..istanza all'amministrazione di appartenenza per il riconoscimento dell'indennità sostitutiva del pasto non fruito, pari al 100% dell'indennità prevista..

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Categoria: Sentenze - Ordinanza - Parere - Decreto
Creato Lunedì, 20 Agosto 2012 00:48
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T.A.R. Calabria LPD Sez. I, Sent., 27-07-2012, n. 824Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
Espone l'odierno ricorrente, Assistente Capo della Polizia di Stato in servizio presso la Sezione Polizia Stradale di LPD, di aver partecipato nei giorni 20 e 21 maggio 2008 al concorso interno a dieci posti di Commissario, tenutosi in Roma presso la Scuola formazione ed aggiornamento del Corpo di Polizia Penitenziaria.
In ragione di detta partecipazione, il ricorrente ha quindi formulato istanza all'amministrazione di appartenenza per il riconoscimento dell'indennità sostitutiva del pasto non fruito, pari al 100% dell'indennità prevista. Con la nota avversata, l'Amministrazione dell'interno ha trasmesso al ricorrente copia della ministeriale del 5 dicembre 2008 con cui si statuisce che la prevista possibilità di rimborsare il pasto non fruito, di cui all'art. 6 comma 6 del D.P.R. n. 170 del 2008, concerne le sole missioni espletate durante lo svolgimento di compiti istituzionali, quale non è configurabile la partecipazione a concorso, pur venendo riconosciuto al dipendente il trattamento di missione.Avverso detta nota e per l'accertamento del diritto all'indennità prevista per la mancata fruizione del pasto è dunque proposto il presente ricorso a sostegno del quale si deduce violazione e falsa applicazione della richiamata disciplina nonché eccesso di potere per difetto di istruttoria e carenza di motivazione ed irragionevolezza del provvedimento. Ad avviso del ricorrente, in altri termini, la partecipazione al concorso interno per Commissario integra una fattispecie alla quale va applicata la richiamata disciplina atteso che la detta partecipazione va considerata missione fuori sede. Deduce quindi violazione degli artt. 7 e 10 bis della L. n. 241 del 1990 per essere stata la missiva dell'Ufficio amministrativo contabile della Questura di LPD emesso in violazione delle regole in tema di partecipazione al procedimento.Si è costituita in giudizio l'intimata Amministrazione preliminarmente eccependo la tardività del proposto ricorso e comunque affermandone la infondatezza nel merito.Alla pubblica udienza del 6 luglio 2012 il ricorso è stato trattenuto in decisione.Il ricorso non è fondato e va, pertanto, respinto.Ritiene, infatti, il Collegio di poter prescindere dallo stesso esame della eccezione di tardività sollevata dalla resistente amministrazione per essere appunto il ricorso infondato nel merito.Dispone l'art. 6 del D.P.R. n. 254 del 1999, in tema di trattamento di missione del personale delle Forze di polizia ad ordinamento civile, che "Al personale in trasferta che per ragioni di servizio comprovate all'Amministrazione non possa consumare i pasti, ove ne maturi il diritto ai sensi della vigente normativa, compete un rimborso pari al 50% del limite vigente, ferma restando la misura del 40% della diaria di trasferta". Il comma 8 dell'art. 6 del successivo D.P.R. n. 170 del 2007 quindi stabilisce che "Al personale in trasferta che dichiari di non aver potuto consumare i pasti per ragioni di servizio o per mancanza di strutture che consentano la consumazione dei pasti pur avendone il diritto ai sensi della vigente normativa, compete nell'ambito degli ordinari stanziamenti di bilancio un rimborso pari al 100 per cento del limite vigente, ferma restando la misura del 40 per cento della diaria di trasferta".
Emerge da una lettura coerente e sistemica delle richiamate disposizioni, lettura che delle stesse fornisce invero anche l'Amministrazione dell'Interno con la circolare del 23 giugno 2008 prot. n. 333, che il rimborso per mancato pasto presuppone motivi di servizio effettivi, trattandosi in definitiva di un indennizzo per una situazione operativa particolare che priva il dipendente dell'opportunità di consumare il pasto. In altri termini, ad avviso del Collegio, deve comunque trattarsi dell'espletamento di compiti istituzionali che comportano una durata superiore all'orario di lavoro giornaliero. Tesi che con specifico riferimento a corsi di specializzazione ed aggiornamento, nel senso cioè di negare la corresponsione dell'indennità, il Ministero ha già sostenuto in altre evenienze, di cui alla documentazione in atti del presente giudizio. Ciò vale, a maggior ragione, per la partecipazione a concorso interno inteso all'accesso a carriera superiore nell'ambito della medesima amministrazione, partecipazione alla quale il dipendente non è certamente comandato, trattandosi di libera determinazione tuttavia per nulla connessa all'espletamento dei compiti istituzionali propri, nella specie, dell'Assistente capo della Polizia di Stato. Ciò non è in contraddizione con il contemporaneo riconoscimento al dipendente dell'indennità di missione, trattandosi per il rimborso del pasto non sostenuto di altra ed ulteriore utilità.Del resto, più a monte, lo stesso diritto a fruire della concessione dei buoni pasto è previsto dalla normativa vigente per il personale impiegato in servizi che presuppongono la permanenza nel luogo di servizio anche per il tempo occorrente alla consumazione dei pasti. Allorquando, cioè, in ragione dell'organizzazione del servizio, il dipendente non è nelle condizioni di poter raggiungere il proprio domicilio per la consumazione del pasto, il legislatore prevede in alternativa alla possibilità di utilizzazione dei servizi di mensa istituiti presso il luogo di lavoro, il diritto alla fruizione di uno speciale buono per il ristoro delle spese inerenti il pagamento del pasto in luoghi alternativi compatibili con lo svolgimento del servizio (cfr. T.A.R. Lazio, II Sezione, 3 novembre 2009 n. 10767).Non è dunque, nella sostanza, fondata la pretesa del ricorrente con conseguente legittimità della condotta della resistente Amministrazione.Del pari infondata è la censura che investe la rilevata violazione delle regole in tema di partecipazione al procedimento, avendo correttamente la difesa della resistente Amministrazione invocato, nella specie, l'applicazione dell'art. 21 octies della L. n. 241 del 1990. L'art. 21 octies L. 7 agosto 1990, n. 241, nel prevedere la non annullabilità del provvedimento per violazione di norme sul procedimento, in particolare sulla comunicazione di avvio, qualora si accerti che il contenuto di tale atto non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, non determina la degradazione di un vizio di legittimità in mera irregolarità, né costituisce una fattispecie esimente, in quanto, pur continuando la violazione ad integrare un vizio di legittimità, viene prevista la non annullabilità dell'atto in ragione di valutazioni attinenti al contenuto del medesimo. Nella specie, il diniego della richiesta indennità avversato dal ricorrente costituisce atto dovuto, alla cui formazione la partecipazione dell'interessato non può fornire alcun utile contributo; pertanto, ai sensi dell'art. 21 octies L. 7 agosto 1990, n. 241, non costituisce vizio del procedimento la pur denunciata violazione delle regole in tema di partecipazione al procedimento (cfr. Cons. Stato, VI Sezione, 26 settembre 2011 n. 5369.In conclusione, ribadite le svolte considerazioni, il Collegio respinge il ricorso in esame poiché infondato.Sussistono tuttavia giuste ragioni per compensare integralmente fra le parti le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.