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D.Lgs. 9 aprile 2008 n. 81 - Art. 2.Definizioni - Art. 19. Obblighi del preposto - Art. 56. Sanzioni per il preposto

Dettagli

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1. Profili generali
In via preliminare è necessaria una lettura attenta e rigorosa del dato normativo per poter individuare in modo chiaro in che modo il legislatore caratterizzi la figura del preposto come portatore di una posizione di garanzia prevenzionistica originaria, autonoma, indipendente da delega e incarico specifico di sicurezza e igiene sul lavoro, e fondamentale, in quanto incarnante la funzione essenziale del controllo.
 
D.Lgs. 9 aprile 2008 n. 81 - Art. 2.Definizioni
 “1. Ai fini ed agli effetti delle disposizioni di cui al presente decreto legislativo si intende per
e) «preposto»: persona che, in ragione delle competenze professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico conferitogli, sovrintende alla attività lavorativa e garantisce l'attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa;”.
 
D.Lgs. 9 aprile 2008 n. 81 - Art. 19. Obblighi del preposto
 1. In riferimento alle attività indicate all'articolo 3, i preposti, secondo le loro attribuzioni e competenze, devono:
 a) sovrintendere e vigilare sulla osservanza da parte dei singoli lavoratori dei loro obblighi di legge, nonché delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuale messi a loro disposizione e, in caso di persistenza della inosservanza, informare i loro superiori diretti;
 b) verificare affinché soltanto i lavoratori che hanno ricevuto adeguate istruzioni accedano alle zone che li espongono ad un rischio grave e specifico;
 c) richiedere l'osservanza delle misure per il controllo delle situazioni di rischio in caso di emergenza e dare istruzioni affinché i lavoratori, in caso di pericolo grave, immediato e inevitabile, abbandonino il posto di lavoro o la zona pericolosa;
 d) informare il più presto possibile i lavoratori esposti al rischio di un pericolo grave e immediato circa il rischio stesso e le disposizioni prese o da prendere in materia di protezione;
 e) astenersi, salvo eccezioni debitamente motivate, dal richiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave ed immediato;
 f) segnalare tempestivamente al datore di lavoro o al dirigente sia le deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale, sia ogni altra condizione di pericolo che si verifichi durante il lavoro, delle quali venga a conoscenza sulla base della formazione ricevuta;
 g) frequentare appositi corsi di formazione secondo quanto previsto dall'articolo 37.
 
Art. 56. Sanzioni per il preposto
 1. I preposti sono puniti nei limiti dell'attività alla quale sono tenuti in osservanza degli obblighi generali di cui all'articolo 19:
 a) con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da 400 a 1,200 euro per la violazione dell'articolo 19, comma 1, lettere a), e), f);
 b) con l'arresto sino a un mese o con l'ammenda da 200 a 800 euro per la violazione dell'articolo 19, comma 1, lettere b), c), d);
c) con l'ammenda da 200 a 800 euro per la violazione dell'articolo 19, comma 1, lettera g).
 
Art. 299 D.Lgs. n. 81. Esercizio di fatto di poteri direttivi
 1. Le posizioni di garanzia relative ai soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, lettere b) [datore di lavoro], d) [dirigente] ed e) [preposto], gravano altresì su colui il quale, pur sprovvisto di regolare investitura, eserciti in concreto i poteri giuridici riferiti a ciascuno dei soggetti ivi definiti.
 
La definizione del Testo Unico ex art. 2, come già detto a proposito dell’individuazione dei dirigenti, “fotografa la posizione dei diversi soggetti aziendali” (Anna Guardavilla) e pone l’accento “sulla natura dell’incarico conferito”, in linea con la conclusione alla quale da tempo era arrivata la giurisprudenza, secondo la quale “tali qualità discendono dalla loro posizione assunta all’interno delle singole aziende o enti (Cass. Pen. , sez. III, sentenza n. 14017 del 15/04/05)” [Antonella Guadagni].
Il preposto la legge lo individua a partire dalla effettiva organizzazione del lavoro aziendale, e dalla posizione gerarchica sovraordinata che alcuni “superiori” hanno in azienda, eventualmente, nei confronti di altri soggetti aziendali “sottoposti”. In altre parole, una volta che il datore di lavoro ha deciso di organizzare la sua attività con alcune funzioni aziendali sovraordinate ad altre, automaticamente si è generata, eventualmente, la figura del preposto (o del dirigente) come colui che nella normale attività lavorativa esercita una supremazia su altri a lui sottoposti. Su tale figura il legislatore (e non il datore di lavoro) fa ricadere la qualifica di preposto (quantomeno ai sensi dell’art. 299 del D.Lgs. n. 81/2008).
Anche perché, in realtà, il preposto in azienda non viene frequentemente definito tale, ma in un modo più confacente all’effettiva organizzazione produttiva: caporeparto, caposquadra, capocantiere, capoturno, capolinea, caposala, capobarca, responsabile, coordinatore, supervisor, team leader ecc. Tutti questi sono quasi sempre preposti, di fatto o di diritto poco importa, lo sappiano o non lo sappiano, non importa, la legge non ammette ignoranza (Codice Penale art. 5 – Ignoranza della legge penale – Nessuno può invocare a propria scusa l’ignoranza della legge penale).
La Cassazione Penale, Sezione IV, con la Sentenza 14 gennaio 2010 n. 1502 ha chiarito in modo esemplare la individuazione normativa della figura del preposto fatta dal legislatore, dopo che il datore di lavoro ha organizzato la sua attività aziendale e prima, a prescindere, da deleghe e incarichi specifici in materia di sicurezza (che vengono considerati, ma solo in seconda battuta, e se non sono fasulli): “il preposto è una delle tre figure cui, secondo la nostra legislazione antinfortunistica e secondo la giurisprudenza formatasi al riguardo, competono, nell’ambito dell’impresa, specifiche posizioni di garanzia autonomamente previste. Il preposto, come il datore di lavoro e il dirigente, è individuato direttamente dalla legge e dalla giurisprudenza come soggetto cui competono poteri originari e specifici, differenziati tra loro e collegati alle funzioni a essi demandati, la cui inosservanza comporta la diretta responsabilità del soggetto iure proprio. Il preposto non è chiamato a rispondere in quanto delegato [o incaricato] dal datore di lavoro, ma bensì a titolo diretto e personale per l’inosservanza di obblighi che allo stesso, come già si è detto, direttamente fanno capo. È pertanto del tutto improprio il richiamo alla assenza di delega da parte del datore di lavoro con il quale la difesa del preposto cerca di allontanare la responsabilità.”
In tal senso «i poteri ed i doveri dei preposti si collocano ad un livello radicalmente diverso da quello dei poteri dei soggetti in posizione apicale nell'azienda e sono, in un certo senso, subordinati e limitati dal settore e dal luogo in cui esercitano le loro attività» (Cassazione Penale, sez. IV, 12.12.2007, n. 3483).
 
La Cassazione mette in luce che i preposti sono “i soggetti che sovrintendono all’espletamento delle attività soggette alla normativa prevenzionistica. Non spetta, perciò, al preposto adottare misure di prevenzione, ma fare applicare quelle predisposte da altri intervenendo con le proprie direttive ad impartire le cautele da osservare.
Posto che con il termine ‘sovrintenderè si indica l’attività rivolta alla vigilanza sul lavoro dei dipendenti per garantire che esso si svolga nel rispetto delle regole di sicurezza, il caposquadra va inquadrato [legalmente e automaticamente] nella figura del preposto perché rientra nei suoi compiti dirigere e sorvegliare il lavoro dei componenti la squadra.
Non può sfuggire, pertanto, alle sue responsabilità il soggetto che avendo il potere di ordinare un tipo di lavoro non controlli che questo sia compiuto secondo le norme antinfortunistiche; in caso contrario verrebbe meno un anello della catena organizzativa, essendo impossibile per chi non si trovi sul posto di lavoro effettuare tale controllo che costituisce una delle attività più importanti tra quelle dirette ad evitare gli infortuni” [Cassazione Penale, Sez. 4, 21 aprile 2006, n. 14192 - la fattispecie ha riguardato “B. S., imputato del reato di lesioni colpose e di violazione degli artt. 4 co 5 lett f) e dell'art .90, co 2 lett b) D lgs 626/94 per non avere controllato in qualità di capo squadra che il sottoposto A. G. , intento a segare pezzi di legno utilizzasse l'apposito attrezzo spingi pezzo cagionando allo stesso una lesione personale grave costituita dalla perdita del secondo dito della mano destra con diminuzione permanente della capacità prensoria”].
 
Secondo Cassazione Penale, Sez. 4, 11 marzo 2008, n. 10812 "il capo-reparto è, quale preposto, personalmente tenuto a fare adottare ai dipendenti i necessari mezzi di protezione individuale adeguati al tipo di lavoro che devono compiere, svolgendo a tal fine specifica attività di vigilanza e controllo; altrimenti, in caso di insorgenza di rischi all'integrità fisica dei lavoratori, deve segnalare al datore di lavoro la carenza o inadeguatezza del mezzo di protezione individuale dato in uso ai dipendenti.
Nella fattispecie, dalle considerazioni che precedono è dato trarre la conclusione che l'imputato, nella spiegata qualità, è venuto meno sia all'obbligo di vigilare che l'operaio Z. indossasse la maschera coprivolto prima di procedere alla verniciatura con la pistola ad aria compressa, sia all'obbligo di vietare l'uso degli occhiali incautamente fomiti allo Z., benché privi di alette protettive e di segnalarne, per tempo, al datore di lavoro la necessità di renderli adeguati allo scopo di protezione degli occhi"[nella fattispecie all'operaio derivarono lesioni all'occhio sinistro attinto da uno spruzzo di vernice].
Dunque «preposto è colui che sovraintende a determinate attività produttive o più esattamente svolge funzioni di immediata supervisione e di diretto controllo sull'esecuzione delle prestazioni lavorative. La sua specifica competenza prevenzionale è quella di controllare l'ortodossia antinfortunistica dell'esecuzione delle prestazioni lavorative, cioè di assolvere agli obblighi indicati nell'art. 4. Tra questi è compreso quello di aggiornare le misure prevenzionali in relazione ai mutamenti organizzativi e produttivi o al grado di evoluzione della tecnica di prevenzione e protezione, ma sempre nell'ambito delle sue limitate attribuzioni che attengono all'organizzazione delle modalità lavorative e non alla scelta dei dispositivi di sicurezza» (Cassazione Penale, sez. IV, 2.4.2007, n. 21593).
 
È necessario focalizzare l'attenzione su questo chiaro concetto: chi ordina un tipo di lavoro qualunque senza controllare che questo avenga nel rispetto della normativa antifortunistica sarà inevitabilmente chiamato a risponderne penalmente in sede di accertamento delle responsabilità penali da danno alla persona, omicidio colposo o lesioni gravi o gravissme di cui agli articoli 589 e 590 del codice penale.
 
2. Il preposto nella giurisprudenza della Corte di Cassazione
La già citata sentenza 14192/2006 definisce in modo esemplare e quasi insuperabile la natura del preposto, quale figura che va identificata in colui che espressamente ordina operazioni lavorative, talchè automaticamente deve controllare anche che il lavoro si svolga in modo sicuro.
Corte di Cassazione - Sezione VI Penale - Sentenza n. 14192/2006 - udienza del 14 dicembre 2005 - deposito del 21 aprile 2006
“Fatto e diritto
B. S., imputato del reato di lesioni colpose e di violazione degli artt.4 co 5 lett f) e dell'art .90, co 2 lett b) D lgs 626/94 per non avere controllato in qualità di capo squadra che il sottoposto A. G. , intento a segare pezzi di legno utilizzasse l'apposito attrezzo spingi pezzo cagionando allo stesso una lesione personale grave costituita dalla perdita del secondo dito della mano destra con diminuzione permanente della capacità prensoria, (fatto risalente al 12 luglio 1999) veniva condannato , con la concessione delle attenuanti generiche la pena di sei mesi di reclusione.
Avverso la suindicata sentenza il B. proponeva appello chiedendo l'assoluzione dal reato, deducendo di non avere avuto la qualità di preposto, ma solo di capo squadra, senza alcun potere di controllo sull'A.; in subordine chiedeva la concessione dell'attenuante di cui all'art. 114 cp. e la riduzione della pena.
La Corte d'Appello di Napoli dichiarava estinta per prescrizione la contravvenzione; confermava la dichiarazione di responsabilità e, ritenuta la prevalenza delle concesse attenuanti generiche, determinava la pena in euro 400,00 di multa, confermando nel resto.
Il B. avverso detta sentenza datata 4.6.04 ha proposto ricorso per cassazione, deducendo inosservanza o erronea applicazione della normativa antinfortunistica di cui al D.lgs 626/94 come modificato dal D.Lgs 242/96, in quanto la norma citata riguarderebbe il datore di lavoro e non più il dirigente o il preposto.
Con il secondo motivo deduce anche manifesta illogicità della motivazione, in quanto a suo dire la corte avrebbe fatto confusione tra le qualifiche attribuitegli, equiparando la figura dell'assistente a quella del preposto ed a quella del caposquadra: mentre l'assistente di cantiere, munito di procura, può essere assimilato al preposto, tale non potrebbe essere considerato il caposquadra, "operaio fra operai, senza obbligo di vigilanza sull'osservanza delle norme di sicurezza". Assumeva, in linea di fatto, che nel cantiere di piazza … a …, dove avvenne l'incidente, vi erano al lavoro decine di operai, tutti minatori specializzati e di lunga esperienza , con due capisquadra e probabilmente un vero assistente che sorvegliava le operazioni in sotterraneo, per cui esso ricorrente non aveva compiti di vigilanza, né avrebbe potuto in concreto sorvegliare in ogni istante i suoi compagni di lavoro.
Con il terzo motivo il B. contesta che l'A. abbia fatto parte del suo gruppo, ricordando come lo stesso abbia dichiarato all'Ispettorato del Lavoro ed in una successiva dichiarazione di avere ricevuto l'ordine di ricavare dei cunei da un'asse di legno da parte del caposquadra […] e solo in dibattimento abbia riferito che tale ordine gli era stato impartito dal B..
Con il quarto motivo lamenta la mancata applicazione della chiesta attenuante di cui all'art. 114 c.p., considerato che lo stesso A. era stato imputato e condannato dal tribunale per non avere fatto uso dello spingi pezzo.
Sulla base dei detti motivi chiedeva l'annullamento della sentenza impugnata con ogni statuizione conseguente.
 
Il Procuratore Generale concludeva chiedendo il rigetto del ricorso.
 
Il ricorso propone la questione relativa all'applicazione dei doveri inerenti alla posizione di garanzia rispetto agli infortuni intercorsi nell'ambiente di lavoro che è stata novellata dai citati decreti legislativi per rendere uniforme la normativa italiana risalente alla legge antinfortunistica del 1955 e del 1956 ai principi della normativa europea.
In particolare con le innovazioni apportate al testo del 1994 dal decreto legislativo del 1996 si sono distinte le funzioni e la posizione di garanzia che è propria del datore di lavoro e non è delegabile a terzi dalle funzioni delegabili ( art. l comma 4 ter ). In questo modo si sono enucleati degli obblighi così ontologicamente connessi alla funzione propria ed alla qualifica del datore di lavoro da renderli assolutamente insuscettibili di traslazione su altri soggetti, sia pure prescelti ed espressamente delegati dal titolare. Si tratta dei compiti di valutazione dei rischi connessi all'attivita’ d'impresa di individuazione delle misure di prevenzione e dei mezzi di protezione, di definizione del programma per migliorare i livelli di sicurezza, di fornitura dei dispositivi necessari di protezione individuale, di designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione. Il datore di lavoro non è tenuto ad elaborare personalmente il piano di sicurezza, ma dovrà scegliere gli esperti che lo faranno, fissando i tempi ed i modi delle forme di controllo della loro attività, senza rimettere ad altri l'incarico di assumere questa iniziativa ed una volta ottenuto il piano dovrà reperire le risorse, organizzare le strutture e distribuire i compiti fra i suoi collaboratori per renderlo operante.
Accanto al datore di lavoro sono menzionati dal decreto i dirigenti ed i preposti, dei quali non si da’ una espressa definizione, per cui tali qualità discendono dalla loro posizione assunta all'interno delle singole aziende o enti.
Venendo a considerare la figura dei preposti perché il ricorrente , caposquadra, non aveva senz'altro una posizione dirigenziale e contesta di poter essere considerato preposto, la nozione si ricava dall'art 4 bis che riprende il concetto contenuto dell'art. 4 dei D.P.R. 547/55 e 303/56, definendoli come i soggetti che sovraintendono all'espletamento delle attività soggette alla normativa prevenzionale.
Con il termine "sovraintendere", secondo il concorde orientamento della dottrina e della giurisprudenza, si indica l'attività rivolta alla vigilanza sul lavoro dei dipendenti per garantire che esso si svolga nel rispetto delle regole di sicurezza.
Non spetta al preposto adottare misure di prevenzione, ma fare applicare quelle predisposte da altri, intervenendo con le proprie direttive ad impartire le cautele da osservare
Con l'art. 90 del D.Lgs.626/94, così come modificato dal D.Lgs.242/96 è stato ampliato il precetto prevenzionale diretto al preposto, ma perché possa essere chiamato a risponderne in concreto occorre che utilizzando il criterio guida dell'effettività egli abbia in concreto il potere di intervenire nei compiti precettati, per cui l'area della sua responsabilità viene circoscritta dagli effettivi poteri a lui spettanti, indipendentemente dalle più ampie indicazioni normative. Nel caso di specie il caposquadra va inquadrato nella figura del preposto perché rientra nei suoi compiti dirigere e sorvegliare il lavoro dei componenti la squadra.
Al lavoratore era stato ordinato dal caposquadra di trarre dei cunei da un'asse di legno, operazione che necessita dello spingi pezzo onde impedire lesioni alle mani.
Si tratta di una dotazione obbligatoria che va fornita dal datore di lavoro, ma l'imputato non ha sollevato obiezioni circa la possibilità di disporre di tale strumento.
Trattandosi di un'operazione espressamente ordinata dal preposto il controllo della stessa era di sua competenza e se vi fosse stata una qualche difficoltà nel reperimento dello spingi pezzo avrebbe dovuto preoccuparsene o sospendere l'operazione stessa, essendo suo compito quello di fornire ai lavoratori i mezzi di protezione o di farne richiesta al datore di lavoro ed al responsabile del piano di sicurezza, quantomeno nell'ambito delle attività lavorative di sua competenza. Non può, pertanto sfuggire alle sue responsabilità il soggetto che avendo il potere di ordinare un tipo di lavoro non controlli che questo sia compiuto secondo le norme antinfortunistiche. In caso contrario verrebbe meno un anello della catena organizzativa, essendo impossibile per chi non si
trovi sul posto di lavoro effettuare tale controllo che costituisce una delle attività più importanti tra quelle dirette ad evitare gli infortuni.
L'imputato sostiene di non avere avuto nella sua squadra l'A. e che l'ordine di segare in piccoli pezzi l'asse di legno era stato impartito dall'altro capo squadra [...], ma la Corte ha motivato in ordine alle prove che conferiscono al B. la qualità di caposquadra e in merito al fatto che fu lo stesso ad impartire l'ordine di tagliare l'asse all'A..
Quanto alla mancata concessione dell'attenuante di cui all'art.114 c.p., la corte ha opportunamente motivato in ordine all'esclusione dei presupposti per la concessione con argomento logico condivisibile, perché fu il mancato controllo, unitamente all'imprudenza del lavoratore ad incidere in modo determinante nella produzione dell'evento lesivo.
 
Ciò premesso, il ricorso va rigettato ed il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali.
 
P.Q.M. [Per Questi Motivi]

 
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.”


I compiti del preposto per la sicurezza del lavoro
3. La posizione di garanzia del preposto
La Corte di Cassazione ha ben definito la differente posizione di garanzia del preposto rispetto a quella del datore di lavoro confermando la condanna di un preposto nei seguenti termini: “la posizione di garanzia del preposto”, ha sostenuto la suprema Corte, “che ai sensi del Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 19 per la parte in cui la nuova norma rappresenta una sintesi di tutto l'assetto della precedente giurisprudenza in materia, deve sovrintendere e vigilare, informare, verificare, frequentare corsi di formazione, è definita in termini che non lasciano spazio a imputazioni che riguardano le omissioni di cautele relative alla organizzazione del lavoro incombente su altri soggetti (datori di lavoro e dirigenti)”.
“La contestazione mossa”, ha proseguito la Sez. IV, “aveva riguardo a specifiche condotte omissive caratterizzate da negligenza, imperizia e imprudenza, e tutte relative a compiti propri del preposto e caratteristici della sua posizione di preminenza tecnica e gerarchica”. L'attrezzaggio di una macchina con modalità incongrue rispetto alla singola lavorazione da svolgere in un determinato momento, infatti, non rientra certo, secondo la Corte, nei compiti di investimento, previsione, predisposizione, e controllo propri del datore di lavoro per cui la Corte di Appello ha applicato correttamente i principi di diritto relativi alla addebitabilità della colpa, “evidenziando che le omissioni accertate sono da riportare alla posizione di garanzia che caratterizza la responsabilità del preposto entro i confini del corretto esercizio delle competenze tecniche, tutte proprie della sua qualifica e delle sue mansioni”. La Corte di Appello, ha fatto inoltre notare la Sez. IV, ha individuato la causa dell'infortunio nella mancata idonea regolazione della posizione dello schermo protettivo che sale e scende in sincrono col mandrino del trapano a colonna e che in sostanza lo schermo non copriva e non schermava in alcun modo la punta rotante del trapano. “Il compito di regolazione/macchina”, ha così concluso la suprema Corte, “spetta, operazione per operazione, ad un operativo e non, certamente, al datore di lavoro”. [Corte di Cassazione - Sezione IV Penale - Sentenza n. 42469 del 1° dicembre 2010 (u. p. 9 luglio 2010) - Pres. Brusco – P. M. De Sandro - Est. Zecca - Ric. M. C. ]
Il concetto di sovrintendere
La Corte di Appello di Milano, con la sentenza 23 ottobre 1998, analizzando quelle norme in cui l'accento è posto proprio sul verbo “sovrintendere”, ha autorevolmente sostenuto che “l'accento ... è posto su “tale verbo”, che, secondo il suo significato letterale, confermato da un concorde orientamento della dottrina e della giurisprudenza, indica essenzialmente un'attività rivolta a vigilare sul lavoro dei dipendenti, per garantire che esso si svolga nel pieno rispetto delle regole di sicurezza imposte dalla legge e dagli organi dirigenti dell'azienda e comporta anche un limitato potere di impartire ordini e istruzioni di natura meramente esecutiva”.
Il tratto essenziale di tale funzione è vigilare, e la vigilanza “dovrebbe consistere in un assiduo controllo dello svolgimento dell'attività lavorativa, in conformità ai modi, ai tempi e agli obiettivi fissati in via generale dai superiori gerarchici (i dirigenti) e sulla base dei criteri di massima, con i mezzi, le attrezzature e i presidi di sicurezza dagli stessi preordinati” (Di Lecce, Culotta, Costagliola, Prevenzione e sicurezza nei luoghi di lavoro, Pirola editore, Milano 1997 pag. 138)
Il sovrintendere richiede però un requisito preliminare, ovvero il possesso di una supremazia riconosciuta sugli altri lavoratori: viene infatti definito dalla sentenza della Cassazione pen. n. 760/91 come “chiunque si trovi in posizione tale da dover dirigere e sorvegliare l'attività lavorativa di altri operai ai suoi ordini”.
 
4. L'individuazione da parte della legge e della giurisprudenza del preposto: supremazia
La individuazione dei destinatari delle norme antinfortunistiche “va compiuta non tanto in relazione alla qualifica rivestita nell'ambito dell'organizzazione aziendale ed imprenditoriale quanto, soprattutto, con riferimento alle reali mansioni esercitate che importino le assunzioni di fatto delle responsabilità a quelle inerenti, la qualifica e le responsabilità del preposto non competono soltanto ai soggetti forniti di titoli professionali o di formali investiture, ma a chiunque si trovi in una posizione di supremazia, sia pure embrionale, tale da porlo in condizioni di dirigere l'attività lavorativa di altri operai soggetti ai suoi ordini; in sostanza preposto può essere chiunque, in una formazione per quanto piccola di lavoratori, esplichi le mansioni di caposquadra al di fuori della immediata direzione di altra persona a lui soprastante” (Corte di Cassazione Penale, 6 luglio 1988 n° 7999, Chierici ed altro, in motivazione).
In questo caso il preposto svolge un compito che, definito genericamente dalla massima come “dirigere”, rappresenta un modo concreto di sovraintendere all'attività dei lavoratori.
 
Come già detto in riferimento all’identificazione dei dirigenti, "l’individuazione dei destinatari degli obblighi di prevenzione dagli infortuni sul lavoro va compiuta caso per caso, con riferimento alla organizzazione dell’impresa e alle mansioni esercitate in concreto dai singoli" (Cassazione sez. IV, n. 927 del 29.12.82): possiamo dunque affermare che "in materia di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali, il preposto condivide con il datore di lavoro, ma con sfumature diverse secondo le sue reali mansioni, oneri e responsabilità soltanto gli obblighi di sorveglianza, per cui egli non è tenuto a predisporre i mezzi antinfortunistici, essendo questo un obbligo esclusivo del datore di lavoro, ma deve invece vigilare affinché gli ordini vengano regolarmente eseguiti. L'omissione di tale vigilanza costituisce colpa se sia derivato un sinistro dal mancato uso di tali cautele" [Cassazione penale, sez. IV, 21 giugno 1988, Cass. pen. 1989, 1091 (s.m.). Riv. pen. 1989, 377. Giust. pen. 1989, II,362 (s.m.)].
In particolare trattasi di un soggetto, alle dirette dipendenze del datore di lavoro, al quale è attribuita (di fatto, o mediante specifico incarico) una funzione di controllo permanente e di sovrintendenza nello svolgimento della prestazione lavorativa. In particolare ha ritenuto Cass. Pen. sez. IV, con sentenza del 25/1/1982 n. 745, che “i preposti non esauriscono il loro obbligo con l’impartire generiche disposizioni al personale sottostante, essendo essi tenuti a vigilare sulla concreta attuazione di tali disposizioni e a predisporre i mezzi che si rendano necessari”.
 
I Preposti hanno dunque il compito fondamentale e prevenzionisticamente preziosissimo di verificare la concreta attuazione delle procedure comportamentali stabilite dall' azienda, tese alla protezione dei lavoratori e alla prevenzione dei rischi presenti negli ambienti di lavoro.
 
Anche prescindendo da una formale investitura da parte del datore di lavoro nella posizione di preposto con attribuzione dei compiti connessi e delle conseguenti responsabilità (si veda l'art. 299 D.Lgs. n. 81/2008: “Esercizio di fatto di poteri direttivi”, norma prevede secondo la quale “le posizioni di garanzia relative ai soggetti di cui all’articolo 2, comma 1, lettere b), d) ed e) [datore di lavoro, dirigente e preposto, n.d.r.] gravano altresì su colui il quale, pur sprovvisto di regolare investitura, eserciti in concreto i poteri giuridici riferiti a ciascuno dei soggetti ivi definiti”), il preposto (anche di fatto) sarà comunque obbligato a rispettare e a far rispettare ai lavoratori la normativa antinfortunistica, in quanto espressamente menzionato tra i soggetti contitolari dell'obbligazione di sicurezza dall’art. 2 comma 1 lettera d) e dall'art. 19 del D. Lgs. 9 aprile 2008 n. 81.
 
 
La Cassazione [Cassazione penale, Sez. IV- Sentenza n. 11351 del 31 marzo 2006 (u.p. 20 aprile 2005) - Pres. D'Urso - Est. Battisti – P.M. (Conf.) Salzano - Ric. Stasi e altro ] è esplicita: «la stessa formulazione della norma (art. 1, comma 4 bis, D.Lgs. n. 626/1994) - negli stessi, pressoché identici, termini usati dall'art. 4 d.P.R. 27 aprile 1955 n. 547 [ora artt. 2 comma 1 lett. c ed e, 18 e 19 del D.Lgs. n. 81/2008] - consente di ritenere che il legislatore abbia voluto rendere i dirigenti e i preposti destinatari delle norme antinfortunistiche iure proprio, prescindendo dalla eventuale delega» e le precise disposizioni della legislazione prevenzionistica in materia di «obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto (...) può far ritenere che per questi due ultimi soggetti sia stata prevista una investitura originaria e non derivata dei doveri di sicurezza».
 
I preposti sovraintendono all’osservanza di tutte le disposizioni di legge in materia di tutela della salute e per la sicurezza dei lavoratori durante il lavoro, e questo vale per tutti i settori di attività privati o pubblici, secondo quanto chiaramente affermato dall'art. 1 comma 1 del D. Lgs. 9 aprile 2008 n. 81.
 
5. L'attività di sovraintendere: contenuto dettagliato
L'attività di sovraintendere comprende il potere di impartire ordini e istruzioni per regolare l'esecuzione del lavoro altrui, e il controllo affinché tale lavoro venga svolto in sicurezza, utilizzando tutti i necessari e idonei mezzi e dispositivi forniti dal datore di lavoro: va dunque sottolineato che il preposto ha un compito specifico inerente lo svolgimento di mansioni di vigilanza antifortunistica, perché, in passato ai sensi dell'art. 4 del d.P.R. 27 aprile 1955 n. 547 e dell’art. 1 comma 4 bis D.Lgs. 19 settembre 1994 n. 626, e ora dell'art. 19 del D.Lgs. n. 81/2008, ha il compito di “sovrintendere alle attività”, e quindi “il preposto ha solamente il dovere di vigilare a che i lavoratori osservino le misure e usino i dispositivi di sicurezza e gli altri mezzi di protezione e si comportino in modo da non creare pericoli per sé e per gli altri” (e, in più, “è tenuto a collaborare con l'imprenditore e, quindi, a fargli presenti le carenze in tema di prevenzione, riscontrate nel luogo di lavoro”) “ (Cass. 26 giugno 1996, Fera, in Dir. prat. lav., 1996, 33, 2387).
 
Nel concetto di preposto consolidatosi con la definizione di cui all'articolo 2 comma 1 lettera e) del dal D. Lgs. n. 626/94 è contenuta tutta l’elaborazione della giurisprudenza di legittimità: “il preposto è, nella impresa, colui che, come prevede l'articolo 4 del d.P.R. n. 547 del 1955 [ed anche l'art. 1 comma 4 bis D.Lgs. 19 settembre 1994 n. 626, n.d.r.] , sovrintende alle attività cui siano addetti i lavoratori subordinati anche con il compito - non esclusivo, ma sussidiario, spettando quel compito, anzitutto, al datore di lavoro e ai dirigenti, tra i quali il direttore dei lavori se nominato - di pretendere dai lavoratori che si avvalgano delle misure di sicurezza fornite dall'imprenditore in conformità con le norme vigenti o, comunque, indispensabili a causa del tipo di lavorazione specifica e in relazione agli sviluppi delle nozioni tecniche”,
 
Conformemente al proprio ruolo gerarchico, «in caso di mancata osservanza delle misure di sicurezza da parte di uno o più lavoratori, il capo reparto non può limitarsi a rivolgere benevoli richiami, ma deve informare senza indugio il datore di lavoro o il dirigente legittimato a infliggere richiami formali e sanzioni a carico dei dipendenti riottosi» (Cass. pen. sez. IV, 13/7/1990 n. 10272, Baiguini, in Guariniello, Sicurezza del Lavoro e Corte di Cassazione, Il Repertorio p. 43).
In tal senso «rispondono del reato di lesioni personali colpose gravi, commesso con la violazione di norme relative alla prevenzione degli infortuni e all'igiene del lavoro, il primario di un reparto di "rianimazione centralizzata" ed il responsabile di una ditta fornitrice per aver omesso sia di indicare sia di far adottare al personale ospedaliero misure precauzionali per l'uso di un'apparecchiatura per il monitoraggio cruento della pressione sanguigna e, dunque, per non aver impedito che una fuoriuscita di sangue dall'apparecchiatura applicata a un paziente ammalato di Aids (verificatasi al momento della rimozione del traduttore dalla cupola in occasione delle operazioni necessarie per il trasporto del paziente stesso in altro reparto) investisse in più parti del corpo una infermiera priva in quel momento di mezzi personali di protezione, provocandole un'infezione da Hiv con indebolimento permanente del sistema immunitario, dell'organo della procreazione e delle funzioni psichiche (Pretura Torino 22 marzo 1989, in Foro it. 1990, II,58).
 
6. Le funzioni del preposto
Secondo la Suprema Corte (Corte di Cassazione sezione III penale, 27 gennaio 1999 n. 1142, P.M. in c. Celino “il preposto, privo del potere o dovere di predisporre mezzi e strutture, svolge compiti di controllo e sorveglianza, con corrispettivi poteri organizzativi e disciplinari”:
- “è responsabile, tra l'altro, dell'attuazione delle misure di sicurezza decise dal datore di lavoro ed organizzate dai dirigenti per il concreto svolgimento dell'attività” lavorativa;
- “rende edotti i lavoratori dei rischi cui sono soggetti”;
- “vigila sull'uso dei dispositivi di sicurezza individuali”;
- “verifica se, nelle fasi di produzione, si presentino rischi imprevisti e prende le opportune cautele”;
- “deve attuare il piano di manutenzione delle macchine e predisporre verifiche e controlli sulle stesse per garantirne la perfetta efficienza”.
La sentenza aggiunge che “da tale coacervo di funzioni si evince che grava sul preposto, nell'alveo del suo compito fondamentale di vigilare sull'attuazione delle misure di sicurezza, l'obbligo di verificare la conformità dei macchinari alle prescrizioni di legge e di impedire l'utilizzazione di quelli che, per qualsiasi causa (inidoneità originaria o sopravvenuta), siano pericolosi per l'incolumità del lavoratore che li manovra)”.
 
Perciò il preposto deve, ai sensi dell'art. 19 comma 1 lett. a del D.Lgs. n.81/2008, anche richiamare ogni singolo lavoratore all'osservanza dei suoi obblighi di legge (cfr. art. 20 comma 2 D. Lgs. n. 81/2008, dedicato agli obblighi dei lavoratori, che però rappresenta anche in modo efficace il nucleo centrale degli obblighi dei preposti, in quanto quel che i lavoratori devo obbligatoriamente “fare” in materia di prevenzione, costituisce anche un preciso obbligo di sorveglianza e di controllo a carico del preposto):
a) far osservare le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e proprie, ai fini della protezione collettiva ed individuale;
b) fare utilizzare correttamente le attrezzature di lavoro, le sostanze e i preparati pericolosi, i mezzi di trasporto, nonché i dispositivi di sicurezza;
c) fare utilizzare in modo appropriato i dispositivi di protezione messi a loro disposizione;
d) verificare che ogni lavoratore provveda a segnalare immediatamente al datore di lavoro, al dirigente o al preposto le deficienze dei mezzi e dei dispositivi, nonché qualsiasi eventuale condizione di pericolo di cui vengano a conoscenza, adoperandosi direttamente, in caso di urgenza, nell'ambito delle proprie competenze e possibilità e fatto salvo l'obbligo di cui alla lettera successiva per eliminare o ridurre le situazioni di pericolo grave e incombente, dandone notizia al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza;
e) controllare che ogni lavoratore non proceda a rimuovere o modificare senza autorizzazione i dispositivi di sicurezza o di segnalazione o di controllo;
f) controllare che ogni lavoratore non proceda a compiere di propria iniziativa operazioni o manovre che non sono di loro competenza ovvero che possono compromettere la sicurezza propria o di altri lavoratori;
g) controllare che ogni lavoratore partecipi ai programmi di formazione e di addestramento organizzati dal datore di lavoro.
 
7. La necessaria qualificazione tecnica del preposto
Le norme di tutela della sicurezza del lavoratore, in base alle quali si richiede che determinati lavori siano guidati da un capo squadra o da un preposto, “sono soddisfatte solo quando un lavoratore dotato della necessaria qualificazione tecnica per lo svolgimento di tale incarico sia stato espressamente investito di un siffatto ruolo, non essendo sufficiente che uno dei lavoratori abbia una qualifica che in astratto lo abiliterebbe a svolgere mansioni diverse da quelle alle quali è di solito addetto” (Cassazione penale, sez. VI, 24 maggio 1977, Chezzi): qui il problema è a carico del dirigente, che deve dimostrare di aver assegnato il compito di sovraintendere all'attività dei lavoratori a persona competente e capace.
Nello stesso senso:
1) Cass. Pen. sez. IV, 10/3/1995, n.4432: all’imprenditore che abbia [provveduto] a nominare un preposto per sovraintendere determinate specifiche operazioni [ad es. caposquadra, caporeparto], designando una persona capace ed idonea a sostenere il ruolo assegnatogli, non può essere addebitato l'evento dannoso che si sia verificato per inosservanza delle disposizioni che regolano quelle specifiche operazioni;
2) Cass. Pen. sez. IV, 18/03/1986: in tema di infortunio sul lavoro l’imprenditore non va esente da responsabilità penale solo perché abbia delegato ad un capo cantiere l'apprestamento delle antinfortunistiche, dovendo comunque dimostrare che la persona delegata sia qualificata e capace;
 
Chiarificatrice la sottolineatura della Cassazione penale (sez. IV, 26 giugno 1996, n. 6468, Fera) laddove evidenzia l'esigenza, normativamente imposta, di non porre a carico del preposto compiti spettanti esclusivamente al datore di lavoro o al dirigente che lo rappresenta: “il capo-squadra [quale preposto, n.d.r.], ha mansioni normalmente limitate alla sorveglianza sull'andamento dell'attività lavorativa, ha solamente il dovere di vigilare a che i lavoratori osservino le misure e usino i dispositivi di sicurezza e gli altri mezzi di protezione e si comportino in modo da non creare pericoli per sé e per gli altri, con la conseguenza che una responsabilità del preposto è inconcepibile allorché l'infortunio sia dipeso, non da omessa e insufficiente vigilanza nel senso suddetto, ma dalla mancanza degli strumenti, misure, cautele e accorgimenti antinfortunistici la cui predisposizione e attuazione spetta al datore di lavoro o al soggetto specificamente competente cui quest'ultimo abbia conferito apposita ed espressa delega”. Questa sentenza mette in giusta evidenza la ripartizione funzionale, normativamente prevista, dei compiti prevenzionistici tra datore di lavoro, dirigente e preposto, e la non intercambiabilità dei compiti, che restano ognuno in capo al destinatario previsto dalla norma, in via generale e non derogabile, a meno che intervenga uno strumento specifico, ed esplicito, quale quello della delega.
 
La Cass. Pen. 21 dicembre 1995 n. 3483, aveva a suo tempo sottolineato che “secondo la giurisprudenza anche delle sezioni civili di questa suprema corte (cfr. tra le altre, sez: lavoro, 29 marzo 1995, n. 3738), le finalità di tutela della sicurezza del lavoro, in considerazione delle quali si richiede che determinati lavori siano eseguiti sotto la direzione o la sovrintendenza di dirigenti o preposti, sono soddisfatte solo quando un soggetto, dotato dei necessari requisiti per lo svolgimento dell’incarico, sia espressamente investito di un siffatto ruolo e della conseguente responsabilità, non essendo sufficiente l’avere affidato alla prudente discrezione di operai, sia pure esperti, l’applicazione di cautele e provvidenze prescritte a tutela degli stessi operai ed essendo, a maggior ragione, escluso che detto incarico possa essere attribuito al medesimo lavoratore direttamente impegnato nelle operazioni della cui sicurezza si tratta.
 
Sulla relazione tra comportamento imprevedibile del lavoratore e responsabilità del preposto, una sentenza di merito si è pronunciata in relazione alla situazione nella quale il lavoratore pone in atto un comportamento insicuro nonostante sia stato preventivamente ed adeguatamente informato sui rischi di infortunio e formato sui modi per fronteggiarli.
Il Tribunale Penale di Milano - in composizione monocratica - Sentenza del 12 luglio 2002 - Giudice Dott.ssa Bernante - ha stabilito che: "il preposto non è responsabile delle lesioni subite dal lavoratore nell’effettuare un’operazione di movimentazione manuale di carichi, allorquando abbia informato i lavoratori circa la necessaria adozione delle specifiche misure di sicurezza individuate e abbia predisposto le attrezzature idonee per l’esecuzione del lavoro. Non è configurabile inoltre la colpa in capo al preposto per omessa vigilanza relativa all’utilizzo delle dette attrezzature se l’evento è riconducibile ad un’imprevedibile iniziativa del lavoratore, di cui l’imputato non era a conoscenza".
Questa è la massima, mentre nella sentenza testualmente si afferma che:
“È emerso infine che il comportamento tenuto dalla parte lesa e dal collega P. non corrispondeva ad una prassi abituale vigente in azienda, posto che dagli accertamenti svolti dall’operante C. era emerso che le operazioni di movimentazione dei motori venivano di regola compiute facendo uso della barra metallica o dell’argano messi a disposizione dall’azienda stessa.
Nessun concreto addebito di colpa può essere, quindi, mosso al B. nel caso in questione, né in relazione all’omessa predisposizione delle attrezzature idonee per l’esecuzione del lavoro, certamente esistenti nel caso di specie, né all’omessa vigilanza sull’utilizzo delle stesse, dovendo ricondursi l’evento ad una personale ed imprevedibile iniziativa dei due lavoratori, di cui l’imputato non era a conoscenza, non trattandosi di una prassi abituale in azienda e non essendo presente al momento del fatto.
L’imputato deve quindi essere assolto dal reato ascrittogli perché il fatto non costituisce reato”.
 
Per quanto attiene l'obbligo del preposto di riferire le carenze antinfortunistiche riscontrate sul luogo di lavoro, è certo corretto premettere che “l'attività economica è di colui che ne è il titolare, solo al quale spetta il compito di organizzare i fattori della produzione, tra i quali il lavoro, e di preoccuparsi, come vuole la legge, che quest'ultimo si svolga nell'osservanza delle norme antinfortunistiche e, pertanto, di preoccuparsi di fornire i presidi previsti dalla legge o dalla comune prudenza: egli soltanto, infatti, ha, in linea di principio, il potere di destinare adeguate risorse per quei presidi”. Ma “se il preposto non è tenuto a munire gli operai dei presidi antinfortunistici, è tenuto a collaborare con l'imprenditore e, quindi, a fargli presenti le carenze, in tema di prevenzione, riscontrate nel luogo di lavoro” (Cassazione penale sez. IV - Sentenza 26 giugno 1996, n. 6468 - Pres. Scorzelli - Est. Battisti - P.M. P. conf. Albano - Ric. Fera in Dir. e prat. lavoro, 1996, 33, p. 3487). Il ruolo collaborativo del preposto, funzionalmente subordinato nella gerarchia aziendale ai dirigenti e al datore di lavoro, opera dunque in una duplice direzione: verso “il basso”, quando vigila e sorveglia l'attività dei lavoratori, imponendo loro adozione delle misure e degli strumenti di prevenzione e protezione, e verso “l'alto”, quando riferisce tempestivamente le carenze prevenzionistiche e protezionistiche, in particolare quelle improvvise e impreviste.
 
Un aspetto importante dell'attività dei preposti riguarda la gestione degli appalti.
I preposti dell'impresa committente all’appalto (assistenti all’appalto) devono, per quanto di propria competenza “segnalare tempestivamente al datore di lavoro o al dirigente sia le deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale, sia ogni altra condizione di pericolo che si verifichi durante il lavoro, delle quali venga a conoscenza sulla base della formazione ricevuta” (art.19 c. 1 lett. f D.Lgs. n. 81/2008).
Da notare che (Pretura di Tolmezzo, 28/8/1998) "è responsabile del reato di cui agli artt. 590 c.p. e 7 D.Lgs. n. 626/94 [ora art. 26 D.Lgs. n. 81/2008] il soggetto che, pur senza essere investito di delega da parte del datore di lavoro, svolga le funzioni di preposto ed abbia assunto in concreto il compito di accompagnare un lavoratore autonomo in un sopralluogo al fine di predisporre un preventivo di spesa".
 
Infine (Cass, Sez. IV, SENT. 40939 16/10/2002 – 05/12/2002) “in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, al fine di istituire una posizione di garanzia individuabile nella qualità di preposto non è sufficiente che il lavoratore abbia una qualifica superiore a quella degli altri dipendenti, ma è necessario che gli siano attribuiti, anche di fatto, poteri di sovraordinazione sugli altri dipendenti operanti in un determinato settore. Ne consegue che, nel caso in cui al dipendente è attribuito esclusivamente il compito di trasmettere gli ordini formulati da altri preposti o da un dirigente o dal datore di lavoro, non può egli divenire titolare della posizione di garante della salute e della sicurezza degli altri dipendenti”.
La Corte di Cassazione penale sentenza 29323/2008, emessa il 15 dicembre 2008 ha statuito che il caposquadra risponde personalmente degli infortuni suoi e dei compagni se non ha seguito le misure antinfortunistiche né le ha fatte seguire ai suoi colleghi.
Il provvedimento ha respinto il ricorso di un caposquadra, responsabile della sicurezza in cantiere, che lamentando di appartenere al quarto livello contrattuale sosteneva di non poter rispondere di un infortunio al posto dei vertici aziendali.
Secondo la ricostruzione dei fatti, svoltisi durante la posa in opera di cavi coassiali presso un condominio, sia l’operaio che il caposquadra hanno adottato comportamenti a rischio avventurandosi in condotti di passaggio senza l’ausilio dei supporti, come scale e cinture di sicurezza, a disposizione dell’azienda.
La Cassazione ha concluso che non può essere imputata alcuna colpa al datore di lavoro perché il caposquadra, oltre ad essere tale, ricopriva anche il ruolo di rappresentante della sicurezza, formato dall’azienda con corsi annuali e materiale informativo. Era quindi a conoscenza dell’obbligatorietà, nonché della necessità, di utilizzare i supporti di sicurezza a disposizione.
Il ricorso del caposquadra, basato sulla presunzione di una colpa del datore di lavoro, che essendo a conoscenza della pericolosità del quartiere avrebbe dovuto imporre la costruzione di ponteggi e impalcature, è stato respinto.
Stessa sorte per l’inadeguatezza della qualifica del ricorrente. L’organizzazione della responsabilità era infatti disposta su tre livelli e ripartita tra datore di lavoro, dirigenti e preposti. La Suprema Corte ha però fatto notare come in base alla singola fase operativa anche un caposquadra, inquadrato nel quarto livello, se ben istruito, possa rivestire la qualifica di preposto.
L’accettazione della nomina e lo svolgimento di un adeguato addestramento rendono infatti irrilevante il livello professionale e l’inquadramento.
 
 
Rolando Dubini, avvocato in Milano

   

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