Destituzione dall'impiego per aver comunicato "ad un pregiudicato la notizia dell'imminente esecuzione di un'ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico di un familiare dello stesso al fine di consentire al soggetto interessato di sottrarsi alla c
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- Creato Venerdì, 20 Luglio 2012 01:22
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IMPIEGO PUBBLICO
T.A.R. Puglia Bari Sez. I, Sent., 11-07-2012, n. 1423
Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
In data 24.1.2004 l'odierna ricorrente (@@@) (Assistente Capo della Polizia di Stato) è stata destinataria di un provvedimento di custodia cautelare agli arresti domiciliari.
Per i reati per i quali si procedeva (artt. 378 e 326 cod. pen.) è intervenuta in data 7.5.2010 sentenza del Tribunale di Bari - I Sezione Penale (divenuta irrevocabile il 22.7.2010) di non doversi procedere per estinzione dei reati (per prescrizione) alla stessa contestati (favoreggiamento personale e utilizzazione/rivelazione di segreto d'ufficio).
Veniva comunque avviato il procedimento disciplinare nei confronti della (@@@) nel corso del quale la ricorrente presentava le proprie difese.
Il Consiglio di Disciplina in data 22.4.2011 deliberava di proporre la comminatoria, nei confronti dell'accusata, della sanzione disciplinare della destituzione per avere la (@@@) fornito ad un pregiudicato la notizia dell'imminente esecuzione di un'ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico di un familiare dello stesso al fine di consentire al soggetto interessato di sottrarsi alla cattura.
La (@@@) impugna in questa sede il decreto del 25.5.2011 che ne dispone la destituzione ai sensi dell'art. 7, comma 2, nn. 1, 2 e 4 D.P.R. 25 ottobre 1981, n. 737 e la presupposta deliberazione del Consiglio di Disciplina del 22.4.2011.
Evidenzia parte ricorrente che non sono stati osservati i termini intermedi del procedimento disciplinare dettati dagli artt. 19, 20 e 21 D.P.R. n. 737 del 1981; che è stato superato il termine complessivo perentorio di 270 giorni previsto dall'art. 9, comma 2 L. 7 febbraio 1990, n. 19 (applicabile al caso di specie) entro cui si sarebbe dovuto concludere il procedimento disciplinare; che il provvedimento finale di destituzione è stato adottato in violazione dell'art. 3 L. 7 agosto 1990, n. 241 (difetto di motivazione e di istruttoria), non avendo l'Amministrazione considerato la conclusione del procedimento penale a suo carico con sentenza dichiarativa di non doversi procedere per intervenuta estinzione dei reati per prescrizione (senza alcun accertamento dei fatti contestati); che l'Amministrazione ha ritenuto accertate condotte qualificabili penalmente come favoreggiamento personale e utilizzazione/rivelazione di segreti d'ufficio per le quali è comunque mancato l'accertamento del giudice penale; che la motivazione del provvedimento gravato è contraddittoria, avendo uno dei componenti del Consiglio di Disciplina votato contro la deliberazione e la proposta di destituzione della (@@@); che i provvedimenti impugnati sono ingiusti poiché infliggono la sanzione disciplinare più grave (destituzione) senza considerare il servizio meritevole svolto in precedenza; che, pertanto, detti provvedimenti violano il principio di proporzionalità.
Si costituiva l'Amministrazione intimata, resistendo al gravame.
Ciò premesso in punto di fatto, ritiene questo Collegio che il ricorso sia infondato.
Invero, i termini intermedi del procedimento disciplinare dettati dagli artt. 19, 20 e 21 D.P.R. n. 737 del 1981 sono meramente ordinatori e la loro inosservanza non ha effetti invalidanti sulla sanzione assunta (cfr. Con(@@@) Stato, Ad. Plen., 27 giugno 2006, n. 10; Con(@@@) Stato, Sez. VI, 17 gennaio 2008, n. 80; Con(@@@) Stato, Sez. VI, 3 maggio 2010, n. 2506; T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 14 febbraio 2012, n. 1491).
Inoltre, il termine complessivo di 270 giorni entro cui - ai sensi art. 9, comma 2 L. n. 19 del 1990 - deve concludersi il procedimento disciplinare (termine perentorio secondo Con(@@@) Stato, Sez. IV, 3 marzo 2009, n. 1212, ma operativo unicamente in ipotesi di sentenza irrevocabile di condanna) non è applicabile al caso di specie ove viene in rilievo una sentenza di proscioglimento per estinzione del reato (cfr. Con(@@@) Stato, Ad. Plen., 27 giugno 2006, n. 10).
Va, altresì, rilevato che, contrariamente a quanto affermato da parte ricorrente, il provvedimento sanzionatorio impugnato è adeguatamente motivato in ordine alla gravità delle condotte contestate alla (@@@).
Non è, quindi, possibile sostenere alcuna violazione del principio di proporzionalità.
Peraltro, la congruità della sanzione disciplinare irrogata (destituzione dal servizio) è censurabile in sede giurisdizionale unicamente in caso di vizi macroscopici dell'agire amministrativo non sussistenti nella fattispecie de qua (cfr. Con(@@@) Stato, Sez. I, 31 gennaio 2012, n. 4680: "La tipologia della sanzione irrogata (nella specie, richiamo scritto) non è sindacabile in sede di legittimità, salve le ipotesi di irrazionalità o mancanza di proporzionalità.").
Rileva, a tal riguardo, Con(@@@) Stato, Sez. IV, 4 aprile 2012, n. 1993: "In materia sanzionatoria il principio di proporzionalità è principio di giustizia sostanziale, ma il giudice amministrativo, non potendosi sostituire alla valutazione dell'Amministrazione, se non a pena di reiterarla, può verificare che l'atto sia sorretto da adeguata motivazione e basato su fatti e circostanze particolarmente gravi, tali da indurre la stessa Amministrazione a considerarli incompatibili con la prosecuzione del rapporto di lavoro.".
Nel caso di specie è indubbia la gravità delle circostanze contestate alla (@@@) di cui è fornita - come detto - adeguata motivazione nel provvedimento censurato.
Con riferimento al profilo relativo all'adeguatezza della motivazione dell'atto censurato, va evidenziato che la delibera del Consiglio di disciplina del 22.4.2011 (costituente parte integrante della motivazione dell'impugnato provvedimento di destituzione del 25.5.2011) menziona l'ordinanza del G.I.P. presso il Tribunale di Bari del 20.1.2004 (applicativa della misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti della (@@@)) e le intercettazioni (in particolare quella del 6 giugno 2002 ore 15.21, effettuata sull'utenza mobile in uso al pregiudicato (@@@) (@@@) da un cellulare con utenza telefonica che, dagli accertamenti esperiti, risultata intestata ad un pregiudicato considerato dagli inquirenti una sorta di prestanome di utenze ed autoveicoli in utilizzo a varie organizzazioni criminali del capoluogo).
Prosegue la Delib. del 22 aprile 2011:
"... Nel corso della conversazione ... l'Assistente Capo (@@@), dopo aver salutato il pregiudicato, gli dice "... ti devo dire una cosa ... C'è qualcuno che deve andare in ferie ...". Alla domanda dell'interlocutore che le chiede preoccupato chi fosse, l'incolpata risponde con tono esitante come di chi non vuole far capire a chi eventualmente stesse in ascolto "... non lo so ... vedi, tua sorella ..." aggiungendo "... mi raccomando ...".
Utilizzando l'utenza telefonica ubicata presso la sala intercettazioni della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bari, l'Assistente Capo (@@@) il giorno 10 giugno 2002 telefonava al (@@@) e nel corso della conversazione riceveva i ringraziamenti del pregiudicato che le diceva, tra l'altro, "... ti do un bacino grosso, sei sempre un amore ...", replica: "... ma stai scherzando? Non mi devi ringraziare di niente, quello che mi lega a te e a tua cugina e agli altri è al di sopra di qualsiasi cosa. Quindi ...".".
La delibera riporta che le telefonate tra i due furono innumerevoli (tra cui una del 6 giugno 2002, ore 15.31, immediatamente successiva a quella indicata in precedenza, intercorsa tra il (@@@) e sua madre durante la quale il primo, evidentemente travisando il senso delle parole della (@@@), invita la seconda ad avvisare la sorella (@@@) di rendersi irreperibile).
L'utilizzo da parte della (@@@) di una scheda intestata ad un pregiudicato (scheda che evidentemente la (@@@) considerava sicura) e la telefonata delle ore 15.31 pongono in risalto la reale finalità avuta di mira dalla (@@@) con la conversazione precedente delle ore 15.21 (e cioè consentire al soggetto di sottrarsi alla cattura).
L'insistenza delle telefonate intercorse tra i due (un pregiudicato ed un Assistente Capo della Polizia di Stato) denota, inoltre, l'anomalo rapporto esistente tra la (@@@), il (@@@) ed i familiari del (@@@).
Peraltro - come evidenziato da Con(@@@) Stato, Sez. IV, 15 dicembre 2011, n. 6605 - il mancato accertamento del fatto in sede penale a seguito di sentenza dichiarativa della prescrizione non è ostativo alla sua sanzionabilità in sede disciplinare.
Inoltre, va rimarcato che ai sensi dell'art. 129, comma 2 cod. proc. pen. "Quando ricorre una causa di estinzione del reato ma dagli atti risulta evidente che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, il giudice pronuncia sentenza di assoluzione o di non luogo a procedere con la formula prescritta.".
La sentenza penale di proscioglimento per estinzione dei reati contestati alla (@@@) è stata adottata ai sensi della citata disposizione del codice di procedura penale espressamente menzionata nel corpo della motivazione della stessa (cfr. pag. 4).
La decisione del giudice penale sottolinea le gravi responsabilità della (@@@) (al fine di escludere l'"evidenza" ex art. 129, comma 2 cod. proc. pen. che, viceversa, avrebbe legittimato, pur a fronte del maturarsi della causa estintiva del reato legata al decorso del tempo, l'adozione di una sentenza di assoluzione nel merito), rilevando che "... la dettagliata deposizione del maresciallo (@@@) ... ha fornito elementi di colpevolezza sufficientemente univoci e concordanti (in ogni caso non significativamente smentiti dalle prove a discarico assunte) a carico della (@@@), appartenente alla Polizia di Stato ed in quanto tale a conoscenza dell'imminente cattura di un familiare del (@@@), soggetto questo con il quale sussisteva un pregresso rapporto di amicizia (comprovato da frequenti contatti telefonici tra i due, cui i verbalizzati, prima di quel momento, non avevano dato peso perché privi di interesse investigativo in relazione alle indagini in corso) ... In definitiva, attraverso l'esame delle risultanze dibattimentali acquisite non emerge con evidenza l'innocenza degli imputati, circostanza questa che costituisce il presupposto per una sentenza assolutoria nel merito in presenza di una causa estintiva del reato, ragion per cui va pronunciata declaratoria di estinzione dei reati ascritti agli imputati per intervenuta prescrizione ..." (tale passaggio della sentenza di proscioglimento è correttamente riportato nel corpo motivazionale del provvedimento gravato).
Infine, va sottolineato che unicamente la sentenza penale irrevocabile di assoluzione ha efficacia di giudicato nel giudizio disciplinare ai sensi dell'art. 653 cod. proc. pen. (ipotesi non ricorrente nel caso di specie).
Quanto alla censura relativa alla asserita contraddittorietà della motivazione del provvedimento gravato (delibera del Consiglio di Disciplina del 22.4.2011) per via della dissenting opinion espressa da uno componenti del Consiglio, ritiene questo Collegio che detta opinione non è in grado di inficiare la coerenza della impugnata decisione.
Invero, il dissenziente sostiene (cfr. verbale del 22.4.2011) che sussiste la responsabilità disciplinare della (@@@), ritenendo congrua la sanzione della sospensione dal servizio nella misura massima (in luogo della destituzione).
Tale affermazione (fatta verbalizzare dal dissenziente) si fonda sulla asserita non chiarezza della responsabilità della incolpata volta a favorire il mancato arresto del catturando e sulla asserita contraddittorietà degli elementi contenuti nell'ordinanza di custodia cautelare emessa dal G.I.P. nei confronti della (@@@).
Peraltro, le valutazioni del dissenziente non si accompagnano ad ulteriori specificazioni che avrebbero consentito di apprezzare i dubbi dallo stesso sollevati.
A prescindere dalla considerazione in forza della quale tali elementi avrebbero dovuto indurre, da un punto di vista logico, lo stesso dissenziente a propendere per l'assoluzione disciplinare della incolpata, non già per la sottoposizione ad una sanzione meno grave rispetto alla destituzione (peraltro - come detto - il dissenziente, contraddittoriamente, sostiene la sussistenza della responsabilità disciplinare della (@@@)), risulta evidente come dalla motivazione dei provvedimenti gravati (delibera del Consiglio di Disciplina del 22.4.2011 e decreto del 25.5.2011) emerga il superamento delle perplessità manifestate dallo stesso dissenziente.
Tale doglianza va, dunque, disattesa.
In conclusione, dalle argomentazioni espresse in precedenza discende la reiezione del ricorso.
In considerazione della natura e della peculiarità della presente controversia, nonché della qualità delle parti, sussistono gravi ed eccezionali ragioni di equità per compensare le spese di giudizio.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sede di Bari, Sez. I, definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.