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..polizia penitenziaria, che invece prevede la possibilità a colui che si trovi sottoposto a procedimento disciplinare di farsi assistere da un avvocato del libero foro...

Dettagli

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IMPIEGO PUBBLICO
T.A.R. Veneto Venezia Sez. I, Sent., 01-06-2012, n. 771

Fatto - Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1. Con decreto del Ministero dell'Interno, Dipartimento della Pubblica sicurezza, Direzione Centrale per le risorse umane del 20 gennaio 2012, n. 333-E/RP.491/8-3/2012, veniva irrogata nei confronti del sig. @@, in servizio presso il Compartimento di Polizia Ferroviaria di @@ con la qualifica di Perito Tecnico Capo della Polizia di Stato, la sanzione disciplinare della destituzione dal servizio ai sensi dell'art. 7 nn. 1, 2, e 4 del D.P.R. 25 ottobre 1981, n. 737.
1.1. Il procedimento disciplinare traeva origine da una vicenda penale, conclusasi con sentenza di patteggiamento alla pena di anni uno e mesi tre di reclusione, nell'ambito della quale era stato coinvolto il dipendente della Polizia di Stato in questione in relazione ad una serie di reati, in concorso con la moglie, concernenti simulazione di reato (falsa denuncia di furto di un'autovettura) finalizzata al conseguimento dell'indennizzo assicurativo, falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico, fraudolenta distruzione di cosa propria.
1.2. A seguito di tale indagine penale, al medesimo dipendente, era stata applicata la misura della custodia cautelare in carcere sulla base di un quadro indiziario successivamente posto a fondamento del procedimento disciplinare in oggetto e segnatamente: della "contestazione disciplinare", della "relazione conclusiva dell'inchiesta disciplinare" stessa e della "delibera del Consiglio Provinciale di Disciplina di @@".
2. Avverso il provvedimento sanzionatorio in questione ha proposto gravame il sig. @@, odierno ricorrente, chiedendone l'annullamento, previa sospensione cautelare, sulla base di due motivi di censura.
2.1. Con il primo, egli lamenta la violazione degli artt. 19 e 20 del D.P.R. 25 ottobre 1981, n. 737, dell'art. 97 Cost., nonché l'"eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche ed in particolar modo per difetto dei presupposti, difetto di istruttoria, motivazione carente e perplessa, sviamento della causa tipica". Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la "manifesta illegittimità dell'art. 20, comma 2, del D.P.R. 25 ottobre 1981, n. 737, per violazione dell'art. 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo diritto ad un equo processo in combinato disposto con l'art. 1 Divieto generale di discriminazione del protocollo n. 12 della Convenzione sottoscritto a Roma in data 4 novembre 2000".
2.1.1. Sotto il primo profilo, il ricorrente lamenta in particolare che, considerata l'autonomia fra il procedimento disciplinare e quello penale, l'Amministrazione procedente avrebbe illegittimamente omesso di effettuare un'autonoma istruttoria in ordine ai fatti di rilevanza penale che lo avevano riguardato, limitandosi a recepire il quadro indiziario posto a fondamento della misura custodiale e della sentenza di patteggiamento.
2.1.2. In particolare, l'Amministrazione non avrebbe acquisito "tutta la documentazione sottesa alle contestazioni mosse per farla affluire agli atti del procedimento disciplinare", in modo da ottenere un quadro completo degli elementi di prova su cui fondare il proprio giudizio. Inoltre, gli stessi elementi indiziari emersi in sede penale e recepiti nel procedimento disciplinare non sarebbero stati autonomamente verificati dall'Amministrazione, nonostante il ricorrente avesse dedotto circostanze ed elementi nuovi rispetto a quelli acquisiti nel procedimento penale che, a suo dire, ne avrebbero modificato la portata probatoria.
2.2. Sotto il secondo profilo, il ricorrente lamenta che la disposizione di cui all'art. 20, comma 2, del D.P.R. 25 ottobre 1981, n. 737, "consentendo all'appartenente alla Polizia di Stato incolpato di farsi assistere solo da un altro dipendente della Polizia medesima" limiterebbe "irragionevolmente il diritto di difesa (...) contravvenendo ai principi" elaborati della Corte EDU, in materia di tutela di tale diritto fondamentale. Tale illegittimità sarebbe vieppiù evidente se si confronta la citata disposizione con quella di altri corpi di polizia, quale ad esempio quella di cui all'art. 16 del D.Lgs. 30 ottobre 1992, n. 449, riguardante il corpo del personale di polizia penitenziaria, che invece prevede la possibilità a colui che si trovi sottoposto a procedimento disciplinare di farsi assistere da un avvocato del libero foro.
2.2.1. Ad avviso del ricorrente, "la limitazione dell'Ufficio difensivo ai soli appartenenti alla Polizia di Stato" risulterebbe, dunque, "priva di qualunque fondamento giustificativo".
3. Il ricorso è fondato con riguardo al primo motivo di censura.
3.1. Il procedimento disciplinare all'esito del quale è stata adottata la sanzione disciplinare della destituzione dell'odierno ricorrente risulta fondato esclusivamente sugli elementi probatori utilizzati in sede penale per le contestazioni su cui poggiava, dapprima, la misura cautelare custodiale, e successivamente, la sentenza di patteggiamento con la quale è stato definito il procedimento.
3.2. Il Collegio osserva che tale modus operandi non è conforme al principio della completezza e dell'autonomia dell'istruttoria quale fase indefettibile e autonoma del procedimento disciplinare tanto più in un caso, come quello oggetto di giudizio, in cui il procedimento penale non ha avuto l'ordinario sviluppo dibattimentale, ma si è arrestato, sull'accordo delle parti e in applicazione del rito speciale di cui agli artt. 444 c.p.p. e ss., alla fase prodromica delle indagini preliminari e agli elementi di prova fino a quel momento acquisiti.
3.3. Pertanto, il fatto che la pronuncia di cui all'art. 444 c.p.p. risulti equiparata a una sentenza penale di condanna, esplicando efficacia vincolante nell'ambito del procedimento disciplinare sotto i profili dell'accertamento del fatto, della sua illiceità penale e dell'affermazione che l'imputato l'abbia commesso, non supera il vizio denunciato con il ricorso che si appunta non già su un ipotizzato mancato apprezzamento da parte dell'Amministrazione della rilevanza disciplinare di fatti penalmente rilevanti, bensì direttamente sulla denunciata mancanza di un'autonoma attività di accertamento da parte dell'Amministrazione procedente in relazione sia alle medesime circostanze emerse in sede penale, sia a quelle ulteriori eventualmente dedotte anche dall'interessato a completamento del quadro di fatto da porre a fondamento della determinazione disciplinare.
3.3.1. Al riguardo, deve osservarsi che il principio dell'autonomia dell'attività istruttoria da parte dell'Amministrazione procedente risulta posto a garanzia, oltre che della separazione anche sul piano oggettivo e non solo valutativo del procedimento disciplinare rispetto a quello penale, anche dell'incomprimibile diritto di difesa dell'incolpato in ambito paragiurisdizionale.
4. Quanto al secondo motivo di censura, è sufficiente osservare che la previsione della possibilità di avvalersi di una difesa tecnica da parte di un avvocato del libero di foro, come già evidenziato dalla Corte costituzionale con la nota sentenza n. 182 del 2008, proprio con riferimento alla norma di cui all'art. 20, comma 2, del D.P.R. 25 ottobre 1981, n. 737, pur rientrando nella discrezionalità del legislatore, non è una soluzione imposta dalla Costituzione con riguardo ai procedimenti paragiurisdizionali, come appunto quello disciplinare, a condizione che il relativo procedimento sia improntato al rispetto dei principi fondamentali a garanzia del diritto di difesa, quali appunto quello al contraddittorio, alla chiarezza della contestazione e alla compiutezza dell'istruttoria.
4.1. La Corte costituzionale nella citata sentenza ha infatti, del tutto condivisibilmente, affermato che "la garanzia costituzionale del diritto di difesa (art. 24 Cost.) è limitata al procedimento giurisdizionale e non può, quindi, essere invocata in materia di procedimento disciplinare che, viceversa, ha natura amministrativa e sfocia in un provvedimento non giurisdizionale (...)". Ha, nondimeno, sottolineato che "l'art. 24 Cost. se indubbiamente si dispiega nella pienezza del suo valore prescrittivo solo con riferimento ai procedimenti giurisdizionali, non manca tuttavia di riflettersi in maniera più attenuata sui procedimenti amministrativi, in relazione ai quali, in compenso, si impongono al più alto grado le garanzie di imparzialità e di trasparenza che circondano l'agire amministrativo", come appunto nel caso di un "procedimento disciplinare che, come quello in esame, può concludersi con la destituzione", toccando quindi "le condizioni di vita della persona", ed "incidendo sulla sua sfera lavorativa". In tale ambito, prosegue la Corte, secondo i principi che ispirano la disciplina del "patrimonio costituzionale comune" relativo al procedimento amministrativo, desumibili dagli obblighi internazionali, dall'ordinamento comunitario e dalla legislazione nazionale, "vanno garantiti all'interessato alcuni essenziali strumenti di difesa, quali la conoscenza degli atti che lo riguardano, la partecipazione alla formazione dei medesimi e la facoltà di contestarne il fondamento e di difendersi dagli addebiti". Nello stesso senso, secondo l'interpretazione della Corte di giustizia delle Comunità europee, il diritto di difesa "impone che i destinatari di decisioni che pregiudichino in maniera sensibile i loro interessi siano messi in condizione di far conoscere utilmente il loro punto di vista" (Corte di giustizia, sentenza 24 ottobre 1996, C-32/95 P., Commissione Comunità europea c. Lisrestal).
5. Alla luce di quanto precede, il ricorso merita accoglimento con esclusivo riferimento al primo motivo di censura, con conseguente annullamento dell'atto impugnato affinché il procedimento disciplinare sia ripetuto a partire dalla fase ove detto vizio si è concretizzato, con espressa salvezza del segmento procedimentale che la precede.
6. Sussistono giusti motivi, in considerazione della peculiarità della controversia, per compensare le spese fra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti di cui in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.


   

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