Impiego pubblico...il predetto fruiva di pensione privilegiata per infermità contratta durante il servizio militare..

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Categoria: Sentenze - Ordinanza - Parere - Decreto
Creato Domenica, 12 Agosto 2012 01:07
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IMPIEGO PUBBLICO
Cons. Stato Sez. VI, Sent., 16-07-2012, n. 4147Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1. La vicenda nella quale si inserisce l'appello sottoposto all'esame della Sezione, è riferita nella esposizione in fatto della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana n. 2351 del 2003, della cui esecuzione si discute, e può sintetizzarsi come segue: il sig. lpd, già in servizio presso la Soprintendenza per i beni culturali di Pisa, presentò domanda di collocamento a riposo con decorrenza dal 1 maggio 1989, per raggiunta anzianità di servizio effettivo, utile a pensione, di 40 anni, e in data 27 aprile 1989 venne emanato il decreto di cessazione dal servizio; in data 16 ottobre 1989, tuttavia, l'amministrazione, ritenuto che il periodo di servizio militare non potesse computarsi, alla luce del disposto dell'art. 132 del D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, in quanto il predetto fruiva di pensione privilegiata per infermità contratta durante il servizio militare, dispose l'annullamento del precedente decreto di cessazione, reintegrando il dipendente in servizio ed invitandolo, con nota del 18.10.98, a riassumere servizio presso la Soprintendenza di Pisa entro 10 giorni, pena la decadenza dall'impiego; il sig. B. presentò ricorso gerarchico avverso il decreto del 16 ottobre 1989, che venne respinto con D.M. del 13 dicembre 1989, avverso il quale l'interessato propose ricorso giurisdizionale; successivamente, avendo l'amministrazione frattanto dichiarato il sig. B. decaduto dal servizio, per non averlo ripreso entro il termine assegnato, il medesimo propose motivi aggiunti, impugnando anche quest'ultimo provvedimento.2. Con la predetta sentenza n. 2351/2003 il Tribunale amministrativo ha accolto il ricorso, ritenendo (dichiarata assorbita ogni altra doglianza) che l'art. 132 del D.P.R. n. 1092 del 1973, secondo il quale il servizio che abbia dato origine ad una pensione non può essere valutato ai fini del trattamento di quiescenza nella successiva carriera di appartenenza, "si applica solo al caso di previa concessione di una pensione ordinaria. E' infatti solo in questa ipotesi che il servizio che è stato il presupposto per la concessione di una pensione è stato valutato per la sua durata", mentre nel caso di riconoscimento di una pensione privilegiata il servizio stesso non viene valutato che per l'an; la mancata valutazione ai fini pensionistici della durata del precedente servizio, quindi, non poteva considerarsi rispondente alla ratio di evitare duplicazioni sottesa al disposto della norma considerata. Nella sentenza si soggiunge che "il Collegio tiene, tuttavia, a precisare come dall'annullamento giurisdizionale degli atti impugnati non conseguano ulteriori effetti automatici, quali la misura della pensione o dell'indennità di buonuscita, la cui eventuale futura contestazione giurisdizionale apparterrebbe alla giurisdizione della Corte dei Conti.".3. Con raccomandata di data 23 giugno 2003 (doc. 2 del fascicolo di primo grado) il dott. B., richiamata la sentenza predetta, ha chiesto all'amministrazione "in deroga al principio della corrispettività della prestazione, la ricostruzione della carriera e il corrispondente trattamento economico arretrato, con decorrenza dalla data dell'interruzione"; con successivo atto di messa in mora (doc. 3 del predetto fascicolo), il medesimo, richiamando l'annullamento del decreto di decadenza dall'impiego, evidenziava che ai pubblici dipendenti il cui rapporto di lavoro sia stato illegittimamente interrotto spetta la ricostruzione della carriera ed il corrispondente trattamento economico arretrato e che "pertanto codesto Ministero avrebbe dovuto uniformarsi al detto giudicato ciò, unicamente a causa della illegittima interruzione del rapporto di lavoro, in quanto alla data dell'1/05/89 il Ricorrente aveva 56 anni e quindi, a prescindere da qualsiasi altro giudizio, poteva rimanere in servizio fino al compimento del 65 anno di età e beneficiare di ulteriori anni 8 di servizio effettivo e prorogarlo di ulteriori anni secondo la nuova normativa.".4. Con il ricorso di primo grado, il sig. B., premesso che la sentenza n. 2351/2003 aveva annullato il provvedimento di decadenza dall'impiego e che egli aveva chiesto il trattamento economico conseguente, chiedeva la declaratoria della mancata esecuzione della sentenza e la nomina di un Commissario ad acta per l'adozione dei necessari provvedimenti richiesti.
5. Con la sentenza n. 6899 del 2005, oggetto del presente appello, il Tribunale amministrativo ha respinto il ricorso, ritenendo la domanda proposta esulasse dalla statuizione derivante dal giudicato, in quanto "il Tribunale, in sostanza, ha accertato l'illegittimità della determinazione dell'amministrazione di non valutare il servizio vantato dal ricorrente ai fini del richiesto collocamento a riposo. La statuizione del giudice non comporta pertanto il diritto alla riassunzione in servizio, ed il conseguente diritto a percepire la relativa retribuzione, ma solo il mutamento del titolo del collocamento a riposo che deve essere riconosciuto previa valutazione del servizio vantato dal dipendente.".6. L'appellante, dopo aver rilevato che mediante la sentenza n. 2351/2003 il giudice aveva annullato sia il D.M. del 13 dicembre 1989, reiettivo del ricorso gerarchico avverso il Provv. del 16 ottobre 1989 di annullamento e/o revoca del decreto di cessazione dal servizio, "sia soprattutto il provvedimento di decadenza dal servizio impugnato mediante motivi aggiunti", critica la sentenza n. 6899/2005 deducendo "Omessa pronuncia; Incompetenza; Eccesso di potere per travisamento dei fatti, per illogicità manifesta e per difetto di motivazione". Egli sostiene che la sentenza n. 2351/2003 sia rimasta ineseguita, essendo l'amministrazione rimasta sostanzialmente inerte, e lamenta che il giudice di primo grado si sia ritenuto investito di poteri di cognizione allo stesso estranei nell'ambito del giudizio di ottemperanza, finendo, così, per entrare nel merito della lunga vicenda, travisandone, peraltro, i fatti, dando prevalenza solo ad alcuni e trascurandone altri, fra i quali, soprattutto, l'intervenuto annullamento del provvedimento di decadenza dall'impiego, in relazione al quale egli avrebbe subito una lesione meritevole del ristoro consistente nella ricostruzione della carriera, con corresponsione del trattamento economico.L'amministrazione intimata non si è costituita.Il ricorso è stato posto in decisione alla camera di consiglio del 17 aprile 2012.7. L'appello è infondato, per le ragioni che seguono.Il giudice di primo grado, lungi dall'esorbitare dai poteri esplicabili in sede di giudizio di ottemperanza, si è limitato ad individuare la portata del giudicato recato dalla sentenza n. 2351/2003, ricostruendolo, sulla base della motivazione della decisione predetta, in termini che risultano pienamente condivisibili. La predetta sentenza accoglie, infatti, il ricorso sotto il solo, specifico profilo (espressamente dichiarando assorbita ogni altra doglianza) della illegittimità del mancato computo della durata del servizio militare (servizio in relazione al quale il ricorrente fruiva di pensione privilegiata) per la determinazione dell'anzianità quarantennale per il collocamento a riposo richiesto dal dipendente; mancato computo (basato sulla tesi, ritenuta infondata dal Tribunale amministrativo, dell'applicabilità del divieto di cumulo stabilito dall'art. 132 del D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092) cui si riconnettevano la revoca del decreto di cessazione dal servizio del dipendente ed il suo "richiamo in attività" per consentirgli di raggiungere tale anzianità quarantennale.Il contenuto dispositivo della sentenza n. 2351/2003, quale chiarito dalla relativa motivazione, quindi, è nel senso dell'annullamento dell'illegittimo provvedimento di annullamento del decreto di data 27 aprile 1989 di cessazione dal servizio con la decorrenza chiesta dal dipendente dal 1 maggio 1989, che pertanto rivive, e del correlativo annullamento della disposta decadenza dal servizio, essendo stato ripristinato il titolo "originario" di cessazione dal servizio, ossia quello per (richiesta di) pensionamento, con riconoscimento della computabilità del periodo del servizio militare.Del tutto estranea al giudicato risulta, pertanto, la pretesa ad emolumenti arretrati per una ricostruzione di carriera (non meglio specificata negli atti del giudizio ma che nel sopra menzionato atto di messa in mora pare voglia estendersi dal 56 al 65 anno di età dell'odierno appellante) che la sentenza non contempla, non contenendo alcun accertamento di un diritto alla riammissione in servizio (che sarebbe risultato contraddittorio con il riconoscimento della spettanza del chiesto collocamento a riposo con l'anzianità rivendicata).La sentenza di primo grado risulta, pertanto, condivisibile e l'appello, infondato, va respinto.
Non si fa luogo a pronuncia sulle spese, non essendosi costituita l'amministrazione intimata.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull'appello n. 899 del 2007 lo respinge.
Nulla per le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.