Destituzione e dispensa dall'impiego..... Anche nei confronti del personale della Polizia penitenziaria la dispensa per scarso rendimento di cui all'art. ...

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Categoria: Sentenze - Ordinanza - Parere - Decreto
Creato Martedì, 07 Agosto 2012 01:40
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FORZE ARMATE   -   IMPIEGO PUBBLICO
Cons. Stato Sez. IV, Sent., 16-04-2012, n. 2162Fatto - Diritto P.lpdM.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1.1. L'attuale appellante, Sig. lpdlpd, è agente scelto del Corpo di Polizia Penitenziaria.Egli espone, in particolare, di essere stato assunto nel Corpo di Polizia Penitenziaria in data 11 ottobre 1987 e di prestare servizio dal 17 dicembre 1996 presso la Casa di reclusione di Lpd Lpd (Lpd), di aver sempre svolto gli incarichi a lui affidati con diligenza e puntualità, ma di aver ciononostante riportato numerose sanzioni disciplinari, tutte quante legate in qualche modo alle sue ripetute assenze dal servizio, dovute ad una grave forma di obesità e da cervicobracalgia riconosciuta dalla competente Commissione medica ospedaliera.Il lpd precisa che, a causa di tali sanzioni, i giudizi annuali da lui recentemente riportati oscillano tra l'insufficiente ed il mediocre, e che i ricorsi da lui proposti innanzi all'apposita Commissione del Personale avverso i giudizi segnatamente riportati negli anni 1999, 2000 e 2001 sono stati respinti.
Il lpd riferisce - altresì - che, a causa di un difficile rapporto con il Comandante di Reparto, egli sarebbe stato costretto a presentare una denuncia alla Procura della Repubblica su quanto accadeva, a formulare richieste di distacco e di udienza al Provveditore Regionale ed al Capo del Personale, subendo perciò numerose ammonizioni da parte dei superiori gerarchici.In data 5 ottobre 2004 il lpd ha quindi ricevuto la notifica dell'avviso di avvio del procedimento di dispensa dal servizio.
Il medesimo lpd afferma di aver proposto istanza di essere sentito, seguita nel giorno stesso della sua convocazione dalla presentazione di altra istanza di essere ascoltato in presenza del proprio legale di fiducia.
Tale seconda istanza è stata respinta.Il procedimento si è concluso con l'adozione del decreto n. 0381412-2002/22444/ds05 dlpd 7 ottobre 2005 a firma del Capo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria, a lui notificato in data 12 ottobre 2005 e recante la dispensa dal servizio a' sensi dell'art. 129 del T.U. approvato con lpdP.R. 10 gennaio 1957, n. 3.1.2. Con ricorso proposto sub R.G. 104 del 2006 innanzi al T.A.R. per il Lazio, il lpd ha chiesto l'annullamento di tale provvedimento, nonché di ogni altro atto presupposto e conseguente.Nel ricorso proposto innanzi al giudice di primo grado il lpd ha dedotto volazione e/o falsa applicazione dell'art. 131 del lpdLgs. 30 ottobre 1992, n. 443, violazione del lpdLgs. 30 ottobre 1992, n. 449, violazione e/o falsa applicazione dell'art. 129 del T.U. approvato con lpdP.R. 10 gennaio 1957, n. 3, violazione dell'art. 18 della L. 11 luglio 1980, n. 312, violazione della L. 7 agosto 1990, n. 241 e successive modifiche, violazione della prassi amministrativa portata dalla normativa regolamentare interna, eccesso di potere sotto il profilo della generica e lacunosa, insufficiente o quanto meno difettosa motivazione ed istruttoria , eccesso di potere per travisamento ed erronea valutazione dei fatti, eccesso di potere per illogicità manifesta, eccesso di potere per sviamento, incompetenza, violazione di legge ed eccesso di potere per violazione del lpdM. 20 novembre 1995, n. 540 sui termini del procedimento.In estrema sintesi, il lpd afferma di essere stato destituito in quanto non sufficientemente legato e interessato al proprio lavoro, e che tale motivazione addotta dall'Amministrazione sarebbe peraltro antigiuridica.
Innanzitutto, ad avviso del lpd l'art. 129 del T.U. 3 del 1957 non sarebbe applicabile al personale appartenente al Corpo di Polizia Penitenziaria, posto che l'Amministrazione medesima non avrebbe attivato gli accertamenti volti a sussumere la posizione lavorativa del dipendente nell'alveo applicativo dell'art. 75 del lpdLgs. n. 443 del 1992.
Inoltre, sempre ad avviso del lpd, il riferimento alle qualità del servizio reso ben avrebbe consentito di ricondurre il caso nell'ambito riservato all'applicazione delle sanzioni disciplinari di cui al lpdLgs. n. 449 del 1992; in subordine, ossia nell'ipotesi in cui si riconoscesse l'applicabilità al personale del Corpo di Polizia Penitenziaria dell'art. 129 del T.U. 3 del 1957, il lpd afferma che non gli sarebbe stata data la possibilità di difendersi, stante la palese violazione dell'interconnessione tra ratio disciplinare e misura che disponga la nota di demerito e, nei casi più gravi, la dispensa, di cui offrirebbe prova l'art. 18 della L. n. 312 del 1980.Il lpd richiama inoltre l'illegittimo rigetto della propria istanza di essere ascoltato con l'assistenza del proprio legale di fiducia, e ribadisce che la qualità del servizio da lui prestato non è mai stata insufficiente o inadeguata, posto che le proprie assenze dal servizio per malattia non potrebbero essere invocate in tal senso a suo carico.Sempre secondo il lpd, pertanto, il procedimento di dispensa dal servizio troverebbe la propria esclusiva fonte nell'acrimonia dimostrata nei propri confronti dal Comandante di Reparto e pienamente avallata dal Direttore della Casa di Reclusione: e, se così è, a suo avviso ben emergerebbe la manifesta carenza dei presupposti dell'azione amministrativa contestata nella presente sede di giudizio.Il lpd afferma anche che il provvedimento di dispensa dal servizio sarebbe stato sottoscritto dal Capo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria in luogo del Ministro, sarebbe privo di motivazione e sarebbe stato adottato in violazione del termine fissato dal lpdM. 20 novembre 1995, n. 540 per la conclusione del procedimento.
Con ordinanza cautelare n. 440 dlpd 19 gennaio 2006 il Tribunale ha respinto la domanda di sospensione cautelare degli atti impugnati avanzata dal lpd, "considerato che, ad un sommario esame, l'operato dell'Amministrazione appare conforme alla normativa che regolamenta la materia, specie ove si tenga conto delle peculiarità che caratterizzano la dispensa dal servizio e del comportamento dell'interessato, così come desumibile dalla documentazione prodotta agli atti".Tale ordinanza è stata confermata da questa stessa Sezione con ordinanza n. 4005 dlpd 28 luglio 2006 ("Ritenuto, ad un sommario esame, che non emergono profili che inducano ad una ragionevole previsione sull'esito positivo del ricorsi di primo grado").1.4. Nel giudizio di primo grado si è costituito il Ministero della Giustizia, concludendo per la reiezione del ricorso.1.5. Con sentenza n.1460 dlpd 13 febbraio 2009 la Sezione I-quater dell'adito T.A.R. ha respinto il ricorso, condannando il Quattrtone al pagamento selle spese di giudizio, complessivamente liquidate nella misura di Euro 1.000,00.-
2.1. Con l'appello in epigrafe il lpd chiede ora la riforma di tale sentenza, riproponendo in buona sostanza le medesime censure già dedotte in primo grado, ma riferendole al contenuto della sentenza impugnata.2.2. Si è costituito anche in questo grado di giudizio il Ministero della Giustizia, concludendo per la reiezione dell'appello.3. Alla pubblica udienza del 6 dicembre 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.4.1. Tutto ciò premesso, l'appello in epigrafe va respinto.4.2. Innanzitutto, va evidenziato che il giudice di primo grado ha del tutto correttamente affermato che l'art. 129 del T.U. approvato con lpdP.R. 10 gennaio 1957, n. 3 trova applicazione anche nei riguardi del personale appartenente al Corpo di Polizia Penitenziaria.
Si ricava tale conseguenza, innanzitutto, dall'art. 40, comma 1, del lpdLgs. n. 443 del 1992, laddove segnatamente si dispone che "le cause di cessazione dal servizio del personale del Corpo di Polizia Penitenziaria sono quelle previste dal testo unico approvato con lpdP.R. 10 gennaio 1957, n. 3, e successive modificazioni" .
Inoltre, l'art. 131 del medesimo lpdLgs. n. 443 del 1992 dispone, con clausola di ordine generale, che per quanto in esso non previsto "al personale del Corpo di Polizia Penitenziaria si applicano, in quanto compatibili, le norme relative agli impiegati civili dello Stato".
In conseguenza di ciò, quindi, anche nei confronti del personale della Polizia penitenziaria la dispensa per scarso rendimento di cui all'art. 129 del T.U. 3 del 1957 si configura quale istituto di diretta ed autonoma applicazione, costitutivo di principi generali validi per tutto il pubblico impiego (cfr. sul punto Cons. Stato, Sez. IV, 18 marzo 2009 n. 1596) ed essenzialmente applicabile alle ipotesi in cui la continuazione del rapporto di servizio risulti impossibile sulla base di una valutazione oggettiva e globale della condotta lavorativa del dipendente, se raffrontata con la condotta che il rapporto di servizio medesimo viceversa impone.Tali intrinseche caratteristiche dell'istituto medesimo inducono pertanto ad escludere recisamente che esso sia caratterizzato da un'applicazione meramente residuale, e pertanto possibile nelle sole ipotesi nelle quali non possano trovare applicazione istituti di differente natura, in primis l'irrogazione delle sanzioni disciplinari.
In tal senso, infatti, la dispensa dal servizio per scarso rendimento risponde innanzitutto all'esigenza di tutelare la funzionalità e l'assetto organizzativo della pubblica amministrazione nei riguardi del comportamento del dipendente, che, complessivamente, denoti insufficiente rendimento dell'attività da lui prestata, con riguardo all'insussistenza di risultati utili, per quantità e qualità, alla funzionalità dell'ufficio, ed ha pertanto natura diversa da quella disciplinare, potendo tuttavia basarsi anche su fatti disciplinarmente rilevanti (indipendentemente dall'esito del relativo procedimento) e idonei ad apprezzare la scadente attività lavorativa e lo stesso comportamento (cfr. sul punto, ad es., Cons. Stato , sez. IV, 28 novembre 2006 n. 6955).4.3. L'appellante reputa peraltro nella specie violato l'art. 18 della L. 11 luglio 1980, n. 312, laddove dispone che "nel caso in cui l'attività prestata sia stata comunque di scarso rendimento, senza valida giustificazione, il capo ufficio del personale interessato ha l'obbligo di presentare al consiglio di amministrazione apposita relazione motivata accompagnata dalle controdeduzioni dell'interessato. Detta relazione va notificata al dipendente entro il mese di gennaio successivo all'anno considerato e le controdeduzioni debbono pervenire al capo ufficio entro il successivo mese di febbraio. Il consiglio di amministrazione può deliberare a carico del dipendente interessato una nota di demerito che produrrà gli stessi effetti di cui al primo comma" del medesimo articolo, ossia la mancata valutazione del servizio prestato nell'anno in riferimento ai fini della progressione economica e dell'anzianità richiesta per il passaggio al livello retributivo superiore.Risulta ben evidente che la disciplina testé riportata identifica un istituto ben diverso rispetto a quello normato dall'art. 129 del T.U. 3 del 1957, posto che l'art. 18 della L. n. 312 del 1980 identifica un'ipotesi di scarso rendimento circoscritta ad un singolo anno lavorativo del dipendente, nel mentre l'art. 129 del T.U. 3 del 1957 riguarda - per quanto qui segnatamente interessa - il dipendente "che abbia dato prova di incapacità o di persistente insufficiente rendimento", reputandosi "di persistente insufficiente rendimento l'impiegato che, previamente ammonito, riporti al termine dell'anno nel quale è stato richiamato una qualifica inferiore al "buono"".Nel contesto dell'art. 129 del T.U. 3 del 1957 l'ammonizione ragionevolmente si riferisce, quindi, ad un'insufficienza nel rendimento che è "persistente", ossia che si è consolidata da tempo, proprio poiché risale ad epoca antecedente all'arco temporale di un anno, viceversa presupposto dall'art. 18 della L. n. 312 del 1980; l'anno è invece considerato dall'art. 129 al fine della valutazione del dipendente ammonito, che se risulta inferiore al giudizio di "buono" o equiparato dà ingresso al procedimento di dispensa dal servizio.Nel caso di specie, dagli atti di causa consta che il lpd è stato previamente ammonito con nota dlpd 2 maggio 2003, a lui notificata il 20 maggio 2003, e pertanto il procedimento di dispensa dal servizio è stato correttamente instaurato nei suoi riguardi.4.4. Altrettanto correttamente il giudice di primo grado ha evidenziato che, al fine di valutare la legittimità o meno dell'operato dell'Amministrazione e, in particolare, del ricorso allo strumento della dispensa per scarso rendimento, rileva, dunque, non l'impossibilità di reagire alcomportamento del dipendente con ulteriori strumenti, in primis sanzionatori, ma la sussistenza nel caso concreto dei presupposti di legge - o, meglio, la sussistenza delle condizioni imposte dalla legge - per il corretto esercizio del potere di dispensa, senza necessità alcuna per l'Amministrazione procedente di giustificare la mancata riconduzione del caso concreto in differenti alvei normativi.Del resto, il giudizio in ordine alla rilevanza di fatti specifici addebitabili al dipendente è riservato all'Amministrazione medesima (cfr. sul punto, ex plurimis, Cons. Stato, Sez. IV, 3 maggio 2005 n. 112), nel mentre al giudice del rapporto di pubblico impiego "non contrattualizzato" compete il sindacato della legittimità dell'azione amministrativa posta in essere, muovendo innanzitutto dalla verifica della sussistenza - o meno - dei presupposti che hanno determinato l'adozione del provvedimento di dispensa.In tal senso, va quindi ribadito che la dispensa dal servizio per scarso rendimento può essere disposta non solo in base ad una valutazione negativa sulla quantità delle prestazioni, ma anche in considerazione di elementi di ordine qualitativo, quali l'ordine, la disciplina e il senso di responsabilità: elementi, questi, che anche intuibilmente concorrono ad integrare il giudizio sulla personalità del dipendente senza con ciò alterare la natura non disciplinare del provvedimento di dispensa (cfr. ibidem).Inoltre, la valutazione oggettiva del comportamento del dipendente, in relazione all'andamento del servizio, ben può essere effettuata prendendo in considerazione fatti che, pur suscettibili di censura in sede disciplinare, siano nondimeno idonei, globalmente considerati a denotare l'insufficiente rendimento del dipendente ed a consentire all'amministrazione un giudizio negativo sull'attività da questi svolta (cfr. ibidem).4.5.1. Nel caso di specie, deve concludersi nel senso che il potere di dispensa è stato esercitato dall'Amministrazione della Giustizia in modo del tutto corretto.4.5.2. Per quanto attiene innanzitutto al mancato accoglimento da parte dell'organo collegiale deputato a trattare la questione, nel corso della sua seduta tenutasi il 21 luglio 2005 fissata per l'audizione personale del lpd, della nuova istanza di questi di "essere assistito dal proprio difensore di fiducia ivi presente", correttamente il giudice di primo grado ha evidenziato che la questione dell'estensione al procedimento di dispensa per scarso rendimento dei principi che governano la partecipazione e ed il contraddittorio nei procedimenti disciplinari è stata oggetto di ampia trattazione in ambito giurisprudenziale, con conclusioni peraltro non sempre univoche.Nella riscontrata assenza di specifiche disposizioni normative sul punto, il giudice di primo grado ha ribadito che la dispensa per scarso rendimento non è istituto disciplinare ma ipotesi di cessazione dal servizio, nei riguardi della quale la fonte primaria di regolamentazione della partecipazione al relativo procedimento va per certo rinvenuta nel corpus normativo della L. 7 agosto 1990, n. 241.Avuto riguardo a ciò, dalla disamina degli atti del procedimento relativo al lpd non emergono invero elementi per ritenere che questi non sia stato posto in condizione di partecipare adeguatamente al procedimento medesimo e, anche volendo ritenere estensibili le norme in materia di procedimento disciplinare e, dunque, incentrare l'esame sull'osservanza dell'art. 111 del T.U. 3 del 1957, deve comunque concludersi nel senso che l'Amministrazione della Giustizia ha correttamente garantito al lpd medesimo l'esercizio della "facoltà" del dipendente - ivi, per l'appunto, prevista - "di intervenire per svolgere oralmente le proprie difese".Né la circostanza che non sia stata ammessa l'assistenza di un patrocinante professionale vanifica l'interesse tutelato, posto che - come evidenziato anche da Cons. Stato, Sez. VI, 7 novembre 2006 n. 6556 "nel procedimento disciplinare, in linea di principio, e quindi in assenza di un'espressa disposizione che lo preveda, il diritto di difesa non va esercitato con l'assistenza di un difensore. Pertanto, l'organo disciplinare procedente, se l'incolpato si presenta alla trattazione orale munito di tale assistenza, può ammettere o meno il difensore a partecipare all'audizione, ma, ove non lo ammetta, non comprime la sfera legittima del diritto di difesa riconosciuto dall'ordinamento al dipendente sottoposto a procedimento disciplinare, onde non è in tal caso riscontrabile alcuna lesione di un interesse procedimentale e sostanziale, normativamente rilevante del dipendente stesso".Tale conclusione risulta, pertanto, perfettamente applicabile anche al procedimento di dispensa dal servizio, avuto riguardo alla circostanza - dianzi rilevata - che la materia dell'eventuale difesa tecnica dell'interessato non risulta di per sé disciplinata dalla legge.4.5.3. Per il resto, dagli atti di causa ben emerge la sussistenza, nella specie, dei presupposti di fatto che legittimano l'adozione del provvedimento di dispensa dal servizio.
E' incontestata, infatti, la circostanza che a decorrere dal 1989 il lpd ha sistematicamente riportato nei giudizi informativi, una valutazione inferiore a quella di "buono", spesso - segnatamente - pari a "10", ossia di "insufficiente".
Nei riguardi del medesimo lpd sono state inoltre irrogate numerose sanzioni disciplinari, espressamente considerate nel parere del Consiglio di Amministrazione, parte integrante del decreto impugnato, ed è stato ripetutamente ammonito per iscritto negli anni 1998, 2000, 2002 e 2003 a mutare il proprio comportamento.Né va sottaciuta la circostanza che già nel 1992 l'Amministrazione aveva accertato i presupposti per procedere alla dispensa dal servizio del lpd per scarso rendimento, e che il relativo provvedimento all'epoca adottato è stato annullato per l'omissione della comunicazione all'interessato dell'avvio del relativo procedimento con sentenza della Sez. I del T.A.R. per il Lazio n. 130 dlpd 27 gennaio 1994, confermata a sua volta da questa stessa Sezione con decisione n. 1117 dlpd 10 marzo 2004.Assume inoltre significativa valenza, tra tutta la documentazione presente nel fascicolo procedimentale dell'Amministrazione e, quindi, agli atti di causa, la nota dlpd 2 luglio 2004, a firma del Comandante di Reparto Isp. G.S., indirizzata al Direttore del Carcere ed espressamente richiamata dalla Direzione Generale del Personale e della Formazione - Ufficio IV Disciplina nella nota prot. DGAP-0381 696 - 2004, a sua volta indirizzata al Consiglio di Amministrazione, nella quale si segnala che da una riunione degli ispettori in servizio presso l'Istituto di Lpd Lpd è concordemente emerso che il lpd "si dimostra svogliato", "ha evidenziato scarse capacità operative" e "ha mostrato di essere carente nei rapporti con i superiori", e che, nonostante lo stesso sia stato stimolato "affinché si mostrasse volenteroso nel servizio" promettendo espressamente "un maggiore impegno" in tal senso, il miglioramento "a tutt'oggi non si è notato".Va anche evidenziato che tale stato di cose, essendosi protratto per un lasso di tempo oltremodo considerevole, sostanzia una continuità nel disimpegno riferita a periodi nei quali il lpd è stato alla dipendenza di diversi comandanti di reparto, per cui non è plausibile la tesi dell'interessato secondo la quale il tutto deriverebbe dalla volontà persecutoria di uno solo di essi.Negli atti di causa si rinviene la prova puntuale del complessivo atteggiamento di noncuranza del lpd ricorrente rispetto al corretto assolvimento dei propri compiti di istituto, e ciò nel conclamato discapito dell'ordine, della disciplina e del senso di responsabilità che debbono governare l'attività della Polizia Penitenziaria; e la circostanza che la situazione non sia mutata in seguito alle numerose ammonizioni comprova senza dubbi di sorta la perdurante mancanza di una volontà, da parte dell'interessato, di mutare il proprio comportamento.Non è pertanto contestabile la sussistenza, nella specie, di un quadro d'assieme nel quale risaltano lo scadente risultato delle attività svolte e la non attitudine del dipendente all'adempimento degli obblighi inerenti al suo status: circostanze, queste, adeguatamente evidenziate nelle premesse motive del provvedimento di dispensa dal servizio.4.5.4. Correttamente va evidenziato che il giudice di primo grado ha esattamente riconosciuto al termine fissato per la conclusione del procedimento di dispensa dal servizio contemplato nel lpdM. 20 novembre 1995, n. 540 ("Regolamento di attuazione degli artt. 2 e 4 della L. 7 agosto 1990, n. 241, recante nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi relativamente ai procedimenti di competenza degli organi dell'Amministrazione di grazia e di giustizia") una mera funzione acceleratoria, con la conseguenza che alla sua scadenza non si verifica la consumazione del potere di provvedere e l'eventuale provvedimento tardivamente adottato non può essere annullato dal giudice amministrativo perché illegittimo.Del resto, questa stessa Sezione ha già ripetutamente affermato che, proprio in dipendenza della natura non sanzionatoria del provvedimento di dispensa dal servizio adottato a' sensi dell'art. 129 del T.U. 3 del 1957, al relativo procedimento non si applicando le disposizioni in tema di perenzione del giudizio disciplinare (cfr., ad es., Cons. Stato , sez. IV, 12 marzo 2007 n. 1210).4.5.5. Per quanto da ultimo attiene alla dedotta incompetenza a provvedere da parte del Capo del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria in luogo del Ministro della Giustizia, va evidenziato che l'assetto delle competenze dell'apparato pubblico, anche in materia di personale, è da tempo mutato con il passaggio alla dirigenza di molte competenze già di spettanza ministeriale, ivi segnatamente quelle nella materia di cui trattasi, come ben si evince dagli artt. 14, 15, 16 e 17 del lpdLgs. 30 marzo 2001, n. 165 e successive modifiche, nonché dall'art. 1 del lpdLgs. 30 settembre 1992, n. 444, segnatamente disciplinante le attribuzioni degli organi centrali dell'Amministrazione penitenziaria e decentramento di attribuzioni ai provveditorati regionali dell'Amministrazione penitenziaria ed agli istituti e servizi penitenziari, a' sensi dell'art. 30, comma 4, lettere a) e b) , della L. 15 dicembre 1990, n. 395.5. Il Collegio, pur respingendo l'appello, reputa comunque di compensare integralmente tra le parti le spese e gli onorari del presente grado di giudizio.
P.lpdM.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa integralmente tra le parti le spese e gli onorari del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.