..per il personale della Polizia di Stato disposizioni più articolate e peculiari rispetto ad altre categorie di dipendenti della P.A..

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Categoria: Sentenze - Ordinanza - Parere - Decreto
Creato Martedì, 07 Agosto 2012 01:39
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AGENTI E FUNZIONARI DI PUBBLICA SICUREZZA   -   FORZE ARMATE   -   IMPIEGO PUBBLICO
Cons. Stato Sez. III, Sent., 28-05-2012, n. 3101Fatto - Diritto P.Q.M.

Svolgimento del processo - Motivi della decisione
 1. Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto -Sezione I, con sentenza n. 1 del 1 dicembre 2011 depositata il 9 gennaio 2012, ha accolto, con compensazione delle spese, il ricorso proposto dal signor lpd, agente scelto della Polizia di Stato, avverso il decreto n. 333-D/80824 del 9 dicembre 2010 - e atti connessi - con cui il Ministero dell'Interno ha disposto l'irrogazione della destituzione dal servizio ai sensi dell'art. 7 del D.P.R. n. 737 del 1981.Alla base del provvedimento era stata posta la condanna, inflitta per il reato di concussione ex art. 317 c.p. dal Tribunale di Venezia e confermata dalla Corte d'Appello di Venezia e dalla Corte di Cassazione, alla pena della reclusione di 1 anno e 10 mesi di reclusione e all'interdizione dai pubblici uffici per 1 anno e 6 mesi , in quanto l'interessato, abusando della qualità di agente della Polizia di Stato in servizio allora alla Sezione Polizia Stradale di lpd, il 21 settembre 1998 in una piazzola di sosta fra i caselli autostradali di Lpd Ovest e Lpd si era fatto consegnare da un conducente di un mezzo pesante la somma di L. 50.000 al fine di evitare il pagamento della sanzione amministrativa per violazione del codice della strada (non corretta esposizione della tabella ADR relativa al trasporto di merci pericolose).I giudici di prime cure, pur sottolineando il giudizio di disvalore nei confronti dell'operato del ricorrente, hanno ritenuto che l'Amministrazione, nel bilanciamento dei diversi interessi coinvolti, non avesse adeguatamente valutato la proporzionalità della sanzione disciplinare irrogata rispetto all' episodicità del fatto addebitato e al comportamento complessivo tenuto prima e dopo di quel fatto.2. Il Ministero dell'Interno, con atto dell'Avvocatura Generale dello Stato notificato il 30 marzo 2012 e depositato il 26 aprile 2012, ha interposto appello, con domanda sospensiva, sostenendo che nella fattispecie l'operato del signor F. posto in essere in occasione del fatto in questione potesse nel suo complesso rientrare a pieno titolo, per la sua gravità, nelle ipotesi di cui al citato articolo 7 che giustificano la massima sanzione disciplinare della destituzione quando sia accertata una condotta incompatibile per l'appunto con l'ulteriore permanenza in servizio.La sanzione, suffragata dal conforme parere e dalla valutazione complessiva operata dal Consiglio provinciale di disciplina presso la Questura di Belluno, era quindi da ritenersi "proporzionata" ai sensi dell'art. 13 del D.P.R. n. 737 del 1981, tenuto conto sia del fatto in sé che del comportamento tenuto subito dopo dall'operatore che, al fine di occultare il reato, nel redigere la relazione di servizio unitamente ad altra collega rimasta nell'auto di servizio, ha indicato, a giustificazione dell'intervento, di aver avuto notizia del furto di un autoarticolato ad un orario poi risultato veritiero, fatto per il quale il Tribunale ha assolto la pattuglia per non essersi raggiunta la prova della consapevolezza della falsità; pertanto non rileverebbero, nella comparazione, la modestia del profitto conseguito e il comportamento tenuto dallo stesso agente in epoca successiva a quell'episodio.In conclusione si censura l'insufficienza e la contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata che non avrebbe considerato l'esigenza di reprimere una grave condotta accertata e punita in sede disciplinare e penale, la finalità ammonitrice e dissuasiva insita nella sanzione, il danno grave all'immagine della Polizia di Stato, la necessità di ristabilire un rapporto di fiducia tra cittadino e Istituzione minato dalla convinzione che la richiesta di denaro corrisponderebbe a un comportamento diffuso, come sottolineato anche dalla vittima dell'iniziativa del ricorrente.3. Nel corso del giudizio di primo grado, questa Sezione, con ordinanza n. 3483 del 30 luglio 2011, aveva accolto l'appello cautelare proposto dal Ministero dell'Interno contro l'ordinanza di sospensiva emessa dal T.A.R..Questo Collegio aveva rilevato che "rispetto al carattere episodico dell'illecito penale commesso dall'appellante, appare prevalente l'esigenza di tutela della legalità e del rispetto dei fondamentali doveri di servizio".4. Il signor F. si è costituito con memoria depositata il 10 maggio 2012 deducendo l' inammissibilità dei motivi dell'appello per la loro genericità, l'insussistenza del danno all'immagine dell'Amministrazione del tutto non provato in considerazione anche della disparità di trattamento con altri casi più eclatanti nonché della intervenuta prescrizione del diritto al risarcimento, quindi il grave e irreparabile pregiudizio e la sproporzione della sanzione rispetto allo stato di servizio e al comportamento tenuto, e apprezzato, negli anni seguenti.5. Alla camera di consiglio dell'11 maggio 2012, presente l'avvocato dello Stato la causa è stata trattenuta in decisione ai sensi dell'art. 60 c.p.a.6.1. Ciò premesso in fatto l'appello è fondato e va riformata la sentenza impugnata.6.2. Il contenzioso verte sull'applicazione della normativa introdotta con il D.P.R. n. 737 del 1981, e in particolare dell' art. 7, in tema di disciplina delle sanzioni disciplinari da irrogare per le varie infrazioni di doveri di ufficio da parte del personale della Polizia di Stato.
L'ordinamento dell' Amministrazione della Pubblica Sicurezza ha posto per il predetto personale, sia pure "smilitarizzato" con L. n. 121 del 1981, disposizioni comunque più articolate e peculiari rispetto ad altre categorie di dipendenti della P.A., avuto riguardo proprio alla specificità e alla delicatezza dei compiti istituzionali svolti e inerenti l'ordine e la sicurezza pubblica, tanto da essere escluso dalla "privatizzazione" del pubblico impiego disposta dal D.Lgs. n. 29 del 1993.Ne consegue che anche il sistema sanzionatorio delle condotte non conformi ai quei compiti prevede regole ancor più rigorose poste a tutela della stessa legalità, cui deve presiedere in ogni momento quel personale, coinvolgendo non solo la dignità, il prestigio e l'immagine dell'Amministrazione, ma anche la fiducia e il giudizio del cittadino, della pubblica opinione e degli organi di stampa, particolarmente sensibili in proposito e che esigono a buon diritto comportamenti esemplari di riferimento.Infatti l'art. 7 prevede, come accennato, l'irrogazione della sanzione disciplinare della destituzione, quando sia accertata una condotta che abbia reso incompatibile l'ulteriore permanenza in servizio per una serie di motivi, fra i quali, qui contestati, atti che siano in grave contrasto con i doveri assunti con il giuramento, grave abuso di autorità e di fiducia, dolosa violazione dei doveri che abbia arrecato grave pregiudizio all'Amministrazione della Pubblica sicurezza, ad altri enti pubblici o privati.È indubbio che, come peraltro sostiene anche il T.A.R., spetti a quell'Amministrazione la valutazione, di natura discrezionale, sui fatti connessi e ritenuti non conformi ai doveri d'istituto, ma che tale valutazione, ancor di più se doverosamente e maggiormente rigorosa, sia supportata da elementi di fatto certi e obiettivi e da motivazione logica e razionale così da uscire immune dal sindacato di legittimità.Ne consegue che l'esame della corrispondenza fra la sanzione irrogata e il comportamento non ortodosso nella sua complessità non possa essere effettuato che caso per caso.6.3. Ciò stante, emerge oggettivamente che il provvedimento impugnato contiene, anche per relationem, tutti gli elementi di fatto e di diritto indispensabili per configurare la fattispecie e quindi anche una motivazione congrua e pregnante rispetto alla massima e più rigorosa sanzione disciplinare.Errano i giudici di primo grado nel ritenere che "l'episodicità" del fatto e il comportamento precedente e successivo dell'operatore possano di per sé far venire meno la "proporzionalità" della sanzione irrogata, pur sottolineando più volte la gravità del fatto contestato "soprattutto in rapporto all'immagine esterna del corpo di appartenenza del ricorrente, nonché dei riflessi all'interno dell'amministrazione" e "fermo restando quindi il giudizio di disvalore espresso nei confronti del comportamento tenuto".In effetti i fatti addebitati al ricorrente, sia pure nella loro episodicità e tenuto conto della tenuità della somma concussa, si appalesano, come peraltro sottolineato anche dal giudice penale, di per sé particolarmente gravi, commessi durante l'attività di servizio, in modo cosciente e volontario, commettendo quindi un reato, quello di concussione, particolarmente "odioso" in quanto basato sul timore reverenziale e sul metus subito dal soggetto passivo anche a causa della minaccia di multa per la non corretta esposizione della tabella cd. ADR per trasporti di merci pericolose, non corrispondente al vero, nonché di sospensione della patente.Le relazioni dell'Amministrazione e le sentenze penali agli atti, alle quali si fa richiamo per esigenze di economia processuale, ben illustrano le modalità e il contesto di svolgimento della fattispecie, ponendo in evidenza un complessivo comportamento tenuto nella circostanza, indice di atteggiamento arrogante, prevaricatore, non conforme ai principi dell'etica professionale e perciò particolarmente riprovevole, e in contrasto, come affermato in sede penale, con i principi della trasparenza, dell'imparzialità e della correttezza dell'azione della P.A..Ed è indubbio che il fatto in esame, e cioè la dazione di L. 50.000, imposta con le citate modalità, in relazione alla "specie" del reato commesso abbia arrecato grave pregiudizio e disdoro al prestigio dell'immagine della Polizia di Stato e delle migliaia di operatori, che svolgono esemplarmente i loro compiti ponendo a rischio anche l'incolumità personale, per di più inducendo a ritenere diffuso quel comportamento.D'altra parte il Consiglio provinciale di disciplina ha avuto modo di considerare il complessivo stato di servizio dell'interessato ma è stato indotto comunque a proporre la più grave sanzione disciplinare, per cui risulta ottemperata anche quell'esigenza di valutazione comparativa posta dai giudici di primo grado a base della sentenza appellata.Si soggiunge, per completezza, che l'esame del comportamento tenuto in epoca successiva, nel mentre non può influire sulla sanzione testè irrogata, resta nella disponibilità dell'Amministrazione ai fini dell'eventuale richiesta di riammissione in servizio.6.4. Per le considerazioni che precedono l'appello va accolto e, in riforma della sentenza impugnata, il ricorso di primo grado è da respingere.Tenuto conto della particolarità del caso e del tempo trascorso si ritiene di disporre la compensazione delle spese del grado.
P.Q.M.
 Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado.Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.