Carabinieri: "I fatti disciplinarmente accertati sono di rilevanza tale da richiedere l'applicazione della massima sanzione disciplinare di Stato"

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Categoria: Sentenze - Ordinanza - Parere - Decreto
Creato Martedì, 26 Giugno 2012 00:19
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CARABINIERI   -   FORZE ARMATE
T.A.R. Piemonte Torino Sez. I, Sent., 13-06-2012, n. 703

Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1) Con ricorso notificato il 26 aprile 2012 e depositato il 16 maggio 2012, (@@@), carabiniere in ferma volontaria, ha impugnato il provvedimento indicato in epigrafe con il quale è stata disposta nei suoi confronti, a decorrere dal 31 ottobre 2008, la perdita del grado per rimozione per motivi disciplinari, ai sensi degli artt. 861, comma primo lettera d) e 867, comma quinto del D.Lgs. n. 66 del 2010 (codice dell'ordinamento militare).
Il provvedimento impugnato richiama, inoltre, il Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare (D.P.R. n. 90 del 2010) e in particolare l'art. 575 concernente il giuramento prestato e gli artt. da 712 a 751 in materia di disciplina militare.
La suddetta sanzione è stata disposta con motivazione dal seguente tenore letterale: "carabiniere, all'epoca dei fatti in servizio presso la stazione Carabinieri di (@@@) (@@@), il 12 agosto 2006, avendo la disponibilità, in ragione dell'incarico di addetto alla ricezione del pubblico, di un portafogli smarrito, rinvenuto e consegnatogli da un cittadino per la restituzione alla legittima proprietaria, si appropriava della somma di circa Euro 80,00 custodita all'interno del portafogli stesso. Tale condotta, già sanzionata penalmente, è da ritenersi biasimevole sotto l'aspetto disciplinare in quanto contraria ai principi di moralità e rettitudine che devono improntare l'agire di un militare, ai doveri attinenti al giuramento prestato e a quelli di correttezza ed esemplarità propri di un appartenente all'Arma dei Carabinieri. I fatti disciplinarmente accertati sono di rilevanza tale da richiedere l'applicazione della massima sanzione disciplinare di Stato".
2) Appaiono sussistenti i presupposti di legge per definire il giudizio nella presente sede cautelare, con sentenza in forma semplificata ai sensi dell'art. 60 del c.p.a..
3) Il ricorrente ha censurato il provvedimento impugnato sotto il profilo del difetto di istruttoria, del travisamento dei fatti, della carenza di motivazione, del difetto di proporzionalità e della manifesta illogicità.
Le censure convergono nel segnalare una carenza di logica e proporzionata applicazione e motivazione della sanzione disciplinare irrogata.
4) La questione di diritto che si pone nel presente giudizio riguarda la legittimità della sanzione disciplinare sotto il duplice profilo della sua proporzionalità e della sua adeguata motivazione.
Non è in dubbio l'accertamento dei fatti così come acclarati con la sentenza penale passata in giudicato, che ha condannato il ricorrente ad un anno e quattro mesi di reclusione, per il reato di peculato, con il doppio beneficio della sospensione condizionale della pena e della non menzione.
Tale sentenza, ai sensi dell'art. 653 c.p.p., è dotata di "efficacia di giudicato nel giudizio per responsabilità disciplinare per ciò che attiene all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all'affermazione che l'imputato lo ha commesso".
5) È principio acquisito in giurisprudenza che l'irrogazione della sanzione disciplinare implica un giudizio di attinenza e congruenza tra il fatto contestato e gli obblighi assunti dal militare con il giuramento, ovvero con le finalità del Corpo di appartenenza (Cons. Stato, IV Sez., n. 3387/07).
In tal senso, deve escludersi, in linea generale, che la violazione degli obblighi assunti con il giuramento prestato, in sé considerata e quale che ne sia la gravità, giustifichi la comminatoria della sanzione espulsiva, perché indice di carenza da parte del militare di qualità morali e di carattere e comunque lesiva del prestigio del Corpo.
Al contrario, la proporzione fra addebito e sanzione è principio espressivo di civiltà giuridica (cfr. Cons. Stato IV. Sez., n. 2189/07), comportando la sproporzione della sanzione la violazione del principio di ragionevolezza e di gradualità della sanzione stessa.
In tal senso, nell'ambito delle violazioni costituenti tutte un vulnus al giuramento prestato, è necessario ponderare l'incidenza della violazione sui doveri di fedeltà e lealtà assunti dal militare con la prestazione del giuramento, potendosi differenziare - sia pure in negativo - l'entità della violazione in rapporto alle peculiari circostanze del caso (cfr. in senso conforme Cons. Stato , sez. IV, n. 939/10).
In siffatta prospettiva appare non ragionevole e comunque non adeguatamente motivata l'inflizione all'odierno ricorrente della massima sanzione, e ciò in considerazione delle molteplici circostanze che avrebbero consigliato una più attenta e motivata ponderazione, che tenesse conto dei precedenti di carriera del militare, tutti pienamente commendevoli; della giovane età e dell'inesperienza al momento dei fatti a lui addebitati (era al suo primo anno di servizio); della particolare tenuità del rilievo penale dei fatti, la quale, sebbene non direttamente influente sul piano delle conseguenze disciplinari, concorre nella valutazione della rilevanza dei fatti; della concessione in sede penale dei benefici della non menzione della condanna nel casellario giudiziario e della sospensione condizionale della pena.
Tale ultima circostanza appare di particolare rilievo in considerazione del fatto che la "Guida Tecnica" contenente le "norme e le procedure disciplinari", predisposta dal Ministero della Difesa, nel dettare i criteri applicativi della "rimozione", prevede - al punto 4, lettera b - che "la stessa è applicabile in via amministrativa solo se al condannato non è stato concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena principale".
Anche sotto questo profilo, il provvedimento impugnato si presta a censura, introducendo una non motivata deroga ai criteri generali che l'amministrazione ha adottato a regolamentazione della materia.
6) Del resto, dei cennati profili nulla risulta dal provvedimento impugnato e dagli atti della Commissione disciplinare, la cui decisione è posta dall'autorità emanante a base della sua determinazione, pur essendo tali questioni, come sin qui esposto, rilevanti ai fini della graduazione della sanzione. L'originario vizio di motivazione di detta decisione non può che comportare analogo vizio della determinazione che infligge la sanzione.
L'apprezzamento del fatto contestato al militare in maniera isolata rispetto a tutte le altre circostanze ora segnalate, nell'esclusiva ottica della sua incidenza sugli obblighi assunti con il giuramento e al di fuori di ogni prospettiva di proporzionalità, rende l'impugnata sanzione illegittima in quanto non adeguatamente motivata, non basata su una completa e razionale considerazione del disvalore effettivamente evidenziato dall'illecito disciplinare contestato e conseguentemente sganciata da ogni giudizio di graduazione.
Né pare potersi sostenere, in ragione della consistenza dei fatti accertati, che il provvedimento disciplinare debba intendersi, in sostanza, legittimamente motivato "in re ipsa", perché conseguente a condotta posta in essere in assoluto spregio ai doveri specifici del militare appartenente al Corpo ed al prestigio di quest'ultimo.
Infatti, pur non potendosi disconoscere la particolare gravità del fatto, non pare legittima, nel contesto dell'ampia gradazione di sanzioni applicabili, la formulazione di un giudizio che ponga in correlazione la natura dei fatti ascritti con la particolare funzione rivestita dall'agente, per motivare con ciò solo l'irrogazione della massima sanzione della rimozione dal corpo di appartenenza.
Ne consegue una pronuncia di accoglimento del ricorso, con pronuncia di annullamento dell'atto impugnato, previo assorbimento degli ulteriori motivi di gravame.
Considerata la natura delle questioni trattate, si ritiene poi che sussistano giusti motivi per disporre l'integrale compensazione delle spese di causa.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,
lo accoglie e per l'effetto annulla l'atto impugnato.
Spese di lite compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.