il legislatore ad adottare la disposizione di cui, in questa sede, si contesta - ma a torto - l'applicabilità.Poiché, dunque, nulla impedisce che la disposizione dell'art. 3, comma 74, della L. n. 350 del 2003 dispieghi la propria naturale efficacia retroattiva anche nei riguardi di fatti verificatisi antecedentemente alla sua entrata in vigore, si deve concludere che i trasferimenti degli appellati sono da considerarsi disposti su domanda e non d'autorità, con le conseguenze che da una tale premessa derivano in ordine al trattamento economico dovuto.Dalle considerazioni che precedono discende che l'appello dell'Amministrazione è fondato e va perciò accolto.Considerata la natura della controversia e tenuto conto delle oscillazioni giurisprudenziali in materia, sussistono peraltro giustificate ragioni per compensare tra le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado.
Compensa le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

   

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