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Polizia locale: quesiti relativi all'utilizzo dei proventi derivanti da sanzioni amministrative per violazione del codice della strada:

Dettagli




C. Conti Lombardia Sez. contr., Delib., 06-03-2012, n. 55

Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
Il sindaco del comune di @@ (@@) con nota n. 787 del 6 febbraio 2012, ha posto i seguenti quesiti relativi all'utilizzo dei proventi derivanti da sanzioni amministrative per violazione del codice della strada:
· se sia possibile considerare le risorse derivanti dall'applicazione dell'articolo 208, comma 5bis, del codice della strada, quali risorse che specifiche disposizioni di legge finalizzano all'incentivazione di prestazioni o di risultati del personale, ai sensi dell'articolo 15, comma 1, lettera K), del CCNL 1 aprile 1999, comparto Regioni ed autonomie locali;
· se sia possibile escludere dall'ammontare rilevante ai fini del rispetto dei limiti imposti dalla normativa sul contenimento della spesa del personale, la quota di finanziamento che l'articolo 208, comma 5-bis, del codice della strada, ammette potersi destinare al personale di polizia locale che partecipa ai progetti di potenziamento dei servizi di controllo finalizzati alla sicurezza urbana e alla sicurezza stradale, nonché a progetti di potenziamento dei servizi notturni e di prevenzione delle violazioni per guida in stato di ebbrezza o sotto l'influenza di sostanze stupefacenti e psicotrope.
AMMISSIBILITA" SOGGETTIVA
La richiesta di parere di cui sopra è intesa ad avvalersi della facoltà prevista dalla norma contenuta nell'art. 7, comma 8, della legge 5 giugno 2003, n. 131, la quale dispone che le Regioni, i Comuni, le Province e le Città metropolitane possono chiedere alle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti "pareri in materia di contabilità pubblica".
La funzione consultiva delle Sezioni regionali è inserita nel quadro delle competenze che la legge 131/2003, recante adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, ha attribuito alla Corte dei conti.
La Sezione, preliminarmente, è chiamata a pronunciarsi sull'ammissibilità della richiesta, con riferimento ai parametri derivanti dalla natura della funzione consultiva prevista dalla normazione sopra indicata.
Con particolare riguardo all'individuazione dell'organo legittimato a inoltrare le richieste di parere dei Comuni, si osserva che il sindaco del comune è l'organo istituzionalmente legittimato a richiedere il parere in quanto riveste il ruolo di rappresentante dell'ente ai sensi dell'art. 50 T.U.E.L.
Pertanto, la richiesta di parere è ammissibile soggettivamente poiché proviene dall'organo legittimato a proporla.
AMMISSIBILITA" OGGETTIVA
Con riferimento alla verifica del profilo oggettivo, occorre rilevare che la disposizione contenuta nel comma 8, dell'art. 7 della legge 131 deve essere raccordata con il precedente comma 7, norma che attribuisce alla Corte dei conti la funzione di verificare il rispetto degli equilibri di bilancio, il perseguimento degli obiettivi posti da leggi statali e regionali di principio e di programma, la sana gestione finanziaria degli enti locali.
Lo svolgimento delle funzioni è qualificato dallo stesso legislatore come una forma di controllo collaborativo.
Il raccordo tra le due disposizioni opera nel senso che il comma 8 prevede forme di collaborazione ulteriori rispetto a quelle del precedente comma rese esplicite in particolare con l'attribuzione agli enti della facoltà di chiedere pareri in materia di contabilità pubblica.
Appare conseguentemente chiaro che le Sezioni regionali della Corte dei conti non svolgono una funzione consultiva a carattere generale in favore degli enti locali, ma che anzi le attribuzioni consultive si connotano sulle funzioni sostanziali di controllo collaborativo ad esse conferite dalla legislazione positiva.
Al riguardo, le Sezioni riunite della Corte dei conti, intervenendo con una pronuncia in sede di coordinamento della finanza pubblica ai sensi dell'art. 17, co. 31 del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, hanno delineato una nozione unitaria della nozione di contabilità pubblica incentrata sul "sistema di principi e di norme che regolano l'attività finanziaria e patrimoniale dello Stato e degli enti pubblici", da intendersi in senso dinamico anche in relazione alle materie che incidono sulla gestione del bilancio e sui suoi equilibri (Delibera n. 54, in data 17 novembre 2010).
Il limite della funzione consultiva come sopra delineato fa escludere qualsiasi possibilità di intervento della Corte dei conti nella concreta attività gestionale ed amministrativa che ricade nella esclusiva competenza dell'autorità che la svolge o che la funzione consultiva possa interferire in concreto con competenze di latri organi giurisdizionali.
Dalle sopraesposte considerazioni consegue che la nozione di contabilità pubblica va conformandosi all'evolversi dell'ordinamento, seguendo anche i nuovi principi di organizzazione dell'amministrazione, con effetti differenziati, per quanto riguarda le funzioni della Corte dei conti, secondo l'ambito di attività.
Con specifico riferimento alla richiesta oggetto della presente pronuncia la Sezione osserva che la stessa, oltre a risolversi in un profilo giuridico di portata generale ed astratta, rientri nel perimetro della nozione di contabilità pubblica, concernendo l'interpretazione di norme di legge in materia di riduzione delle spese di personale e di vincoli assunzionali.
Per i suddetti motivi la presente richiesta di parere è conforme ai requisiti soggettivi ed oggettivi di ammissibilità e può essere esaminata nel merito.
Motivi della decisione
Con riferimento al primo quesito, la Sezione osserva che in sede consultiva, la magistratura contabile ha raggiunto un consolidato orientamento interpretativo (cfr. Sezioni riunite della Corte dei conti per la Regione Sicilia in sede consultiva, deliberazione n.9/2006; Sezione contr. Lombardia, deliberazione n.961/2010/PAR; deliberazione n.975/2010/PAR, deliberazione n.976/2010/PAR e deliberazione n. 1068/2010/PAR; Sezione contr. Toscana, deliberazione n.104/2010/PAR; Sezione contr. Abruzzo deliberazione n.379/2011/PAR).
Per comodità espositiva, si riportano in sintesi le argomentazioni in materia di destinazione delle risorse derivanti dal fondo previsto dall'art. 208 comma 5 bis del Codice della Strada, nel testo vigente dopo le modifiche introdotte dalla legge 29 luglio 2010, n.120.
A seguito delle predette modifiche normative, l'art. 208 comma 4 nel tenore attualmente vigente statuisce che "una quota pari al 50% dei proventi spettanti agli enti di cui al secondo periodo del comma 1 (n.d.a. Regioni, Province e Comuni) è destinata:
a) in misura non inferiore a un quarto della quota a interventi di sostituzione, di ammodernamento, di potenziamento, di messa a norma e di manutenzione della segnaletica delle strade di proprietà dell'ente;
b) in misura non inferiore ad un quarto della quota, al potenziamento dell'attività di controllo e di accertamento delle violazioni in materia di circolazione stradale, anche attraverso l'acquisto di automezzi, mezzi e attrezzature dei Corpi e dei servizi di polizia provinciale e di polizia municipale di cui alle lettere d) bis ed e) del comma 1 dell'art. 12;
c) ad altre finalità connesse al miglioramento della sicurezza stradale, relative alla manutenzione delle strade di proprietà dell'ente, all'installazione, all'ammodernamento, al potenziamento, alla messa a norma e alla manutenzione delle barriere e alla sistemazione del manto stradale delle medesime strade, alla redazione dei piani di cui all'articolo 36, a interventi per la sicurezza stradale a tutela degli utenti deboli, quali bambini, anziani, disabili, pedoni e ciclisti, allo svolgimento, da parte degli organi di polizia locale, nelle scuole di ogni ordine e grado, di corsi didattici finalizzati all'educazione stradale, a misure di assistenza e di previdenza per il personale di cui alle lettere d-bis) ed e) del comma 1 dell'articolo 12, alle misure di cui al comma 5-bis del presente articolo e a interventi a favore della mobilità ciclistica".
Ai sensi del comma 5, gli enti locali determinano annualmente, con delibera di giunta, le quote da destinare alle finalità di cui al comma 4, con facoltà dell'ente di utilizzare in tutto o in parte la restante quota del 50 per cento dei proventi per le finalità di cui al citato comma 4.
In sintesi, il legislatore individua un vincolo di destinazione per il 50% dei proventi da sanzioni amministrative, articolato in tre filoni: a) interventi riguardanti la segnaletica delle strade di proprietà dell'ente, per almeno ¼ del predetto 50%; b) potenziamento delle attività di controllo e di accertamento delle violazioni per almeno un altro quarto del predetto 50%; c) un'ampia congerie di fattispecie per la quota residuale, in parte coincidenti con le destinazioni già proprie della precedente disciplina.
Tra queste eterogenee ipotesi sub c) trovano espressa collocazione le destinazioni di cui al successivo comma 5 bis, ai sensi del quale "la quota dei proventi di cui alla lettera c) del comma 4 può anche essere destinata ad assunzioni stagionali a progetto nelle forme di contratti a tempo determinato e a forme flessibili di lavoro, ovvero al finanziamento di progetti di potenziamento dei servizi di controllo finalizzati alla sicurezza urbana e alla sicurezza stradale, nonché a progetti di potenziamento dei servizi notturni e di prevenzione delle violazioni di cui agli articoli 186, 186-bis e 187 e all'acquisto di automezzi, mezzi e attrezzature dei Corpi e dei servizi di polizia provinciale e di polizia municipale di cui alle lettere d-bis) ed e) del comma 1 dell'articolo 12, destinati al potenziamento dei servizi di controllo finalizzati alla sicurezza urbana e alla sicurezza stradale".
Il dibattito interpretativo è incentrato da tempo sulla possibile incentivazione di prestazioni e risultati del personale di polizia municipale mediante i proventi delle sanzioni amministrative e, in caso di risposta affermativa, sulle modalità applicative.
Per quanto concerne la soluzione al primo quesito, il Collegio ribadisce che la corretta esegesi del comma 5 bis dell'art. 208 non consente di destinare le risorse in oggetto per finanziare tout court il trattamento accessorio del personale di vigilanza con contratto di lavoro a tempo indeterminato.
Innanzitutto, sotto un profilo letterale difetta un espresso richiamo in tal senso: infatti, per quanto concerne le destinazioni nell'ambito del rapporto di lavoro - la norma si limita a prevedere che "la quota dei proventi di cui alla lettera c) del comma 4 può anche essere destinata ad assunzioni stagionali a progetto nelle forme di contratti a tempo determinato e a forme flessibili di lavoro". I puntuali riferimenti legali parrebbero - implicitamente - limitare le possibilità di utilizzo delle suddette risorse in favore di istituti "giuslavoristici" necessariamente flessibili, senza estensioni in via interpretativa ad erogazioni potenzialmente continuative di natura retributiva o indennitaria.
In secondo luogo, non sembra ragionevole - anche in sede di esegesi teleologica - finanziare con tali proventi voci retributive o indennitarie in favore di dipendenti a tempo indeterminato che potrebbero rivestire carattere ricorrente. La Sezione ha più volte ricordato, infatti, che la natura straordinaria dell'entrata, ex se inidonea ad assicurare flussi costanti nel tempo, osta alla destinazione a spese correnti di carattere ripetitivo, al fine di garantire la stabilità degli equilibri finanziari in ossequio a criteri di prudente e sana gestione.
Ribadita la discrezionalità dell'ente in sede di allocazione delle risorse nel rispetto della normativa legale e contrattuale, la Sezione ritiene percorribile, ai sensi del vigente comma 5 bis, l'istituzione di specifici progetti finalizzati al miglioramento della circolazione stradale e della sicurezza della città da parte del personale di polizia locale.
Sul punto, è dirimente l'innovativo richiamo del predetto comma 5 bis "al finanziamento di progetti di potenziamento dei servizi di controllo finalizzati alla sicurezza urbana e alla sicurezza stradale, nonché a progetti di potenziamento dei servizi notturni e di prevenzione delle violazioni di cui agli articoli 186, 186-bis e 187".
Per quanto riguarda l'integrazione del fondo per la contrattazione decentrata con tali specifiche risorse, la Sezione manifesta profonde perplessità sull'inquadramento nell'art. 15 comma 1 lett. K) del CCNL 1.4.1999. Sul punto si richiamano le condivisibili argomentazioni delle Sezioni Riunite siciliane, che appaiono coerenti anche con la novella ex L. n. 120/2010: infatti, pur a fronte dell'esplicito riferimento a "progetti di potenziamento", difetta tuttora nel comma 5 bis un espresso richiamo all'incentivazione del personale mediante risorse puntualmente predeterminate.
Più lineare appare, invece, la destinazione ex art. 15 comma 5 del CCNL 1.4.1999 a copertura dei maggiori oneri del trattamento economico accessorio del personale da impiegare nelle nuove attività (sul punto cfr. Sezione Contr. Lombardia deliberazioni n. 976/2010/PAR e n. 1068/2010/PAR).
Tale destinazione potrà avvenire nel rispetto dei seguenti presupposti. Il requisito di fondo risiede, evidentemente, nel fatto che i citati progetti attivino effettivamente nuovi servizi o processi di riorganizzazione finalizzati ad un reale accrescimento di quelli esistenti, ai quali sia correlato un aumento delle prestazioni del personale in servizio cui non possa farsi fronte attraverso la razionalizzazione delle strutture e delle risorse.
Al riguardo, occorre dimostrare in modo puntuale e rigoroso che si tratta di attività effettivamente nuove e non della riproposizione sotto altre forme di interventi già attuati in via regolare in precedenza. In caso contrario, si avrebbe una corresponsione indebita di emolumenti.
Inoltre, con la delibera n. 412 del 19 marzo 2010 la Sezione ha già avuto modo di precisare che l'evoluzione dei processi di contrattazione integrativa decentrata ha ampliato i margini di autonomia degli enti nella individuazione dei casi e delle circostanze che legittimano la previsione di incrementi di risorse collegati a specifici progetti o a valutazioni in ordine agli incrementi di produttività.
Tuttavia, anche le valutazioni inerenti le possibilità concrete di integrare le risorse finanziarie destinate alla contrattazione decentrata integrativa sono subordinate al rispetto dei vincoli di finanza pubblica e devono essere coerenti con i vincoli del quadro normativo delineato dall'articolo 1, comma 557, della legge 27 dicembre 2006 n. 296 (Legge finanziaria 2007).
Ai sensi di tale disposizione di recente modificata dall'art. 14 comma 7 del D.L. n. 78/2010 (convertito nella L. n. 122/2010) ai fini del concorso delle autonomie regionali e locali al rispetto degli obiettivi di finanza pubblica, gli enti sottoposti al patto di stabilità interno assicurano la riduzione delle spese di personale, al lordo degli oneri riflessi a carico delle amministrazioni e dell'IRAP, con esclusione degli oneri relativi ai rinnovi contrattuali, garantendo il contenimento della dinamica retributiva e occupazionale, con azioni da modulare nell'ambito della propria autonomia e rivolte, in termini di principio, ai seguenti ambiti prioritari di intervento:
a) riduzione dell'incidenza percentuale delle spese di personale rispetto al complesso delle spese correnti, attraverso parziale reintegrazione dei cessati e contenimento della spesa per il lavoro flessibile;
b) razionalizzazione e snellimento delle strutture burocratico-amministrative, anche attraverso accorpamenti di uffici con l'obiettivo di ridurre l'incidenza percentuale delle posizioni dirigenziali in organico;
c) contenimento delle dinamiche di crescita della contrattazione integrativa, tenuto anche conto delle corrispondenti disposizioni dettate per le amministrazioni statali.
E" certamente significativo che quest'ultima opzione sia tipizzata tra i possibili strumenti al fine di rispettare i vincoli dettati in materia di spesa di personale.
A sua volta l'art. 54 del recente decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 introduce significative modifiche all'art. 40 del decreto legislativo n. 165/2001, stabilendo tra l'altro che "le pubbliche amministrazioni attivano autonomi livelli di contrattazione integrativa, nel rispetto ... dei vincoli di bilancio risultanti dagli strumenti di programmazione annuale e pluriennale di ciascuna amministrazione" (comma 3 bis) e che "gli enti locali possono destinare risorse aggiuntive alla contrattazione integrativa nei limiti stabiliti dalla contrattazione nazionale e nei limiti dei parametri di virtuosità fissati per la spesa di personale dalle vigenti disposizioni, in ogni caso nel rispetto dei vincoli di bilancio e del patto di stabilità e di analoghi strumenti di contenimento della spesa" (comma 3 quinquies).
Più in generale, il Collegio rammenta che, ai sensi dell'art. 9 comma 2 bis del d.l. n. 78/2010 (convertito nella legge n. 122/2010), "a decorrere dal 1° gennaio 2011 e sino al 31 dicembre 2013 l'ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna delle amministrazioni di cui all'art. 1 comma 2 del decreto legislativo n. 165/2001 non può superare il corrispondente importo dell'anno 2010 ed è, comunque, automaticamente ridotto in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio".
D'altronde, la Sezione ha già precisato che la parte variabile della retribuzione può essere riconosciuta solo se correlata al raggiungimento di specifici obiettivi, che giustificano appunto un compenso aggiuntivo e dedicato, ma soprattutto all'esistenza della relativa capacità di spesa e, quindi, alla compatibilità della spesa medesima con gli obiettivi e i vincoli del patto di stabilità interno.
In altri termini, gli enti pubblici locali, nella deliberazione e successiva erogazione delle risorse integrative aggiuntive, sono comunque tenuti a rispettare gli obiettivi del Patto di stabilità interno e le norme vigenti che impongono il contenimento delle spese di personale (Sezione contr. Lombardia, deliberazione n.914/2010/PAR).
Da ultimo, il Collegio ritiene utile evidenziare l'esistenza di un fisiologico differenziale tra accertamento e riscossione di questa tipologia di risorsa: orbene, non di rado ciò può comportare rischi di squilibrio finanziario ed a fortiori nel caso di specie, atteso che le somme accertate possono fornire, in parte, copertura ad impegni di spesa ormai "definitivi" quali - per l'appunto - i progetti di potenziamento dei servizi previsti dalla legge.
In materia, la Sezione ha da tempo osservato che le somme derivanti da sanzioni riferite a violazione del Codice della strada costituiscono una risorsa peculiare poiché si basano su una contestazione che non può essere considerata certa sino a che la sanzione amministrativa non sia stata portata formalmente a conoscenza del trasgressore e non siano scaduti i termini per la contestazione, amministrativa o giudiziaria o, addirittura, non si sia concluso il contenzioso. Inoltre, anche dopo la definitività dell'accertamento, nella prassi si riscontrano difficoltà nella riscossione che, in molti casi avviene dopo molti anni o, addirittura, non avviene.
L'accertamento di questa particolare risorsa e il suo eventuale utilizzo prima della riscossione sono, dunque, potenzialmente idonei ad arrecare pregiudizio alla sana gestione finanziaria dell'ente, qualora venga accertata l'insussistenza del titolo o si verifichi l'insolvenza del debitore o, comunque, non venga portata a termine la procedura di recupero coattivo. Principi di prudenza imporrebbero, pertanto, che gli enti locali procedessero all'accertamento di questa risorsa contestualmente alla riscossione dei relativi importi (Sezione contr. Lombardia deliberazione n. 601/2009/PAR).
La necessità di accertare tali risorse al momento della riscossione deriva, peraltro, non solo dall'aleatorietà di questa tipologia di entrata, ma anche dalla circostanza che quest'ultima ha una specifica destinazione che presuppone l'incasso; in caso contrario, ossia nell'ipotesi di mancata riscossione, il fondo dovrebbe essere alimentato da altre risorse.
In alternativa, l'Amministrazione potrà costituire un adeguato fondo svalutazione crediti oppure un vincolo di indisponibilità sull'avanzo di amministrazione libero.
In conclusione, ai sensi dell'art. 208 comma 5 bis del codice della strada nella versione novellata dalla Legge n. 120/2010, il Collegio ritiene che gli enti locali possano provvedere, con i proventi derivanti da violazioni al codice della strada, al finanziamento delle prestazioni accessorie del personale di polizia municipale rese nell'ambito "di progetti di potenziamento dei servizi di controllo finalizzati alla sicurezza urbana e alla sicurezza stradale, nonché a progetti di potenziamento dei servizi notturni e di prevenzione delle violazioni di cui agli articoli 186, 186-bis e 187".
Le risorse devono essere finalizzate al miglioramento e all'incremento dei servizi, riferite ad attività effettivamente nuove e allocate sulla base di appositi programmi di accrescimento qualitativo e quantitativo del servizio.
E', poi, necessaria una puntuale verifica, a conclusione dell'esercizio finanziario, dell'effettivo conseguimento degli obiettivi di miglioramento prefissati, per l'erogazione in modo selettivo degli incentivi economici al personale sulla base di appositi indicatori anch'essi previamente individuati che diano visibilità all'apporto singolo di ciascun dipendente.
Tutto ciò in compiuta attuazione di una cultura del risultato orientata ad un costante miglioramento della performance, essendo (da tempo) interdetta qualsivoglia distribuzione "a pioggia" del salario accessorio.
Venendo al secondo quesito, ovvero se sia possibile escludere dall'ammontare rilevante ai fini del rispetto dei limiti imposti dalla normativa sul contenimento della spesa di personale, la quota di finanziamento che l'art. 208 comma 5 bis Codice della Strada prevede potersi destinare al personale di polizia locale, la Sezione osserva che l'impiego di tali risorse non può consentire in alcun caso deroghe alle ordinarie forme di retribuzione del personale, restando fermi i vincoli ed i limiti di finanza pubblica operanti in via generale (sulla questione si vedano le precedenti deliberazioni n. 961/2010/PAR, n.1068/2010/PAR, e, più in generale, deliberazione n. 50/2012/PAR).
Non vi è infatti alcuna deroga testuale o sistematica che possa attribuirsi all'art. 208 comma 5 bis, posto che la predetta disposizione non disciplina in forma derogatoria, o speciale, i limiti assunzionali per particolari categorie di lavoratori dipendenti degli enti locali, bensì si limita ad individuare una fonte di finanziamento facoltativo per le assunzioni stagionali e flessibili destinate a servizi connessi con le funzioni di polizia locale.
Valgono in materia i principi posti a tutela del contenimento della dinamica retributiva in materia di pubblico impiego presso le amministrazioni locali, ovvero: l'art. 1 comma 557 della legge 27 dicembre 2006, n.296, nel testo di attuale vigenza, che pone il principio di riduzione tendenziale delle spese di personale per gli enti sottoposti al Patto di stabilità; l'art. 9 comma 2 bis del D.L. 30 maggio 2010, n.78 (già citato), che impone un tetto triennale sino al 31 dicembre 2013 dell'ammontare delle risorse accessorie destinate al personale, con riferimento al corrispondente importo dell'anno 2010.
Il Collegio osserva che sulla scorta di quanto statuito dalle Sezioni Riunite della Corte dei conti con deliberazione n. 51/2011, alla luce del quadro normativo di riferimento e della ratio che ne costituisce il fondamento, l'art. 9 comma 2 bis precitato è una disposizione di stretta interpretazione.
Sicché, in via di principio, essa non sembra possa ammettere deroghe od esclusioni, in quanto la regola generale voluta dal legislatore è quella di porre un limite alla crescita dei fondi della contrattazione integrativa destinati alla generalità dei dipendenti dell'ente pubblico.
Ferma tale enunciazione generale, le stesse Sezioni Riunite hanno ritenuto escluse dall'ambito applicativo del predetto art. 9 comma 2 bis le sole risorse di alimentazione dei fondi destinate a remunerare prestazioni professionali tipiche di soggetti individuati o individuabili e che potrebbero essere acquisite attraverso il ricorso all'esterno dell'amministrazione pubblica con possibili costi aggiuntivi per il bilancio dei singoli enti. In tali ipotesi dette risorse alimentano il fondo in senso solo figurativo, dato che esse non sono poi destinate a finanziare gli incentivi spettanti alla generalità del personale dell'amministrazione pubblica.
L'impostazione sostenuta in questa sede è corroborata dall'entrata in vigore del comma 102 dell'art. 4 della legge 12 novembre 2011, n.183, che ha esteso a tutti gli enti locali, quanto a riduzione della spesa per l'assunzione di personale nelle forme flessibili di cui all'art. 36 del D. Lgs. 30 marzo 2001, n.165, il tetto del 50 per cento della spesa di personale sostenuta allo stesso titolo per l'anno 2009 (Cfr. Sezione contr. Lombardia, deliberazione n.20/2012/PAR).
La predetta disposizione ha portata innovativa e si connota quale principio generale di coordinamento della finanza pubblica cui le amministrazioni locali sono obbligate ad attenersi.
Ancora una volta si osserva che la legge di Stabilità pone una misura organizzativa da modulare nell'ambito dell'autonomia dell'ente locale, idonea a realizzare il raggiungimento degli obiettivi di contenimento, individuati nella riduzione percentuale rispetto al complesso delle spese correnti, nel contenimento della dinamica di crescita della contrattazione integrativa, nella parziale reintegrazione del personale cessato, nonché nel contenimento delle nuove assunzioni di personale.
A ben vedere, gli obiettivi di finanza pubblica sono una chiave di lettura che orienta l'azione della pubblica amministrazione ad ogni livello di governo e si pongono come substrato idoneo a ricondurre ad uniformità interpretativa una serie di norme che si sono avvicendate nel tempo, invero non sempre agevolmente coordinabili.
Il comune deve, dunque, individuare le forme organizzative più idonee per raggiungere le finalità previste dalla legge, senza incentivazioni generalizzate e - comunque - nel puntuale rispetto dei limiti di fonte legale e contrattuale ai trattamenti economici accessori.
P.Q.M.
nelle considerazioni che precedono è il parere della Sezione
Depositata in Segreteria il 06/03/2012

   

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