... corrispondente alla qualifica di "sovrintendente capo della Polizia di Stato", aveva proposto - con ricorso del 24 settembre 1997 ...

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Categoria: Sentenze - Ordinanza - Parere - Decreto
Creato Domenica, 27 Maggio 2012 01:32
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COMUNITA' EUROPEA   -   DANNI IN MATERIA CIVILE E PENALE
Cass. civ. Sez. VI, Sent., 13-04-2012, n. 5913Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
che V.G., con ricorso del 3 maggio 2010, ha impugnato per cassazione - deducendo un unico articolato motivo di censura, illustrato con memoria -, nei confronti del Ministro dell'economia e delle finanze, il decreto della Corte d'Appello di Bologna depositato in data 1 dicembre 2009, con il quale la Corte d'appello, pronunciando sul ricorso del V. - volto ad ottenere l'equa riparazione dei danni non patrimoniali ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 1, -, in contraddittorio con il Ministro dell'economia e delle finanze - il quale, costituitosi nel giudizio, ha concluso per l'inammissibilità o l'infondatezza del ricorso -, ha dichiarato improponibile il ricorso;che resiste, con controricorso, il Ministro dell'economia e delle finanze;
che, in particolare, la domanda di equa riparazione del danno non patrimoniale - richiesto nella misura di Euro 13.875,00 per l'irragionevole durata del processo presupposto - proposta con ricorso del 24 febbraio 2009, era fondata sui seguenti fatti: a) il V., militare dipendente dal Ministero della difesa ed asseritamente titolare del diritto al trattamento d'attività corrispondente alla qualifica di "sovrintendente capo della Polizia di Stato", aveva proposto - con ricorso del 24 settembre 1997 - la relativa domanda dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio; b) il Tribunale adito non aveva ancora deciso la causa alla data del deposito del ricorso per equa riparazione;che la Corte d'Appello di Bologna, con il suddetto decreto impugnato, ha dichiarato improponibile il ricorso, osservando che il ricorrente non aveva presentato l'istanza di fissazione dell'udienza di discussione e che il D.L. n. 112 del 2008, art. 54, comma 2, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 133 del 2008, può trovare applicazione nell'ipotesi, quale quella in esame, in cui il processo nell'ambito del quale si è verificata la violazione che ha fatto sorgere il diritto all'equa riparazione sia ancora pendente.Motivi della decisione
che, con il motivo di censura, viene denunciata dal ricorrente come illegittima, anche sotto il profilo dei vizi di motivazione, l'affermata applicabilità del predetto D.L. n. 112 del 2008, art. 54, comma 2, anche ai giudizi amministrativi pendenti e, quindi, la sostanziale efficacia retroattiva di tale disposizione;che il ricorso merita accoglimento, nei limiti di seguito indicati;
che la presente fattispecie è caratterizzata da ciò: che il giudizio di equa riparazione è stato promosso con ricorso del 24 febbraio 2009, quando era vigente il D.L. n. 112 del 2008, art. 54, comma 2, che il processo amministrativo presupposto, iniziato con ricorso del 24 settembre 1997, era ancora pendente a detta data, e che in tale processo non era stata presentata la cosiddetta istanza di prelievo;che, per decidere se in tale fattispecie spetti ed in quale misura, oppure no, il diritto all'equa riparazione per l'irragionevole durata del processo, devono premettersi, da un lato, il quadro normativo di riferimento e, dall'altro, i consolidati orientamenti giurisprudenziali di questa Corte, finora seguiti;
che - quanto al quadro normativo di riferimento - deve precisarsi quanto segue: a) il D.L. n. 112 del 2008, art. 54, comma 2, (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria) - in vigore dal 25 giugno 2008 (art. 85) -, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2008, n. 133, art. 1, comma 1 - in vigore dal 22 agosto 2008 -, nella sua versione originaria, disponeva: La domanda di equa riparazione non è proponibile se nel giudizio dinanzi al giudice amministrativo in cui si assume essersi verificata la violazione dell'art. 2, comma 1, non è stata presentata un'istanza ai sensi del R.D. 17 agosto 1907, n. 642, art. 51, comma 2 nei sei mesi antecedenti alla scadenza dei termini di durata di cui all'art. 4, comma 1-ter, lett. b); b) in sede di conversione in legge, sono state apportate all'art. 54 le seguenti modifiche: al comma 2, dopo le parole "art. 2, comma 1" sono inserite le seguenti: "della L. 24 marzo 2001, n. 89" e le parole "nei sei mesi antecedenti alla scadenza dei termini di durata di cui all'art. 4, comma 1-ter, lett. b) " sono soppresse; c) conseguentemente, il testo definitivo del D.L. n. 112 del 2008, art. 54, comma 2, quale convertito in legge dalla L. n. 133 del 2008, risulta il seguente: La domanda di equa riparazione non è proponibile se nel giudizio dinanzi al giudice amministrativo in cui si assume essersi verificata la violazione della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 1, non è stata presentata un'istanza ai sensi del R.D. 11 agosto 1907, n. 642, art. 51, comma 2; d) successivamente, l'art. 3, comma 23, dell'Allegato 4 al D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 44 recante delega al Governo per il riordino del processo amministrativo) - in vigore dal 16 settembre 2010 -, ha stabilito che, al D.L. n. 112 del 2008, art. 54, comma 2 le parole "un'istanza ai sensi del R.D. 17 agosto 1907, n. 642, art. 51, comma 2" sono sostituite dalle seguenti: "l'istanza di prelievo di cui all'art. 81, comma 1, del codice del processo amministrativo, nè con riguardo al periodo anteriore alla sua presentazione"; e) ancora successivamente, il D.Lgs. 15 novembre 2011, n. 195, art. 1, comma 3, lett. a), n. 6), (Disposizioni correttive ed integrative al D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104, recante codice del processo amministrativo, a norma della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 44, comma 4) - in vigore dall'8 dicembre 2011 -, ha disposto che: al comma 23, le parole "81, comma 1" sono sostituite dalle seguenti "71, comma 2"; f) conclusivamente, la disposizione del D.L. n. 112 del 2008, art. 54, comma 2, - in vigore dal 16 settembre 2010 - risulta del seguente testuale tenore: La domanda di equa riparazione non è proponibile se nel giudizio dinanzi al giudice amministrativo in cui si assume essersi verificata la violazione della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 1, non è stata presentata l'istanza di prelievo di cui all'art. 11, comma 2, del codice del processo amministrativo, nè con riguardo al periodo anteriore alla sua presentazione";che, questo essendo il quadro normativo di riferimento, è del tutto evidente che in base al principio tempus regit actum: 1) ai procedimenti per equa riparazione, promossi a far data dal 25 giugno 2008, si applica il D.L. n. 112 del 2008, art. 54, comma 2, nel seguente testo: La domanda di equa riparazione non è proponibile se nel giudizio dinanzi al giudice amministrativo in cui si assume essersi verificata la violazione della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 1 non è stata presentata un'istanza ai sensi del R.D. 11 agosto 1907, n. 642, art. 51, comma 2; 2) ai procedimenti per equa riparazione, promossi a far data dal 16 settembre 2010, si applica - invece - il D.L. n. 112 del 2008, art. 54, comma 2, nel seguente testo: La domanda di equa riparazione non è proponibile se nel giudizio dinanzi al giudice amministrativo in cui si assume essersi verificata la violazione della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 1 non è stata presentata l'istanza di prelievo di cui all'art. 11, comma 2, del codice del processo amministrativo, nè con riguardo al periodo anteriore alla sua presentazione;che, dunque, alla fattispecie in esame è applicabile -ratione temporis (ricorso per equa riparazione depositato in data 24 febbraio 2009) - il D.L. n. 112 del 2008, art. 54, comma 2, nel testo dianzi riprodotto sub 1) , vale a dire nel testo anteriore alle modifiche introdotte dal cosiddetto codice del processo amministrativo (cfr., supra, sub 2), sicchè restano estranee al presente giudizio tutte le questioni che, relativamente alla disposizione attualmente in vigore, possono eventualmente porsi;che - quanto ai consolidati orientamenti giurisprudenziali di questa Corte finora seguiti - i principi rilevanti finora enunciati sono i seguenti: a) in tema di equa riparazione ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, la lesione del diritto alla definizione del processo in un termine ragionevole, di cui all'art. 6, par. 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, va riscontrata, anche per le cause davanti al giudice amministrativo, con riferimento al periodo intercorso dall'instaurazione del relativo procedimento, senza che una tale decorrenza del termine ragionevole di durata della causa possa subire ostacoli o slittamenti in relazione alla mancanza dell'istanza di prelievo od alla ritardata presentazione di essa; b) l'innovazione, introdotta dal D.L. n. 112 del 2008, art. 54, comma 2, non può incidere sugli atti anteriormente compiuti, i cui effetti, in mancanza di una disciplina transitoria o di esplicite previsioni contrarie, restano regolati, secondo il fondamentale principio tempus regit actum, dalla norma sotto il cui imperio siano stati posti in essere; c) tuttavia, la mancata o ritardata presentazione dell'istanza di prelievo può incidere, entro i limiti dell'equità, sulla determinazione dell'entità dell'indennizzo, con riferimento all'art. 2056 cod. civ., richiamato dalla L. n. 89 del 2001, art. 2 (cfr., ex plurimis, le sentenze nn. 28507 del 2005, pronunciata a sezioni unite, 24901 e 28428 del del 2008, 14753 del 2010, nonchè l'ordinanza n. 5317 del 2011); d) l'innovazione introdotta dal citato D.L. n. 112 del 2008, art. 54, comma 2, è inapplicabile - in difetto di una disciplina transitoria o di esplicite previsioni contrarie ed in ossequio al principio tempus regit actum - a quei procedimenti di equa riparazione aventi ad oggetto un giudizio amministrativo introdotto prima dell'entrata in vigore della predetta normativa (cfr., ex plurimis, l'ordinanza n. 115 del 2011);che va tuttavia puntualizzato che - relativamente ai giudizi per equa riparazione promossi nel periodo dal 25 giugno 2008 al 15 settembre 2010 - il ricorrente in equa riparazione per irragionevole durata di un processo amministrativo, iniziato prima del 25 giugno 2008 e ancora pendente a tale data, nel caso, quale quello di specie, in cui non abbia presentato in tale processo l'istanza di prelievo, di cui al R.D. 17 agosto 1907, n. 642, art. 51, comma 2 (Regolamento per la procedura dinanzi alle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato), non ha diritto all'indennizzo per l'irragionevole durata di detto processo a far data dal 25 giugno 2008, ma può far valere e realizzare tale diritto per il periodo precedente a tale data;che, in particolare, questa soluzione si fonda sui seguenti argomenti: a) la ratio del D.L. n. 112 del 2008, art. 54, comma 2, sta in ciò, che la presentazione dell'istanza di prelievo ha la funzione di sollecitare il giudice del processo amministrativo alla sua definizione in tempi più brevi rispetto al tempo già trascorso, al fine o di impedire tout court la violazione del termine di ragionevole durata dello stesso o, comunque, di ridurre l'entità della durata irragionevole e, quindi, la misura dell'indennizzo eventualmente dovuto; b) la formulazione della disposizione (La domanda di equa riparazione non è proponibile se ... non è stata presentata un'istanza ,..) mostra inequivocabilmente che la (previa) presentazione dell'istanza di prelievo nel processo amministrativo è prefigurata dal legislatore siccome "presupposto processuale" della domanda di equa riparazione, presupposto che deve quindi sussistere al momento del deposito del ricorso per equa riparazione; c) tale qualificazione, tuttavia, non comporta necessariamente che l'omessa presentazione dell'istanza di prelievo - cioè la mancanza di detto presupposto processuale - determini la vanificazione del diritto all'equa riparazione per l'irragionevole durata del processo amministrativo con riferimento al periodo precedente al 25 giugno 2008: ciò, per la decisiva ragione che, altrimenti opinando - posto che con riferimento al periodo già trascorso sarebbe del tutto inattuabile la funzione sopra indicata alla lettera a), costituente a un tempo ratio ma anche giustificazione del presupposto processuale in esame - questo si risolverebbe in un mero espediente legislativo per cancellare la responsabilità dello Stato per l'irragionevole durata del processo ed il corrispondente diritto all'equa riparazione del cittadino, riconosciuto e garantito dall'art. 6, par. 1, della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e dalla L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 1; d) nessun principio processuale d'ordine generale osta a che la domanda di equa riparazione possa essere esaminata e decisa per "parti" di essa e, quindi, essere accolta per una parte e dichiarata improponibile per l'altra (cfr., ad esempio, l'art. 277 cod. proc. civ.); che, nella specie, i Giudici a quibus, in violazione del su enunciato principio di diritto, hanno dichiarato tout court improponibile tutta la domanda, omettendo in particolare di operare la distinzione tra la durata del processo amministrativo presupposto fino al 25 giugno 2008, e quella successiva a tale data;che, pertanto, il decreto impugnato deve essere annullato in relazione alla censura accolta;
che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell'art. 384 c.p.c., comma 2;che il processo presupposto de quo - nel quale è stata pacificamente omessa dal ricorrente la presentazione dell'istanza di prelievo di cui al R.D. 17 agosto 1907, n. 642, art. 51, comma 2 e che era pendente alla data del deposito del ricorso per equa riparazione - ha avuto una durata complessiva di undici anni e cinque mesi circa (dal 24 settembre 1997, data del ricorso introduttivo del processo presupposto, al 24 febbraio 2009, data del deposito del ricorso per equa riparazione);che, in applicazione del su enunciato principio di diritto, la domanda di equa riparazione è improponibile per la durata del processo amministrativo presupposto dal 25 giugno 2008 al 24 febbraio 2009, vale a dire per il periodo di otto mesi circa, con la conseguenza che la durata complessiva di tale processo, suscettibile di indennizzo, è pari a dieci anni e otto mesi circa;che la Corte EDU, con due recenti decisioni (del 16 marzo 2010, Volta et autres contro Italia, e del 6 aprile 2010, Falco et autres contro Italia), ha ritenuto che potessero essere liquidate, a titolo di indennizzo per il danno non patrimoniale da eccessiva durata del processo, in relazione ai singoli casi ed alle loro peculiarità, somme complessive d'importo notevolmente inferiore a quella di mille/00 Euro annue normalmente liquidate, con valutazione di detto danno che consente al giudice italiano di procedere, in relazione alle particolarità della fattispecie, a liquidazioni dell'indennizzo più riduttive rispetto a quelle precedentemente ritenute congrue (cfr., ex plurimis, le sentenze nn. 14753 del 2010 cit. e 1359 del 2011);che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, in caso di violazione del termine di durata ragionevole del processo, il diritto all'equa riparazione di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2 spetta a tutte le parti del processo, indipendentemente dal fatto che esse siano risultate vittoriose o soccombenti, costituendo l'ansia e la sofferenza per l'eccessiva durata del processo i riflessi psicologici del perdurare dell'incertezza in ordine alle posizioni in esso coinvolte, ciò ad eccezione dei casi in cui il soccombente abbia promosso una lite temeraria, o abbia artatamente resistito in giudizio al solo fine di perseguire proprio il perfezionamento della fattispecie di cui al richiamato art. 2, e dunque in difetto di una condizione soggettiva di incertezza, nei quali casi l'esistenza di queste situazioni, costituenti abuso del processo, deve essere provata puntualmente dall'Amministrazione, non essendo sufficiente, a tal fine, la deduzione che la domanda della parte sia stata dichiarata manifestamente infondata (cfr., ex plurimis e tra le ultime, le sentenze nn. 9938 del 2010, 25595 del 2008, 21088 del 2005; cfr., altresì, le sentenze nn. 18780 del 2010 e 10500 del 2011);che questa Corte, sussistendo il diritto all'equa riparazione per il danno non patrimoniale di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2 considera equo, in linea di massima, l'indennizzo di Euro 500,00 per ciascuno degli anni di durata complessiva del processo;
che, nella specie, sulla base dei criteri adottati da questa Corte e dianzi richiamati il diritto all'equa riparazione per il danno non patrimoniale di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2 va determinato in Euro 6.250,00 per i dieci anni e otto mesi circa di irragionevole durata, oltre gli interessi a decorrere dalla proposizione della domanda di equa riparazione e fino al saldo;
che, conseguentemente, le spese processuali del giudizio a quo debbono essere nuovamente liquidate - sulla base delle tabelle A, paragrafo 4, e B, paragrafo 1, allegate al D.M. giustizia 8 aprile 2004, n. 127, relative ai procedimenti contenziosi, in complessivi Euro 1.140,00, di cui Euro 50,00 per esborsi, Euro 600,00 per diritti ed Euro 490,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge;
che le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate nel dispositivo.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e, decidendo la causa nel merito, condanna il Ministro dell'economia e delle finanze al pagamento, in favore del ricorrente, della somma di Euro 6.250,00, oltre gli interessi dalla domanda, condannandolo altresì al rimborso, in favore della parte ricorrente, delle spese del giudizio, che determina, per il giudizio di merito, in complessivi Euro 1.140,00, di cui Euro 50,00 per esborsi, Euro 600,00 per diritti ed Euro 490,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge, e, per il giudizio di legittimità, in complessivi Euro 965,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge.