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Respingimento dell'istanza di rinnovo della licenza di porto d'armi per uso caccia

Dettagli


T.A.R. Lombardia Milano Sez. III, Sent., 12-07-2012, n. 1997

Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1. Con ricorso depositato il 28 giugno 2010, il ricorrente ha impugnato il decreto del Prefetto della Provincia di Milano (meglio descritto in epigrafe), con cui è stata respinta l'istanza di rinnovo della licenza di porto d'armi per uso caccia presentata dal ricorrente.
Si è costituito in giudizio il MINISTERO DELL'INTERNO chiedendo il rigetto del ricorso.
Con ordinanza del giorno 8 luglio 2010, il Tribunale Amministrativo Regionale ha respinto l'istanza cautelare, avendo il Collegio rilevato che dall'istruttoria eseguita dall'Amministrazione emergevano profili che evidenziavano il non corretto uso delle armi da parte del ricorrente, con particolare riferimento alla loro irregolare custodia.
Sul contraddittorio così istauratosi, la causa è stata discussa e decisa con sentenza definitiva all'odierna udienza. Di seguito le motivazioni rese nella forma redazionale semplificata di cui all'art. 74 c.p.a.
2. Nell'ordinamento vigente non sono previste e tutelate posizioni di diritto soggettivo con riguardo alla detenzione e porto di armi, costituendo anzi tali situazioni delle eccezioni (ad apposito divieto previsto dall'art. 699 c.p., e dall'art. 4, comma 1, L. n. 110 del 1975) circondate di particolari cautele.
Ai sensi dell'art. 39 R.D. 18 giugno 1931 n. 773, il Prefetto ha facoltà di vietare la detenzione delle armi, munizioni e materie esplodenti, alle persone ritenute capaci di abusarne; parimenti, ai sensi degli articoli 11 e 43 R.D. 18 giugno 1931 n. 773, la licenza di porto d'armi può essere ricusata dal Questore a coloro che non danno affidamento di non abusare delle armi. Tale disciplina è diretta al presidio dell'ordine e della sicurezza pubblica, alla prevenzione del danno che possa derivare a terzi da indebito uso ed inosservanza degli obblighi di custodia, nonché della commissione di reati che possano essere agevolati dall'utilizzo del mezzo di offesa.
I provvedimenti concessivi dell'autorizzazione alla detenzione e del porto di armi postulano, quindi, che il beneficiario di esso sia indenne da mende, osservi una condotta di vita improntata a puntuale osservanza delle norme penali e di tutela dell'ordine pubblico, nonché delle comuni regole di buona convivenza civile, sì che non possano emergere sintomi e sospetti di utilizzo improprio dell'arma in pregiudizio ai tranquilli ed ordinati rapporti con gli altri consociati.
I provvedimenti di ricusazione, avendo finalità preventive, non richiedono che vi sia stato un oggettivo ed accertato abuso delle armi, essendo sufficiente un'erosione anche minima del requisito della totale affidabilità del soggetto fermo restando in capo all'amministrazione l'onere di esternare non solo il presupposto di fatto che l'ha indotta ad intervenire, ma anche le ragioni per le quali il soggetto viene ritenuto capace di abusare delle armi e munizioni medesime.
La valutazione di affidabilità espressa dal Questore e dal Prefetto costituisce l'esito di un giudizio sintetico-valutativo che deve investire nel complesso la condotta di vita del soggetto interessato, con riguardo all'osservanza sia delle comuni regole di convivenza sociale che di quelle tradotte in precetti giuridici a salvaguardia dei valori fondamentali dell'ordinamento; essa, inoltre, non presuppone che le denunce cui gli stessi abbiano fatto riferimento abbiano già trovato conferma in una pronuncia irrevocabile di condanna.
Tanto premesso può affrontarsi la controversia per cui è causa.
3. Il diniego di rinnovo è stato motivato in forza di due distinti fatti: - in primo luogo, in ragione della annotazione inviata alla Questura dal medico della Polizia di Stato in servizio presso l'ufficio sanitario provinciale, dottoressa (@@@) (redatta in occasione della visita medica del 16 luglio 2009 per l'accertamento dell'idoneità psicofisica per il rinnovo dell'autorizzazione al porto di fucile), con la quale il ricorrente viene descritto come "in evidente stato euforico, tendente all'aggressività, probabilmente dovuto all'abuso di sostanze alcoliche (desunto dall'odore che egli emanava) ed in condizioni generali scadenti, per nulla curato nell'aspetto, trasandato e sporco" (si aggiunge, inoltre, nel provvedimento che il medesimo ricorrente, sin dall'inizio del colloquio con il medico, era apparso aggressivo e diffidente soprattutto quando quest'ultimo aveva rifiutato di rilasciare il certificato d'idoneità); - in secondo luogo, poiché, all'esito della perquisizione domiciliare operata dal personale della stazione dei Carabinieri di (@@@) (MI), il ricorrente era stato deferito alla competente autorità giudiziaria per il reato di custodia di armi non conforme alla normativa vigente, avendo egli custodito un'arma in cantina, appoggiata ad una parete la cui porta d'ingresso era aperta e facilmente accessibile a chiunque (in particolare, dalla comunicazione della notizia di reato del 6 agosto 2009, in atti, il ricorrente risulta indagato per il reato previsto e punito dall'articolo 20 della L. 18 aprile 1975, n. 110, ovvero per omessa custodia di un fucile doppietta marca "Flobert" cal. 9, matricola A53817).
3.1. Con il gravame oggi in discussione, il ricorrente lamenta la mancanza dei presupposti di legge e il difetto di motivazione. Tali censure sono destituite di fondamento.
3.2. E' dirimente osservare come le doglianze riguardanti i dedotti vizi di eccesso di potere e violazione di legge siano state articolate con riguardo soltanto alla prima parte della motivazione; cosicché, anche qualora fossero ritenute fondate, non potrebbero sortire alcun effetto concretamente viziante, potendo comunque la determinazione provvedimentale continuare a "reggersi" sulla denunciata omessa custodia delle armi, episodio quest'ultimo (dal ricorrente non contestato né in sede procedimentale né in sede processuale) di per sé necessario e sufficiente ai fini del diniego. Ritiene il Collegio, infatti, che la constatazione della custodia delle proprie armi in modo inidoneo ad impedire che altri se ne appropriasse è adeguata motivazione del provvedimento di ricusazione del porto d'armi, dovendo le armi, secondo espressa disposizione di legge, essere adeguatamente custodite onde evitare che soggetti non autorizzati possano entrarne in possesso. Del resto, corrisponde a precetto di elementare prudenza e comune esperienza la regola non lasciare le armi in posti facilmente accessibili e privi di qualunque cautela che impedisca (o quantomeno renda difficoltoso) a terzi di sottrarle. È per ciò del tutto ragionevole inferire da ciò il pericolo (cioè la possibilità concreta) di abuso nel corretto utilizzo delle armi.
3.3. Ne consegue che il provvedimento impugnato, nella misura in cui contiene un esplicito riferimento alla denuncia inoltrata dai Carabinieri, risulta adeguatamente motivato, nonché emanato in esito ad una corretta ed adeguata istruttoria.
4. Le spese di lite seguono la soccombenza, come di norma.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:
RIGETTA il ricorso;
CONDANNA il ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore dell'amministrazione resistente che si liquida in Euro 800,00, oltre IVA e CPA come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

   

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