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Guardia di Finanza - Trattamento di vitto sotto forma di buoni pasto - Sentenza TAR Lombardia che condanna l'Amministrazione

Dettagli



N. 01572/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00416/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 416 del 2010, proposto da:
(.......................)
contro
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE - Comando Generale della Guardia di Finanza, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliato presso gli Uffici di quest’ultima in Milano, Via Freguglia n.1;

per l’accertamento
del diritto dei ricorrenti a percepire il trattamento di vitto sotto forma di buoni pasto sin dalla loro istituzione, ai sensi della legge 18 maggio 1989 n. 203 e dell’art. 61 del d.P.R. 16 marzo 1999 n. 254, nonché della circolare del Comando Generale della Guardia di Finanza del 12 aprile 2008;
per la condanna
dell’Amministrazione intimata al pagamento dell’equivalente dei buoni pasto non corrisposti fin dal 12 aprile 2008, avuto riguardo alla rideterminazione dell’importo del buono pasto ai sensi del CCNL “Coda quadriennio normativo 2006-2009- biennio economico 2006-2007”, come recepito dal d.P.R. 51/99, oltre interessi e rivalutazione sino al soddisfo;
per l’annullamento
del provvedimento adottato dalla guardia di Finanza- Rep. T.L.A. – Lombardia –Milano, prot. n. 0479423/09, datato 31 dicembre 2009, con cui l’Amministrazione denegava le pretese azionate dai ricorrenti con apposita istanza in data 27 giugno 2009.



Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Economia e delle Finanze;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 aprile 2012 il dott. Stefano Celeste Cozzi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO
1. I ricorrenti appartengono al Corpo della Guardia di Finanza e prestano servizio presso la Caserma della Compagnia di (...........), con impiego in servizi interni con turnazione di almeno sei ore e in servizi esterni con turnazione sulle ventiquattro ore.
1.2. Gli stessi, in data 3 febbraio 2009, hanno chiesto di poter beneficiare del trattamento di vitto sotto forma di corresponsione di buoni pasto.
1.3. Tale istanza, a causa del silenzio serbato dall’Amministrazione, veniva successivamente reiterata con nota inviata in data 27 giugno 2009.
1.4. L’Amministrazione intimata, con atto del 31 dicembre 2009, ha respinto la richiesta, precisando che, con riguardo ai periodi in cui gli interessati svolgono servizio all’interno della Caserma, i buoni pasto non sono dovuti in quanto i loro turni di servizio non sono intervallati da una pausa pranzo di almeno un’ora ; mentre, per quanto riguarda i periodi di servizio esterno, si è rilevata la sussistenza di una convenzione con un esercizio commerciale posto nelle vicinanze della Caserma ove i militari possono e potevano recarsi per consumare i pasti; in proposito tuttavia l’Amministrazione si è riservata di accertare se, per il passato, il concreto svolgimento del servizio abbia effettivamente permesso ai ricorrenti gli spostamenti necessari per consumare il pasto presso l’esercizio convenzionato negli orari previsti.
1.5. Gli interessati, che ritengono invece di aver comunque diritto al conseguimento dei buoni pasto, sia per i servizi interni sia per i servizi esterni, impugnano, con il presente ricorso, tale provvedimento, chiedendo al contempo che venga accertato il suddetto diritto e che l’Amministrazione venga condannata ad effettuare la corresponsione in loro favore del corrispondente trattamento.
1.6. Si è costituito in giudizio il Ministero delle Finanze per opporsi alle domande dei ricorrenti.
1.7. In prossimità dell’udienza di discussione del merito, le parti hanno depositato memorie insistendo nelle loro conclusioni.
1.8. Tenutasi la pubblica udienza in data 27 aprile 2012, la causa è stata trattenuta in decisione.
2. Con il primo motivo di ricorso viene censurata la violazione della legge n. 203/89 e dell’art. 61 del d.P.R. n. 254/99. Si rileva, in particolare che, in base a tali disposizioni, il diritto a fruire della corresponsione di buoni pasto spetterebbe a tutti i militari che non possono concretamente beneficiare del servizio mensa istituito dall’amministrazione di appartenenza; e che i ricorrenti non potrebbero in concreto beneficiare della convenzione stipulata con l’esercizio pubblico situato nelle vicinanze della Caserma, posto che i turni di servizio impedirebbero loro di recarsi presso il locale negli orari in cui questo è in attività. Si deduce inoltre eccesso di potere per disparità di trattamento, posto che l’Amministrazione riconosce il diritto al buono pasto ai militari impegnati nei servizi di pronto intervento i quali, come i ricorrenti, sono in concreto impossibilitati ad usufruire del servizio mensa convenzionato.
2.1. Con il secondo motivo viene dedotta la violazione del CCNL “Coda quadriennio normativo 2006 – 2009 – biennio economico 2006 – 2007”; nonché della circolare del Comando Generale della Guardia di Finanza del 12 aprile 2008. Viene altresì dedotto eccesso di potere sotto svariati profili.
2.2. I ricorrenti chiedono in particolare che il valore del singolo buono pasto venga determinato in euro sette, atteso che la normativa sopraindicata imporrebbe di adeguarne il valore (in origine determinato in lire 9.000) al costo della vita; e che le altre forze di polizia già beneficerebbero di buoni pasto avente il valore da loro indicato.
3. In proposito si osserva quanto segue.
3.1. Ai sensi dell’art. 1, comma primo, lett. b), della legge 18 maggio 1989 n. 203, (riferito al personale appartenente ai ruoli della Polizia di Stato, ma applicabile anche al personale appartenente ai ruoli della Guardia di Finanza in base all’art. 3, comma 1, della stessa legge), le amministrazioni dalle quali dipendono le forze di polizia debbono garantire, attraverso l’istituzione di apposite mense, il servizio di vettovagliamento gratuito ai propri dipendenti impiegati in servizi di istituto, specificamente tenuti a permanere sul luogo di servizio o che non possano allontanarsene per il tempo necessario per la consumazione del pasto presso il proprio domicilio.
3.2. Tale disposizione, per quanto riguarda il personale della Guardia di Finanza, è stata oggetto di specificazione da parte dell’art. 11 della Circolare n. 375000 del 22 febbraio 1992 (poi sostituito con il testo annesso alla successiva circolare 12 aprile 2008 n. 120301), il quale, al comma primo, lett. a), dispone che ha diritto al trattamento di vitto gratuito, fra l’altro, il personale che svolge turni di servizio di almeno sei ore (a prescindere dall’orario di inizio e termine) comprendente per intero la fascia oraria 14.00/15.00 o 20.00/21.00.
3.3. Come si vede, la norma testé illustrata prevede, quale unica condizione per poter beneficiare del servizio di vettovagliamento, l’essere comandato a turni di servizio di almeno sei ore comprendenti le suindicate fasce orarie; nessuna disposizione di tale norma subordina invece il suddetto diritto al fatto che l’orario di servizio sia intervallato dalla pausa pranzo. Il che è del tutto comprensibile: la pausa pranzo non può costituire condizione cui subordinare il diritto al vettovagliamento, costituendo essa piuttosto una modalità dell’articolazione dell’orario di servizio necessaria per consentire al personale che ne ha diritto (in quanto comandato ad effettuare i suddetti turni) di poter beneficiare di tale trattamento. In altre parole, la pausa pranzo (non retribuita) costituisce una conseguenza del diritto al vettovagliamento e non già una sua condizione: proprio perché il personale che effettua turni di sei ore (comprendenti le fasce orarie in cui usualmente si consumano i pasti) ha diritto al vettovagliamento, l’amministrazione di appartenenza deve consentire a tale personale di interrompere il servizio per consumare il pasto presso la mensa.
3.4. Ciò chiarito vanno svolte due ulteriori considerazioni.
3.5. La prima è che il personale beneficiario può rinunciare alla pausa pranzo (che non fa parte dell’orario di lavoro) e, conseguentemente, al servizio di vettovagliamento gratuito approntato dall’amministrazione (e al trattamento sostitutivo), ottenendo in questo modo il vantaggio di limitare il periodo giornaliero di permanenza presso la sede al solo turno di servizio (cfr. Circolare n. 345000 del 28 ottobre 2005 del Comando Generale della Guardia di Finanza).
3.6. La seconda osservazione è che non sempre può essere garantita al militare la possibilità di usufruire del servizio mensa: vuoi perché tale servizio può non essere materialmente istituito, vuoi perché l’amministrazione, al fine di soddisfare il proprio interesse al miglior espletamento dei compiti d’istituto, ha disposto per alcuni dipendenti un’articolazione dell’orario di lavoro che non permette l’effettuazione della pausa pranzo.
3.7. In questi casi tuttavia il vettovagliamento gratuito al personale che ne ha diritto deve essere comunque assicurato. Stabilisce infatti l’art. 2, comma 1, della legge n. 203/89 che qualora sia “…impossibile assicurare (…) il funzionamento della mensa obbligatoria di servizio (…) il Ministro dell'Interno è autorizzato a provvedere (…) con propri decreti, ai sensi dell'articolo 55 del regolamento di servizio dell'Amministrazione della pubblica sicurezza, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 28 ottobre 1985, n. 782, e successive modificazioni (come detto, la norma, riguardante il personale della Polizia di Stato, è applicabile anche al personale della Guardia di Finanza ai sensi dell’art. 3 della stessa legge n.203/89); e fra le modalità alternative di erogazione del servizio di vettovagliamento è prevista quella della fornitura di buoni pasto (cfr. art. 61, comma 2, del d.P.R. 16 marzo 1999 n. 245; TAR Lazio Roma, sez. II, 12 giugno 2009 n. 5604).
3.8. In conclusione, possono essere affermati i seguenti principi: a) il personale che effettua turni di servizio di almeno sei ore comprendenti le fasce orarie 14.00/15.00 e 20.00/21.00 ha diritto, salvo rinuncia, al trattamento di vettovagliamento gratuito; b) l’amministrazione deve, ove possibile, consentire a detto personale di usufruire del servizio mensa interno appositamente istituito; c) in caso di impossibilità, deve assicurare forme alternative di soddisfacimento del diritto anche mediante l’erogazione di buoni pasto.
3.9. Ciò premesso va osservato che nel caso concreto l’istanza dei ricorrenti, volta ad ottenere la corresponsione dei buoni pasto, è stata respinta in quanto il loro orario di lavoro non è intervallato dalla pausa pranzo.
3.10. Questa argomentazione tuttavia non è di per sé decisiva in quanto, come si è visto, solo la rinuncia della pausa pranzo da parte del dipendente determina il venir meno del suo diritto al vettovagliamento gratuito; se invece è l’amministrazione a disporre un’articolazione dell’orario di servizio che non prevede intervalli, non può poi questa invocare la propria decisione per negare quanto spetta al dipendente stesso.
3.11. Nel caso di specie non risulta che l’Amministrazione abbia articolato l’orario di servizio dei ricorrenti in modo da assicurare la possibilità di effettuazione della pausa pranzo, cui questi abbiano poi successivamente rinunciato; risulta invece che il loro orario di servizio è stato articolato in modo tale da non permettere l’effettuazione della pausa pranzo (ciò è quanto allegato dai ricorrenti senza smentita da parte dell’Amministrazione costituita, e può dunque ritenersi provato ai sensi dell’art. 64, comma 2, c.p.a.). Pertanto, agli stessi deve essere garantito il diritto al vettovagliamento gratuito, o tramite l’esercizio convenzionato, ovvero, in caso di impossibilità (in quanto i turni impediscano al personale di recarsi presso tale esercizio nelle ore in cui questo è in attività), attraverso l’erogazione di buoni pasto.
3.12. L’Amministrazione deve essere quindi condannata a corrispondere i buoni pasto ai ricorrenti in corrispondenza delle giornate in cui questi effettuino o abbiano effettuato turni di almeno sei ore comprendenti le fasce orarie 14.00/15.00 o 20.00/21.00, e sia stato per essi impossibile fruire dell’esercizio convenzionato. La decorrenza dell’obbligo va fatta risalire al 12 aprile 2008, giorno in cui è entrata in vigore la circolare del Comando Generale della Guardia di Finanza che ha riconosciuto il diritto al vettovagliamento gratuito al personale che svolge i turni suindicati.
3.13. L’Amministrazione va altresì condannata alla corresponsione degli interessi a partire dal sorgere dei singoli obblighi sino al soddisfo. La rivalutazione non è invece dovuta non trattandosi di obbligazione di natura retributiva.
3.14. Per quanto riguarda l’ammontare economico dei buoni pasto, va osservato che la stessa Amministrazione intimata riconosce che tale ammontare corrisponde a sette euro, in aderenza a quanto prospettato dai ricorrenti. Pertanto la condanna deve avere per oggetto buoni pasto aventi tale valore.
La complessità della vicenda induce il Collegio a disporre la compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, condanna l’Amministrazione intimata alla corresponsione dei buoni pasto e delle ulteriori somme, come indicato in parte motiva.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 27 aprile 2012 con l'intervento dei magistrati:


Domenico Giordano, Presidente
Stefano Celeste Cozzi, Primo Referendario, Estensore
Dario Simeoli, Primo Referendario




 


 


L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE
 


 


 


 


 


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 06/06/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)



   

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