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Mobbing: Reato militare - delitto di minaccia a un inferiore

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REATO MILITARE
Cass. pen. Sez. I, Sen(@@@), (ud. 23-05-2012) 11-06-2012, n. 22639

Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1. - Con sentenza, deliberata l'8 giugno 2011 e depositata il 19 ottobre 2011, la Corte militare di appello, in riforma della sentenza di condanna del Tribunale militare di Napoli 11 giugno 2010, ha assolto il maresciallo dell'Esercito, (@@@) dal delitto di minaccia a un inferiore, ai sensi dell'ar(@@@) 196 c.p.m.p., comma 1, commesso in danno del primo caporal maggiore (@@@) in (OMISSIS) (capo B della rubrica) perchè il fatto non costituisce reato; e ha dichiarato non doversi procedere nei confronti del ridetto sottufficiale in ordine ai delitti di ingiuria, a9 sensi dell'ar(@@@) 226 c.p.m.p., commi 1 e 2, e di minaccia, ai sensi dell'ar(@@@) 229 c.p.m.p., comma 1, continuati (cosi riqualificati i delitti di ingiuria e di minaccia a inferiore, aggravati dal mezzo di comunicazione, ai sensi dell'ar(@@@) 196 c.p.m.p., commi 1, 2 e 3, e continuati), commessi in danno della medesima graduata in (OMISSIS) (capo A, ibidem).
I giudici di merito hanno accertato che il maresciallo (@@@), mediante comunicazioni telefoniche anonime, con voce contraffatta, aveva reiteratamente offeso l'onore della I. e minacciato di "farle male"; e che, successivamente, l'imputato, avendo avuto contezza, in seguito a una perquisizione domiciliare eseguita nei suoi confronti, delle indagini a suo carico, dopo aver convocato la donna le aveva chiesto di ritirare la denunzia, minacciandola che le avrebbe fatto saltare la casa.
La Corte militare ha disatteso le deduzioni dell'appellante in ordine all'accertamento delle condotte delittuose, al riguardo motivando, quanto ai reati continuati, che le comunicazioni telefoniche minacciose e ingiuriose provennero da utenza nella materiale disponibilità del maresciallo e, quanto alla minaccia dell' (OMISSIS), che la prova era offerta dalla testimonianza della vittima, da quella de relato del consorte di costei, C. S., e dalle ammissioni del giudicabile di aver convocato la I. e di aver avuto un colloquio con la donna in relazione alle indagini.
Quindi la Corte di merito ha osservato: nessuna emergenza dibattimentale induce a supporre "che le telefonate inequivocabilmente ingiuriose o minacciose di interesse (..) trovassero la loro causa, o fossero comunque riconducibili, a ragioni di servizio o di disciplina"; pertanto le relative condotte di ingiuria e di minaccia devono esser derubricate, à termini, rispettivamente dell'ar(@@@) 226 e dell'ar(@@@) 229 c.p.m.p., colla conseguenza che, in mancanza della richiesta del comandante del corpo di appartenenza dell'imputato, la azione penale non doveva essere iniziata; quanto al più recente, residuo delitto di minaccia la frase proferita dall'appellante "di indubbia valenza minacciosa (..) appare oggettivamente concepita e dettata, non già dalla previsione e volontà di impressionare l'interlocutrice con la prospettazione di un male futuro la cui verificazione dipendeva dalla volontà del minacciante (..) bensì dal voler, al contempo, dare tanto sfogo alla propria preoccupazione e risentimento, quanto ingenerare nella I. esclusivamente il convincimento della inutilità delle denunzie, atteso il riferimento, operato dall'appellante, che il Procuratore militare della Repubblica sarebbe stato fatto "saltare" mediante una denunzia per calunnia; sicchè il difetto dell'elemento psicologico comporta l'assoluzione del giudicabile.
2. - Ricorre per cassazione la parte civile (@@@), col ministero del difensore di fiducia e procuratore speciale, avvocata Angela Aliani, mediante atto del 3 ottobre 2011 col quale dichiara promiscuamente di denunciare, ai sensi dell'ar(@@@) 606 c.p.p., comma 1, let(@@@) b) ed e), inosservanza o erronea applicazione della legge penale, o di altre norme giuridiche di cui si deve tenere conto nella applicazione della legge penale, in relazione agli art(@@@) 196, 226, 229 e 260 c.p.m.p., nonchè mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione e travisamento delle prove, allegando (in copia) a corredo della impugnazione il processo verbale delle querele (contro ignoti) presentate dalla I. ai Carabinieri della Stazione di (@@@) di (@@@) il 31 gennaio 2005 e il 12 febbraio 2006, la informativa di reato recante la data del 18 luglio 2007 inviata agli uffici del Pubblico Ministero dal Comandante del 10 Reggimento Trasporti, colonnello (@@@) (assertivamente indicata come "richiesta del comandante del Corpo"), con allegata "dichiarazione" della ricorrente dell'11 luglio 2007, e certificato medico del 24 settembre 2007.
2.1 - Il difensore deduce: "giammai la Corte avrebbe potuto escludere che le telefonate fossero riconducibili a cause di servizio o di disciplina"; l'imputato faceva le telefonate "nel corso dell'orario di servizio"; e la vittima si trovava, pure, "quasi sempre in servizio"; inoltre (@@@) perpetrava le condotte delittuose "per il servizio (..) come un modo per far sentire la superiorità gerarchica nel trattare male la subordinata (..) per costringerla a sottostare ad una sorta di morboso mobbing"; ricorre la aggravante dell'ar(@@@) 339 cod. pen., richiamata dall'ar(@@@) 196 c.p.m.p. (comma 4), dovendosi l'agente considerare persona travisata; non sono configurabili le ipotesi di cui all'ar(@@@) 222 c.p.m.p. (sic!) e ar(@@@) 226 c.p.m.p., comma 1; semmai era "al più applicabile la ipotesi prevista dal comma 2" dell'ar(@@@) 226 c.p.m.p. "e, quindi, al di fuori dell'astratta previsione dell'ar(@@@) 260 c.p.m.p."; illogicamente la Corte di merito ha negato la sussistenza della richiesta di procedimento del comandante di corpo; costui, quando fu nota la identità del colpevole, "ritenne di optare per la richiesta di procedimento che inviava alla Procura della Repubblica Militare e ordinaria, sebbene non ve ne fosse bisogno"; occorreva considerare la ricorrenza della "ipotesi di cui al comma 5"' dell'ar(@@@) 260 c.p.m.p.;
il Collegio ha omesso di "tracciare il discrimine" tra il reato contestato (ar(@@@) 196 c.p.m.p.) e quello ritenuto (ar(@@@) 226 c.p.m.p.);
infine la Corte Miliare, dopo aver accertato che l'11 luglio 2007 il maresciallo (@@@) aveva minacciato la ricorrente, affatto "contraddittoriamente e assurdamente" - e con fraseggio peraltro "oscuro" - ha assolto l'imputato.
2.2 - Con memoria, recante la data del 2 maggio 2012, il difensore della ricorrente insiste per l'accoglimento della impugnazione, deducendo in modo non sempre perspicuo e intellegibile:
l'accertamento dello specifico movente "non inferisce sull'illiceità della condotta"; in mancanza della emersione di "altra di causa che non sia connessa al servizio" ben può essere accaduto che " (@@@) per ragioni rimaste sconosciute non abbia approvato scelte di servizio della I. o abbia agito diversamente ai comandi ricevuti e si sia vendicato terrorizzandola, conoscendone il carattere schivo e non avendo motivo di rimprovero diretto"; la Corte militare ha omesso di considerare la "circostanza della minorata difesa, avendo il giudice territoriale qualificato utile il tempo e la risposta della I. per escludere la sussistenza del reato" (sic!); evidente è lo "scollamento" tra l'accertamento della condotta di minaccia e l'assoluzione; il colonnello (Lpd), colla informativa, del 18 luglio 2007 ha avanzato "domanda di punizione e di avvio del procedimento".
3. - Il ricorso è fondato limitatamente al capo della sentenza che concerne il delitto di minaccia a un inferiore, commesso l' (OMISSIS) (capo B della rubrica).
3.1 - Deve, in proposito, essere disattesa l'obiezione del Procuratore generale militare della Repubblica presso questa Corte, il quale, pur riconoscendo la fondatezza del ricorso sul punto del vizio di motivazione della pronuncia assolutoria, ha, tuttavia, negato la sussistenza dell'interesse della ricorrente alla impugnazione sulla base della considerazione che la condotta delittuosa non sarebbe pertinente a ragioni di servizio o di disciplina (con conseguente derubricazione ai sensi dell'ar(@@@) 229 c.p.m.p.) e del rilievo della carenza della condizione di procedibilità della richiesta del comandante del corpo di appartenenza del militare imputato.
Invero la Corte territoriale ha accertato, sulla base della testimonianza della I., la connessione tra la minaccia e le ragioni di servizio, in quanto il maresciallo (@@@) motivò l'intervento delittuoso, asserendo che, se la parte lesa non avesse "ritirato" la denunzia, la pendenza delle indagini avrebbe compromesso la missione in Kosovo del sottufficiale ((Lpd) sentenza p. 29).
3.2 - La Corte di merito è incorsa nella inosservanza della legge penale.
Le finalità attribuite (dal Collegio) all'agente - di "dare sfogo" al proprio "risentimento" e di "ingenerare" nella vittima il "convincimento della inutilità" delle denunzie presentate alla polizia giudiziaria - non escludono alla evidenza l'elemento psicologico del delitto in parola.
Il dolo del reato de quo è, invero, perfettamente compatibile con l'intento di dar sfogo al risentimento, che, per l'appunto, costituisce il movente dalla minaccia.
E, rispetto all'ulteriore, supposto intento, la minaccia appare strumentale e, dunque, sicuramente oggetto di "previsione e volontà".
4. - Per il resto il ricorso è infondato.
4.1 - Alla stregua della disposizione di cui all'ar(@@@) 199 c.p.m.p., comune ai capi terzo e quarto del Titolo 3 del Titolo 2 di quel Codice, i delitti di minaccia e di ingiuria a un inferiore, previsti, rispettivamente, dal primo e dall'ar(@@@) 196 c.p.m.p., comma 2, si distinguono dalle residuali fattispecie di minaccia (ar(@@@) 229 c.p.m.p.) e di ingiuria (ar(@@@) 226 c.p.m.p.) per la inerenza della causa delle relative condotte "al servizio e alla disciplina militare".
La interpretazione costituzionalmente orientata in senso restrittivo, dall'ar(@@@) 199 c.p.m.p., alla luce dell'arresto del Giudice della L. 24 gennaio 1991, n. 22, il quale ha dichiarato la illegittimità della disposizione, nella parte che imponeva l'applicazione delle norme incriminatrici, contenute nei ridetti capi terzo e quarto, pur nei confronti dell'agente che si trovasse "in luoghi militari" (diversi dalle navi militari e dagli aeromobili militari), conduce a valutare rigorosamente il requisito della inerenza della "causa" della condotta al servizio e alla disciplina militare.
Sicchè si rende necessario il positivo accertamento della correlazione tra Fazione delittuosa e specifiche "vicende attinenti al servizio" ovvero alla disciplina militare ((Lpd), in extenso, a dispetto della massima ufficiale recante il riferimento, affatto impreciso, alla "riconducibilità del fatto a un contesto militare", Cass., Sez. 1, 27 ottobre 2010, n. 40811, Mecoli). Mentre devono "essere qualificate come cause estranee al servizio quelle esulanti dall'attività svolta dal soggetto attivo del reato o che, comunque, risultino collegate in modo del tutto estrinseco all'area degli interessi connessi alla tutela del servizio e della disciplina, ponendosi con questi in rapporto di semplice occasionalità. anche se non estranee al servizio svolto dalla persona offesa dell'illecito" (Cass., Sez. 1, 5 maggio 2008, n. 19425, Carofalo, massima n. 240286 secondo la quale "l'offesa all'onore di un inferiore (..) non obiettivamente correlata all'area degli interessi connessi alla tutela della disciplina, rientra nella clausola di esclusione del reato di ingiuria ad inferiore, prevista dall'ar(@@@) 199 c.p.m.p.").
Affatto priva di giuridico pregio è, pertanto, l'obiezione della ricorrente la quale ha opposto che le telefonate di minaccia e di ingiuria furono fatte in concomitanza degli orari di servizio del soggetto attivo del reato e della vittima.
Si tratta, invero, di dato meramente circostanziale che afferisce al "rapporto di semplice occasionalità" tra la perpetrazione delle condotte delittuose e la concomitante prestazione del servizio militare da parte del maresciallo e del primo caporal maggiore.
E palesemente destituito di fondamento alcuno è l'ulteriore assunto della ricorrente secondo cui le condotte delittuose troverebbero causa nel servizio e nella disciplina militari, sotto il profilo che l'imputato avrebbe inteso "far sentire la superiorità gerarchica nel trattare male la subordinata" sottoponendola "a una assurda pressione psicologica (..) nell'ambito e all'interno del servizio", atteso che nelle telefonate il sottufficiale mai ebbe a palesare la propria identità, nè il grado, nè la qualità di militare.
4.2 - Il ritenuto delitto di ingiuria, ai sensi dell'ar(@@@) 226 c.p.m.p., commi 1 e 2, punito colla reclusione militare fino a quattro mesi, è - contrariamente alla erronea tesi difensiva - procedibile a richiesta del comandante del corpo dal quale il militare dipende, à termini dell'ar(@@@) 260 c.p.m.p., comma 2.
4.3 - La richiesta di procedimento, prevista dall'ar(@@@) 260 c.p.m.p., pur non esigendo l'impiego di particolari formule rituali, postula che l'atto di impulso processuale esprima "con chiarezza la volontà (della Autorità militare titolare della relativa potestà) di rimuovere l'ostacolo processuale e, quindi, rendere possibile l'esercizio dell'Azione penale contro il militare" (Cass., Sez. 1, 7 maggio 1985, n. 8956, Giacalone, massima n. 170680 e Sez. 1, 16 giugno 2004, n. 31900, Negash, massima n. 229936).
Correttamente, pertanto, la Corte militare di appello ha ritenuto che nella mera "informativa di reato", inviata ai Procuratori della Repubblica presso i Tribunali, ordinario e militare, di Bari dal colonnello (Lpd), non fossero ravvisabili gli estremi della richiesta di proscioglimento (immotivatamente) ritenuta dalla ricorrente, a dispetto della contraria evidenza documentale dell'atto.
5. - Conseguono l'annullamento della sentenza impugnata in ordine al delitto di cui all'ar(@@@) 196 c.p.m.p., comma 1, commesso l' (OMISSIS), limitatamente agli effetti civili; il rinvio, ai sensi dell'ar(@@@) 622 c.p.p., al giudice civile competente per valore in grado di appello; il rigetto, nel resto, del ricorso.
P.Q.M.
Annulla, agli effetti civili, la sentenza impugnata relativamente al capo B e rinvia al giudice civile competente per valore in grado di appello; rigetta, nel resto, il ricorso.


   

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