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Collaboratore di giustizia: le regole di protezione

Dettagli


TESTIMONI IN MATERIA PENALE
Cons. Stato Sez. III, Sent., 14-06-2012, n. 3530Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1. L'appello può essere deciso, sussistendone i presupposti, con sentenza in forma semplificata, ai sensi degli articoli 60 e 74 del c.p.a., nella Camera di Consiglio fissata per l'esame della domanda cautelare.2.- Il sig. (................), collaboratore di giustizia dal 2003, ha impugnato davanti al T.A.R. per il Lazio la deliberazione della Commissione Centrale ex art. 10 L. 5 marzo 1991, n. 82 che aveva disposto, il 14 maggio 2009, la revoca del programma speciale di protezione che gli era stato concesso con delibera del 26 luglio 2007.
3.- Il T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, con sentenza della Sezione I TER, n. 2178 del 5 marzo 2012, ha respinto il suo ricorso.
Dopo aver esposto il quadro normativo dettato in materia di protezione dei collaboratori e testimoni di giustizia (dal D.L. 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, con L. 15 marzo 1991, n. 82, come modificato dalla L. 13 febbraio 2001, n. 45, nonché dal D.M. 23 aprile 2004, n. 161), il T.A.R. ha ritenuto infondate le censure sollevate dal sig. D. che, come emergeva dagli atti, il 13 novembre 2008 era stato tratto in arresto per detenzione ai fini di spaccio di circa gr. 200 di cannabis ed associato presso la locale Casa circondariale.In particolare, "tenuto conto dei fatti penalmente rilevanti posti in essere dal Collaboratore, dei pareri indicati" e del fatto che l'art. 13 quater, comma 2, del D.L. n. 82 del 1991 " prevede che le speciali misure di protezione possono essere revocate anche a causa della condotta delle persone interessate e alla osservanza degli impegni assunti", il T.A.R. ha ritenuto che la Commissione centrale aveva correttamente operato disponendo la revoca dello speciale programma di protezione in precedenza disposto in favore del D. e del suo nucleo familiare, "evidenziando come le condotte tenute dal collaboratore (ammesse dall'interessato: cfr. verbale del 25 marzo 2009, allegato alla nota della DDA di Napoli indicata) denotassero, per le modalità (frequentazione di un giro di trafficanti, dai quali si riforniva per consistenti partite di stupefacenti), l'inidoneità del soggetto alle regole del sistema tutorio, posto che lo stesso si è volontariamente sottratto agli obblighi connessi al suo status, con ciò vanificando le finalità del sistema e la caratterizzazione funzionale del programma".4.- Il sig. D. ha appellato l'indicata sentenza ritenendola erronea sotto diversi profili.
Dopo aver ricordato che per l'unica vicenda penale nella quale è risultato coinvolto (detenzione a fini di spaccio di sostanze stupefacenti) è ancora in attesa di giudizio, l'appellante ha sostenuto che il T.A.R. non ha tenuto nella giusta considerazione le doglianze da lui sollevate avverso il provvedimento di revoca delle misure di protezione e la loro fondatezza.In particolare, l'appellante sostiene che il coinvolgimento nella suindicata vicenda penale non poteva costituire ragione sufficiente per disporre la revoca delle misure di protezione per la non grande rilevanza della questione, peraltro determinata dallo stato di bisogno nel quale si era trovato anche a causa di una recente invalidità. Inoltre l'amministrazione non aveva espresso alcuna valutazione sul superamento della situazione di pericolo al quale era esposto con i suoi familiari.5.- L'appello risulta tuttavia infondato.
La Commissione Centrale ex art. 10 L. 5 marzo 1991, n. 82 ha adottato il provvedimento di revoca delle misure di protezione precedentemente disposte in favore del sig. D., "in considerazione delle condotte obiettivamente contrarie alle regole inerenti lo status di persona sottoposta a speciali misure tutorie ed incompatibili con la conservazione delle stesse, fermo restando l'opportunità di adottare le ordinarie misure di protezione, necessarie all'assolvimento degli eventuali impegni processuali".La Commissione Centrale ha fatto quindi applicazione dell'art. 13 quater, commi 1 e 2, della L. n. 82 del 1991 (aggiunto dalla L. n. 45 del 13 febbraio 2001), che consente a tale organo di disporre la modifica o la revoca del programma in relazione alla condotta delle persone interessate e alla osservanza degli impegni assunti a norma di legge.
In particolare determina la revoca del programma l'inosservanza degli impegni assunti a norma dell'articolo 12, comma 2, lettere b) ed e), nonché la commissione di delitti indicativi del reinserimento del soggetto nel circuito criminale, mentre costituiscono fatti valutabili ai fini della revoca o della modifica delle speciali misure di protezione l'inosservanza degli altri impegni assunti a norma dell'articolo 12 o la commissione di reati indicativi del mutamento o della cessazione del pericolo conseguente alla collaborazione (comma 2 dell'art. 13 quater della L. n. 82 del 1991).5.1- Tali disposizioni consentono, quindi, all'amministrazione di disporre la revoca (o la modifica) delle misure di protezione nei confronti dei soggetti che sono venuti meno ai doveri propri dello status di persona protetta con l'inosservanze degli impegni assunti a norma dell'art. 12 della L. n. 91 o con il compimento di fatti costituenti reato o per altra ragione comunque connessa alla condotta di vita del soggetto interessato.
Del resto la legislazione di protezione dei soggetti in passato affiliati ad associazioni criminali, ed anche autori di condotte delittuose specifiche, non risponde a logiche puramente premiali, ed è anche particolarmente onerosa per l'amministrazione statuale, con la conseguenza che il vaglio sulla permanenza delle misure protettive dipende anche dalla condotta tenuta (nelle vicende processuali e nella vita quotidiana) dal collaboratore.5.2.- Fra i doveri volontariamente assunti dagli interessati, attraverso la sottoscrizione dello speciale programma di protezione, vi è quello di non tenere comportamenti contrari alla legge e quindi anche di non commettere nuovi reati e di non intrattenere nuove frequentazioni con ambienti criminali.Le disposizioni volte a favorire la collaborazione con la giustizia di soggetti che sono stati legati alla criminalità organizzata non determinano, infatti, l'esonero degli stessi dalle responsabilità derivanti dalla commissione di nuovi atti illeciti ma, al contrario, vincolano gli interessati al rigoroso rispetto della legge.Quando la condotta del soggetto protetto (indipendentemente dal contributo collaborativo fornito, ed addirittura dai pericoli che lo stesso potrebbe correre) si pone in condizioni di incompatibilità con la permanenza delle misure di protezione, correttamente l'amministrazione dispone quindi che le stesse misure cessino.6.- Nella fattispecie, la revoca del programma speciale di protezione nei confronti dell'appellante è stata determinata, come si è già ricordato, dalla accertata commissione di nuovi reati e dalla accertata frequentazione di un giro di trafficanti di droga e, quindi, dalla sostanziale inosservanza dell'impegno da lui assunto al momento di offrire il suo apporto collaborativo alla giustizia, confermato con l'atto di sottoscrizione previsto dall'art. 12, secondo comma, della L. n. 82 del 1991.Del resto spetta all'Amministrazione esprimere le proprie valutazioni sulla condotta del soggetto sottoposto alle misure protettive e sulla eventuale incompatibilità del comportamento da questi tenuto con il permanere del sistema di tutela. E tale valutazione può essere censurata davanti al giudice amministrativo (oltre che per violazione di legge) solo per irragionevolezza o travisamento dei fatti (che all'evidenza nel caso di specie non sussistono).7.- Né l'affermata attualità dello stato di pericolo può giustificare la permanenza dello speciale programma di protezione quando è stato lo stesso interessato, con il suo comportamento, a porsi in oggettivo contrasto con la legge e con le finalità perseguite dalle disposizioni emanate in favore dei collaboratori di giustizia.8.- Sulla base delle esposte considerazioni l'appello deve essere respinto e la sentenza del T.A.R. per la Campania deve essere integralmente confermata.
Nulla deve essere disposto per le spese per la mancata costituzione, nel grado di appello, dell'amministrazione intimata.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Nulla per le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

   

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