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Omicidio colposo - Il direttore tecnico di cantiere e il capocantiere sono inquadrabili, per della applicazione delle norme in materia tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, come dirigente e preposto.

Dettagli

OMICIDIO COLPOSO
Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 15-06-2011) 24-11-2011, n. 43628
Fatto Diritto P.Q.M.

Svolgimento del processo
 
1. Con sentenza del 23/10/2008 il Tribunale di Lecce condannava (@@@) (legale rapp.te della omonima società), (@@@) (legale rapp.te della "(@@@) s.r.l") ed (@@@) (direttore tecnico del cantiere per conto della soc. "(@@@)") per delitto di cui all'art. 589 c.p. per omicidio colposo aggravato in danno dell'operaio edile (@@@) (acc. in (OMISSIS)). Agli imputati veniva irrogata la pena di anni 2 di reclusione, concesse le attenuanti generiche prevalenti; pena sospesa.
2. Con sentenza del 18/10/2010 la Corte di Appello di Lecce, confermava la condanna. Osservava la Corte che:
- dall'istruttoria dibattimentale era emerso che la caduta dal fabbricato in costruzione del D. era stata determinata dalla assenza di ponteggi di protezione;
- la loro carenza era già stata segnalata dall'ing. B.;
- nonostante ciò i lavori erano continuati in assenza di sicurezza, coinvolgendo un operaio, il D., mero tirocinante;
- del fatto dovevano rispondere il titolare della impresa appaltatrice dei lavori ( M.) e il subappaltatore ( T., alle cui dipendenze lavorava la vittima); nonchè l' I., direttore tecnico (per la " M.") del cantiere e che seguiva i lavori quotidianamente in prima persona. Tutti i predetti erano titolari di una autonoma posizione di garanzia che li obbligava ad attuare le misure di sicurezza omesse e che avevano determinato l'evento.
3. Avverso la sentenza hanno proposto ricorso i difensori degli imputati, lamentando:
3.1. per M.: a) la violazione di legge e l'assoluto difetto di motivazione in relazione alla condotta abnorme del D. il quale, pur essendo stato adibito alla mera pulizia dei locali interni del cantiere, si trovava sui balconi del fabbricato, il cui accesso peraltro era inibito da steccati; b) il difetto di motivazione laddove la corte di merito non aveva riconosciuto la idoneità della delega al P. ad esonerare l'imputata da responsabilità. 3.2. per T.: a) la violazione di legge e l'assoluto difetto di motivazione in relazione alla condotta abnorme del D. il quale, pur essendo stato adibito alla mera pulizia del cantiere, si trovava sui balconi del fabbricato, probabilmente ubriaco come deposto dal teste L.G.; b) il difetto di motivazione in relazione alla causalità dell'assenza di ponteggi, laddove la Corte di merito non aveva tenuto conto che i balconi erano stati sbarrati con tavole incrociate, precauzione questa idonea ad evitare il pericolo di cadute; c) il vizio di motivazione ove il giudice di merito aveva ritenuto sussistente la posizione di garanzia della T., pur a fronte del fatto che la sua società conferiva mera manodopera alla soc. " M." e quindi non poteva essere ritenuta datrice di lavoro.
3.3. per l' I.: a) il difetto di motivazione nella parte in cui la Corte non aveva tenuto conto degli esiti dell'istruzione dibattimentale che aveva riconosciuto nell' I. il mero ruolo di contabile, senza alcuna posizione di garanzia in tema di prevenzione infortuni. Nell'accettazione dell'incarico datata 1/12/2003, l'accettazione da parte sua del P.O.S. era stato un mero errore di battitura.

Motivi della decisione
 
4. I ricorsi sono infondati.
4.1. Prima di affrontare la disamina dei singoli motivi di ricorso, appare opportuno rammentare la dinamica dei fatti, così come ricostruita in sede di istruttoria dibattimentale attraverso le deposizioni dei testi C. (assistente di p.s.) e (@@@)
(ispettore SPESAL dell'ASL di Lecce) ed altri testi. L'infortunio ebbe ad avvenire verso le ore 10.30 del (OMISSIS), presso un cantiere edile della ditta " M.", ove erano in corso lavori di costruzione di numerosi fabbricati; il D. si trovava su uno di essi ed era caduto dal balcone del primo piano, riportando lesioni mortali.
L'ispettore (@@@), giunto sul posto un ora e mezza dopo l'incidente, ha riferito che il fabbricato in questione era privo in modo assoluto di ponteggi, alcuni balconi erano interdetti da assi di legno non robuste e fatte di tavole di fortuna, non fissate rigidamente e che non davano alcuna garanzia di sicurezza contro le cadute. Inoltre la circostanza che all'atto del sopralluogo alcuni operai fossero intenti a montare dette tavole, lasciava intendere che esse erano "posticce" e cioè miravano a rimediare alle carenze presenti al momento dell'infortunio.
Dalle stese foto versate in atti si evinceva la assoluta assenza di ponteggi intorno al fabbricato e l'assenza di assi su alcuni balconi.
Nel corso dell'istruttoria, l'autore del Piano Operativo di sicurezza, l'ing. B., aveva riferito che il P.O.S. non prevedeva sbarramenti alle finestre e balconi, ma solo la presenza di ponteggi. Aveva riscontrato sul punto carenze, disponendo la sospensione dei lavori ed intimando alla " M." la corretta realizzazione dei ponteggi.
Da tutto, come osservato dal giudice di merito, ciò si evinceva con certezza che al momento del fatto intorno al fabbricato non erano presenti ponteggi e che le tavole di protezione dei balconi, seppure presenti, non erano idonee a garantire la sicurezza degli operai.
Inoltre tali anomalie erano visibili e di esse aveva piena conoscenza la " M." la quale aveva avuto una specifica intimazione alla regolarizzazione da parte dell'ing. B..
Orbene, ciò detto e prima di affrontare gli specifici motivi di ricorso, va premesso che al di là dell'intrinseca chiarezza della motivazione della sentenza di appello, non è inutile rammentare che questa Corte regolatrice ha puntualizzato come il giudice di legittimità, ai fini del vaglio di congruità e completezza motivazionale del provvedimento impugnato, deve avere riguardo - ove si tratti di una sentenza pronunciata in grado di appello - sia alla sentenza di primo grado che alla sentenza di secondo grado, che si integrano vicendevolmente, dando origine ad enunciati ed esiti assertivi organici ed inseparabili. Ed il dato immanente nella diacronica dinamica del processo decisionale del giudice di merito, è ancor più significativo allorchè, come nel caso di cui al presente ricorso, la sentenza di appello abbia interamente confermato le statuizioni del giudice di primo grado (cd. doppia conforme), con variati valutative non incidenti sulla omologia delle statuizioni decisorie in punto di penale responsabilità dell'imputato (cfr. cass. sez. 1, sentenza n. 8868 dei 26/06/2000 Ud. (dep. 08/08/2000), Sangiorgi, Rv. 216906; Cass. Sez. 4, Sentenza n. 36757 del 04/06/2004 Ud. (dep. 17/09/2004), Perino, Rv. 229688; Cass. Sez. 4, Sentenza n. 1149 del 24/10/2005 Ud. (dep. 13/01/2006), Mirabilia, Rv. 233187).
4.2. Ciò premesso, in ordine alle censure proposte dall'imputata M., esse sono infondate.
In particolare, quanto alla delega conferita al geom. P., anche ad ammettere la sua esistenza, va ricordato che la giurisprudenza di questa Corte è consolidata nel l'afferma re che "In materia di infortuni sul lavoro, gli obblighi di prevenzione, assicurazione e sorveglianza gravanti sul datore di lavoro possono essere delegati, con conseguente subentro del delegato nella posizione di garanzia che fa capo al datore di lavoro. Tuttavia, il relativo atto di delega deve essere espresso, inequivoco e certo e deve investire persona tecnicamente capace, dotata delle necessarie cognizioni tecniche e dei relativi poteri decisionali e di intervento, che abbia accettato lo specifico incarico, fermo comunque l'obbligo per il datore di lavoro di vigilare e di controllare che il delegato usi, poi, concretamente la delega, secondo quanto la legge prescrive" (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 38425 del 19/06/2006 Ud. (dep. 22/11/2006), Del Frate, Rv. 235184; Cass. Sez. 4, Sentenza n. 9343 del 22/06/2000 Ud. (dep. 25/08/2000), Archetti, Rv. 216727).
Nel caso che ci occupa, come detto, le violazioni della normativa sulla prevenzione infortuni erano stictu oculi visibili; inoltre l'attenzione della dirigenza sulla irregolarità dei ponteggi, era già stata segnalata dall'ing. B.. Pertanto la negligente condotta omissiva di vigilanza della M., costituisce un comportamento colposo certamente eziologicamente legato all'evento mortale. Quanto alla lamentata abnormità della condotta del lavoratore, questa Corte ha più volte ribadito che in materia di infortuni sul lavoro, la condotta colposa del lavoratore infortunato non assurge a causa sopravvenuta da sola sufficiente a produrre l'evento quando sia comunque riconducibile all'area di rischio propria della lavorazione svolta: in tal senso il datore di lavoro è esonerato da responsabilità solo quando il comportamento del lavoratore, e le sue conseguenze, presentino i caratteri dell'eccezionalità, dell'abnormità, dell'esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive di Organizzazione ricevute (ex plurimis, Cass.4, n. 21587/07, ric. Pelosi, rv. 236721). Nel caso di specie, come correttamente segnalato nella sentenza di merito, il D. ha patito l'infortunio mentre svolgeva la sua ordinaria attività di lavoro per le pulizie in cantiere; pertanto, la circostanza che si trovasse sui piani del fabbricato in costruzione, non costituisce comportamento abnorme, idoneo ad interrompere il nesso causale tra la condotta dell'appaltatore e l'evento; condotta quest'ultima connotata da colpa, tenuto conto che la cautela omessa era proprio preordinata ad evitare il rischio specifico (caduta) che poi concretamente si è materializzato nell'infortunio in danno del D.. Ne consegue la infondatezza delle doglianze formulate.
4.3. Infondati sono anche i motivi di censura avanzati dalla T..
In particolare, quanto alla affermata circostanza di essere la sua società, non subappaltatrice, ma mera fornitrice di manodopera alla " M.", premesso che tale assunto risulta indimostrato in fatto, va ricordato che le Sezioni Unite di questa Corte hanno statuito che "In forza della disposizione generale di cui all'art. 2087 c.c. e di quelle specifiche previste dalla normativa antiinfortunistica, il datore di lavoro è costituito garante dell'incolumità fisica e della salvaguardia della personalità morale dei prestatori di lavoro, con l'ovvia conseguenza che, ove egli non ottemperi agli obblighi di tutela, l'evento lesivo correttamente gli viene imputato in forza del meccanismo reattivo previsto dall'art. 40 c.p., comma 2.
Ne segue che il datore di lavoro, seppure in una situazione di illegittimità (nella specie derivante dalla sua posizione di subappaltante di pura mano d'opera), ha il dovere di accertarsi che l'ambiente di lavoro (nella specie il cantiere edile apprestato dall'imprenditore appaltante) abbia i requisiti di affidabilità e di legalità quanto a presidi antinfortunistici, idonei a realizzare la tutela del lavoratore, e di vigilare costantemente a che le condizioni di sicurezza siano mantenute per tutto il tempo in cui è prestata l'Opera" (Cass. Sez. U, Sentenza n. 5 del 25/11/1998 Ud.
(dep. 11/03/1999), Loparco, Rv. 212577).
Ne consegue la sussistenza di una posizione di garanzia a carico della T., sia in qualità di subappaltatore datore di lavoro del D., sia, eventualmente, quale fornitrice di mere prestazioni di lavoro.
Quanto alla lamentata condotta abnorme della vittima, si richiama quanto esposto relativamente alla posizione della M.. Inoltre, quanto alla supposto stato di ubriachezza della vittima al momento del fatto, ciò non emerge dagli atti processuali, in quanto il giudice di merito ha acclarato, attraverso la deposizione del teste L.G., semplicemente che prima di cadere il D. aveva barcollato. L'origine di tale condotta non era certa, potendo anche essere riconducibile a stanchezza, stato confusionale od altro:
in ogni caso la presenza dei presidi antinfortunistici avrebbe evitato l'evento. Infine, quanto alla lamentata omessa valutazione da parte della Corte di merito della presenza dello sbarramento dei balconi con tavole di legno, si richiama quanto già esposto sub 4.2 circa il dubbio sulla presenza di tali presidi ed, in ogni caso, circa la assoluta inidoneità a costituire utile misura di sicurezza (tavole di fortuna, non ancorate saldamente alla struttura: v. richiamata dep. Ispett. (@@@)). Da quanto detto si evince la infondatezza delle doglianza avanzate dalla T..
4.4. Quanto all'imputato I., questi ha lamentato di non essere mai stato investito di una posizione di garanzia.
Orbene il giudice di merito, con coerente e non manifesta illogicità della motivazione, ha osservato che:
- da documentazione versata in atti risultava che l'imputato era stato nominato "direttore tecnico" del cantiere dalla " M." in data 8/5/2003;
- la sua qualità di geometra lo rendeva compatibile con l'incarico ricevuto;
- che dovesse interessarsi del controllo del cantiere si evinceva dalla circostanza che aveva firmato il P.O.S..
La difesa dell'imputato ha eccepito che l'attribuzione della carica di "direttore tecnico" era stata assunta solo nel dicembre 2003 (dopo il fatto) e che l'indicazione di maggio, come data di affidamento dell'incarico, doveva considerarsi un mero errore di battitura dei documenti. Tale affermazione, come osservato dal giudice di merito, è però rimasta una mera illazione, contraddetta dalla effettiva presenza in cantiere dell' I. all'epoca dei fatti. Inoltre la sua qualità di geometra era compatibile con il documentato incarico di direttore tecnico, piuttosto che con la rivendicata diversa funzione di mero contabile.
Ciò detto, va ricordato sul punto, che in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, tra i destinatari degli obblighi dettati dal D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 4, devono annoverarsi anche il direttore tecnico ed il "capo cantiere", figure inquadrabili nei modelli legali, rispettivamente, del dirigente e del preposto (cfr.
Cass. Sez. 4, Sentenza n. 39606 del 28/06/2007 Ud. (dep. 26/10/2007), Marchesini, Rv. 237879; Cass. Sez. 4, Sentenza n. 1345 del 01/07/1992 Ud. (dep. 15/02/1993), Boano, Rv. 193034).
Pertanto, alla titolarità in capo all' I. della posizione di garanzia, consegue la causalità della sua negligente condotta omissiva, per non essersi attivato a rimuovere le gravi ed evidenti carenze di sicurezza del cantiere. I motivi di ricorso sono quindi infondati.
4.5. Va osservato, infine, che il delitto per cui si procede non è prescritto. Infatti considerata la data del commesso reato ((OMISSIS)) e delle concesse attenuanti generiche prevalenti, il delitto si prescriveva alla data del 20/5/2011, a cui però vanno aggiunti mesi 1 e gg. 7 di sospensione della prescrizione (istanza di rinvio per impedimento del difensore dal 16/9/08 al 23/10/08), che spostano in avanti la maturazione del termine estintivo alla data del 27/6/2011, quindi, successiva alla pronuncia della presente sentenza.
Consegue la condanna dei ricorrenti, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle ulteriori spese processuali.

P.Q.M.
 
La Corte rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
 
 

   

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