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... aveva dichiarato il diritto alla pensione di reversibilità nella misura del 60% della pensione del de cuius...

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PREVIDENZA SOCIALE
Cass. civ. VI - Lavoro, Ord., 13-07-2012, n. 12097Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
La Corte pronuncia in Camera di consiglio ex art. 375 c.p.c., a seguito di relazione a norma dell'art. 380-bis c.p.c..
1. La Corte d'appello di Roma confermava la sentenza di primo grado con cui era stato riconosciuto il diritto di lpd al pagamento di differenza sulla pensione di riversibilità per gli anni 2001, 2002 e 2003.La Corte, rispetto alla riproposta deduzione dell'Inps secondo cui tale pensione di riversibilità doveva essere commisurata al 60% della pensione già in godimento da parte del de cuius non integrata al minimo in quanto pensione supplementare, come espressamene previsto dalla L. n. 155 del 1981, art. 7, rilevava che tale eccezione era inammissibile in quanto proposta solo in appello e in quanto la decisione di primo grado era basata su un principio enunciato in precedente sentenza pronunciata tra le parti e relativo alle differenze maturate nel periodo precedente il 2001.2. L'Inps ricorre per cassazione con due motivi. L'intimata resiste con controricorso.
Il ricorso, in sostanza, con il primo motivo contesta l'affermata inammissibilità della questione proposta in appello per tardività (rilevando che con la memoria di costituzione in primo grado si era fatto riferimento alla documentazione amministrativa, facente riferimento alla non integrazione al minimo della pensione del de cuius), e con il secondo motivo si deduce che la precedente sentenza tra le parti nel dispositivo aveva dichiarato il diritto alla pensione di reversibilità nella misura del 60% della pensione del de cuius, senza prevedere la valutabilità anche dell'integrazione minimo.3. Il ricorso appare qualificabile come manifestamente infondato per l'assorbente ragione che la precedente sentenza inter partes, in effetti costituente giudicato "esterno" e non giudicato "interno" nel presente giudizio, era basata in maniera evidente sulla ratio decidendi precisata in motivazione secondo cui la pensione di reversibilità doveva essere calcolata nella misura del 60% di una pensione diretta comprensiva dell'integrazione al minimo. Poichè l'efficacia di giudicato di una sentenza deve identificarsi in base anche alla ratio decidendi ricavabile dalla motivazione, non vi è dubbio che l'affermazione della computabilità anche dell'integrazione al minimo ai fini del calcolo della pensione di reversibilità questione oggetto anche del presente giudizio, spieghi effetto di giudicato anche in quest'ultimo giudizio, stante l'identità del rapporto (cfr. Cass. n. 15497/2003, 21352/2005, 160/2006, 1093/2007). Peraltro appare imprecisa anche l'affermazione dell'Inps secondo cui di questa soluzione non vi è traccia nel dispositivo della precedente sentenza, passata in giudicato, in quanto tale dispositivo contiene la quantificazione delle differenze di pensione, evidentemente basata sul principio enunciato nella motivazione.Appare opportuno richiamare anche il più recente orientamento giurisprudenziale circa la diretta rilevanza del giudicato esterno anche nel giudizio di cassazione (cfr. Cass. S.U. n. 13916/2006;Cass. n. 26041/2010).
4. In conclusione il ricorso deve essere rigettato.
Le spese del giudizio sono regolate in base al criterio legale della soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna l'Inps a rimborsare alla controricorrente le spese del giudizio, liquidate in Euro trenta per esborsi ed Euro millecinquento per onorari, oltre spese generali, I.V.A. e C.P.A. secondo legge, distratte all'avv. Giovanni Angelozzi.

   

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