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Carabinieri: "Responsabilità civile".."Equo indennizzo"

Dettagli

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CARABINIERI   -   RESPONSABILITA' CIVILE
Cons. Stato Sez. IV, Sent., 12-07-2012, n. 4121

Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
Il sig. (@@@), già in servizio nell'Arma dei Carabinieri col grado di Carabiniere ausiliario, ha impugnato la sentenza con la quale il T.A.R. della Calabria ha respinto il ricorso da lui proposto, teso ad ottenere l'accertamento del diritto al risarcimento del danno conseguente alla responsabilità del Ministero della Difesa nell'attività di verifica diretta al suo reclutamento nelle Forze Armate.
Con unico motivo di gravame, ha dedotto: assoluta infondatezza della sentenza gravata; motivazione erronea, illogica e contraddittoria; travisamento dei fatti (in ordine alla mancata dichiarazione della responsabilità dell'Amministrazione, la quale avrebbe erroneamente arruolato l'odierno appellante nell'Arma, senza rilevare la patologia dalla quale lo stesso era poi risultato affetto).
Resiste il Ministero della Difesa, eccependo l'avvenuta prescrizione della pretesa risarcitoria avanzata da parte appellante ed opponendosi con diffuse argomentazioni all'accoglimento dell'appello, pertanto insistendo per la conferma della sentenza impugnata.
All'udienza del 5 giugno 2012, la causa è stata ritenuta per la decisione.
Motivi della decisione
1. Il signor (@@@) ha prestato servizio come ausiliario in ferma biennale nell'Arma dei Carabinieri per il periodo dal 16 giugno 1998 al 2 febbraio 2000.
A seguito di ricovero in data 28 novembre 1999 presso il centro militare di medicina legale di Catanzaro, dove gli veniva diagnosticato un "disturbo borderline di personalità a rischio di scompenso psichico", l'odierno appellante, in data 14 febbraio 2000, ha inoltrato istanza per la concessione dell'equo indennizzo, chiedendo il riconoscimento della dipendenza di detta infermità da causa di servizio.
Tale dipendenza, dapprima riconosciuta dalla Commissione Medica Ospedaliera di Catanzaro, è stata successivamente disconosciuta dal Comitato di Verifica per le Cause di Servizio, con conseguente rigetto, da parte del Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri, della domanda di concessione dell'equo indennizzo.
Il provvedimento di rigetto è stato fatto oggetto di ricorso dinanzi al T.A.R. della Calabria, conclusosi con sentenza di reiezione in primo grado, confermata anche da questo Consesso e quindi ormai passata in giudicato.
L'appello oggi all'esame della Sezione, invece, origina da un ricorso successivamente proposto dal sig. (@@@), volto ad ottenere il risarcimento del danno che egli assume essergli stato arrecato dalla condotta dell'Amministrazione, la quale non avrebbe rilevato in sede di arruolamento l'esistenza del disturbo - essendo quest'ultimo, a detta dell'appellante, preesistente a tali verifiche -, così violando il principio del neminem ledere e gli obblighi di sicurezza e tutela del prestatore d'opera ex artt. 2 e 32 Cost. e 2087 cod. civ. , attraverso il trattenimento in servizio di un soggetto non idoneo allo stesso.
2. Tutto ciò premesso, occorre preliminarmente esaminare l'eccezione di prescrizione sollevata dal Ministero della Difesa già in primo grado, e in questa sede riproposta per mancata pronuncia sulla stessa da parte del T.A.R. della Calabria.
Detta eccezione è fondata.
Infatti, come correttamente rilevato dall'Amministrazione, la condotta oggetto di censura sarebbe, al più, idonea a configurare non un'ipotesi di responsabilità contrattuale, riconducibile all'art. 2087 cod. civ., ma piuttosto una generica responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 cod. civ., individuata in una condotta - asseritamente lesiva di un diritto soggettivo dell'istante (e attribuita alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ratione materiae) - collocata in un momento anteriore alla assunzione del servizio, e cioè al momento del reclutamento, con conseguente applicabilità del regime prescrizionale quinquennale ex art. 2947 cod. civ.
Non v'è dubbio, infatti, che il fatto produttivo di danno, anche a volerlo considerare permanente, si è concluso in data 2 febbraio 2000 (data di cessazione del servizio del ricorrente), mentre il ricorso risulta notificato nel 2006, quindi ben oltre il termine quinquennale di prescrizione del diritto stesso; né risultano in precedenza compiuti atti interruttivi, tale non potendo considerarsi la proposizione del ricorso per il riconoscimento della causa di servizio e dell'equo indennizzo, che - come ancora correttamente evidenziato dall'Amministrazione - aveva un oggetto diverso.
Infatti, come chiarito dalla giurisprudenza di questo Consesso, l'equo indennizzo, per presupposti oggettivi, risulta distinto dal risarcimento del danno, in quanto, mentre il primo rientra in una delle tante indennità che l'amministrazione conferisce ai dipendenti in relazione alle vicende del servizio, il secondo tende a compensare, per equivalente, la perdita dell'integrità fisica (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. V, 26 agosto 2010, nr. 5949).
Ne deriva che, poiché l'equo indennizzo ha natura retributiva e non risarcitoria, di esso non può tenersi conto né ai fini della liquidazione dei danni subiti dal dipendente nello svolgimento del servizio, anche se connessi a quell'infermità, né ad altri fini, quale la decorrenza del termine prescrizionale per l'esercizio dell'azione di risarcimento, diversi essendo i presupposti e l'area coperta dai due istituti (cfr. Cass. civ., sez. III, 22 giugno 2007, nr. 14576).
3. In ogni caso, anche prescindendo dall'assorbente profilo che precede, l'appellante non ha portato il minimo elemento di prova della colpa dell'Amministrazione, ciò a cui era tenuto secondo il regime di distribuzione dell'onere probatorio in tema di responsabilità aquiliana.
Al contrario, l'istante si limita a una generica e apodittica presunzione, censurando, con il suo unico motivo d'appello, la contraddittoria e negligente condotta dell'Amministrazione, in quanto, essendo stato accertato dal Comitato Tecnico, prima, e dal giudice amministrativo, poi, che l'infermità riscontrata all'odierno appellante non era dipendente da causa di servizio, doveva presumersi - a dire del ricorrente - che tale patologia fosse già rilevabile all'atto del reclutamento da parte della Commissione per gli accertamenti attitudinali.
A fronte di siffatte censure, del tutto ragionevole e condivisibile appare, invece, l'affermazione dell'Amministrazione secondo cui anche una patologia congenita e costituzionale può non manifestarsi per lungo tempo, rendendosi evidente solo in un secondo momento.
Appare, dunque, verosimile ipotizzare che, nel caso di specie, il disturbo borderline di personalità a rischio di scompenso psichico da cui l'appellante era affetto fosse rimasto latente al momento dell'arruolamento, per manifestarsi solo successivamente, durante lo svolgimento del servizio militare, di talché nessuna responsabilità può essere addebitata all'Amministrazione resistente (tanto meno sulla base di apodittiche "presunzioni" del tipo di quella sopra illustrata).
Ciò induce a ritenere infondato anche nel merito il ricorso dell'appellante, che, pertanto, deve essere respinto.
4. In conclusione, alla luce dei rilievi che precedono, si impone una decisione di reiezione dell'appello, con conseguente conferma della sentenza impugnata.
5. Alla soccombenza segue la condanna alle spese di giudizio, che vengono equitativamente liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l'effetto, conferma la sentenza impugnata.
Condanna l'appellante al pagamento, in favore del Ministero della Difesa, delle spese del presente grado del giudizio, che liquida in complessivi Euro 3000,00 oltre agli accessori e alle competenze di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

   

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