TAR:...le forze di polizia, in sede di liquidazione della pensione privilegiata e dell'equo indennizzo, non doveva più richiedersi ...

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Categoria: Sentenze - Ordinanza - Parere - Decreto
Creato Domenica, 12 Agosto 2012 01:08
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T.A.R. Sicilia Catania Sez. III, Sent., 25-07-2012, n. 1935Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
Con il ricorso introduttivo del giudizio, notificato il 3.10.1998 e depositato il 3.10.1998, il ricorrente espone di essersi arruolato nella Marina Militare il 4.8.1980, di aver prestato servizio nella Guardia di Finanza dal 30.9.1981 al 29.9.1993, di essere stato sempre utilizzato (ad eccezione di un periodo di 8 mesi) quale 1 motorista navale, assolvendo a gravosissimi compiti di servizio, di aver subito un infortunio alla mano (frattura) con postumi permanenti osteoporotici.
A causa degli stati di ansia e stress fisico e psichico discendenti dall'attività di servizio prestata, egli avrebbe iniziato ad accusare (fin dal 1985) episodi dissociativi e sindromi nevrotiche, nonostante i quali però non veniva destinato dall'Amm.ne a compiti meno gravosi, sicchè le sue condizioni di salute si aggravavano sfociando nella patologia "schizofrenia paranoidea in fase di compenso farmacologico" , per la quale quindi il ricorrente (collocato a riposo) chiedeva il riconoscimento della causa di servizio.Le Commissioni Mediche in I ed in II istanza riconoscevano le infermità del ricorrente dipendenti da causa di servizio, ma tale giudizio veniva ribaltato per effetto degli atti impugnati, avverso i quali è insorto l'interessato con il ricorso in epigrafe, affidato a tre articolate censure:- con il primo motivo di ricorso egli lamenta difetto di motivazione, non potendosi condividere né l'affermazione secondo la quale la patologia che affligge il ricorrente sarebbe di natura endogena preesistente ancorchè non manifesta (perché secondo il ricorrente ciò sarebbe dovuto emergere dagli accertamenti diagnostici eseguiti ai fini dell'arruolamento), né quella secondo la quale la patologia schizofrenica sarebbe indipendente da fattori esterni, che al più costituirebbero elementi slatenizzanti e scatenanti, affermazioni che non sarebbero supportate da elementi concreti né da una nuova visita, ponendosi immotivatamente in contrasto con le opinioni espresse dalle CC.MM.OO. in prima e seconda istanza;- con il secondo motivo il ricorrente lamenta eccesso di potere sotto svariati profili, sostenendo, in sintesi, che il parere del Comitato non avrebbe tenuto conto della particolare gravosità dell'impegno lavorativo richiesto al ricorrente nel corso dell'attività lavorativa, che avrebbe prodotto sul suo fisico le patologie lamentate, avuto riguardo al notevole stress psicofisico che avrebbe ingenerato significative tensioni emotive, considerata altresì la negligenza dell'Amm.ne nel diagnosticare tempestivamente la patologia e la mancata assegnazione a mansioni meno impegnative;- con il terzo motivo il ricorrente lamenta mancata comunicazione di avvio del procedimento.
In data 3.4.2012 l'Amm.ne si è costituita in giudizio , producendo in data 9.5.2012 memoria e documenti, e deducendo che, a seguito della richiesta del ricorrente di concessione dell'equo indennizzo, successiva al riconoscimento della dipendenza da causa di servizio da parte delle Commissioni mediche di Messina e Palermo, la pratica veniva trasmessa al C.P.P.O. che -con parere 454/1995- riteneva l'infermità in questione non dipendente da fatti di servizio.Stante la difformità di giudizio espresse dai citati organi, l'Amm.ne chiedeva ulteriore parere al Collegio Medico Legale che, con atto n. 1662/95, confermava le valutazioni del C.P.P.O.L'Amm.ne, alle censure di cui in ricorso, oppone la sostanziale inattendibilità dei pareri delle CC.MM.OO., avendo riconosciuto la dipendenza da causa di servizio sulla base del solo nesso di concausalità, mentre sia il CPPO che il CML hanno escluso la dipendenza sulla base di elementi tecnici e motivazioni mediche di maggior validità e concretezza.Quanto alla mancata sottoposizione a nuova visita, la Difesa Erariale deduce che la stessa non era necessaria posto che l'Amm.ne nega non l'esistenza dell'infermità, indiscutibilmente sofferta dal sottufficiale, bensì la riconducibilità della stessa a causa di servizio.L'Amm.ne invoca poi la discrezionalità tecnica in capo all'Amm.ne ed il sostanziale avvenuto rispetto della normativa sul procedimento.All'udienza pubblica del giorno 20 giugno 2012 il ricorso è stato trattenuto in decisione.Motivi della decisione
I. Il Collegio ritiene il ricorso infondato.
Assume carattere preliminare l'esame delle censure di carattere procedimentale.
Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente lamenta mancata comunicazione di avvio del procedimento: ma la censura non è condivisibile.L'obbligo di comunicazione dell'avvio del procedimento è da escludersi, atteso che nel corso dell'istruttoria , avviata su istanza del ricorrente, l'acquisizione del parere del CPPO è espressamente previsto dalla legge, così come l'intervento del Collegio medico legale, acquisito -a maggior garanzia dello stesso istante- a causa della mancata concordanza con il parere della CMO.Pertanto, trattandosi di procedimento avviato su istanza di parte, non occorre comunicazione di avvio (in tal senso si veda, in analogo caso di diniego di liquidazione dell'equo indennizzo, oltre la sentenza di questa Sezione n. 4599/2010 del 2/12/2010, anche Consiglio Stato, sez. IV, 27 giugno 2008, n. 3259).
II. Con il primo ed il secondo motivo il ricorrente lamenta eccesso di potere sotto plurimi profili, difetto di motivazione ed istruttoria, evidenziando, tra l'altro, che nel corso del procedimento egli non è stato sottoposto a nuova visita.Quanto a quest'ultimo profilo, premesso che la sottoposizione a visita è solo eventuale, non essendo necessaria l'esecuzione di ulteriori accertamenti medici, salvo che le conclusioni della commissione medica ospedaliera non appaiano appropriate (cfr. Consiglio Stato , sez. II, 15 novembre 1995 , n. 2726), ebbene, nel caso in questione, come dedotto dall'Amm.ne, il CPPO ed il CML non discordano dalle conclusioni della CMO circa l'esistenza della patologia (indiscutibilmente presente e non negata dai citati Organi), bensì circa la riconducibilità dell'insorgenza della stessa al servizio prestato dal ricorrente, circostanze, all'evidenza, in merito alle quali nessuna utilità poteva presentare l'esecuzione di nuovi accertamenti medici.Ne consegue l'infondatezza di tale profilo di censura.
III. Ciò posto, il Collegio ritiene, anzitutto, che nessuna carenza motivazionale possa ravvisarsi nella determinazione impugnata.Al fine di individuare il quadro normativo applicabile alla fattispecie in controversia, ci si richiama (attesa la compiutezza della ricostruzione) alla decisione del Consiglio Stato, sez. IV, n. 7375 del 15 novembre 2004, con la quale si è chiarito che il beneficio dell'equo indennizzo fu esteso al personale militare dalla L. 23 dicembre 1970, n. 1094 la quale all'art. 3 richiama espressamente le norme dettate per il personale civile dello Stato dagli artt. 50-60 del D.P.R. n. 686 del 1957, ivi compreso l'art. 55, nel quale si prevede il parere obbligatorio del Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie, organo espressamente incaricato di pronunciarsi sulla dipendenza della menomazione della integrità fisica da causa di servizio oltre che sulla categoria cui la menomazione va ascritta e sulla misura dell'indennizzo da liquidare.Ne consegue che nei confronti del personale militare ed ai sensi delle norme ora richiamate il procedimento per il riconoscimento della dipendenza di infermità da causa di servizio restava regolato dal R.D. 15 aprile 1928, n. 1024, mentre quello per il conseguimento dell'equo indennizzo era innovativamente disciplinato dal Regolamento n. 686 del 1957. (cfr. IV Sez. 11.12.1997 n. 1388).Successivamente, il quadro normativo di riferimento ha subito incisive modificazioni per effetto dell'entrata in vigore dell'art. 5 bis del D.L. 21 settembre 1987, n. 387, aggiunto dalla L. di conversione 20 novembre 1987, n. 472, il quale dispone al comma 1 che " I giudizi collegiali adottati dalle commissioni mediche ospedaliere sono da considerarsi definitivi, nei riguardi del personale della difesa e delle forze di polizia nonché degli altri dipendenti statali, ai fini del riconoscimento delle infermità per la dipendenza da causa di servizio, salvo il parere del comitato per le pensioni privilegiate ordinarie di cui all'articolo 166 del D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, in sede di liquidazione della pensione privilegiata e dell'equo indennizzo.".Infine, l'art. 25 della L. 7 agosto 1990, n. 232 ha introdotto una nuova e rilevate modifica al procedimento in controversia, stabilendo che per il personale militare e delle forze di polizia, in sede di liquidazione della pensione privilegiata e dell'equo indennizzo, non doveva più richiedersi il parere del C.P.P.O.: tale articolo è stato però quasi immediatamente abrogato dall'art. 2 della L. 29 dicembre 1990, n. 407.Dall'excursus che precede, deriva da un lato che l'istanza del ricorrente è stata legittimamente e doverosamente sottoposta dall'Amministrazione al parere del C.P.P.O.; dall'altro che nessun vizio motivazionale si ravvisa, alla luce della normativa applicabile (ratione temporis), in quanto, alla luce dell'indirizzo giurisprudenziale assolutamente maggioritario cui anche questa Sezione costantemente ha aderito, in materia di equo indennizzo l'ordinamento non mette a disposizione dell'Amministrazione una serie di pareri pariordinati resi da organi consultivi diversi e dotati di identica competenza, sui quali orientarsi, ma affida al Comitato pensioni privilegiate ordinarie il compito di esprimere un giudizio conclusivo anche sulla base di quello reso dalla Commissione medica ospedaliera; pertanto, in quanto momento di sintesi e di superiore valutazione dei giudizi espressi da altri organi precedentemente intervenuti, il parere del C.P.P.O. s'impone all'Amministrazione, la quale è tenuta solo a verificare se l'organo in questione, nell'esprimere le proprie valutazioni, ha tenuto conto delle considerazioni svolte dagli altri organi e, in caso di disaccordo, se le ha confutate, con la conseguenza che un obbligo di motivazione in capo all'Amministrazione è ipotizzabile solo per l'ipotesi in cui essa, per gli elementi di cui dispone e che non sono stati vagliati dal Comitato, ritenga di non poter aderire al suo parere, che è obbligatorio ma non vincolante (cfr. Consiglio Stato sez. IV, n. 7375 del 15 novembre 2004 cit.; VI Sez. 13.11.2001 n. 5808).Da quanto sopra consegue che nel caso in esame, avendo il Comitato radicalmente ed esaurientemente confutato la tesi sostenuta dall'Organo tecnico di primo grado, l'Amministrazione non doveva supportare il diniego di riconoscimento della dipendenza con ulteriori motivazioni .
D'altra parte, come risulta dalle premesse, l'Amministrazione - prima di adottare l'atto di diniego - ha anche acquisito il parere (ugualmente negativo) del Collegio medico legale, anch'esso richiamato nel contesto del provvedimento impugnato, il cui corredo motivazionale risulta dunque del tutto esaustivo, alla luce del richiamato principio secondo il quale va escluso il vizio di carenza di motivazione per il provvedimento che neghi la dipendenza da causa di servizio della infermità denunciata dal pubblico dipendente, in conformità al parere negativo reso dal CPPO, e con espresso richiamo alle motivazioni addotte dal suddetto organo consultivo, non avendo l'amministrazione l'obbligo di esternare ulteriormente le ragioni per le quali ha deciso di aderire a queste ultime (cfr. anche Consiglio Stato , sez. VI, 03 giugno 1998 , n. 887).La determinazione impugnata ha espressamente escluso la dipendenza da causa di servizio, uniformemente ai concordi pareri del CPPO e del CML, ritenendo che l'infermità sofferta dal ricorrente consista in una psicosi endogena preesistente, anche se non manifesta, e quindi indipendente da fattori esterni, i quali possono tutt'al più agire come fattori scatenanti e slatenizzanti, soltanto se tra essi l'inizio della sintomatologia sia dimostrabile, oltre un rapporto modale, qualitativo e quantitativo,una stretta ed immediata connessione cronologica, che però è stata esclusa nel caso in questione.Sulla base dei richiamati principi giurisprudenziali, non si vede quale ulteriore motivazione dovesse aggiungere l'Amm.ne, avendo chiaramente richiamato il contenuto motivazionale del parere del CPPO, confermato dall'ulteriore parere del CML.
Avuto riguardo a quest'ultimo, occorre rilevare che il parere medico legale risulta estremamente articolato ed approfondito: il CML, sulla base dell'accurata disamina della letteratura scientifica e richiamando altresì precedenti relativi a casi concretamente esaminati, ha con chiarezza esposto le ragioni per le quali l'infermità in questione derivi da fattori endogeno-costituzionali sulla cui insorgenza nessuna efficacia lesiva ha potuto costituire una prestazione di servizio quale quella dell'interessato.In particolare, dopo aver richiamato l'esordio e la progressione della patologia sofferta dal ricorrente, fino alla infermità conclamata per la quale egli venne visitato dalla Commissione Medica Ospedaliera, la relazione descrive con accuratezza la patologia schizofrenica, le cause riconosciute dalla letteratura e dai più consolidati studi, le evidenze sperimentali, concludendo nel senso che si può affermare con certezza che i fattori esterni possono influenzare il processo evolutivo della schizofrenia, sia genetica che psicogena che esogena, solo qualora il paziente sia stato esposto alle circostanze ed agli avvenimenti in questione durante il periodo evolutivo della vita, vale a dire dall'infanzia alla giovinezza.Il Collegio richiama, fra l'altro, gli studi di genetica che hanno dimostrato un rischio notevolmente superiore di contrarre tale patologia in presenza di precedenti familiari.
Dopo aver approfondito i vari aspetti relativi all'esordio della malattia, alle recidive, alle cause familiari ed extra familiari ritenute responsabili di una certa predisposizione alla patologia, con specifico riferimento ad alcune malattie, il Collegio individua una data di esordio della patologia tra la tarda adolescenza e i 20/ 25 anni, concludendo nel senso che, dall'analisi etiopatogenetica aggiornata alle ultime evidenze in letteratura, si può escludere alcun nesso specificamente causale tra fattori di servizio e sindrome schizofrenica, vista l'origine multifattoriale (ma con netta prevalenza di ambiti peculiari, quale quello genetico, familiare eccetera).Un'eventuale e significativo ruolo concausale del servizio si ritrova soltanto in situazioni del tutto eccezionali, delle quali il Collegio ML offre alcuni esempi (un militare che -in assenza di alcun precedente familiare o in epoca premilitare anche sul piano della predisposizione- aveva prestato servizio in tempo di guerra, aveva subito due naufragi su navi da guerra, con successivo esordio dei sintomi della patologia, era stato costretto a continuare il servizio militare con operazioni belliche continue ed internato in campo di concentramento).
Il Collegio ML, al riguardo, rileva come il servizio prestato dal ricorrente non sia stato connotato da alcun evento speciale o eccezionale, né al generico stress ed ai disagi tipici di un servizio presso le Forze Armate può ascriversi alcun ruolo nella genesi o nell'aggravamento di una sindrome schizofrenica, anche perché statisticamente non risulta alcuna aumentata incidenza di schizofrenia in categorie di lavoratori, comparabili per età e caratteristiche generali, adibiti anche a mansioni pesantissime cronicamente (minatori, siderurgici etc.); il riscontro di fenomeni dissociativi nei giovani di leva, percentualmente non diverso dal tasso di incidenza osservato in coetanei non arruolati in corpi armati, dipende solo dal collocamento del normale servizio sotto le armi proprio nella curva di maggiore frequenza dell'esordio della malattia (tarda adolescenza - 20/25 anni).Il Collegio ML esclude altresì che la continuazione del servizio tra il 1985 ed il 1991 possa aver aggravato la patologia sofferta dal ricorrente, in quanto le sue caratteristiche dimostrano l'ineludibilità dell'infermità, e d'altra parte, ad ulteriore dimostrazione, non consta che la sindrome presentasse contenuti attinenti a vicende o fatti attinenti al servizio prestato dal ricorrente.Né particolari fatti di servizio risulta possano aver scatenato o modificato i segni o sintomi della malattia ovvero aver creato dei prodromi poi evoluti e sfociati nell'infermità.Il Collegio ML esamina poi le argomentazioni delle CC.MM.OO. in prima ed in seconda istanza, ritenendole non accettabili scientificamente, giuridicamente e medico legalmente, alla luce della lunga ricostruzione operata nella precedente parte della relazione.
Ciò detto, la lunga relazione sviluppata dal Collegio ML, fin qui sinteticamente riportata, e le relative conclusioni appaiono convincenti e immuni da vizi logici e tanto meno da carenze o insufficienze istruttorie; al contrario, la documentazione agli atti di causa conferma, anche indirettamente, la bontà delle conclusioni del Collegio ML.Ad esempio, sotto il profilo relativo alla genesi familiare, quanto ritenuto dal CML è confermato dai documenti prodotti dallo stesso ricorrente, in quanto dall'anamnesi riportata nella cartella clinica n.1542, allegato 7 , si ricava che il ricorrente, figlio di genitori consanguinei, presentava precedenti familiari per malattie psichiatriche.In altra cartella clinica, la 1282, allegato 5, si legge, tra l'altro, che già durante il corso sottufficiale il ricorrente era risultato " poco adatto ad effettuare la vita del militare di carriera".Per quanto, poi, attiene ai servizi prestati, non risultano comprovate in alcun modo le particolari situazioni di ansia e stress fisico e psichico addotte dal ricorrente nel ricorso in epigrafe quali causa (o concausa) dell'insorgere della grave patologia, che viceversa affonda le radici in situazioni endogeno costituzionali .
D'altra parte, appare del tutto sproporzionato addurre che una grave patologia come quella per cui è causa possa essere stata scatenata dall'infortunio subito dal ricorrente (frattura alla mano) , al più suscettibile di arrecate una condizione di temporaneo disagio e stress, e/o dallo svolgimento del normale servizio quale motorista: osserva in proposito il Collegio che, quand'anche si volesse riconnettere al servizio prestato in tale qualifica il carattere di particolare difficoltà, sul piano psicologico ed emozionale, deve considerarsi che si tratta di aspetti in definitiva connaturati con le caratteristiche proprie del servizio svolto dal ricorrente.Per quanto riguarda la infermità da cui è affetto il menzionato ricorrente, peraltro, il carattere endogeno della stessa induce ad escludere che l'impegno richiesto per lo svolgimento dell'attività lavorativa possa ritenersi di per sé idoneo a produrre una significativa influenza su detta infermità, secondo quanto espressamente precisato dal C.M.L. nel richiamato parere impugnato.In altri termini, la peculiare natura della infermità e la sua eziologia risultano essere del tutto indipendenti dalle particolari condizioni di lavoro, che debbono farsi ragionevolmente rientrare nelle caratteristiche proprie dell'attività prestata dalla generalità dei soggetti che espletano il medesimo servizio, con esclusione, quindi, di effetti anche solo concausali dell'attività in parola sull'insorgenza della forma morbosa.Pertanto, la ricostruzione del ricorrente (il quale attribuisce l'esordio e l'aggravamento della patologia allo stress ed alle difficoltà incontrate nel corso del servizio prestato quale motorista ), apoditticamente accettata dalle CC.MM.OO. (come eccepito dalla Difesa Erariale), risulta del tutto smentita dai complessi e convincenti accertamenti eseguiti dagli organi consultivi successivamente intervenuti nella valutazione della fattispecie, confermati da un'attenta lettura della documentazione medica prodotta in giudizio, dalla quale si evince che il ricorrente, figlio di consanguinei, in presenza di precedenti familiari, già durante il servizio militare aveva dimostrato segni di una personalità fragile e inadatta alla vita militare; il che conferma la correttezza della individuazione dell'etiopatogenesi della malattia evidenziata dal collegio medico legale, con particolare riferimento al contesto familiare, agli aspetti genetici, all'insorgenza giovanile.Ciò chiarito al fine di non sottrarsi all'esame del contenuto degli accertamenti medico legali, onde evidenziarne la completezza e la coerenza, il Collegio non può tuttavia sottacere la fondatezza dell'eccezione dell'Amm.ne in ordine all'elevato contenuto di discrezionalità tecnica che involge valutazioni quale quella per cui è causa.Il parere del CPPO impugnato (oltre al parere del CML) verte sull'esistenza (o meno) di un nesso di dipendenza causale o anche solo concausale, ma pur sempre efficiente e determinante, fra l'infermità e i fatti ricollegabili alla prestazione lavorativa svolta dal militare e/o all'ambiente lavorativo nel quale quest'ultimo era tenuto a prestare la propria opera. Ed al riguardo, va ricordato, e condiviso, il principio espresso dal Consiglio di Stato, secondo cui nel riconoscimento della dipendenza da causa di servizio delle infermità sofferte da pubblici dipendenti, specie quando si tratta di patologie dalla eziologia incerta, il sindacato che il giudice della legittimità è autorizzato a compiere sulle determinazioni assunte dagli organi tecnici, ai quali la normativa vigente attribuisce una competenza esclusiva nella materia de qua, deve necessariamente intendersi limitato ai soli casi di travisamento dei fatti e di macroscopica illogicità ictu oculi rilevabili ( Cons. Stato sez. IV 10.07.2007 n. 3911).Ciò che è consentito verificare, ai fini del decidere, è se, nel caso in esame, il CPPO ed il CML abbiano puntualmente e congruamente svolto il proprio obbligo motivazionale chiarendo le ragioni per le quali non può riconoscersi una eziologia professionale alla patologia che ha colpito il ricorrente, ovvero siano incorsi in quella inattendibilità e macroscopica illogicità che giustifica l'intervento giurisdizionale, nel rispetto dei limiti che perimetrano l'ambito entro il quale il giudice amministrativo può svolgere il proprio compito nella materia de qua.In sostanza, il Comitato ed il CML hanno ritenuto la natura endogeno costituzionale delle affezioni in questione, e per altro verso non hanno ravvisato, nello stato di servizio dell'interessato, situazioni tali da poter favorire lo sviluppo dell'infermità, escludendo anche il ricorrere di concause efficienti e determinanti.Nessuno dei citati argomenti -sviluppati con ampia motivazione dalla relazione del CML- appaiono al Collegio frutto di un macroscopico travisamento dei fatti, né le considerazioni di carattere medico legali appaiono inattendibili o illogiche.Il parere medico legale, presupposto del rigetto dell'istanza del ricorrente, risulta approfondito e convincente, essendosi motivatamente ritenuto che l'infermità sia derivata da fattori endogeno-costituzionali sulla cui insorgenza nessuna efficacia lesiva ha potuto costituire una prestazione di servizio quale quella dell'interessato.In altri termini, la peculiare natura della infermità e la sua eziologia appaiono ictu oculi essere del tutto indipendenti dalle particolari condizioni di lavoro, che -peraltro- debbono farsi ragionevolmente rientrare nelle caratteristiche proprie dell'attività prestata dalla generalità dei soggetti che espletano il medesimo servizio, con esclusione, quindi, di effetti anche solo concausali dell'attività in parola sull'insorgenza della forma morbosa.Come già affermato da questa Sezione in casi analoghi, non è ipotizzabile un nesso di dipendenza anche solo concausale, ma pur sempre efficiente e determinante, fra l'infermità e il servizio, quando l'attività svolta dal pubblico dipendente rientri nelle normali mansioni proprie della relativa attività lavorativa (dovendosi, al riguardo, tener conto delle peculiarità ordinariamente connesse all'impiego nelle Forze Armate), in mancanza di comprovate situazioni di particolarità ed eccezionalità tali da far presumere che sull'insorgenza o aggravamento dell'infermità si siano innestati qualificati e rilevanti elementi riconducibili al servizio.A fortiori con riferimento all'infermità sofferta dal ricorrente, sulla cui insorgenza esercitano un'influenza decisiva fattori genetici e precedenti familiari, innegabilmente presenti ed evidenziati negli stessi accertamenti medici eseguiti dal ricorrente.Sulla scorta di quanto si è esposto, il ricorso deve essere respinto.Tuttavia, tenuto conto della complessità della vicenda in esame e dell'attinenza della stessa alla tutela del diritto alla salute, valutando altresì il comportamento dell'Amministrazione che non consta avere fornito all'interessato la relazione del CML anteriormente alla proposizione del ricorso in epigrafe, il Collegio ritiene che sussistano giusti motivi per disporre l'integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio.P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.